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mercoledì 23 luglio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

ALFONSO

MERONE

 

 



Alfonso Merone, classe 1978, di è un allenatore di calcio e così ci si presenta:

“ 

La mia carriera da calciatore è stata breve e non di altissima qualità. Ho fatto tutti i settori giovanili fino alla juniores, poi causa lavoro ho interrotto per 4 anni. Stabilizzatomi in provincia di Como ho ripreso a giocare facendo un campionato di terza categoria e uno di seconda. Dopodiché ho fatto 5 campionati di categoria A di calcio a 7 (CSI). 

 

Smesso di giocare presto (a 32 anni), e spinto dagli amici ho capito che avrei potuto continuare a coltivare la mia passione se avessi scelto il ruolo di allenatore. Ho iniziato ad allenare calcio a 7 a Mariano Comense, poi trasferitomi a Napoli ho iniziato con il calcio a 11.

 

 Nel 2016 da secondo allenatore in promozione ho militato  nella  Viribus Somma 100, e nei due anni successivi ho allenato la squadra juniores regionale della Viribus con una parentesi in prima squadra, questo a seguito dell'esonero dell'allenatore.

 

 Dopo la sosta forzata dovuta al covid ho allenato il Real Casamale, club di seconda categoria campana per 3 anni. Da quest'anno sarò ancora in seconda categoria con il Valanfra F.C è squadra di Scisciano, ma come ti dicevo non ho ancora ufficializzato.”

 


 

 

 


 



Come prima domanda le voglio fare questa: lei per la prossima stagione calcistica sarà l’allenatore del Valanfra F.C., emozionato di questa nuova avventura?

 

Sì, l’anno prossimo intraprendo questa nuova avventura. È stato molto facile accettare la proposta del Valanfra perché c'è stata subito sintonia con la proprietà. Sono molto emozionato e non vedo l'ora di iniziare. Le nuove sfide mi danno sempre nuovi stimoli. Nella mia testa questa avventura è già iniziata, stiamo già lavorando per la prossima stagione, ma è il campo che mi manca in questo momento.

 

Con lei ci sarà il giocatore Roberto Pollio che ho intervistato tempo fa, immagino che siate contenti entrambi, è esatto?

 

Roberto Pollio sarà con noi questa stagione, l'ho voluto fortemente e devo dire che non ho dovuto insistere tanto, segno che la stima e la voglia di fare calcio insieme è reciproca. Roberto è uno di quei ragazzi che tutti vorrebbero con sé, perché è in grado di aiutare la squadra sia dentro che fuori dal campo. Ragazzo serio ed educato prima di essere un bravo portiere.

 

Com’è nata la sua passione per il calcio? 

 

Io mi sono avvicinato al calcio fin da piccolo. Come quasi tutti quelli della mia generazione, avevamo solo un pallone con cui trascorrere il tempo libero nel cortile. Sono nato e cresciuto con un pallone ed è stato facile innamorarsi di questo fantastico sport. Ancora oggi mi diverto come quando giocavo nel cortile di casa e questo è significativo del mio modo di essere e di pensare.

 

Lei a Como ha proseguito giocando a calcio, e poi spinto dagli amici ha deciso di intraprendere la carriera da allenatore, per chi non è molto esperto, che caratteristica ha il calcio a 7?

 

Il calcio a 7, come dinamiche di gioco è molto simile al calcio a 11, anche le distanze tra i reparti sono molto simili. La differenza sostanziale sta nel fatto che nel calcio a 7 non esiste il fuorigioco.

 

Se dovesse fare un bilancio dell’esperienza che lei ha fatto a Como, che direbbe? 

 

Como la posso considerare la mia seconda città, i miei 15 anni più belli della mia vita lì ho vissuti proprio a Como. Una città che mi ha dato tanto sia umanamente che calcisticamente. Mi ha fatto conoscere il calcio a 7 e soprattutto mi ha fatto conoscere persone con cui sono rimasto ancora legato. Queste sono le cose più belle, che solo questo fantastico sport ti può regala.



 




I suoi amici l’hanno spinta a diventare allenatore, qual è stato il motivo principale che gli ha spinti a farle questa richiesta?

 

Probabilmente è stato un modo delicato per dirmi che da calciatore ero totalmente scarso. Scherzi a parte, tutto ciò è stato dovuto a causa del mio carattere, e del mio modo di fare quando stavo in campo. Gli devo aver dato fiducia, e li ringrazio per questo, perché mi hanno fatto sentire in grado di poterlo fare, ma  soprattutto perché mi hanno avvicinato ad un ruolo a cui non avevo mai pensato fino a quel momento.

 

Che cosa ci può raccontare dei tre anni che lei ha passato al Real Casamale?

 

Al Casamale sono stato veramente bene, sono stato accolto e mi hanno fatto sentire come in famiglia. Il Real Casamale è una società che mette al primo posto i valori umani, di aggregazione e di amicizia. Si è interrotto il rapporto calcistico, come è naturale che possa accadere, ma a livello affettivo rimango legato alla società ed a chi la rappresenta. Io ho cercato di ricambiare mettendoci impegno, serietà e passione. Non spetta a me giudicare le competenze ed i risultati, però la crescita della squadra credo che sia molto evidente. Sicuramente è stata una bella esperienza, abbiamo sfiorato i play off il primo anno con una squadra che veniva da una salvezza ottenuta all'ultima giornata. 

 

Gli altri due anni abbiamo ottenuto l'obiettivo della salvezza sempre in anticipo, in modo tranquillo e senza particolari problemi. Abbiamo provato ad avere una nostra identità calcistica che ci è stata riconosciuta da tutti gli avversari.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Io dico sempre che il primo compito di un allenatore è quello di saper accettare le critiche e di farne tesoro. Nel calcio dilettantistico poi, molto spesso un allenatore deve saper essere un confessore, uno psicologo, un amico e deve essere bravo a capire la diversità di carattere di ognuno dei ragazzi e di modificare il proprio modo di fare a seconda del calciatore che ha di fronte.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

A me il calcio sta solo dando. Mi sta dando la possibilità di coltivare la mia passione, di conoscere persone con le quali si instaura un rapporto che va al di là del calcio e che rimarrà per sempre. Probabilmente mi sta togliendo qualche domenica da trascorrere in famiglia, ma rimedio diversamente. Spesso sento parlare di sacrifici che si fanno, io sono sincero, per me non sono sacrifici. Tutto quello che faccio non mi pesa affatto.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

    

    La mia partita inizia il giorno prima, ed i miei collaboratori ti possono dire quanto li stresso. 

 

    Sono molto ansioso prima di ogni partita, cerco di pensare a tutto, mi faccio mille domande ed ho mille dubbi, però poi quando arrivo al campo passa tutto, i dubbi diventano certezze, le domande trovano risposte e cerco di trasmettere ai miei calciatori, sicurezza, positività e voglia di divertirsi. La domenica parlo poco dell'aspetto tecnico tattico, perché da quel punto di vista la partita la prepariamo in settimana.

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

La sera dopo la partita quando mi metto a letto rivivo nella mia testa tutta la gara,  facendomi un esame di coscienza ed analizzando tutti quelli che possono essere stati i miei errori in primis e quelli della squadra poi, con l'obiettivo di evitare di ricommetterli.

 

Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

 

Non vorrei dimenticare nessuna partita, che siano state belle o brutte, tutte le partite vissute mi hanno dato emozioni e mi hanno insegnato qualcosa. 

 

Se potessi cancellerei una giornata calcistica (ma non dalla mia testa) dove durante  una partita 3 ragazzi sono incorsi in una lunga ed immeritata squalifica che gli ha impedito di giocare a calcio per un lungo periodo.

 

Un suo pregio e un suo difetto, da mister s’intende?

 

Un mio pregio? Detto da molti sono uno che cura molto i rapporti umani, sono sempre a disposizione di tutti e sono sempre pronto a dare spiegazioni, anche quando non mi vengono chieste. 

 

Un mio difetto? Penso troppo, forse anche più del dovuto, cerco di non lasciare nulla al caso, anche se sono consapevole che è impossibile e spesso gli eventi sono determinati proprio dal esso.

 


 




Questa domanda la faccio spesso, se lei domani ricevesse una proposta per allenare una squadra fuori dall’Italia, una proposta molto allettante, se la sentirebbe di traferirsi con la sua famiglia per questa nuova avventura, oppure direbbe: “No, grazie”?

 

Sono abituato a trasferirmi per lavoro, anche se in Italia, dunque a maggior ragione lo farei per il calcio.

 

Un sogno per il futuro?

 

Un mio personale sogno sarebbe quello di vivere uno spogliatoio di calcio professionistico, anche se solo da spettatore.

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Dedico questa mia intervista alla mia famiglia, che sacrifica (per loro si che può essere considerato un sacrificio) buona parte dei fine settimana per assecondare la mia passione.

 

Grazie.

 

Grazie a te per avermi concesso questa possibilità, alla prossima.

 

 

 

23    07    2025 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 22 luglio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

CARMINE 

DI MEO

 



 

 Carmine Di Meo, di Nola, è un giocatore   di calcio   e così si presenta: 

 

“La mia carriera è iniziata a 10 anni giocando a Liveri, con il Presidente Antonio Capriglione, egli   mi ha fatto sentire a casa e per me era come un padre. Mi ha fatto viaggiare molto per farmi provinare da diverse squadre, il provino al Vicenza andò bene, purtroppo ci rimasi solo una settimana e dopo per mia scelta e un po' anche per l'età, ho deciso di tornarmene a casa.

 

Crescendo ho iniziato a giocare nel Nola in seconda categoria per arrivare alla serie D, e lì il mio percorso con quel club terminò. 

 

 

Grazie al   mister Angelantonio, andai a Cicciano in promozione, e dopo due anni andammo in eccellenza, ci rimasi   2 anni, purtroppo al secondo anno siamo retrocessi in promozione. Decisi di andare al a Vico di Palma e in seguito al Poggiomarino, in entrambe le squadre ci stetti 4 mesi.

 

Sempre con lo stesso mister (Angelantonio) andai a giocare nella San Gennarese sempre di promozione, quell'anno feci 17 goal, arrivammo sesti in classifica, successivamente mi trasferì al Baiano (un anno) per poi andare a militare al Cimitile, e ci rimasi sette stagioni.  

 

Nel 2021/2022 raggiunsi come risultato l’essere capocannoniere; per 2 anni abbiamo fatto il play off, l'ultimo fu con il Rione terra (finalissima), dove a causa dell’incompetenza dell’arbitro non mi diede il goal nettamente regolare, nei supplementari, altrimenti il Cimitile sarebbe andato in eccellenza.

 

Al Cimitile avevo come ruolo l’essere il capitano, anche se   il mister Angelantonio decise di trasferirsi in un altro club, rimasi in quella squadra, anche perché ero la bandiera, ma a causa delle incomprensioni che ebbi con il nuovo mister (venne a settembre) a novembre (dopo 2 mesi) me ne andai.  Essendo una squadra nella quale la mia permanenza durò 7 anni (in totale feci circa 84-85 goa), decisi di tatuarmi   lo stemma del club, anche perché feci la. Storia, 

 

Così a dicembre andai a Marigliano, e come mister ebbi   Angelantonio, ci rimasi 4 mesi.  L’anno scorso sono stato a Baiano facendo un girone di andata bellissimo, ma quello di ritorno non è andato tanto bene, alla fine ci siamo, il mister ramiste Roberto D' Avanzo.

 

 

Quest' anno, sono ritornato in prima categoria a Casamarciano, il mister è Angelantonio, è sicuramente una bellissima piazza, c’è un bel progetto con grandissimi giocatori, puntiamo ad andare in promozione, e cercheremo di mettercela tutta. 

 

 

La maggior parte della mia vita l'ho trascorsa sui campi, non sempre tutti verdi anche quelli fatti solo di terra, dove li ogni caduta era una ferita accompagnata da un dolore maggiore.  In tutto questo tragitto, mi sono creato una famiglia e ho un lavoro fisso da 10 anni, forse il mio sbaglio più grande è stato di andarmene via dal Vicenza per scelta.

 

Ad oggi mi reputo una persona fortunata perché non mi manca nulla dalla vita, e grazie al calcio ho tanti amici, ma anche nemici, ma per fortuna sono un numero ridotto”.

 


La prima domanda che le voglio fare è la seguente com’è terminata stagione 2024 -2025. Si si ritiene soddisfatto delle sue prestazioni oppure poteva fare di più? 

 

L’ultima stagione con il Baiano è stata un mix di emozioni. Abbiamo cominciato molto bene: ho fatto un grande girone d’andata, sentivo fiducia, energia inoltre c’era un bel gruppo. Nella seconda parte della stagione, invece, le cose si sono complicate, sia a livello di risultati sia di dinamiche interne. Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo principale: la salvezza, e questo va riconosciuto come un traguardo importante per la squadra. Personalmente è stata una stagione di crescita, anche nelle difficoltà: ho dato tutto come sempre, onorando la maglia e cercando di essere un riferimento, anche nei momenti meno brillanti. Ho avuto il piacere di lavorare con Mister Roberto D’Avanzo, una persona che mi ha dato fiducia e con cui ho avuto un buon rapporto.

 

ll calcio, come la vita, è fatto anche di momenti duri: ma anche in una stagione complicata, porti a casa qualcosa, impari e ti prepari per il prossimo passo. E infatti quest’anno  il Casamarciano rappresenta per me una nuova sfida, la vivrò  ho con lo stesso spirito di sempre: testa bassa, cuore grande, e rispetto per questo sport che mi ha dato tanto.

 

La prossima stagione giocherà con il Casamarciano, emozionato, (anche perché come lei ci ha riferito puntate per andare in promozione)? 

 

Assolutamente sì, sono molto emozionato e carico per questa nuova avventura con il Casamarciano. È una piazza bellissima, con un progetto serio e ambizioso, e ci sono giocatori davvero forti.

 

Per me è una nuova sfida, ma anche un’occasione per mettere a frutto tutta l’esperienza accumulata negli anni, dai primi campi di Liveri fino al Baiano e al Cimitile, dove sono cresciuto e ho dato tanto. L’obiettivo è chiaro: puntiamo alla promozione, e so che non sarà facile. Però ho sempre messo impegno e cuore in ogni squadra in cui ho giocato, e farò di tutto per aiutare il Casamarciano a raggiungere questo traguardo. Il calcio per me è passione, famiglia e sacrificio: sono pronto a dare il massimo e a lottare con i miei compagni per portare la squadra al successo.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori sono stati un po’ “all’antica” e non capivano molto il significato dello studio per come noi cerchiamo di farlo comprendere ai nostri figli. Mi dicevano sempre di fare i compiti e di stare attento, ma io a quell’età pensavo solo a giocare a calcio.

 

Spesso mi dicevano la classica frase: “Non sarebbe meglio che pensassi allo studio?” — ma per loro il calcio era più un gioco che una vera strada da seguire. Non avevano l’idea di cosa potesse diventare per me.

Con il tempo, però, hanno capito la mia passione e la serietà con cui mi approcciavo al calcio, e mi hanno supportato come hanno potuto. Oggi sono grato per la loro presenza e per avermi lasciato inseguire il mio sogno, anche se all’inizio non è stato semplice cercare di fargli l’importanza del calcio per la mia persona. Credo che, anche se lo studio sia importante, la passione e il sacrificio per ciò che ami possono portarti lontano, e io ho sempre cercato di bilanciare queste due cose nella mia vita.

 

Lei fa un provino al Vicenza, viene preso, ma poi avendo nostalgia di casa ritorna alla sua città, come mai? 

 

È stata una scelta difficile, ma dettata da un mix di fattori. Quando avevo circa 10 anni, grazie al presidente Antonio Capriglione, ho avuto l’opportunità di fare un provino con il Vicenza e alla fine venni   preso. Sono rimasto lì una settimana, ma all’epoca ero ancora molto giovane e la nostalgia di casa era davvero forte. Inoltre, avevo ancora bisogno di crescere sia come persona sia come giocatore in un ambiente familiare.

 

Ho deciso di tornare a casa perché sentivo che, per la mia età e il mio equilibrio, era meglio crescere piano piano con le persone e i luoghi che conoscevo bene. È stato un momento importante per me, perché mi ha permesso di maturare con calma e di costruire la mia carriera passo dopo passo. Anche se oggi penso che forse avrei potuto provare a restare, non rimpiango quella scelta: mi ha permesso di crescere nel modo giusto e di costruire legami forti con tante squadre e persone nella mia zona.

 

Altra esperienza importante nella sua vita è stata al Nola, dalla seconda categoria siete arrivati in Serie D, che ricordi ha di quel periodo?

 

Quell’esperienza a Nola è stata una delle tappe più significative della mia carriera e della mia crescita personale. Sono arrivato lì da giovane e ho vissuto con la squadra tante emozioni forti, vincendo campionati e scalando categoria dopo categoria: dalla seconda categoria, alla prima, poi promozione, eccellenza e infine la serie D.

 

Ricordo l’entusiasmo di ogni vittoria, la fatica negli allenamenti, la voglia di migliorarsi sempre, e quel senso di appartenenza che si crea con i compagni e la città. È stato un percorso di sacrifici, ma anche di grandi soddisfazioni. Quell’esperienza mi ha insegnato cosa significa lottare per un obiettivo comune, e mi ha dato la consapevolezza di quanto sia importante la squadra e la continuità. Sono grato a Nola perché lì ho potuto davvero crescere come calciatore e come uomo.

 

Lei ha citato spesso il mister Angelantonio, che cosa rappresenta per lei, immagino, visto gli anni che avete passiamo assieme, che per lei possa essere come un padre, un fratello, è così?


Assolutamente sì, il mister Angelantonio per me è stato molto più di un semplice allenatore. È stato una figura di riferimento, quasi come un padre o un fratello maggiore. Con lui ho vissuto tante stagioni importanti, momenti di crescita, vittorie, ma anche  di difficoltà. Mi ha sempre fatto sentire a casa, mi ha dato fiducia e mi ha spinto a migliorarmi sia dentro che fuori dal campo. La sua presenza è stata fondamentale nella mia carriera, tanto che molte delle mie scelte e dei miei cambi di squadra sono stati legati al rapporto di stima e fiducia che ho con lui.

 

Posso dire che è una delle persone più importanti che ho incontrato nel mio percorso calcistico e anche personale, è  un vero punto di riferimento.



 




Sette anni sono tanti, e lei gli ha trascorsi ininterrottamente al Cimitile, in poche parole cosa mi direbbe di questi 7 anni? 

 

Quei 7 anni al Cimitile sono stati senza dubbio uno dei capitoli più importanti della mia vita calcistica e personale. È stata una vera e propria casa, un luogo dove ho costruito la mia storia, diventando una bandiera per e della squadra. Ho vissuto momenti incredibili, come essere capocannoniere nella stagione 2021/2022 e giocare due anni consecutivi i playoff, arrivando anche alla finalissima contro il Rione Terra. Nonostante la delusione per quel gol non convalidato, resta un ricordo indelebile di quanto ci siamo impegnati e quanto ho dato per questa maglia.

 

Essere capitano mi ha insegnato la responsabilità e l’amore per la squadra e la città. Anche quando il mister Angelantonio è andato via, ho deciso di restare perché sentivo il legame forte con questo club e con i tifosi.

 

In quei 7 anni   tanti sono stati sacrifici, tanti gol, tante gioie, ma anche difficoltà, ma alla fine sono orgoglioso di aver lasciato un segno indelebile, tanto da tatuarmi lo stemma del Cimitile sulla pelle. Per me non è solo una squadra, è una parte della mia vita.

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il mio goal più bello? Sicuramente quello segnato a rovesciata contro la Mariglianese.

 

È stato un momento speciale, una di quelle giocate che ti restano nel cuore perché riesci a esprimere al meglio tecnica e istinto. Quel gol mi ha dato una grande soddisfazione e ancora oggi, quando ci penso, mi viene un sorriso. Nel calcio ci sono tanti momenti indimenticabili, ma quel gol rimane uno dei miei preferiti, anche perché arrivava in un momento importante per la squadra e per me.

 

Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

Come in ogni percorso, anche io ho avuto momenti di confronto acceso con alcuni mister, è normale quando si è molto coinvolti e si vuole sempre dare il massimo. Però ho sempre cercato di mantenere rispetto e professionalità, perché so che l’allenatore ha una responsabilità importante e prende decisioni pensando al bene della squadra. Ci sono stati casi, come l’ arrivo a settembre del nuovo mister  del Cimitile, in cui le incomprensioni erano talmente   tante che alla fine decisi che non potevo più rimanere, ovviamente  solo per il bene della squadra.

In generale però cerco sempre di accettare le decisioni con serenità, imparando da ogni esperienza, perché il calcio è anche saper adattarsi e collaborare con chi guida il gruppo.

 

Generalmente che ruolo ha all’interno del gruppo, mi spiego ascolta i consigli dei compagni, discute serenamente con loro, oppure tende a imporre la sua volontà?

 

Nel gruppo cerco sempre di essere un punto di riferimento, ma soprattutto un compagno di squadra disponibile e rispettoso. Ascolto molto i consigli dei miei compagni, perché credo che la forza di una squadra stia nella collaborazione e nel confronto costruttivo. Discutiamo sempre serenamente, confrontandoci sulle idee e sulle scelte, con l’obiettivo comune di migliorare insieme. Non sono mai uno che impone la sua volontà, perché so che il calcio è un gioco di squadra e ogni voce ha valore. Quando ho ruoli di responsabilità, come quando sono stato capitano al Cimitile, cerco di guidare con l’esempio e con il dialogo, facendo in modo che tutti si sentano coinvolti e motivati.

 

Per me, il rispetto e la comunicazione sono fondamentali per creare un ambiente positivo e vincente.

 

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)? 

 

Un mio grande pregio è la determinazione: quando entro in campo do sempre il massimo, non mollo mai e cerco di spingere me stesso e i compagni a dare il meglio. Questa tenacia mi ha aiutato a superare momenti difficili e a crescere nel corso degli anni.

 

Come difetto, forse a volte tendo a essere troppo emotivo: mi capita di vivere intensamente ogni partita e a volte questo può portarmi a essere un po’ impulsivo o a discutere con arbitri o compagni. Sto lavorando per gestire meglio queste situazioni, perché so che la calma e la concentrazione sono fondamentali per giocare al meglio.

 

In ogni caso, cerco sempre di imparare dai miei errori e migliorarmi, sia come giocatore che come persona.

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Se potessi tornare indietro, forse rifletterei di più sulla scelta di aver lasciato il Vicenza dopo il provino, perché sarebbe stata un’opportunità importante per la mia carriera calcistica.  Detto questo, sono comunque molto soddisfatto del percorso che ho fatto finora. Ho avuto la fortuna di giocare in tante squadre, di vivere emozioni forti, di fare la storia in alcune piazze come il Cimitile, e di creare legami importanti.

 

La vita è fatta di scelte e di esperienze, ogni passo mi ha insegnato qualcosa. Quindi, anche se qualche cosa la rifarei diversamente, non rimpiango nulla, perché tutto quello che ho vissuto mi ha formato come persona e come calciatore.

 

Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto?

 

Il calcio mi ha dato tantissimo: mi ha permesso di crescere come persona, di conoscere amici veri, di viaggiare e vivere esperienze uniche. Mi ha insegnato valori importanti come la disciplina, il rispetto, la determinazione e il lavoro di squadra.

 

Allo stesso tempo, il calcio ha richiesto sacrifici: tante volte ho dovuto mettere da parte momenti con la famiglia o con gli amici, e ho vissuto anche delusioni e difficoltà, come infortuni o partite perse, che mi hanno lasciato il segno. Però, guardando indietro, credo che quello che il calcio mi abbia  dato sia di gran lunga più grande di quello che mi abbia tolto. È stata la mia scuola di vita, e anche se non sempre è stato facile, non cambierei nulla di questo percorso.



 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia e gli amici sono per me fondamentali, sono il mio punto di riferimento e la mia forza fuori dal campo.

 

Nel calcio ho vissuto tante emozioni, ma è grazie alla mia famiglia che ho sempre avuto il supporto necessario per affrontare difficoltà e sacrifici. Anche se i miei genitori sono un po’ “all’antica” e spesso mi dicevano di pensare allo studio, ho sempre sentito il loro amore e la loro presenza. Gli amici, poi, sono diventati una seconda famiglia: con loro condivido gioie, momenti di spensieratezza e anche le sfide che il calcio e la vita mi hanno presentato. Senza questo sostegno, sarebbe tutto più difficile. E poi c’è mia moglie, la mia donna, è  la mia spalla forte. Mi segue ovunque, in casa e fuori casa, non le interessano i chilometri da percorrere, le interessa solo tifare per suo marito. Il suo sostegno è per me una forza incredibile e un motivo in più per dare il massimo. Per questo cerco sempre di coltivare questi legami, perché sono la vera ricchezza della vita.

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Il sogno che vorrei vedere realizzato subito è quello di raggiungere la promozione con il Casamarciano. Dopo anni di impegno, sacrifici e tante esperienze, sarebbe una grande soddisfazione riuscire a portare questa squadra a un traguardo importante, soprattutto in una piazza così bella e con un progetto così ambizioso. So che non sarà facile, ma con il lavoro di tutti e la voglia che abbiamo possiamo farcela.

 

Ovviamente il calcio è anche fatto di sogni più grandi, ma questo, nel presente, è quello che mi motiva ogni giorno a dare il massimo.

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Vorrei dedicare questa intervista a tutte le persone che mi hanno supportato e accompagnato lungo il mio percorso, in particolare alla mia famiglia, che è sempre stata il mio pilastro. Un grazie speciale va anche al presidente Antonio Capriglione, che mi ha fatto sentire a casa fin da bambino e mi ha dato l’opportunità di iniziare questa avventura.

Naturalmente non posso dimenticare il mister Angelantonio, che ha creduto in me e con cui ho condiviso tanti anni di calcio e crescita. 

 

Infine, dedico questa intervista a mia moglie, la mia spalla forte, che mi segue sempre con passione e che mi sostiene in ogni passo di questo cammino.

 

 

Grazie 

 

22  07    2025

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

domenica 20 luglio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

CICCIO 

PACIONI 

 

II INTERVISTA

 

     

 



 

 

 

 Ciccio Pacioni, 26 anni di Civita Castellana (VT) così ci si presenta: “La mia attività da dirigente comincia 8 anni fa’ grazie alla chiamata di mister Francesco Pancaro fratello del ex calciatore Giuseppe.


Abbiamo fatto tante piazze, il Tor di Quinto, la Sabina (Rieti), svolto questo mestiere grazie al mio amico fraterno Claudio, che mi ha catapultato in questo mondo. 


Nella stagione calcistica 2021-2022 ho fatto il dirigente sportivo a Riano e abbiamo vinto il campionato Under 16.


Dall’anno scorso sono vice-Allenatore del Riano Calcio U16 Provinciali, l’allenatore è il mister Francesco Pancaro. 



 


 

 

Questa è la seconda intervista che lei ci concede, le voglio fare questa domanda: Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Correva l’anno 2014, quando ho ricevuto una chiamata tramite un nostro caro  amico in comune di mister Francesco Pancaro.

 

Lei dallo scorso anno è vice-allenatore del Riano Calcio U 16, Provinciali, com’è andata la stagione, soddisfatto?

 

Sì, soddisfattissimo. Abbiamo disputato un campionato regionale dove siamo arrivati quinti, questo ci ha permesso di  salvarci con qualche mese di anticipo, in conclusione abbiamo raggiunto gli obbiettivi prefissati. 

I ragazzi sono cresciuti a 360 gradi. Va bene così!

 

Prima lei al Riano Calcio U 16 Provinciali era dirigente adesso è allenatore, come mai questo passaggio?

 

È stato un passaggio molto importante, visto che il Mister Pancaro ha molta fiducia in me,  abbiamo provato a fare uno step successivo.

 

Con il mister Francesco Pancaro come sono i rapporti?

 

    Ci conosciamo da 12 anni. Abbiamo fatto oltre 300 partite in tutte le categorie giovanili: Élite, Regionali, Provinciali. Abbiamo un bellissimo rapporto, posso dire che si tratta di un’amicizia    stupenda che si è solidificata negli anni.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Tenacia, e senso di appartenenza e responsabilità.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi dà tante emozioni e tanta adrenalina, mi sta togliendo il tempo con gli amici con i quali sono cresciuto. Ogni tanto questo mi manca, non lo nego. Però questo sport mi ha fatto conoscere persone stupende. Quindi va bene così.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

    Ansia, e tensione, abbraccio tutti i giocatori, per dargli la carica e soprattutto fagli capire che tutti assieme facciamo la squadra.

   


     Prima di ogni partita fa qualche rito scaramantico?

 

    Sì, prima e dopo di ogni partita la domenica chiamo sempre la mia amica Fabiana. 

 

    Una volta c’eravamo sentiti prima di una partita, e visto che riuscì a vincerla abbiamo deciso di chiamarci sempre (alla domenica come ho specificato sopra). Per tutto il campionato, prima della partita la chiamo io, e facciamo gli stessi discorsi, mentre   a fine partita mi scrive come è andata. Non la ringrazierò mai abbastanza.

    

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Volto pagina e ci rivediamo lunedì per l’allenamento e per analizzare la partita. 

 

Un suo pregio e suo difetto, (come vice-allenatore s’intende)?

 

Pregio: mantengo la calma; difetto: sono istintivo. 

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Agli amici.

 

Un sogno per il futuro?

 

Continuare a coltivare questa passione.

 

 

 

 Grazie 

 

21 07    2025 

 

(Tutti i diritti riservati)