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sabato 25 luglio 2020

DI PAOLO RADI 









CONVERSANDO CON...
     
      
ANTONIO 
SILVANO




Antonio Silvano è nato a Napoli il 20 settembre 1995, ha frequentato l’Istituto Industriale, inizia a giocare nella scuola Calcio Napoli, ed ora gioca in eccellenza veneta, nome della squadra: Portomansuè.








La prima domanda è un classico: si ricorda quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Ricordo che quando ero bambino non ero appassionato tanto di
Calcio, mi piaceva la boxe, ricordo che mio papà mi costringeva 
Andare agli allenamenti, poi pian piano non ho potuto più fare a meno di un pallone.




I suoi genitori hanno cercato di appoggiare la scelta, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?” 

I miei genitori come prima cosa mettevano avanti sempre lo studio e poi dopo aver fatto il mio dovere mi permettevano di fare sport.


Lei è nato a Napoli e le occasioni per praticare altri spor non le mancano, possibile che non ci sia stata qualcun’altra attività agonistica che potesse interessarla


Ti posso dire che a Napoli il calcio si vive in strada, in un qualsiasi vicolo di Napoli vedi ragazzi che giocano a calcio per loro è tutto, se non avessimo avuto un pallone lo avremmo fatto con la carta, in quanto alle porte prendevamo due sassi e  iniziavamo a giocare. 




Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più legato? 

Si possono dire di aver girato abbastanza specialmente negli ultimi anni, diciamo che un po’ tutte le esperienze ti restano sia in positivo che in negativo, ma posso dire che le squadre che mi restano impresse un po’ come gruppo e un po’ come obbiettivi sono il Real Albanova, la Gioiese e la Sancataldese.




Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi?

Beh, diventare calciatori e il sogno di tutti quelli che praticano calcio, credo che sia scontata la risposta: fama e soldi.





Il suo goal più bello?

Ce ne sono gol belli, ma voglio elogiare quello di quest’anno tra il Sancataldese contro il Marineo feci il 2-1 al 84”, oltre alla bellezza è stata l’importanza del gol, era un periodo un po’ buio, perché erano circa 4 partite che non andavo in rete.




Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le sta togliendo? 

Il calcio si sa ti dà e ti toglie, ti regala tante emozioni sia positive che negative, ti toglie abbastanza tempo per la tua famiglia, ovviamente parlo di me che viaggio abbastanza.









Com’è il suo rapporto con i tifosi? 

Mah, con i tifosi mi sono trovato sempre bene, ovviamente nel
mio ruolo contano i gol, i tifosi vogliono solo quello dagli attaccanti, se segni sei il migliore se non segni viceversa.






Con gli arbitri generalmente come sono stati i suoi rapporti e come sono oggi, mi spiego accetta una loro decisione in maniera tranquilla, oppure tende a protestare con una certa veemenza? 

Senza arbitri non potremmo giocare, sono un pilastro. Lo so nel
calcio, ovviamente sbagliano anche loro come noi, ci sono decisioni difficili da digerire.





Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, che cosa direbbe? 

Sono una persona umile e che qualsiasi obiettivo che ho in mente cerco sempre di guadagnarmelo.





Alcuni calciatori di Napoli mi ha detto che per loro non è stato facile adattarsi quando sono approdati nelle varie squadre di fuori regione. Venivano guardati con molta diffidenza, e di questo ne hanno un po’ sofferto. Perché succede questo? 






Io posso dire che nascere a Napoli mi ha aiutato ad ambientarmi bene in qualsiasi squadra, si è vero io ho incontrato diverse forme di razzismo verso il Sud ma questo può soltanto rafforzarci, per il
resto facciamo parlare il campo.





Quanto è importante la famiglia per lei? 

La famiglia nella vita è tutto, chi ti vuole bene più dei tuoi cari?




Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

Ho tanti amici anche perché nel
calcio conosci tante persone, ma ne posso fare a meno, preferisco sempre la mia famiglia.





Alcuni giocatori mi ha detto che il calcio certamente è stato importante, ma anche è stato molto utile frequentare la scuola per prendere il diploma di maturità. 

Come ho detto in una domanda, prima viene il dovere e poi il piacere, la scuola è la base della vita, senza scuola non sapresti rispondere nemmeno a una domanda.










Ritiene che anche lo studio possa salvare un giovane ragazzo da una determinata realtà? (che non appartiene solo a Napoli, ma che è comune a tante altre città)

Lo studio è la base di tutto per iniziare ad organizzare i progetti della tua vita.




Lei è nato a Napoli, potrebbe descrivere con poche parole la sua città? 

Napoli e unica sotto tutti i punti di vista, e la difenderò per tutta la
vita





Grazie   

a cura di Paolo Radi   





25   07       2020 

(Tutti i diritti riservati)  












mercoledì 22 luglio 2020

DI PAOLO RADI 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONVERSANDO CON...

     

 

 

     


CIRO     

CORRADO  

 








 

 

 

 

 

Ciro Corrado èun ragazzo di Napoli nato nel 1989. Ha iniziato a giocare all’età di 9 anni in una società che si chiamava “167 giornalai” e ha militato nella stessa   per tanti anni, come ci dice lui “eravamo una squadra di amici “ 

Ha giocato tanti anni nel Lazio che ormai reputa la sua seconda casa: Boville, Latina, Formia, Palestrina, Albalonga, Colleferro, Cassino e tante altre ancora


Quest’anno era al Gaeta dove si sono piazzati al secondo posto. arrivati secondi.


Al termine dell'intervista vai la galleria fotografica.

 






 



 

A proposito del calcio che viviamo in questo momento, secondo lei c’erano le condizioni per far ripartire il campionato di serie A? Senza i tifosi non le sembra un calcio diverso? 

 

Secondo me Le condizioni per far ripartire la serie A c ‘erano, rispetto a noi ragazzi che giochiamo in categorie dilettanti, logicamente non c’è la possibilità di effettuare controlli quotidianamente per tenere tutto sotto controllo.

 

 

 


Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Nei nostri quartieri son da bambini si inizia a praticare calcio per strada, quindi posso dirti che fin da subito ho iniziato a coltivare la mia grande passione, e tutt’ora porto dentro la voglia di continuare a divertirmi con lo sport che amo di più

 

 



Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Diventare calciatore è un po’ il sogno di tutti, di certo fama e soldi sono quelli che spingono più ragazzi a percorrere questa strada, però solo chi pratica può capire cosa si prova a stare in questo “mondo”

 

 

 

 

Lei gioca nel ruolo di? 

 

Io sono un esterno d’attacco e all’occorrenza ho fatto anche l’attaccante

 

 

 

 

Il suo goal più bello?

 

Il gol più bello secondo me lo segnai quando militavo nell’Albalonga, quando con una serie di dribbling superai vari avversari e con un diagonale segnai.

 

 

 


La regione Lazio è la sua seconda casa e lei è un giocatore stimato da tutti per sia per il suo modo di porsi, sia per la sua bravura, qual è il club dove si è trovato meglio?

 

Nella maggior parte delle mie esperienze mi sono trovato bene. Sono un ragazzo serio che sa farsi volere bene. 

Di sicuro posso dirti il Cassino rispetto alle altre, forse perché sono rimasto per due anni raggiungendo obbiettivi importanti.

 

 

 

 

Com’è riuscito a proporsi in queste squadre del Lazio? C’è stato qualcuno che la proposta (penso a un mister, un direttore, un procuratore)? 

 

Il mio approdo nelle squadre della regione Lazio è avvenuto grazie al direttore Paolo Filosa, che mi portò dall’ Eccellenza campana alla serie D laziale.

 

 

 

 

Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo?

 

Il calcio mi ha dato tanto, soprattutto molte soddisfazioni, ma nello stesso momento mi ha tolto tempo per stare con la mia famiglia, con la mia ragazza e con i miei amici, questo perché ho vissuto spesso lontano da casa.

 

 


 

Il suo più grande difetto?

 

Posso dire che sono permaloso ed introverso.

 

 

 

Il suo più grande pregio?

 

Sono un buon amico di cui potersi fidare in qualsiasi circostanza.

 

 

 

 

Se dovesse descrivere se stesso – a chi non la conosce - con poche parole, che cosa direbbe? 

 

Sono un ragazzo semplice, a cui piace stare tranquillo, ma che non si “risparmia” quando si tratta di “far casino” insieme con gli amici.

 

 



Quanto è importante la famiglia per lei e l’amore della sua ragazza? 

 

Per me la famiglia è sacra, sono le persone che ti ritroverai per tutta la vita. Riguardo la mia ragazza posso dirti che è una persona eccezionale, nei momenti difficili della mia vita, è stata sempre accanto a me con gesti e parole, mi hanno aiutato a superare il tutto, non smetterò mai ringraziarla.

 

 

 


Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

 

Ho tanti amici, ma in particolare con due mi sento tutti i giorni e che reputo una parte importante della mia vita.

 

 

 

  Lei ci ha detto che vive nel quartiere di Secondigliano, mi permetta, perché a volte ci sono tanti pregiudizi su questo quartiere? 

 

 Alcuni ragazzi che ho intervistato mi hanno raccontato: “lo sa che quando andiamo a giocare e diciamo che abitiamo a Scampia o Secondigliano, subito iniziano le offese contro la squadra del nostro quartiere?” Personalmente lo trovo assurdo, ragazzi di Napoli che vengono offesi da altri giocatori campani, solo perché nati appunto lì. 

 

Sì, vivo in questo quartiere, e spesso quando si sente Secondigliano o Scampia, le persone spalancano gli occhi senza sapere che noi ragazzi – di queste zone - facciamo una vita come tutti gli altri, anzi stiamo pure meglio.

La gente vive di pregiudizi, ma senza sapere realmente come si vive in un posto.

 

 

 






























 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

 

22 07       2020 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 17 luglio 2020

di PAOLO RADI 











Il mio senso di appartenenza alle Vele 
     








Una conversazione con

MARIO PELUSO





Mario Peluso, nato a Scampia, ci si presenta raccontandoci qualcosa della sua vita di calciatore, alla fine noi gli abbiamo rivolto alcune domande.

Mi chiamo Mario Peluso e sono nato a Napoli il 6/7/91, ho iniziato a dare i primi calci a un pallone sin da piccolo, infatti giocavo per le strade dove abitavo, e sono nato e cresciuto: le Vele Di Scampia. 


Ricordo che mettevamo 4 buste o qualche indumento per formare 2 porte e giocare dal primo pomeriggio fino alla sera tardi, poi fu costruito un campetto da calcetto.

All’interno delle Vele e quello era il mio stadio San Paolo di Fuorigrotta, lì praticamente ho trascorso la mia quotidianità̀ per diversi anni, mangiavo pane e pallone o meglio facevo casa e pallone nonostante vivessi sempre in un ambiente in cui l’aria “era molto tesa”.

Un giorno qualunque fui visionato mentre facevo una delle tante partitelle tra amici, dall’allenatore e vice presidente Rosario Ranno dell’associazione calcistica “Oratorio Don Guanella Scampia” fondata da Don Aniello Manganiello negli anni 90. Dopo qualche allenamento di prova approdai per la prima volta in un contesto calcistico dove esistono delle regole ben precise, una su tutte e “il rispetto delle regole, oltre all’agonismo”. Ecco la mia prima esperienza oltre le Vele. Nell’anno 2004 disputammo e vincemmo un campionato provinciale per poi confrontarci con quello regionale l’anno seguente. 

Sin da quell’annata sentivo rispetto ai miei compagni una sensazione diversa ogni volta che indossavo quella maglia, più anni passavano più crescevo è più̀ la sentivo come la mia seconda pelle, sentivo che indossando la maglia del mio quartiere era come difendere e contrastare tutto ciò̀ che i miei occhi vedevano, le mie orecchie sentivano, ma soprattutto la mia mente percepiva durante gli anni trascorsi in un ambiente chiuso come quello delle Vele. 

Ogni volta che scendevo in campo nei vari paesi con la maglia del Don Guanella Scampia ecco percepivamo un’atmosfera  di pregiudizio, infatti, ne ho sentite di offese, ma non le ascoltavo, sentire è una cosa e ascoltare è per l’appunto un’altra:  cori razzisti e discriminazione di provenienza legata al  mio quartiere,  ovviamente ero come abituato e quindi attendevo magari il momento di un gol o la vittoria della partita stessa, per rispondere con un bacio sullo stemma della maglia che portavo addosso. 

Ad ogni vittoria sentivo il riscatto personale e soprattutto quello sociale, ecco.

 Magari qualcuno può considerare questa sensazione un pochino esagerata, ma se mi mettessi a pensare alle offese della gente non avrei tempo di amare la maglia del mio quartiere. 

Intanto gli anni passavano, crescevo e attraverso questo sport, le nuove amicizie maturavano,  mi formavo come persona e mentre la prima squadra del Don Guanella Scampia disputava il campionato di terza categoria il sottoscritto disputava il campionato di Juniores da Capitano nell’anno 2010 , fu un ottimo campionato è proprio durante quell’annata che mi convocó Mister Sandro Marino in prima squadra avendo così la possibilità̀ di vivere in prima persona sia come calciatore e come tifoso la scalata che ci portò  dalla terza categoria fino al campionato di Promozione grazie al Mister Massimo Di Sarra. 

Nell’anno 2018/19 Mister Alessandro Polizio essendo lui in quel periodo l’allenatore della prima squadra mi nominò Capitano, riconoscendo quindi non solo il mio operato, ma anche il senso d’appartenenza per i colori del Don Guanella Scampia. 

Un motivo di grande orgoglio e soddisfazione per me, ho avuto l’onore di rappresentare per tutti i campi da calcio per tutta la Campania, il mio quartiere spesso in difficolta, sofferente, ma con un cuore grande e con una grande forza di volontà che è quella che non ci permette di mollare mai ad ogni caduta. 

Siamo sempre pronti subito a rialzarci, riconoscendo i propri errori e rimettersi in prima linea più forti di prima nonostante che ci sia sempre questo pregiudizio per chi proviene dalle vele, essendo un figlio di Scampia ho imparato a cadere 7 volte e a rialzarmi 8; nonostante il nemico sia sempre dietro l’angolo non mi abbatto e ogni volta che metterò piede in quel prato verde sentirò sempre quel grandissimo senso di responsabilità̀ che solo io ed io conosciamo. 

Bisogna trasmettere ad ognuno che indossa la maglia dei quartieri martoriati, la fame vittoria e la difesa dei propri colori affinché possano comprendere che i soldi non ti daranno mai la stessa emozione di poter combattere e difendere con il coltello tra i denti il sorriso di tanti bambini di questo meraviglioso quartiere che fu facile preda del nemico. 











Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti

Penso che il calcio più passano gli anni e più subirà cambiamenti dall’uomo in maniera negativa. Basta costatare la tecnologia della Var quanto stia mandando in confusione gli appassionati di questo sport. Purtroppo è così, io preferivo l’occhio umano sinceramente. Purtroppo il calcio è malato e temo che cambierà ancora in peggio.






(Nella foto   Rosario Ranno, l’allenatore che mi prese dalla strada e mi portò nel mondo del calcio)



Secondo lei c’erano le condizioni per far ripartire il campionato di serie A?Anche perché le squadre che hanno una rosa limitata non possono competere con altre squadre, visto che si gioca due volte a settimana.

Secondo me, cioè da appassionato di Calcio, il campionato andava sospeso e rimandato direttamente a quello 2020/2021, ma chi ci sta dentro a questi giri milioni di euro non la pensa come me. 

Il “Dio denaro” prevale su tutto e la ripartenza di questo campionato (che somigliano tanto ai tornei estivi che si disputano in estate) ne è la prova. Non è calcio senza tifosi, si gioca in un clima surreale.










Nella sua presentazione ha fatto riferimento al pregiudizio sul quartiere dove lei abita: Scampia, mi scusi se il paragone può sembrare esagerato, ma sembra che abbiate un marchio, è così? 

Certo, noi siamo etichettati come il quartiere di Gomorra. Ricordo che quando sentivano la mia provenienza iniziavano a guardare male e giudicare. In giro per i campi ne ho ricevuti di insulti discriminatori ma ciò che conta è assorbire, non reagire e sapere quanto vale la tua persona al di là di cosa pensa la gente.

 Il quartiere può sempre migliorare, la stupidità no.










Il calcio per gli abitanti di Scampia rappresenta un momento di riscatto sociale, è così? 

Il calcio per me che sono abitante delle Vele e stata la mia scuola, grazie al calcio ho imparato molto, mi sono confrontato con persone diverse da certi contesti, mi ha aperto nuovi orizzonti e mi ha formato come uomo, nonostante come dicevo prima il nemico sta sempre dietro l’angolo. 

Comunque sì, attraverso il calcio si può ottenere un riscatto sociale.











Lei quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Da bambino ho sempre avuto l’amore per il calcio, da quando giocavo per strada fino a sera tardi, sognavo di diventare un calciatore professionista, che è un po’ il sogno di tutti i bambini. 

Poi con il tempo questo sogno andava  sempre più a sfumare fino a quando non ho deciso di viaggiare nel mondo reale, così passai subito al ragazzino responsabile mettendo subito su famiglia (uno dei miei sogni) essendo amante dei bambini da piccolo se mi chiedevi cosa volevo da grande era quello di avere diversi figli e ecco che all’età di 17 anni già ne avevo 2: un femmina è un maschio diciamo che feci tutto in maniera prematura, a sono sempre stato uno che andava dritto per le sue idee e quindi mi ritrovai ad una giovanissima età padre di 2 bambini, dovetti tralasciare un po’ quello che è era la vita di un adolescente e iniziare a pensare, dire e agire nel mondo degli adulti con grande responsabilità.









Nel suo quartiere si poteva giocare solo a calcio, non c’era qualche altra attività agonistica? Non so, penso alla pallavolo, al basket, alla corsa.

Non credo che nel mio quartiere ai tempi c’era qualche altro settore oltre al calcio, sinceramente nemmeno oggi sono a conoscenza di questo. ma la nostra generazione è appassionata solo al gioco del calcio, difficilmente c’è chi intraprende uno sport diverso dal calcio.









Come lei sa tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

Se fossi stato un giocatore professionista conoscendomi non avrei dimenticato le mie origini, avrei curato ogni ferita e sarei vissuto con il giusto e offerto sicuramente il buon esempio e un equo contributo. 

Mi sarei risparmiato alcune cadute e sarei stato sicuramente il “meno peggio dei calciatori” questi non danno valore al denaro e che buttano all’aria la propria carriera perché si perdono nell’eccessivo benessere.











Lei gioca nel ruolo di? 

Centrocampista








Il suo goal più bello?

ll mio gol più bello lo feci in trasferta ad Ischia, ero ragazzino correva l’anno 2004 pochi mesi prima persi mio fratello di cancro, durante il viaggio sul traghetto guardavo il mare e promisi a mio fratello che se avessi fatto dei gol glieli avrei dedicati a lui è così andò. 
Vincemmo grazie al mio gol che d’altronde fu veramente bellissimo. Più che gol più bello, è stato il più significativo ed emozionante di tutti gli altri.











Alla fine di una partita, ripensa agli errori commessi meglio, oppure gira pagina e si prepara alla prossima?

Alla fine di una partita c’è sempre qualche rammarico quando le cose non vanno bene, ma col tempo ho imparato ad archiviare e pensare al prossimo allenamento affrontandolo in maniera più lucida possibile per migliorare ciò che non è andato durante la partita. Anche se a dire il vero c’è stato un momento dove non riuscivo a mandare giù il fallimento di un calcio di rigore che nonostante la parata del portiere questi respinse il pallone sui miei piedi e anche in quella occasione a porta spalancata colpì la traversa. Ricordo che stetti veramente male per il semplice fatto che giocammo davanti alla nostra gente e in più eravamo inferiorità numerica e sullo 0-0 mancavano pochi minuti alla fine della gara.











Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto, ovviamente se le ha tolto qualcosa.

ll calcio come dicevo prima mi ha maturato, mi ha donato tanti amici, tante persone che mi vogliono bene e che mi stimano ancora oggi. Ho scoperto nuovi orizzonti che effettivamente se fossi rimasto dove sono nato e cresciuto avrei intrapreso strade diverse da quelle che mi ha portato il calcio, tante emozioni e sensazioni non le avrei vissute. Io devo tanto alle persone che hanno creduto in me e che nonostante tutto e le disavventure crede ancora. Sicuramente ogni volta che indosso le scarpette da calcio darò sempre il massimo, anche in una semplice partita tra amici perché in primis sento che devo qualcosa in cambio a chi mi ha sostenuto, ma anche perché è una valvola di sfogo.










Il suo più grande difetto?

Il mio grande difetto è che credo ancora a “tante storie”, credo ancora che esistono dei valori. Ritengo un grande difetto credere in qualcosa che esiste solo nella tua mente e nel tuo cuore, siamo nel ventunesimo secolo e certe cadute come dicevo prima ti portano poi a cambiare e capire la realtà della vita di oggi. Comunque si, ho vari difetti. L’unico perfetto è il nostro signore Gesù.








Il suo più grande pregio?

Il mio più grande pregio? Penso che non lo debba dire io, ma le persone che mi conoscono o qualche membro della mia famiglia.










Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, che cosa direbbe? 

Sono cresciuto prima del tempo, ho fatto   delle scelte che poi ho affrontato le conseguenze con grande responsabilità e maturità nonostante la mia giovane età. Sono una persona che grazie al calcio ha fatto passi da giganti acquisendo fiducia in me stesso, autocontrollo e rispetto per il prossimo. Durante il percorso della mia vita è inutile nascondere che ho fatto delle cadute, ma l’importante è rialzarsi più forti di prima e assicurarti che ti sia servita come lezione. Ho sempre trasformato le batoste in determinazione e le delusioni in forza. Ho grandi obbiettivi e non vanto di doti che non ho, ma di quello che ho. Non frequento persone per convenienza ma per stima, per affetto e per quello che mi trasmettono.








Quanto è importante la famiglia per lei? 

Non si scelgono i familiari, sono un dono di Dio per te come tu lo sei per loro. La famiglia è avere un posto dove andare... è casa, l’avere qualcuno da amare è famiglia. Avere entrambi le cose è una benedizione.











Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana

Prima avevo un pensiero diverso sull’amicizia, ma credo che l’amicizia quella vera non sia per tutti. In verità ritengo importante i bambini, loro oggi più di ieri li considero i miei migliori amici tra questi anche mio figlio che ha l’età di 11 anni.
Un bambino può insegnare cose ad un adulto tipo ad essere contento senza motivo oppure a essere sempre occupato con qualche cosa, i bambini ci insegnano a pretendere con ogni loro forza quello che desidera. Gli adulti sono troppo seri per me. 
Non sanno ridere. Meglio stare con i bambini è l’unico modo per sentirmi bene con me stesso.









Scampia è cambiata negli ultimi anni, alcuni edifici delle Vele sono stati abbattuti, come state vivendo questo momento importante di svolta?  

Viviamo questo momento in maniera normale, certo che in questo momento storico per l’abbattimento della vela verde siamo sempre sulle pagine dei giornali e della tv nazionale questa volta non come camorristi e persone da evitare, ma come la Scampia del riscatto. Oggi Scampia sta cambiando, oggi si parla di un quartiere metropolitana, una piazza importante come quella di Ciro Esposito dove si organizzano eventi importanti, a breve aprirà l’università, abbiamo delle più grandi caserme di carabinieri, esistono tante associazioni attive che si mobilitano per il territorio, caserma dei vigili del fuoco ecc. certo esiste ancora qualche situazione illecita ma ormai è una bassa percentuale rispetto al passato e sotto gli occhi di tutti. 

Mi fa un certo effetto vedere persone che vengono a visitare le vele, e gli artisti a fare i loro video e i registi i loro film, solo per ritorno d’immagine. 

Un tempo venivamo giudicati ora all’improvviso quasi imitati. Certo avrei preferito che venivano 20 anni fa, ma per stenderci una mano invece di venire a fare business sulla sofferenza delle persone che sono state martoriate dai media e abbandonate dalle istituzioni. avevamo veramente bisogno soltanto di essere presi per mano per farci scoprire nuovi orizzonti, svegliare semplicemente le coscienze delle persone facendogli capire che esiste un mondo oltre le vele (ecco perché devo tanto al calcio perché io sono stato uno dei fortunati a capirlo prima) dove puoi usufruire dei tuoi diritti e vivere una vita dignitosa. Dopo 40 anni di sofferenze, fallimenti umani, e sfruttamento il comitato vele di Scampia è riuscito a dare voce e dignità al cittadino che non solo e stata oggetto di ostaggio da parte delle istituzioni e di conseguenza della criminalità organizzata (perché solo un cieco può non comprende che le due cose camminano di pari passo).

 Sono orgoglioso di far parte del comitato vele e del cantiere 167 Scampia, noi chiediamo semplicemente normalità che sarebbe l’abbattimento dei “mostri” di cemento. 

È importate che ci sia la normalità per le tante madri e padri, ma   soprattutto per tanti bambini affinché in futuro possano avere una casa dignitosa con dei giochi normali e un’infanzia felice, quella che non abbiamo avuto noi.









Un’ ultima domanda, che cosa rappresentano per lei le “vele di Scampia”?


Per me le Vele di Scampia rappresentano il pregiudizio della gente,  questo posto, dove ognuno nasce giudicato negativamente, rappresenta la mia famiglia, i miei amici d’infanzia, i posti bui, ma anche quelli più lussuosi, le gioie, i dolori, le sofferenze, le vite perdute, i sogni infranti, l’amore delle famiglie dei miei amici che a tratti mi hanno fatto da madre e padre per tanti anni, il campetto che ho passato la maggior parte delle mie giornate, il fatto di aiutarsi l’uno con l’altro.

Le vele di Scampia rappresentano anche la gestione negativa della politica italiana, il totale abbandono, la disoccupazione e la prevalenza delle organizzazioni illecite che hanno fatto da padrone per diversi anni, ma nonostante tutto mi rendo conto che l’essere stati abbandonati a noi stessi ci ha portato ad avere una marcia in più nel tempo, essere forti davanti ai momenti negativi, cadere e rialzarsi, combattere e non mollare mai. 

È difficile che un ex abitante delle Vele si scandalizzi davanti a qualcosa di negativo, ci abbiamo convissuto, nulla ci sorprende, ma non perché non abbiamo un cuore e perché gli anni trascorsi con le situazioni negative ci hanno portato, come si dice “a fare l’occhio”. 



Oggi sappiamo cosa vogliamo, conosciamo i nostri diritti e combatteremo con il coltello tra i denti per ottenerli e devo dire che a un passo alla volta ci stiamo riuscendo grazie al Comitato Vele e il Cantiere 167 Scampia. Scampia non è solo Gomorra, Le vele non sono Gomorra. Ne ho visti fiori nascere su quel pezzo di cemento, li troviamo in giro per il mondo, studiosi, artisti come “Deborah De Luca, calciatori del nostro campionato di Seria A come Armando Izzo, Gaetano Letizia che è nato e cresciuto nella “Vela Verde” e mi scuso se ne dimentico qualcun altro/a. 


Di tempo ne è passato e tanti trascorsi sono ormai alle spalle, ma ciò che si ha nell’anima e nel cuore e davanti agli occhi nessuno potrà mai portarmelo via; per questo porto con orgoglio il simbolo delle Vele tatuato sulla mia pelle perché le Vele di Scampia è STORIA, quella reale, quella che nessun TG racconterà e nessun film farà vedere.















Grazie   

a cura di Paolo Radi  




17  07       2020 
(Tutti i diritti riservati Le foto sono di proprietà dell’intervistato)