SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
ALFONSO
MERONE
Alfonso Merone, classe 1978, di è un allenatore di calcio e così ci si presenta:
“
La mia carriera da calciatore è stata breve e non di altissima qualità. Ho fatto tutti i settori giovanili fino alla juniores, poi causa lavoro ho interrotto per 4 anni. Stabilizzatomi in provincia di Como ho ripreso a giocare facendo un campionato di terza categoria e uno di seconda. Dopodiché ho fatto 5 campionati di categoria A di calcio a 7 (CSI).
Smesso di giocare presto (a 32 anni), e spinto dagli amici ho capito che avrei potuto continuare a coltivare la mia passione se avessi scelto il ruolo di allenatore. Ho iniziato ad allenare calcio a 7 a Mariano Comense, poi trasferitomi a Napoli ho iniziato con il calcio a 11.
Nel 2016 da secondo allenatore in promozione ho militato nella Viribus Somma 100, e nei due anni successivi ho allenato la squadra juniores regionale della Viribus con una parentesi in prima squadra, questo a seguito dell'esonero dell'allenatore.
Dopo la sosta forzata dovuta al covid ho allenato il Real Casamale, club di seconda categoria campana per 3 anni. Da quest'anno sarò ancora in seconda categoria con il Valanfra F.C è squadra di Scisciano, ma come ti dicevo non ho ancora ufficializzato.”
Come prima domanda le voglio fare questa: lei per la prossima stagione calcistica sarà l’allenatore del Valanfra F.C., emozionato di questa nuova avventura?
Sì, l’anno prossimo intraprendo questa nuova avventura. È stato molto facile accettare la proposta del Valanfra perché c'è stata subito sintonia con la proprietà. Sono molto emozionato e non vedo l'ora di iniziare. Le nuove sfide mi danno sempre nuovi stimoli. Nella mia testa questa avventura è già iniziata, stiamo già lavorando per la prossima stagione, ma è il campo che mi manca in questo momento.
Con lei ci sarà il giocatore Roberto Pollio che ho intervistato tempo fa, immagino che siate contenti entrambi, è esatto?
Roberto Pollio sarà con noi questa stagione, l'ho voluto fortemente e devo dire che non ho dovuto insistere tanto, segno che la stima e la voglia di fare calcio insieme è reciproca. Roberto è uno di quei ragazzi che tutti vorrebbero con sé, perché è in grado di aiutare la squadra sia dentro che fuori dal campo. Ragazzo serio ed educato prima di essere un bravo portiere.
Com’è nata la sua passione per il calcio?
Io mi sono avvicinato al calcio fin da piccolo. Come quasi tutti quelli della mia generazione, avevamo solo un pallone con cui trascorrere il tempo libero nel cortile. Sono nato e cresciuto con un pallone ed è stato facile innamorarsi di questo fantastico sport. Ancora oggi mi diverto come quando giocavo nel cortile di casa e questo è significativo del mio modo di essere e di pensare.
Lei a Como ha proseguito giocando a calcio, e poi spinto dagli amici ha deciso di intraprendere la carriera da allenatore, per chi non è molto esperto, che caratteristica ha il calcio a 7?
Il calcio a 7, come dinamiche di gioco è molto simile al calcio a 11, anche le distanze tra i reparti sono molto simili. La differenza sostanziale sta nel fatto che nel calcio a 7 non esiste il fuorigioco.
Se dovesse fare un bilancio dell’esperienza che lei ha fatto a Como, che direbbe?
Como la posso considerare la mia seconda città, i miei 15 anni più belli della mia vita lì ho vissuti proprio a Como. Una città che mi ha dato tanto sia umanamente che calcisticamente. Mi ha fatto conoscere il calcio a 7 e soprattutto mi ha fatto conoscere persone con cui sono rimasto ancora legato. Queste sono le cose più belle, che solo questo fantastico sport ti può regala.
I suoi amici l’hanno spinta a diventare allenatore, qual è stato il motivo principale che gli ha spinti a farle questa richiesta?
Probabilmente è stato un modo delicato per dirmi che da calciatore ero totalmente scarso. Scherzi a parte, tutto ciò è stato dovuto a causa del mio carattere, e del mio modo di fare quando stavo in campo. Gli devo aver dato fiducia, e li ringrazio per questo, perché mi hanno fatto sentire in grado di poterlo fare, ma soprattutto perché mi hanno avvicinato ad un ruolo a cui non avevo mai pensato fino a quel momento.
Che cosa ci può raccontare dei tre anni che lei ha passato al Real Casamale?
Al Casamale sono stato veramente bene, sono stato accolto e mi hanno fatto sentire come in famiglia. Il Real Casamale è una società che mette al primo posto i valori umani, di aggregazione e di amicizia. Si è interrotto il rapporto calcistico, come è naturale che possa accadere, ma a livello affettivo rimango legato alla società ed a chi la rappresenta. Io ho cercato di ricambiare mettendoci impegno, serietà e passione. Non spetta a me giudicare le competenze ed i risultati, però la crescita della squadra credo che sia molto evidente. Sicuramente è stata una bella esperienza, abbiamo sfiorato i play off il primo anno con una squadra che veniva da una salvezza ottenuta all'ultima giornata.
Gli altri due anni abbiamo ottenuto l'obiettivo della salvezza sempre in anticipo, in modo tranquillo e senza particolari problemi. Abbiamo provato ad avere una nostra identità calcistica che ci è stata riconosciuta da tutti gli avversari.
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
Io dico sempre che il primo compito di un allenatore è quello di saper accettare le critiche e di farne tesoro. Nel calcio dilettantistico poi, molto spesso un allenatore deve saper essere un confessore, uno psicologo, un amico e deve essere bravo a capire la diversità di carattere di ognuno dei ragazzi e di modificare il proprio modo di fare a seconda del calciatore che ha di fronte.
Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo?
A me il calcio sta solo dando. Mi sta dando la possibilità di coltivare la mia passione, di conoscere persone con le quali si instaura un rapporto che va al di là del calcio e che rimarrà per sempre. Probabilmente mi sta togliendo qualche domenica da trascorrere in famiglia, ma rimedio diversamente. Spesso sento parlare di sacrifici che si fanno, io sono sincero, per me non sono sacrifici. Tutto quello che faccio non mi pesa affatto.
Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?
La mia partita inizia il giorno prima, ed i miei collaboratori ti possono dire quanto li stresso.
Sono molto ansioso prima di ogni partita, cerco di pensare a tutto, mi faccio mille domande ed ho mille dubbi, però poi quando arrivo al campo passa tutto, i dubbi diventano certezze, le domande trovano risposte e cerco di trasmettere ai miei calciatori, sicurezza, positività e voglia di divertirsi. La domenica parlo poco dell'aspetto tecnico tattico, perché da quel punto di vista la partita la prepariamo in settimana.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina?
La sera dopo la partita quando mi metto a letto rivivo nella mia testa tutta la gara, facendomi un esame di coscienza ed analizzando tutti quelli che possono essere stati i miei errori in primis e quelli della squadra poi, con l'obiettivo di evitare di ricommetterli.
Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare?
Non vorrei dimenticare nessuna partita, che siano state belle o brutte, tutte le partite vissute mi hanno dato emozioni e mi hanno insegnato qualcosa.
Se potessi cancellerei una giornata calcistica (ma non dalla mia testa) dove durante una partita 3 ragazzi sono incorsi in una lunga ed immeritata squalifica che gli ha impedito di giocare a calcio per un lungo periodo.
Un suo pregio e un suo difetto, da mister s’intende?
Un mio pregio? Detto da molti sono uno che cura molto i rapporti umani, sono sempre a disposizione di tutti e sono sempre pronto a dare spiegazioni, anche quando non mi vengono chieste.
Un mio difetto? Penso troppo, forse anche più del dovuto, cerco di non lasciare nulla al caso, anche se sono consapevole che è impossibile e spesso gli eventi sono determinati proprio dal esso.
Questa domanda la faccio spesso, se lei domani ricevesse una proposta per allenare una squadra fuori dall’Italia, una proposta molto allettante, se la sentirebbe di traferirsi con la sua famiglia per questa nuova avventura, oppure direbbe: “No, grazie”?
Sono abituato a trasferirmi per lavoro, anche se in Italia, dunque a maggior ragione lo farei per il calcio.
Un sogno per il futuro?
Un mio personale sogno sarebbe quello di vivere uno spogliatoio di calcio professionistico, anche se solo da spettatore.
A chi vorrebbe dedicare questa intervista?
Dedico questa mia intervista alla mia famiglia, che sacrifica (per loro si che può essere considerato un sacrificio) buona parte dei fine settimana per assecondare la mia passione.
Grazie.
Grazie a te per avermi concesso questa possibilità, alla prossima.
23 07 2025
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