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martedì 27 aprile 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 






CONVERSANDO CON...

     

 

 

FEDERICO 

NICOLUCCI

 

 

 

Federico Nicolucci è un giovane giocatore di calcio. Così ci si presenta: 

 


“sono nato a Roma nel 1996. Ho iniziato a giocare a 8 anni nel Tor Lupara, squadra che era poco fuori Roma vicino a dove abitavo da piccolo, dopo due anni mi sono trasferito a Roma e sono andato a giocare nel Dellevittorie, società di Angelo Di Livi. Dopo un anno di tornei e amichevoli con la Roma in prova, decisero di prendermi e di conseguenza firmai il contratto. 

 

Un sogno. Un sogno che si è spento troppo presto un anno dopo, per motivi fisici (altezza ecc), mi hanno rispedito indietro, ritornai al Dellevittorie, squadra con cui rimasi legato altri 3 anni (anche se avevo avuto la possibilità di firmare per la Lazio, ma i miei genitori dopo la delusione della Roma, avevano paura che io prendessi un’altra scottatura e così hanno preferito non fami firmare). 




Passati questi tre anni, firmai con l’F.C. Fidene; ci rimasi per due anni e l’ultimo anno ho svolto praticamente due campionati tra allievi élite e le convocazioni con la juniores nazionale (giocando da titolare).



 L’ultimo step importante è stata la chiamata di Massimo Testa al Tor Di Quinto, società piena di ambizione e con una storia alle spalle nel calcio giovanile nazionale dilettantistico di altissimo livello. 


Qui mi sono tolto le soddisfazioni più belle, ma anche dei grandi rammarichi. 4 anni intensi di vittorie su vittorie, culminate purtroppo alla fine con la sconfitta nella finale Regionale contro la Vigor Perconti, è un momento della mia carriera calcistica che fa male ancora oggi. 


Dopodiché decisi di iscrivermi all’università alla facoltà di infermieristica, quindi il calcio per me era diventato solo un divertimento, e così firmai per una squadra che avevo sotto casa: l’Atletico Roma; e qui termina la mia carriera. 


Nel gennaio 2018 subii durante una partita un brutto infortunio. La rottura del legamento crociato anteriore e i menischi interno ed esterno. Dopo di che da quel momento, decisi di non varcare più nessun campo da calcio.

 

 








 

 

 


 

 

Come prima domanda le voglio fare questa, lei dopo l’infortunio del 2018, un brutto infortunio, bisogna pur dirlo, ha deciso di non giocare più a calcio, si tratta di una decisione momentanea, oppure trattasi di una pausa di riflessione? 


 Sicuramente la rottura del crociato e dei menischi, è un infortunio che sia fisicamente che mentalmente ti porta via tanto. La mia decisione di smettere è stata presa anche per impegni universitari come il tirocinio (studio infermieristica) ed una ricaduta significava compromettere tutto. 


Nonostante ciò, non nego che la voglia di tornare in un campo di calcio è tanta e la mancanza del pallone si fa sentire, quindi mai direi mai. Sicuramente la rottura del crociato e dei menischi  è un infortunio che sia fisicamente che mentalmente ti porta via tanto.


Per due giorni non si è parlato che di Super-lega, non è durata molto, secondo lei perché?  Tra l’altro l’ultimo club è sfilarsi è stata la Juventus, cose ne pensa lei di tutto ciò? 


La Super-Lega è un argomento recente, ma anche complesso. Complesso perché noi persone comuni non sapremo mai in fondo cosa ci sia dietro e dove volessero arrivare. Sono molto contento che sia andata a morire sul nascere, perché come anticipato prima, il calcio è un gioco semplice, non deve essere modificato o portato ad uh evoluzione che non gli appartiene. Determinate bandiere del calcio che oggi non ci sono più non avrebbero mai permesso questo. 


Non nego che la Juventus sia  una delle due squadre che non amo particolarmente, non so cosa ci possa essere dietro, l’unica cosa che mi viene da pensare è solo un brutto conflitto di interessi riuscito male; il calcio non ha bisogno di tutto questo per rimanere grande.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Io ho sempre giocato a calcio, anche quando ero piccolo, non praticandolo come sport; con mio padre e mio fratello andavamo nei vari parchi di Roma a fare due tiri. Mio fratello che è più grande di me, quando io avevo 4 anni, già giocava in una squadra, quindi tutte le volte lo andavo a vedere e mi mettevo a fare il classico “battimuro” mentre giocava. 


Un allenatore che eri lì chiedeva sempre ai miei genitori di segnarmi alla scuola calcio; dopo pochi anni iniziai la mia più grande avventura.

 








Cos’ha provato quando la Roma decise di prenderla nella società? 


La chiamata della Roma è stata una cosa inaspettata, una di quelle cose che finché non ci entri ancora non ci credi.


 La Roma è la mia squadra del cuore, entrare ed allenarmi nei campi di Trigoria è stato un sogno che si avverava. Magari mentre noi ci allenavamo nel “campo B”, nel “campo A” c’era la prima squadra che si allenava, o Totti che batteva le punizioni. Peccato che il sogno sia finito troppo presto.

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più  legato? 


Devo dire che sono rimasto legato a tutte le squadre in cui ho giocato. Se devo stilare una classifica la squadra a cui sono rimasto più legato è l’U.S.D. Tor di Quinto. 


Con loro mi sono tolto tante soddisfazioni e sono cresciuto molto a livello calcistico. Al Tor di Quinto il calcio si vive diversamente, tutto diventa una sfida continua, e quando il calcio è così, il mettersi in gioco è sempre stimolante. 

 








Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse?


Oltre al calcio non ho una grande passione vera e propria per altri sport, sicuramente se mi capita di vedere in tv qualche gara di squadre italiane (Olimpiadi ecc) continuo a guardare e a tifare Italia. Posso dire che ultimamente sto iniziando a vedere un po’ di NBA del basket. 

 











Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è era più interessato: a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?


Non saprei, posso parlare per la mia esperienza personale. Non ho mai pensato che il mio giocare a calcio mi dovesse portare a vivere una vita agiata o alla fama, io giocavo a calcio semplicemente perché era la cosa che amavo fare di più e mi faceva stare bene. Forse questo per assurdo è stato uno dei miei “difetti” per il quale non sono arrivato nel grande calcio. Anche se uno giovane talento ci spera sempre, ad oggi dico che va bene così.

 

Lei giocava nel ruolo di?


Io giocavo esterno alto di destra, o seconda punta, piede mancino

 

Il suo goal più bello?


Ce ne sono tanti di gol che conservo dentro di me; forse il più importante è quello con il Tor di Quinto, contro la Tor Tre Teste. Abbiamo vinto 1-0 in uno scontro diretto tra prima e seconda in classifica. La gioia più grande è stata vedere le facce dei miei compagni ed esultare tutto insieme.

 










Che cosa le ha dato, e che cosa le ha le ha tolto il calcio?  


Il calcio mi ha dato tanto. A parte il calcio giocato, mi ha fatto conoscere persone che ancora oggi porto nel cuore, sia allenatori che compagni; lo spogliatoio penso sia la parte più bella. Non mi piace dire che il calcio mi ha tolto, perché l’ho sempre vissuto con grande entusiasmo. 


Posso dire che mi ha portato a dei sacrifici, come la scuola, ammetto di avere avuto delle difficoltà nel far combaciare alla perfezione le due cose; oppure uscire il venerdì sera o il sabato sera con gli amici, ma queste cose non sono state un problema, rifarei tutto.

 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?


Il mio più grande difetto forse era che a volte a livello difensivo non avevo così tanta voglia di fare su e giù sulla fascia per andare a ripiegare (lì mi beccavo strigliate da tutti). 


Il mio pregio, forse era il giocare a calcio semplice senza inventarmi chissà che cosa, usare destro e sinistro, per poi arrivare negli ultimi 20 metri e praticare tutta la mia fantasia.

 

Nel 2018 lei subisce un brutto infortunio. Com’è avvenuto? 

 

Un giorno da dimenticare. Giocavo seconda punta quella partita, il nostro centrocampista cambia gioco sulla sinistra dove ero io, la palla era in aria e feci uno “spalla a spalla” aereo con il difensore, quando poggia la gamba a terra ho sentito il ginocchio sballottolare da una parte all’altra; lì ho capito subito cosa fosse successo

 









Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?


Che sono un ragazzo come un altro, che si vive la sua vita giorno per giorno cercando la sua strada. Non ho bisogno di avere tanto intorno a me, ho bisogno di avere la qualità giusta delle persone per emergere, senza paure e pensieri negativi.

 








Quanto è importante la famiglia per lei?


Molto importante. La mia famiglia è molto semplice, viviamo di un umile quotidianità che mi ha permesso di vivermi qualsiasi rapporto umano con in piedi per terra. 


A me e mio fratello i nostri genitori ci hanno cresciuto con cose semplici, che sono i valori più importanti, oltre a non averci mai fatto mancare niente. Dobbiamo sempre ringraziare i nostri genitori, anche se non lo facciamo quasi mai, però se lo meritano.

 

Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?


Gli amici sono la base della vita. Io penso che più della quantità, come detto prima, conti la qualità. Puoi avere molte conoscenze, ma le amicizie vere sono poche. 


Io ringrazio due miei amici in particolare, Michele e Francesco, che negli anni hanno capito che tipo di persona sono e che tendono sempre a ricercare in me solo il meglio, in modo da eliminare paure ed ansie che non sono necessarie

 










La sua carriera è stata costellata da importanti successi e grandi soddisfazioni, mi scusi se le ripropongo la stessa domanda iniziale  non vuol dare qualche altra gioia a suoi estimatori (e sono tanti mi pare di aver capito)? 


Non so se ho tanti estimatori, ma se così fosse ne sono molto onorato; come detto prima non nego che ho una gran voglia di scendere in un campo di calcio, non posso neanche promettere che se mai tornerò a giocare, io sia lo stesso giocatore di un tempo (a ha ha ha ) la vita non si sa cosa ci riserva, posso solo dire sempre: VIVA IL CALCIO!

 

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

       27 04 2021 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 25 aprile 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 



CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

ANDREA

CARRARINI

 

 




 


 


 



 

 Andrea Carrarini è nato a Roma il 31 maggio del 1988, è allenatore abilitato Uefa C. Allena dal 2016, inizialmente la scuola calcio, poi dal 2020 le categorie agonistiche di fascia Regionale ed Elite. Attualmente è il tecnico della Villalba Ocres categoria U19 Elite.

 


Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti?

 

Io spero che ci saranno profondi cambiamenti, spero che questa situazione possa essere l'occasione per mettere in evidenza i limiti del sistema calcio. Tornare a mettere la crescita del giocatore al centro. Credo che la voglia di calcio comunque ci sarà e continuerà ad alimentare uno sport che rimane popolare. 

 

Tutti in questo momento parlano di questa super-lega, molti sostengono che il calcio sia morto, è proprio così? Questa super lega dopo le defezioni delle squadre inglesi non farà più nulla. Tre club italiani avevano aderito, mentre gli altri si dicono disgustati. Lei si è fatto un’idea? 

 

Io credo che la superlega non sia altro che un modo per permettere alle famose 12 di ripianare debiti consolidati negli anni. In questo senso le istituzioni calcistiche hanno una responsabilità, permettere di non avere sotto controllo la parte finanziaria è un errore che ora quelle società devono pagare. Non possono pagarlo le piccole squadre per loro. La superlega avrebbe fatto diventare il calcio uno sport d'élite ed avrebbe perso il senso. Mi auguro che queste società paghino per la situazione finanziaria che hanno e vengano privilegiate le società virtuose. 

 

Alcuni sui vari sociale ho scritto questa frase: “Il calcio è morto”. Condivide?

 

Non sono d'accordo, il calcio vive in ognuno di noi ogni qualvolta calciamo un pallone in qualsiasi posto siamo. Il calcio è un'emozione che non potrà mai morire. 

 











Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Fin da piccolo, grazie alla Roma, la frequentazione dello stadio, mio padre. Il calcio ha sempre fatto parte della mia vita da sempre. Col passare degli anni questa passione si è via via alimentata. 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Ho avuto la bravura di essere sempre stato un buono studente e la fortuna di avere genitori che hanno assecondato la mia passione, quindi non ho avuto problemi di contrasto. 

 

Ad un certo punto lei smette di giocare e inizia a fare l’allenatore, come mai non ha continuato l’attività agonistica? 

 

Quasi per caso inizio ad allenare a 18 i piccolini dopo una proposta nella società dove giocavo. Nel frattempo studiavo e l'attività di allenatore conciliava meglio col periodo di università che vivevo. Giorno dopo giorno diventava sempre più parte di me il ruolo da allenatore piuttosto che giocatore e quindi feci questa scelta. Ora a 33 anni non mi pento della scelta. 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 


Mi piace molto lo sci, è uno sport che pratico quando possibile e mi appassiona molto. 

 

Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è più interessato a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?

 

La fama ed i soldi vanno a braccetto ma ad oggi a mio parere, nell'epoca dei social forse attira molto più la fama che i soldi, almeno inizialmente. A me piacerebbe diventare professionista per fare della mia passione un lavoro poi certo, non sono ipocrita, anche la parte economica svolge un ruolo importante. 

 












Lei giocava nel ruolo di?

 

Nasco esterno di attacco per poi giocare gli ultimi anni da intermedio di centrocampo. 

 

Il suo goal più bello se lo ricorda?

 

Ricordo una doppietta in campionato in casa in una partita importante con un primo gol ad incrociare sul secondo palo ed il secondo su rigore. Fu un bel giorno. 

 

Alla fine di una partita, ripensa agli errori fatti (nell’aver impostato la squadra),  se ci sono stati, oppure gira pagina e si prepara alla prossima?

 

Alla fine di ogni partita e di ogni allenamento penso a cosa  sia andato male, a  cosa possa essere migliorabile. L'analisi degli errori va sempre di pari passo per me con la preparazione della partita successiva, l'errore ci fa crescere come squadra e quindi dobbiamo averlo a mente anche mentre si prepara la partita successiva. Cambiare pagina non è costruttivo in quanto si rischia di mettere sotto la sabbia i problemi. 

 

Che cosa le sta dando, e che cosa le sta togliendo questo sport?  

 

Mi sta dando emozioni, sentimento, adrenalina, è un qualcosa che ti tiene sempre sul “pezzo”. Togliendo... non direi anche ad oggi purtroppo molte componenti non ci sono, campionati fermi, è uno sport limitato. Calcio è competizione, questa non c'è in questo momento quindi le nostre emozioni sono rintanate in attesa di uscire.

 












Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio come allenatore? 

 

Non lo so, è difficile, forse sarebbe meglio chiederlo ai giocatori, ma se dovessi identificarne uno, direi il pregio di essere pragmatico e stratega ma anche il difetto di essere a volte molto testardo sulle mie convinzioni, ma forse sta proprio nel ruolo e nella natura di un tecnico. 

 

Il Mister quali doti deve possedere affinché la squadra dia il miglio sul campo?

 

Deve essere empatico, comunicativo. Deve saper di trasmettere il proprio messaggio e le proprie idee convincendo il gruppo. Puoi essere preparato con tutta la teoria, ma se non la trasmetti non ottieni risultato. Altra dote fondamentale inoltre è l'adattamento, un bravo tecnico deve capire il gruppo, il contesto, la situazione e trovare la strategia migliore per raggiungere i propri risultati. 

 

Un allenatore che lei ammira tantissimo? 


Carlo Ancelotti perché riesce ad essere leader con il giusto equilibrio emotivo, tecnicamente preparato e sempre lucido nell'affrontare situazioni. È un allenatore vincente senza essere isterico. 

 

Che cosa prova ogni volta che scende in campo per allenare? 

 

L'emozione come se fosse la prima volta ma allo stesso tempo la carica e la convinzione di voler trasmettere un'idea ad un gruppo di giocatori. 

 

Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?


Equilibrato, pragmatico, calcolatore, stratega, ma anche timido e riservato, in campo riesco a trasformarmi ma nella vita privata non sono uno che si mette al centro dell'attenzione. 

 











Famiglie e amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

 

Un ruolo fondamentale, una base senza la quale qualsiasi attività come il calcio fatica ad esistere. Serve un equilibrio ed una serenità privata per affrontare al meglio gli obiettivi sportivi. 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 

 

Vestire la maglia dell'AS Roma da tecnico non necessariamente della prima squadra. Far parte della società dal punto di vista tecnico in qualche modo. Sarebbe un sogno

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

 25 04  2021 

 

(Tutti i diritti riservati)