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giovedì 27 giugno 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

SANDRO 

MARINO

 




 

Sandro Marino è stato un giocatore di calcio, ora   è un allenatore, e così ci si presenta:

 

 

Nasco il 27 giugno del 1974 in Germania a Landstuhl vicino Kaiserslautern. 

 

Dopo qualche anno però io e la mia famiglia, ovvero mio padre, mia madre e i miei 4 fratelli ci trasferiamo a Scampia. Per me sono motivo d'orgoglio i miei genitori perché sono riusciti a crescere 5 figli maschi trasmettendo senso di appartenenza e protezione l'uno per l'altro, anche perché dove abitiamo basta poco per poter intraprendere altri percorsi, ma i miei genitori sono riusciti a farmi crescere con dei veri valori ed è per questo che oggi vivo dove sono cresciuto: nel rione Don Guanella.

 

Qui da ragazzino vivevo la maggior parte della giornata all'oratorio Don Guanella e sono stati anni bellissimi, correre sempre dietro ad un pallone insieme ai miei amici, le partite che sembravano non finire mai, ed è bello che quel gruppo di amici è a oggi tutt'ora legato.

 

La mia crescita calcistica, invece, nasce nel campetto di fronte all'oratorio, ovvero con la CRM (Centro Ricreativo Miano), successivamente gioco con la 167 Giornalai e il Real Pitone. In quest'ultima esperienza, all'età di 14-15 anni, ricordo che mi alzavo la mattina alle 4.30 per andare a lavoro in un laboratorio di pasticceria e quando finivo andavo di corsa agli allenamenti.

 

Successivamente andai a giocare con la Juniores del Mugnano, per poi avere la mia prima esperienza in promozione con la Mobili Barretta, la squadra di Sant’Antimo.

 

Nel 1993 parto per il militare a Firenze che dura esattamente 1 anno. Al mio ritorno inizio la preparazione atletica con la Afragolese in promozione, ma proprio in quel momento ho un'opportunità lavorativa in Germania e dunque parto per Mannheim.  

 

 

Una volta avuta la stabilità economica vado in prova alla Vfl Neckarau in Bezirksligen ci rimango per un anno e mezzo, adattarsi al calcio tedesco non è dei migliori e totalizzo soltanto 4 gol, decido dunque di andare in una squadra di Rheinau (Mannheim), in Kreisliga, dove giocava mio fratello Enzo con alcuni miei cugini, qui totalizzo 42 reti in una sola stagione, e l'anno dopo, nella stessa categoria, vado al Kurpfalz e a fine anno totalizzo 20 reti. 

 

In una delle ultime partite della stagione, mi viene a vedere l’allenatore (allora era al Vwl Neckarau), Ossi Schneider, attualmente allenatore al Pattaya in Thailandia, e l'anno successivo faccio il mio ritorno al Vwl Neckarau. Il primo anno totalizzo 38 reti, nel secondo, e sono capitano, 22;  purtroppo  in quest'ultima stagione ho giocato meno partite in quanto in quell'anno ebbi una telefonata che mi cambiò la vita (  nel frattempo ho avuto 2 figli, Alessio nel 1997 e Dennis nel 1999, mi ero sposato nel 1996 con Giacomina, detta “Pupa”).

 

La vita mi cambiò perché quel sabato sera - 9 settembre del 2000 mi arrivò una telefonata da Napoli dove mi comunicarono che mio padre aveva avuto un incidente al lavoro. Ritornai subito a Napoli, e dopo 16 ore di auto, ebbi la notizia che mio padre non ce l'aveva fatta. Come già detto all'inizio mio padre era un punto di riferimento per tutta la mia famiglia, un operaio modello, capace di crescere 5 figli con dei valori difficili da trovare. 

 

Decisi così nel 2001 di tornare a Napoli con mia moglie e i miei 2 figli per stare vicino alla mia famiglia, e da quel momento non mi sono più spostato. Con il tempo presi il posto del lavoro di mio padre, fare il gruista, nel porto di Napoli, lavoro che tutt'ora svolgo, e una volta ristabilita la stabilità economica ritornai a calcare i campi da calcio.

 

Nel 2001 organizzammo con gli amici del quartiere una squadra di terza categoria, il D'Alife di Piscinola. In quell'annata feci 25 gol, successivamente andai al Piscinola, dove feci la prima e la seconda categoria, giocai in prima categoria al Teverola, al Casoria, Alcott Casandrino, e gli ultimi due anni li militai nel Mugnano, andando sempre ogni anno sopra le 20 reti.

 

In quest'ultima esperienza al Mugnano ebbi l'unico infortunio della mia carriera calcistica, che concluse la mia carriera da calciatore dilettantistico all'età di 33 anni, difatti in uno scontro di gioco ebbi la rottura del crociato anteriore e del menisco.

 

Decisi dunque di non abbandonare lo sport che amo e l'anno successivo iniziai la mia carriera da allenatore.

Allenai per tre anni la squadra del quartiere, il Don Guanella, la portai dalla 3a alla 1a categoria. 

Nell’ ultimo anno arrivammo al centro classifica in prima categoria.

 

In quel periodo presi il patentino di istruttore di scuola calcio, e per quanto riguarda la mia vita personale ebbi altri 2 figli, Mattia nel 2004 e dulcis in fundo la mia principessa Margherita nel 2007.

Mi trasferì al Casavatore in prima categoria (2 anni), arrivai in entrambi gli anni a centro classifica.

 

L'anno dopo vado, grazie al direttore Orlando Stiletti, in una piazza importante: il Casoria in prima categoria, ho un ricordo speciale per il Casoria e i suoi tifosi, anche se la mia esperienza è stata per un breve periodo, infatti terminò alla quarta giornata dopo due pareggi, una vittoria, e una sconfitta, poiché la società cambiò l'obiettivo in corsa volendo rivoluzionare la squadra. Andai via a malincuore, un mese dopo arrivò la chiamata del Plajanum Chiaiano dove riuscii a trovare una salvezza nonostante la situazione al mio arrivo fosse critica (4 punti in classifica e a 9 punti dalla salvezza). 

 

Successivamente per altri due anni arrivammo all'ottavo e poi al quinto posto. Nel quarto anno invece eravamo alla fine del girone d'andata primi (anche se l'obiettivo era arrivare ai Playoff) e alla prima di ritorno ci fu la prima sconfitta, nonostante fossimo ancora primi in classifica mi comunicarono l'esonero.

 

Successivamente decisi di dedicarmi al settore giovanile agonistico e per due anni ho allenato gli allievi regionali del Don Guanella Scampia. Ci posizionammo un anno secondi e un anno primi.

In quei 2 anni presi il patentino da allenatore Uefa B. E dopo il covid ritornai ad allenare la prima squadra, anche se per pochi mesi, poiché alla quarta giornata nonostante 2 vittorie 1 pareggio e 1 sconfitta, miglior risultato ad oggi dopo 4 giornate la società, mi esonerò.

 

In 16 anni di categoria da allenatore ho sempre raggiunto l'obiettivo prefissato nonostante organici a costo zero.

 

A oggi sono due anni che non alleno, nonostante abbia ricevuto diverse chiamate, ciò è causato da una carenza di motivazioni e anche dal voler vivere di più la mia famiglia, con la quale riesco a passare più tempo. Difatti ho capito col passare degli anni che ciò che mi rende felice è il passare il tempo con la mia famiglia, anche se mi manca da morire l'adrenalina del prepartita e quindi non nego un eventuale ritorno in panchina. Questi sono i miei primi 50 anni”.


 

 





Come prima domanda le voglio fare questa: lei è due anni che non allena, dovesse ricevere domani una chiamata importante accetterebbe oppure ci rifletterebbe su?

 

In questi due anni ho avuto varie offerte, ma ho scelto deciso di vivermi la mia famiglia, ciò nonostante non nego che mi manca allenare e l'adrenalina del pre-partita. Dunque se dovessi ricevere offerte stimolanti ci rifletterei sicuramente.







Lei nasce in Germania però dopo qualche anno si trasferisce con tutta la sua famiglia a Scampia, che ricordo ha dell’Oratorio Don Guanella? 

 

I miei momenti migliori li ho avuti nell’oratorio Don Luigi Guanella. Qui da ragazzino passavo la maggior parte della giornata a rincorrere un pallone insieme ai miei amici che tutt'oggi frequento, nonostante i tenori di vita diversi.

I suoi genitori vista la sua passione per il calcio hanno cercato di dissuaderla oppure hanno sempre appoggiato le sue scelte? 

 

I miei genitori nonostante la difficoltà nel crescere cinque figli maschi in un ambiente difficile, hanno fatto un ottimo lavoro lasciandoci scegliere la strada da intraprendere e restando sempre al nostro fianco. 

Prima di partire per la Germania lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più affezionato?

 

Diciamo che non ho una squadra precisa, tutte le squadre hanno lasciato un segno. Partendo dal CRM, 167 Giornalai, Real Pitone fino ad arrivare al debutto in promozione a 17 anni con la Mobili Barretta (di Sant'Antimo).

Un cambiamento importante è quando lei riceve una chiamata da un club tedesco, decide di partire subito, e sette sono stati gli anni che c’è rimasto, che anni sono stati? Inoltre il calcio tedesco in cosa è diverso da quello italiano? 


Preciso che mi sono trasferito in Germania per un'offerta lavorativa e non per una scelta calcistica. Aldilà di tutto ho avuto la possibilità subito dopo di provare a giocare per il VFL Neckarau(Bezirksligae). La differenza maggiore che ci distingue è che il calcio tedesco era molto più fisico che tecnico, ovviamente in quell'epoca.







Da come ho capito all’inizio non fu facile ambientarsi con il loro modo di giocare, come mai? 

 

Proprio come ho risposto in precedenza, essendo stato un giocatore più tecnico che fisico, ho avuto difficoltà ad adattarmi, tutta via però nei 6 anni trascorsi in Germania sono arrivato a totalizzare più di 100 reti. Quindi alla tua domanda ti rispondo con un  si, mi sono adattato nonostante tutto.

Purtroppo lei è costretto a tornare in Italia per un grave lutto, la morte di suo padre, chi l’ha aiutata a superare quel butto momento?

 

Una perdita del genere non la superi, piuttosto impari convivere e ad andare avanti. Ho avuto mia moglie a sostenermi e ad aiutarmi, ma la ferita e la mancanza rimangono.




A 33 anni lei subisce un infortunio al menisco e la sua carriera da giocatore termina, dovesse fare un bilancio, che cosa direbbe?

 

Ti direi che ho un bilancio positivo in quanto non mi importava la categoria, ma la passione che avevo quando ero in campo, ovvero restare in quel campo a rincorre un pallone.






Dopo l’infortunio inizia una nuova vita: quella di allenatore, era chiaro che lei il calcio non lo voleva proprio lasciare, è così?

 

Il calcio per me è vita, ma ero arrivato ad una stanchezza fisica e soprattutto mentale difficile da recuperare, così quando ho avuto l'opportunità di allenare ho accettato.

Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?


Sono legato a tutte le squadre, tutte mi hanno lasciato qualcosa. Il Donguanella è la squadra del mio quartiere, il Casavatore mi ha dato la continuità, il Casoria anche se per poco è stata la piazza più importante, al Plajanum Chiaiano c’ è stata la crescita e delusione; la crescita perché nel primo anno in cui sono entrato nel Pljanum la situazione era critica in quanto eravamo 9 punti dalla salvezza e ci salvammo in uno scontro diretto contro la Sanità (in casa loro). Negli anni successivi crescemmo ancora di più tra un 8° posto e un 5° posto, al 4° anno alla fine del girone di andata eravamo primi in classifica,  però  mi arrivò l’ esonero improvviso (ecco la delusione).







Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Per gestire squadra bisogna saper creare un gruppo coeso che si sostiene aldilà delle difficoltà. In queste categorie è molto più importante, perché?  Perché ci sono ragazzi che arrivano agli allenamenti dopo una lunga giornata di lavoro.

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Le mie partite vengono svolte già negli allenamenti in settimana, preparando e progettando il tutto. Tutta via l'adrenalina che mi trasmette il pre-partita non ha rivali, è un'emozione bellissima. Ai ragazzi consiglio di non perdere mai la voglia di rincorrere, nonostante le difficoltà, i propri sogni.

Un suo pregio e un suo difetto da allenatore?

 

Non credo che possa piacere a tutti, ma sono convinto di aver creato un rapporto civile, rispetto e soprattutto amichevole tra allenatore, giocatori e dirigenti. Io ritengo molto importante che dopo ogni allenamento o partita si crei un rapporto nel dopo partita che mette sullo stesso livello allenatore e giocatore.






Il calcio italiano da diversi anni non esprime tanti talenti, perché secondo lei, che cosa manca?

 

A mio avviso mancano le basi, ma soprattutto il fatto di voler preparare i propri gruppi alla vittoria porta a trascurare le basi come  la tecnica individuale.

Secondo lei chi è il miglior allenatore e perché? 

 

Ho avuto il piacere di partecipare ad alcune sedute di Ancelotti, il quale ancora oggi faccio riferimento, ad esempio nella fase di possesso e in quella di pressione bassa.






Che cosa rappresenta per lei la famiglia?

 

La famiglia per me è tutto. Sono il papà di quattro figli meravigliosi e ho una moglie splendida.





A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

La dedico a me stesso, questa settimana compio i miei primi 50 anni con la speranza di fare ancora la metà di questi anni con la stessa determinazione. 

Auguri da parte mia.

 

 

 

 Grazie 

 

27 06   2024 

 

(Tutti i diritti riservati) 

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