SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
MICHELE
PICCOLO
Michele Piccolo è un allenatore nato il 26 di dicembre del 1986 a Napoli, queste è la sua carriera. Così ci presenta la sua carriera da calciatore:
“Da calciatore sono stato un centrocampista, iniziando come trequartista e terminando da regista. Dopo la scuola calcio fatta tra SC Pegasus e US San Nicola Castel Cisterna (satellite Empoli FC), ho disputato 17 campionati dalla promozione alla terza categoria con le maglie tra le tante di Viribus Unitis, Summa Rionale Trieste, San Vitaliano, Real Serino, Frattaminorese, Soccavo, e alte, indossando anche la fascia di capitano in una cinquantina di occasioni.
Da allenatore le seguenti squadre: 2017-2018:US Summa rionale Trieste u19,- Juniores regionale; 2018-2019 US Summa rionale Trieste u19,- Juniores regionale; 2018-2019 US Summa rionale Trieste, (promozione); 2020-2021 SS Nola u19, Juniores nazionale (sospesa covid); 2021-2022 Sant’Anastasia u19, Juniores regionale (3°classificata girone F); 2022-2023 Sant’Anastasia, promozione, allenatore in 2°(sino a settembre); 2022-2023 SC Ercolanese u19, Juniores regionale (2°classificata girone f); 2023-2024; SC Ercolanese u19, Juniores regionale (3°classificata girone E); SC Ercolanese, Eccellenza, allenatore in 2°.”
La prima domanda è la seguente, com’è terminata la stagione 2023-2024, nel complesso si ritiene soddisfatto?
La stagione 2023-24 è terminata con un terzo posto con la mia juniores a tre punti dalla prima. Soddisfatto sicuramente per aver lottato per il primo posto in entrambe le stagioni alla guida di questa under 19, e di non aver mai perso in nessuna delle quattro gare in cui abbiamo affrontato chi poi ha vinto i campionati (l’anno scorso Real Acerrana, mentre quest’anno Micri), anzi aggiungo la scorsa stagione ci siamo tolti anche la soddisfazione di vincere per ben 6-1 in casa lo scontro diretto con l’Acerrana.
Sicuramente lascia l’amaro in bocca non aver vinto il campionato per tre punti, il pensiero giustamente va verso qualche gara dove abbiamo fatto bene come “mole di gioco,” ma non siamo riusciti a portare la vittoria a casa. Resta il fatto di aver lottato sempre insieme alla società con isettori giovanili avviati e consolidati, mentre noi abbiamo lavorato veramente senza il nulla alle spalle.
Questa stagione è stata per me ulteriormente positiva, perché ho avuto l’opportunità di fare da secondo in prima squadra, potendo vedere da vicino un campionato importante come quello dell’eccellenza campana, oltre ad aver avuto l’onore di lavorare con mister Luigi Squillante, un allenatore dal curriculum veramente importante.
Inoltre ho avuto l’occasione di esordire anche in Eccellenza da primo allenatore, contro il Pompei, essendo in quel caso squalificato Squillante.
Quand’è nata la sua passione per il calcio?
Non so dirle quando realmente sia nata la mia passione per il calcio, i miei genitori mi hanno sempre raccontato che da piccolo non riuscivo a fare a meno di stare con un pallone in mano, quindi penso da sempre.
I suoi genitori hanno appoggiato la scelta di giocare a calcio, oppure le dicevano che bisognava pensare allo studio?
I miei genitori hanno sempre appoggiato la mia passione per il calcio, come tuttora tra l’altro.
Lei ha militato in tante squadre, in quale ci ha lasciato il cuore?
Ho fatto gli allievi al Sant’Anastasia quando la prima squadra era in C2, penso che se devo pensare ad una squadra a cui ho lasciato il cuore sia quella. Un po’ anche la Summa Rionale Trieste, perché era una società veramente valida anche se con pochi mezzi, ma spesso sono le difficoltà che ti fanno affezionare.
Diverbi con gli allenatori gli ha mai avuti oppure cercava sempre avere un dialogo costruttivo?
Diverbi con allenatori ne ho avuti tantissimi, innanzitutto perché non ho mai accettato atteggiamenti scorretti né verso di me né verso i miei compagni. Spesso, anche da capitano, ho dovuto redarguire allenatori che tradivano alla prima occasione quei calciatori che avevano dato tanto per loro.
Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore, perché questa scelta, forse perché non poteva fare a meno di stare lontano dal campo?
In realtà io l’allenatore non volevo farlo. Nel 2017 fu l’allora presidente della Summa Rionale Trieste che quasi mi costrinse a buttarmi in questo nuovo ruolo, anche se i primi due anni li ho svolti quando ancora giocavo. È stato solo dopo un po’ di tempo che ho realizzato di sentirmi poi un allenatore.
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
Secondo me la principale qualità che un allenatore deve avere è quella di mettere da parte il proprio protagonismo.
Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo?
Il calcio mi ha dato tanto, soprattutto in termini umani. Oltre al fatto che mi ha insegnato a trovarmi pronto in tanti aspetti della nostra società che gli somigliano.
Contestualmente penso che mi abbia tolto anche tanto, ho fatto tante rinunce per non rinunciare al calcio.
Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?
In genere sono molto tranquillo prima delle partite, e anche se fossi lievemente agitato cercherei sempre di non trasmetterla ai miei ragazzi; mi piacerebbe che affrontassero la partita nel modo più sereno possibile e non pensando ogni volta che sia una questione di vita o di morte, come spesso siamo abituati in Italia.
Quello che gli dico invece ai miei ragazzi, sono semplicemente i concetti che ritengo più importanti tra quelli che ci siamo detti in settimana.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina?
In genere qualsiasi cosa penso dopo una partita me lo tengo per me, perché credo che a fine gara sia meglio andare a casa in ogni caso. Se c’è qualcosa da discutere se ne parla la settimana successiva, se riesco a rivedere la partita ancora meglio.
Il calcio italiano negli ultimi anni non ha espresso grandi campioni, come mai secondo lei? Che manca?
Non credo che sia solo il calcio italiano a non sfornare più grandi campioni, credo semplicemente che il calcio è un altro sport rispetto a quello che vedevamo anni fa. Anzi, ritengo che su certi aspetti i calciatori moderni siano anche più bravi di quelli di una volta, solo che oggi tatticismi e tante altre dinamiche attuali non permettono ai calciatori forti di avere una carriera con risultati importanti e costanti.
Il calcio estero secondo lei gode di una maggior salute, oppure non c’è molta differenza con il nostro?
Come ho detto prima penso sia una situazione globale, ogni tanto vediamo spuntare qualche calciatore che sembra un potenziale crack, solo che commettiamo l’errore di pretendere che lui vincesse sempre le partite da solo; il calcio di oggi rende questa pretesa quasi di impossibile realizzazione.
Se ricevesse una chiamata da un club estero, partirebbe immediatamente oppure ci rifletterebbe qualche giorno?
Devo ammettere che mi piacerebbe veramente poter un domani avere un’esperienza da allenatore all’estero.
Il prossimo anno sa già quale squadra andrà ad allenare?
Sì, già so dove starò il prossimo anno, non anticipo nulla in quanto non voglio togliere la soddisfazione di ufficializzarlo per primo alla società.
Progetti per il futuro?
Per il futuro il mio progetto è quello di continuare ad allenare, magari facendo anche poco alla volta, passi in avanti. Mi auguro un domani di poter accedere al Corso UEFA-A.
A chi vorrebbe dedicare questa intervista?
Questa intervista la dedico a mio nonno Michele (che non c’è più) e a mio padre Felice.
Grazie
29 06 2024
(Tutti i diritti riservati)
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