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martedì 2 luglio 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

SALVATORE PETRUCCIO

 





 

 Salvatore Petruccio è un ex giocatore  di calcio, ruolo portiere, nato a Napoli il 5 settembre del 1966. Questa è la sua carriera.

 

Settore giovanile giovanissimi, allievi, under 19 nella squadra del Casal Posillipo dal 1979 al 1981; prima squadra in 1° categoria nel 1982-83, nell’anno successivo Real Santa Lucia, campionato di promozione (non esisteva eccellenza). 

 

Anno 83-84, eccellenza in Fisciano (SA) seconda classificata in campionato vinto dall’Ebolitana, ma prima squadra a raggiungere nella storia le semifinali nazionali della Coppa Italia dilettanti partendo dall’eccellenza.


 

 


 

 


 La prima domanda che le voglio fare è la seguente: quando ci siamo conosciuti lei era restio ad essere intervistato, questo perché secondo lei non avrebbe potuto dire molto sulla sua esperienza calcistica, io invece ritengo che ogni esperienza sia importante, ed è questo l’intento delle mie interviste, a questo punto le chiedo, visto come si sono conclusi gli europei, il calcio italiano dove sta andando?

 

Il calcio italiano è alla deriva, ma non per il risultato degli europei, ma perché manca una ristrutturazione totale, i settori giovanili sono non curati, non strutturati se non in pochissime società. Bisognerebbe partire dal negare l’utilizzo di calciatori stranieri nei settori giovanili.



 




Tutti, ma proprio tutti si sono scagliati, oltre che contro i giocatori, anche contro Spalletti, come se lo spiega -eppure a voi del Napoli vi aveva fatto vincere lo scudetto -?


Spalletti per me è un grande allenatore, ma una cosa è gestire un gruppo quotidianamente per una stagione intera, altra cosa è la Nazionale. Io ho avuto la netta impressione che i calciatori italiani non vedevano l’ora di andare in vacanza.



 




Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho iniziato giovanissimo ed il calcio l’ho sempre avuto nel sangue. Giovavo facendo tanti sacrifici, ma senza sforzo perché alla base c’era una grande passione.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori erano operai e chiaramente e spingevano per gli studi, ma non Hanno mai ostacolato il mio percorso, neanche quando a 14 anni mi sono trasferito a Catanzaro per andare nel settore giovanile. Purtroppo dopo due mesi son dovuto tornare indietro perché le società non avevano raggiunto l’accordo economico per il trasferimento.

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono rimasto molto legato al Casalposillipo, la mia prima società ed era anche la squadra del mio quartiere. Eravamo tutti amici, non c’erano ancora tutti quei soldi che oggi girano anche a livello dilettantistico, ci spingeva solo una grande passione.



 


 


Ci può dire qualcosa a riguardo della sua esperienza nel club Fisciano, un’esperienza importante direi, non è così?

 

A Fisciano è stato un anno bellissimo coronato da tante vittorie e solo una strepitosa Ebolitana, che non perse praticamente mai, ci privò della vittoria del campionato. 

 

Poi il sogno della Coppa Italia dove turno per turno sorprendemmo prima noi stessi e poi tutto il mondo dilettantistico perché mai una società che partiva dall'eccellenza era mai arrivata a disputare una semifinale nazionale. Conobbi in quell'anno tanti calciatori della zona del salernitano creando tante amicizie tra cui qualcuna ancora viene alimentata da messaggi ed altro.

 






Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

Mai avuto nessuno screzio con i mister, ne ricordo tanti con piacere qualcuno mi è rimasto dentro come il compianto Giampiero Ventrone che iniziò la sua carriera di preparatore atletico proprio nel mio primo anno di promozione con il Real Santa Lucia. Mi ricordo che in partenza per il ritiro di Campo di Giove riempì Piazza del Plebiscito di attrezzi e altro, era un marines e questo lo trasportava negli allenamenti. 

 

Io restavo alla fine dell'allenamento un'ora in più in campo solo io e lui perché tutti i giorni mi diceva: “Vedi tutti quanti? Bravi calciatori, bravi ragazzi tutti, ma solo io e te arriveremo in serie A”. Io pensavo che Giampiero fosse un folle a pensare queste cose, ma poi lui ci è arrivato per davvero  facendo le fortune dei gruppi di Marcello Lippi, la Juve e la Nazionale;  lo porto sempre nel mio cuore.

 


 


 


Generalmente che ruolo aveva all’interno del gruppo, mi spiego ascoltava i consigli dei compagni, discuteva serenamente con loro, oppure tendeva a imporre la sua volontà?

 

Nei gruppi dove sono stato ho sempre portato un grande rispetto per gli "anziani" rubando loro tutto quanto era possibile, nei comportamenti, nello stare in campo e negli spogliatoi e ne ho avuti di grandi calciatori con me. 

 

Crescendo con gli anni, anche se solo nel campo amatoriale, sono sempre stato un punto di riferimento senza mai imporre decisioni, ma dando la massima disponibilità e collaborazione.

 






Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Partiamo dal difetto: negli anni in cui ero una promessa del calcio campano, e ce ne sono stati di titoli sui giornali in Campania esisteva "LO SPORT SUD", probabilmente avrei dovuto credere in più nei miei mezzi, invece sono sempre stato riservato, mai timido, ma senza esuberanze e credo che nel ruolo di portiere bisogna invece imporre la propria presenza in campo farsi sentire dai compagni e farli sentire protetti, questa cosa credo sia stato il mio più grande difetto, colmato chiaramente negli anni, ora non è più così, ma l'esperienza è arrivata quando oramai era troppo tardi per un percorso professionistico.

 

 

Parlare di pregi personali mi viene difficile, direi che come portiere una dote particolare che mi riconosco è avere una ottima posizione tra i pali.

 






Ad un certo punto lei decide di lasciare il calcio, perché questa decisione?

 

La decisone di smettere era legata ai miei 22 anni, non avevo raggiunto livelli che mi permettevano di autosostenermi economicamente. Poi arrivò una possibilità di lavoro e quindi la decisione fu facile

 


Da come ho capito anche suo figlio gioca a calcio?

  

Sì, anche mio figlio ha giocato a calcio vestendo le maglie di questi club: scuola calcio Domenico Luongo - giovanissimi ed allievi nazionali con la Nocerina- allievi nazionali serie A/B con l’Avellino giocando contro Donnarumma e Scamacca - poi Beretti con l’Ischia di mister Porta - ed infine un anno in eccellenza con Monte di Procida.  Poi come me ha pensato al lavoro

 

Il più grande calciatore di sempre?

 

Il più grande calciatore di tutti i tempi: Lui!






 


A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Dedico l’intervista ai miei genitori che non sono più con me.

 

Grazie 

 

02  07    2024 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

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