di PAOLO RADI
CONVERSANDO CON...
ANDREA
CARRARINI
Andrea Carrarini è nato a Roma il 31 maggio del 1988, è allenatore abilitato Uefa C. Allena dal 2016, inizialmente la scuola calcio, poi dal 2020 le categorie agonistiche di fascia Regionale ed Elite. Attualmente è il tecnico della Villalba Ocres categoria U19 Elite.
Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti?
Io spero che ci saranno profondi cambiamenti, spero che questa situazione possa essere l'occasione per mettere in evidenza i limiti del sistema calcio. Tornare a mettere la crescita del giocatore al centro. Credo che la voglia di calcio comunque ci sarà e continuerà ad alimentare uno sport che rimane popolare.
Tutti in questo momento parlano di questa super-lega, molti sostengono che il calcio sia morto, è proprio così? Questa super lega dopo le defezioni delle squadre inglesi non farà più nulla. Tre club italiani avevano aderito, mentre gli altri si dicono disgustati. Lei si è fatto un’idea?
Io credo che la superlega non sia altro che un modo per permettere alle famose 12 di ripianare debiti consolidati negli anni. In questo senso le istituzioni calcistiche hanno una responsabilità, permettere di non avere sotto controllo la parte finanziaria è un errore che ora quelle società devono pagare. Non possono pagarlo le piccole squadre per loro. La superlega avrebbe fatto diventare il calcio uno sport d'élite ed avrebbe perso il senso. Mi auguro che queste società paghino per la situazione finanziaria che hanno e vengano privilegiate le società virtuose.
Alcuni sui vari sociale ho scritto questa frase: “Il calcio è morto”. Condivide?
Non sono d'accordo, il calcio vive in ognuno di noi ogni qualvolta calciamo un pallone in qualsiasi posto siamo. Il calcio è un'emozione che non potrà mai morire.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Fin da piccolo, grazie alla Roma, la frequentazione dello stadio, mio padre. Il calcio ha sempre fatto parte della mia vita da sempre. Col passare degli anni questa passione si è via via alimentata.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
Ho avuto la bravura di essere sempre stato un buono studente e la fortuna di avere genitori che hanno assecondato la mia passione, quindi non ho avuto problemi di contrasto.
Ad un certo punto lei smette di giocare e inizia a fare l’allenatore, come mai non ha continuato l’attività agonistica?
Quasi per caso inizio ad allenare a 18 i piccolini dopo una proposta nella società dove giocavo. Nel frattempo studiavo e l'attività di allenatore conciliava meglio col periodo di università che vivevo. Giorno dopo giorno diventava sempre più parte di me il ruolo da allenatore piuttosto che giocatore e quindi feci questa scelta. Ora a 33 anni non mi pento della scelta.
Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse?
Mi piace molto lo sci, è uno sport che pratico quando possibile e mi appassiona molto.
Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è più interessato a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?
La fama ed i soldi vanno a braccetto ma ad oggi a mio parere, nell'epoca dei social forse attira molto più la fama che i soldi, almeno inizialmente. A me piacerebbe diventare professionista per fare della mia passione un lavoro poi certo, non sono ipocrita, anche la parte economica svolge un ruolo importante.
Lei giocava nel ruolo di?
Nasco esterno di attacco per poi giocare gli ultimi anni da intermedio di centrocampo.
Il suo goal più bello se lo ricorda?
Ricordo una doppietta in campionato in casa in una partita importante con un primo gol ad incrociare sul secondo palo ed il secondo su rigore. Fu un bel giorno.
Alla fine di una partita, ripensa agli errori fatti (nell’aver impostato la squadra), se ci sono stati, oppure gira pagina e si prepara alla prossima?
Alla fine di ogni partita e di ogni allenamento penso a cosa sia andato male, a cosa possa essere migliorabile. L'analisi degli errori va sempre di pari passo per me con la preparazione della partita successiva, l'errore ci fa crescere come squadra e quindi dobbiamo averlo a mente anche mentre si prepara la partita successiva. Cambiare pagina non è costruttivo in quanto si rischia di mettere sotto la sabbia i problemi.
Che cosa le sta dando, e che cosa le sta togliendo questo sport?
Mi sta dando emozioni, sentimento, adrenalina, è un qualcosa che ti tiene sempre sul “pezzo”. Togliendo... non direi anche ad oggi purtroppo molte componenti non ci sono, campionati fermi, è uno sport limitato. Calcio è competizione, questa non c'è in questo momento quindi le nostre emozioni sono rintanate in attesa di uscire.
Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio come allenatore?
Non lo so, è difficile, forse sarebbe meglio chiederlo ai giocatori, ma se dovessi identificarne uno, direi il pregio di essere pragmatico e stratega ma anche il difetto di essere a volte molto testardo sulle mie convinzioni, ma forse sta proprio nel ruolo e nella natura di un tecnico.
Il Mister quali doti deve possedere affinché la squadra dia il miglio sul campo?
Deve essere empatico, comunicativo. Deve saper di trasmettere il proprio messaggio e le proprie idee convincendo il gruppo. Puoi essere preparato con tutta la teoria, ma se non la trasmetti non ottieni risultato. Altra dote fondamentale inoltre è l'adattamento, un bravo tecnico deve capire il gruppo, il contesto, la situazione e trovare la strategia migliore per raggiungere i propri risultati.
Un allenatore che lei ammira tantissimo?
Carlo Ancelotti perché riesce ad essere leader con il giusto equilibrio emotivo, tecnicamente preparato e sempre lucido nell'affrontare situazioni. È un allenatore vincente senza essere isterico.
Che cosa prova ogni volta che scende in campo per allenare?
L'emozione come se fosse la prima volta ma allo stesso tempo la carica e la convinzione di voler trasmettere un'idea ad un gruppo di giocatori.
Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?
Equilibrato, pragmatico, calcolatore, stratega, ma anche timido e riservato, in campo riesco a trasformarmi ma nella vita privata non sono uno che si mette al centro dell'attenzione.
Famiglie e amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?
Un ruolo fondamentale, una base senza la quale qualsiasi attività come il calcio fatica ad esistere. Serve un equilibrio ed una serenità privata per affrontare al meglio gli obiettivi sportivi.
Un sogno che vorrebbe che si realizzasse?
Vestire la maglia dell'AS Roma da tecnico non necessariamente della prima squadra. Far parte della società dal punto di vista tecnico in qualche modo. Sarebbe un sogno
Grazie
a cura di Paolo Radi
25 04 2021
(Tutti i diritti riservati)
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