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domenica 11 giugno 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

DAMIANO

VALENTI 

 


    

Damiano Valenti è nato a Frosinone il 14 gennaio dl 1976 abita Frosinone ed è un allenatore di calcio.

 

Da calciatore, ruolo centrocampista, ha iniziato a giocare con le giovanili del Frosinone 2000 , queste sono le seguenti maglie – tra eccellenza e promozione - che ha indossato: Stella Azzurra Porrino, Ceprano, Torrice dove ha vinto una Coppa Italia, Tecchiena.

Dopo aver terminato la carriera di calciatore con il Tecchiena, promozione, è diventato per questa squadra direttore sportivo e poi allenatore nelle giovanili con la Juniores Elite.

 

Nel 2013 prende il patentino UEFA B e queste sono le  squadre che allenato, sono tutte della provincia di Frosinone, l’ultima è della provincia di Latina: A.S.D. Tecchiena, A.S.D. Città Monte San Giovanni Campano, Colli La Lucca, A.S.D. Atletico Pofi, A.S.D: Polisportiva Tecchiena, A.S.D. Atletico Pontina.

 

 

 

 





La prima domanda è la seguente: ll Covid aveva stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

È stato un momento di forte preoccupazione e apprensione per tutti in primis a livello generale e poi calcistico.

 

Un periodo lunghissimo e difficile cui è mancato l’approccio quotidiano con il campo e con i ragazzi e con lo spogliatoio.

Non potendo ovviamente lavorare in presenza abbiamo organizzato con i ragazzi e la società degli incontri fissi a settimana sulla piattaforma zoom e ai ragazzi ho sempre fornito delle schede di lavoro individuali da svolgere a casa.

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

L’ho scoperta da subito, sin da quando  da bambino mi regalarono  il mio primo pallone, siamo diventati inseparabili ed è diventato un mio compagno di vita sin dal primo giorno di scuola calcio fino ad arrivare ad oggi, da ragazzo passavo per tutti i pomeriggi spesi in strada a giocare con i ragazzi del mio quartiere.

 

 

Con il Torrice lei ha vinto la Coppa Italia, che ci può dire a riguardo?

 

La vittoria della coppa Italia a Torrice è un ricordo indelebile che ci ha permesso di entrare nella storia di un paese a cui sono legatissimo tuttora e quella storia io e i miei compagni non la cancelleremo mai dai nostri cuori.

 


 




Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore, quali sono state le motivazioni? 

 

Quando giocavo ero sempre affascinato da questo ruolo ed ero molto attento a rubare segreti di campo e non a tutto il mio mister.

 

Ma la scelta di provare a diventare allenatore è maturata gli ultimi anni della mia vita da calciatore, avvertivo la necessità di non separarmi dal calcio e soprattutto si accendeva in me sempre più la fiamma del voler studiare calcio e di mettermi al servizio e alla guida di un gruppo squadra, di un gruppo di ragazzi o uomini e di provare a trasferirgli dei valori di vita e di calcio

 

 

 

Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

 

Ho avuto la fortuna l’opportunità e soprattutto e la voglia di voler allenare nelle scuole calcio piuttosto che nelle categorie giovanili agonistiche fino ad arrivare alle prime squadre,   ogni gruppo sia di bambini che di uomini maturi mi ha lasciato qualcosa di importante e ad oggi sono legato a tutte le squadre che ho avuto modo di allenare, sono nati rapporti di amicizia e di stima che durano negli anni con i calciatori e le loro famiglie, è tutto molto bello perché c’è affetto e stima.

 

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

A prescindere da competenze e conoscenza della materia, secondo me, l’allenatore deve essere bravo ad entrare nella testa dei ragazzi che allena e a creare con loro una sintonia che è prioritaria rispetto a tutto il resto.

 

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Sicuramente mi sta togliendo tutto il tempo libero e ruba tempo alla mia famiglia ma in compenso io dico sempre che il calcio è vita, è la mia vita, e mi regala emozioni ogni giorno oltre che mi ha formato anche fuori dal campo e mi ha fatto crescere come uomo.

 




 

 

      Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

     Sicuramente l’adrenalina che ti regala il calcio prima di una partita è una delle sensazioni più belle che si possono provare, ai miei ragazzi dico sempre di mettere in pratica quello su cui si è lavorato in settimana e soprattutto di divertirsi, perché’ il calcio rimane un gioco ed è il più bello del mondo.

 

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Alla fine di una partita prima cerco di far passare la tensione della gara.  Poi certo che  a mente fredda analizzo gli errori fatti da me e dalla squadra e proprio da quelli cerco di ripartire e di pianificare la settimana successiva, questo perché ritengo  che gli errori siano una tappa fondamentale in un percorso di crescita e individuale e di squadra.

 

 

Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? E quella che lei ha sino adesso nel cuore?

 

Da dimenticare, ma non per le emozioni che mi ha regalato ma solo per l’epilogo lo spareggio in campo neutro per non retrocedere dalla categoria Juniores Elite, Tecchiena-Vis Artena giocato in campo neutro a Montelanico e perso ai supplementari. Partivamo nettamente sfavoriti sulla carta e perdemmo per una cattiva sorte nei tempi supplementari, la squadra era formata da un gruppo di ragazzi straordinario quello che sfiorò un’impresa importante, peccato per come andò a finire.

 

Una partita che ricordo volentieri per prestazione intensità cattiveria agonistica è un Hermada-Tecchiena del campionato di Promozione di tre anni fa, io sedevo sulla panchina del Tecchiena ovviamente fu una gara bellissima da parte dei miei ragazzi

 

 


Con i giocatori hai mai avuto qualche screzio, qualche diverbio? Lei cerca di ascoltare le varie proposte, oppure quando prende una decisione non torna indietro?

 

Il mio ruolo impone che sia io a prendere le decisioni finali e ad assumermi tutte le responsabilità, ma fino a quel momento io cerco sempre di confrontarmi nei limiti del possibile con i ragazzi che alleno e con i ragazzi del mio staff. Cercando con loro di creare un gruppo di lavoro che possa supportarsi a vicenda.

 




 

Un suo pregio?

 

Un mio pregio la sincerità, la schiettezza e il parlare chiaro e diretto, anche a costo di dire una brutta verità.

 

 

Un suo difetto?

 

Un mio difetto essere sempre molto chiaro e diretto e trasparente e

nel calcio di oggi spesso non è un fatto  scontato e soprattutto cosi condivisa.



 




Spesso sento dire che il calcio è malato, che girano tanti soldi e che se non si ha un procuratore adeguato non si riesce a salire di categoria, ma è così?

 

 

Io sono del parere che se uno ha delle qualità prima o poi vengono fuori, poi che nel calcio come tanti altri settori della vita sia presente anche il “marcio” è fuori di dubbio.

I procuratori fanno parte del sistema calcio ne conosco tanti che fanno benissimo il proprio lavoro e tanti magari che mettono avanti altri interessi, ma a me piace il calcio giocato e meno questi aspetti.

 

 

Lei abita a Frosinone, la squadra il prossimo anno militerà in serie A, un traguardo importante, perché questo successo?

 

Io abito e sono nato a Frosinone e mio papà mi portò la prima volta allo stadio che avevo 5 anni si immagini lei.

 

Frosinone è l’esempio di come con passione, competenza, lungimiranza ed equilibrio investendo sulle strutture e anche sui giovani si possano raggiungere traguardi inimmaginabili.

Abbiamo un presidente che ha cuore le sorti della sua terra e grazie a lui se questa piccola cittadina di provincia questa terra sta diventando un’eccellenza nazionale del calcio.

 

 

 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La famiglia rappresenta tutto per me e il loro supporto è fondamentale per me nel calcio e nella vita, devo tanto a loro e cerco sempre di dare il massimo per loro.

 


 

Un sogno per il futuro?

 

Una battuta e un sogno impossibile sedere sulla panchina del Frosinone calcio.

A parte gli scherzi e tornando alla realtà e al nostro calcio dei dilettanti, le dico che mi piacerebbe diventare a breve anche match analyst, sto studiando per riuscirci soprattutto usare ogni esperienza e ogni giorno per migliorare sempre più come allenatore e come uomo.

 

 

 

11   giugno 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

venerdì 9 giugno 2023

SEZIONE SPORT

 


 

 

Paolo Radi intervista

 

  

GIUSEPPE

ARENELLA

      


  

Giuseppe Arenella è un giocatore di calcio nato a Napoli il 21 febbraio del 1990. Ha iniziato la sua carriera calcistica nelle giovanili del Napoli, sino ad arrivare alla primavera. Successivamente milita nella Juve Stabia. Dopo la Juve Stabia ha militato nelle squadre di Serie D e di Eccellenza: Savoia, Giugliano, Pomigliano, Acerrana, Vico Equense. Duttile come giocatore è un interno di centrocampo.

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa, il Napoli ha vinto lo scudetto e le feste ce ne sono state tante, quali sono state le sue emozioni?

 

La vittoria dello scudetto del Napoli per noi napoletani è stata un’emozione indescrivibile, soprattutto per me che era la prima volta che festeggiavo uno scudetto.

È stata una vittoria di tutto il popolo Napoletano. 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ricordo che da piccolo facevo tutto con un pallone: è stato un amore a prima vista.

 

 

Come lei sa i genitori dicono ai figli la stessa frase: “Non sarebbe meglio che pensassi allo studio?” Anche a lei è successo, oppure l’hanno assecondata in questa passione?

 

I miei genitori mi hanno forzato sempre allo studio, ma ad un certo punto capirono che per me il calcio veniva prima di tutto, non era facile gestire studio e calcio

 

 

Lei ha giocato per tanti anni nelle giovanili del Napoli – Primavera – che ho ricordo di questa esperienza?

 

L’emozione più forte e stata quando il Napoli calcio mi scelse tra migliaia di atleti, e credimi far parte della squadra della tua città anche se è un settore giovanile è un emozione difficile da descrivere.

 

 

Dopo le giovanili del Napoli è andato alla Juve Stabia. Si è trovato bene con i compagni e con tutto lo staff? 

 

Diciamo che potevo ambire a qualcosa di diverso, ma sul mio percorso ho incontrato degli addetti che non mi hanno aiutato sul mio percorso, dopo la Primavera andai alla Juve Stabia ed anche lì fu un’esperienza bellissima, in quanto c’è stato il  confronto tra i grandi. 

 

Lei ha militato in diversi club, qual è il migliore in cui è stato?

 

Dirti il migliore club mi viene difficile, ma dove ho instaurato dei rapporti importanti a livello umano è sicuramente  la Vico  Equense, mi hanno sempre trattato bene è ancora oggi quando ci ritorno mi accolgono sempre con gioia.

 

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Il mio difetto che è anche il mio pregio è quello di essere troppo altruista.

 


Famiglia e amici quanto sono importanti per lei?

 

Il calcio mi ha regalato tantissime amicizie e ancora oggi molti li frequento, ci tento a dire che per me l’amicizia ha un ruolo importante nella mia vita.

Ovviamente la famiglia per me è la cosa più importante, essa viene prima di tutto.

 

 

 

 

09  giugno   2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

mercoledì 31 maggio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 


Paolo Radi intervista

 

  

PASQUALE

ESPOSITO 



 


     


 

“Mi chiamo Pasquale Esposito, sono nato a Napoli il 20 settembre del 1999 e abito a San Giovanni a Teduccio.

 

Ho iniziato a giocare in una scuola calcio nella mia zona, avevo 14 anni. Dopo aver fatto   un’amichevole con l’Ercolano, nel dopo partita ovviamente, mi chiamò il mister della juniores dell’Ercolano per un confronto e così andai a militare in quella squadra. 

 

L’Ercolano calcio aveva la prima squadra che giocava in eccellenza, io però venni preso nella juniores; nel 2017 vincemmo con la nazionale under 17 la Juniores Cup a Viareggio. 

 

In questo settore ci rimasi un anno, questo per un motivo: dopo una partita di giovedì, contro la prima squadra, il mister dopo l’allenamento mi chiese di allenarmi con loro immediatamente.  Subito mi sono ritrovato a far parte della prima squadra, così a 15 anni feci l’esordio in eccellenza, 14 furono le presenze e una da titolare.   

 

Dopo due anni vincemmo il campionato di eccellenza e andammo in serie D sempre con l’Ercolanese, che in quel periodo si chiamava A.V. Herculaneum 1924, feci 17 presenze e 2 da titolare.  Dopo 3 anni me ne andai, per motivi personali, in prestito con una squadra di Eccellenza: il San Giorgio giocando tutto il campionato da titolare, ci sono rimasto un anno, successivamente decisi di giocare in un’altra squadra di eccellenza, in prestito, che si chiama Sorrento Calcio. 

 

A metà dell’anno lascio il Sorrento calcio, tra l’altro feci solo 6 presenze, per motivi familiari e rimango fermo due anni. 

 

Quattro anni fa mi chiama un amico di famiglia che giocava in una squadra di 1ª categoria di San Giovanni, così ho ricominciato a giocare di nuovo perché il calcio è la mia vita e la mia passione e non riesco ad allontanarmi da questa passione. 

 

 

A dicembre di quest’anno mi chiama un mio amico (presidente della Real San Giovannese, squadra in 2ª categoria) tra l’altro aveva problemi di salute; mi chiede di andare nella sua squadra perché sarebbe stato felice, visto che non avrei mai potuto mai e poi mai dire di no ci siamo promessi che ci saremmo presi qualche soddisfazioni calcistiche. 

 

Siamo arrivati al terzo posto nel campionato facendo i playoff e pure un eurogol, infine abbiamo poi vinto la finale di playoff di 2ª categoria.  Il mio obbiettivo era far felice il mio amico (come ho scritto sopra che è il presidente) e con questa vittoria ce l’ho fatta, anzi ce l’abbiamo fatta!”

 

 






Per prima cosa i miei complimenti per questa vittoria di domenica scorsa ai playoff contro la Sanità Calcio. Che tipo di partita è stata? Vi aspettavate di vincere?


È stata una partita dove abbiamo messo grinta e molto coraggio perché abbiamo affrontato una squadra esperta con alcuni innesti veramente forti, noi, però, abbiamo lottato fino alla fine, ci abbiamo sempre creduto siamo stati sempre uniti e  molto concentrati: volevamo vincere a tutti i costi!

 

Si ricorda quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

In verità il calcio l’ho scoperto nel mio quartiere dove all’età di 6 anni io e i miei amici giocavamo nel nostro campetto di asfalto dopo di che crescendo e continuando ogni giorno  a giocare mi sono appassionato;  ed ora non riesco a fare a meno di stare lontano dal campo, il calcio è  per me passione inoltre mi fa stare bene sotto tutti i punti di vista.



 




Questa è una domanda che faccio sempre: i suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori all’inizio, questo vale per tanti genitori, dicevano sempre la solita frase poi dopo un po’ hanno visto la felicità che provavo quando giocavo.  Successivamente mia madre mi accompagnava in tutti i campi a fare stage, provini alle partire di campionato, stava sempre al mio fianco. Dopo i 17 anni andavo da solo in ogni luogo, questo perché mia madre doveva stare con i miei altri due fratelli.



 




Il Club A.S.D. Sporting Club Ercolanese   è stato molto importante per lei, che tipo di esperienza è stata?

 

L’inizio della mia carriera è stata ad Ercolano una città dove ci sono tanti tifosi che ti fanno sentire importante e ti aiutano a vincere le partite, mi spiego meglio   sono il 12º uomo in campo. Sono stati 7 anni meravigliosi, a pensarci bene gli anni più belli, mi sentivo a casa mia. 

 

Si tratta di una importantissima società con al vertice il presidente Alfonso Mazzamauro che è uno dei presidenti più “forti” della Campania, cito anche con anche il direttore sportivo Marco Mignano, sono persone veramente speciali e che meritano di tare a livelli alti.

 

Lei ha poi giocato con l’A.S.D. San Giorgio 1926 e con l’A.S. D Sorrento calcio 1945, si è trovato bene in questi due club?

 

Con il San Giorgio in eccellenza sono stato benissimo, tra l’altro la squadra è vicino a casa. Giocavo tutte le partite da titolare ma feci solo il girone di andata poi a metà anno mi trasferì al Sorrento dove ho giocato poco, ma si tratta di una grande squadra, tra l’altro vinse il campionato di eccellenza.


 




Per due anni lei rimane fermo, immagino che non siano stati anni facili vista la sua passione e dedizione per questo sport, come ha vissuto questi due anni?

 

Sono stato due anni un po’ difficili, soprattutto mentalmente, non ero tranquillo per motivi familiari. 

 

 




Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

il calcio è la mia vita e la mia passione, a volte guardo le partite di basket e di tennis. 







Nella squadra che ruolo ricopre, mi spiego meglio  è uno che sprona i suoi compagni a dare il massimo oppure mantiene un profilo basso? 

 

Essendo molto timido non sprono i miei compagni prima del match, ma quando stiamo in campo cerco di aiutare e dare coraggio ai miei compagni, non sono un ragazzo che cerca di litigare con l’avversario anzi il rispetto per me è molto importante se ricevo o faccio un fallo chiedo scusa e ci diamo la mano e  come si dice: lì finisce.



 




Lei gioca nel ruolo di? 

 

Quando ero piccolo ho iniziato come esterno di attacco, poi una volta il mister della scuola calcio, questo successe all’ultimo anno, mi fece provare il ruolo di mezzala di centrocampo, e da quel momento non h mai cambiato.

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il gol più bello lo feci ad Ercolano in serie D contro il Manfredonia di Michele pazienza ex giocatore del Napoli. Eravamo sullo 0-0 all’88º minuto, purtroppo l’arbitro decise di annullarlo, perché presi la traversa superando la linea della porta. L’arbitro non aveva visto l’azione visto che stava un po’ lontano, specificò che la palla non era entrata. il gol più bello, però, l’ho fatto domenica scorsa in finale di playoff contro la Sanità, un eurogol. 



 




Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)? 

 

Di pregi e di difetti ne ho tanti, un mio pregio riguarda il mio tiro, sono preciso e ho molta potenza. Un piccolo difetto è che sono molto timido e di pochissime parole.

 






A proposito della juniores cup che cosa ci vuol dire – tra l’altro lei ci ha permesso di pubblicare alcune foto -?

 

Nel 2016 a Catanzaro feci il torneo delle regioni che la mia squadra che rappresentava la regione Campania, sfortunatamente uscimmo ai quarti di finale, successivamente nel 2017 a Viareggio ho vinto il torneo Juniores Cup con tutte le squadre delle regioni di Italia, noi rappresentavamo la regione Campania.



 










Un giocatore che lei ammira tantissimo?

 

Un po’ di tempo fa giocava il grande Wesley Sneijder dell’Inter visto che non gioca più da tempo attualmente ammiro molto Nicolò Barella giocatore dell’Inter, gran piede e si inserisce negli spazi con precisione.

 

 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Ho un bambino di 9 mesi che mi ha cambiato completamente la vita, per lui e per mia moglie darei la mia vita, sono loro che mi danno la forza per andare avanti ogni mio successo lo dedico tutto a loro. C’ è stato un periodo (molto lungo) dove mio padre ci è mancato per tanti anni da casa per fare sacrifici e non farci mai mancare nulla un padre nella famiglia è un eroe, per noi è un grande pilastro, detto ciò e io e i miei due fratelli più piccoli siamo stati con nostra mamma e nostra nonna che ci hanno cresciuti da sole, gliene sarò grato a vita. 

 

Ora fortunatamente siamo tutti uniti a casa, di amici ne ho pochissimi, ma quei pochi che ho sono molto importanti.

 

 





  Domani lei riceve una chiamata da un club estero, parte con la sua famiglia, senza pensarci due volte, oppure decide di rifletterci con calma?

 

Se ricevessi una chiamata sicuramente ci rifletterei con calma e con mia moglie. Se poi decidessi di partire mia moglie e mi figlio verrebbero con me, fosse anche in capo al mondo, perché se ho loro nella mia vita ho tutto.



 




Ultima domanda: a chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Quest’intervista la dedico alla mia famiglia e alla Real San Giovannese, in particolare al presidente Pasquale che quest’anno sia io che lui ci siamo presi una bella soddisfazione sperando che questo progetto ci possa portare in   alte categorie.



 




 

 

31 maggio 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

martedì 30 maggio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FABRIZIO 

MIANI






 

Fabrizio è nato il 7 aprile del 1981 a Roma, da 6 anni sino ai 21 ha giocato nella Vis Aurelia sino alla promozione, facendo l’esordio in prima squadra a 16 anni. Da due anni svolge l’attività di osservatore per il Pescara calcio.

 

 


Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

È stato un periodo unico e storico, una situazione inimmaginabile. Personalmente l’ho considerato un momento di sospensione della mia vita. Sono stato a casa come molti e in cassa integrazione come altri. Non mi sono mai fatto travolgere negativamente dalle notizie, pur affrontando la situazione con la giusta apprensione.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Il calcio e la mia vita sono come un binario, continuano a correre l’uno vicino all’altra senza mai che si possa davvero dire quale sia la loro destinazione finale. Il calcio c’è stato quando giocavo per strada ed ero bambino, quando mi faceva scoppiare il cuore ed impazzire per l’emozione di un goal, nell’abbraccio dei miei compagni, quando ho sofferto e stretto i denti. Non so quando il calcio sia diventato la mia grande passione, so solo che ci sono nato.

 







I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Sinceramente non hanno mai dovuto dirmi nulla perché riuscivo a conciliare scuola e allenamenti.

 

Lei ha giocato nella Vis Aurelia sino a 21 anni, che tipo di esperienza è stata? 

 

È stata la mia unica società, ho fatto tutte le categorie, mi ha permesso di divertirmi e conoscere tanti amici che tutt’ora frequento. Sono sempre dei bei ricordi.

 

Come mai poi lei ha lasciato il calcio giocato?

 

Ho lasciato il calcio a livello agonistico principalmente perché non avevo più voglia d’allenarmi. Avrei voluto solo giocare la domenica. E questo non era solo giustamente possibile. Un altro motivo sono le numerose situazioni spiacevoli che ho vissuto nei vari campi. Troppe, ogni volta era una guerra!

 

Lei attualmente è un osservatore ufficiale del Pescara Calcio su tutto il territorio nazionale. Com’è arrivato in questa importante società?

 

Prima di far parte ufficialmente del Pescara ho passato un anno a dimostrare la mia massima serietà e conoscenza del calcio. Passo dopo passo ho acquisito credibilità, grazie anche al mio amico e collega Fabrizio Querciati sono entrato a far parte di questa società.

 






Non è certamente semplice fare l’osservatore calcio, bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, intraprendere lunghi viaggi e poi bisogna tener in conto i fallimenti; lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?

 

Sicuramente il weekend è il momento più intenso dove si concentrano la maggior parte delle partite. Spesso in mezzo alla settimana parto da Roma per seguire gli stage e i provini dei ragazzi.

 

Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto”?

 

Non sono molto d’accordo con questa frase. Spesso la dicono i genitori poco obiettivi che pensano che i figli siano dei campioni. Con questo non voglio dire che tutti i trasferimenti siano proprio così limpidi, una punta di verità c’è. Però la bilancia pesa sempre dalla parte del merito e delle qualità.

 

Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente? 

 

Come prima cosa vedo l’atteggiamento dei ragazzi dal prepartita fino a che non finisce l’incontro. Un singolo gesto tecnico o un movimento atletico può accendermi l’attenzione. Dico sempre che non sono io che scopro le loro qualità, ma sono loro che me le mostrano.



Giocatori che hanno un grande talento e ne possiamo avere anche tanti, se per diversi motivi non riescono a esprimersi in quel provino, in quel caso cosa si può fare, dargli una seconda, una terza possibilità? 

 

Per esperienza personale credo che si debbano fare provini in più giorni per dare mondo al ragazzo di ambientarsi e dare il meglio. Purtroppo capita spesso nei primi provini che l’emozione porti a delle prestazioni opache. Io do sempre altre possibilità, continuo e continuo a seguirli nelle società di appartenenza. Spesso serve un processo di maturazione e una maggiore consapevolezza dei propri mezzi.

 

Che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club? 

 

Non ho grandi rapporti con i presidenti e tantomeno con gli allenatori. A me non piace apparire o farmi notare troppo. Quanto sono sugli spalti mi piacerebbe essere invisibile. Capisco anche che i rapporti con i DS delle società siano fondamentali per conoscere meglio i ragazzi in campo e diverse altre situazioni. 

 

Lei adesso ha un contratto il Pescara, che si aspettano da lei e lei cosa si aspetta da se stesso?

 

Penso che la società si aspetti la mia massima serietà ed un impegno costante nella ricerca di ragazzi che possano far parte di questo club. Da me stesso mi aspetto una costante e significativa crescita.

 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio? 

 

La pazienza, la tenacia e l’equilibrio sono la mia forza. Spesso sono troppo autocritico e voglio avere tutto sotto controllo. Ho difficoltà a chiedere aiuto, ma sono altruista.



 




Chi sono i suoi modelli di riferimento? 

 

Sinceramente non ho nessun modello al quale mi ispiro. Mi incuriosiscono delle persone, ma non a tal punto da farne un riferimento.


Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno? 

 

Calcisticamente il mio primo idolo è stato Paul Gascoigne. Gli ho dedicato alle elementari uno dei miei primi temi, e ancora lo conservo. Un po' per sfortuna e spesso per colpa sua ha dato al calcio meno di quello che avrebbe potuto dare. Non sopporto Neymar. Non per la sua tecnica, ma per il modo e l’atteggiamento che ha in campo. Mi irrita quando accentua troppo i contatti, oppure quando schernisce gli avversari.

 

 

A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

La dedico in primis a Fabrizio Querciati, un compagno di viaggio stimolante e passionale che mi ha dato la possibilità di far parte del calcio sotto una nuova veste.

A mia moglie Roberta e mio figlio Tommaso. Ogni weekend sottraggo sempre del tempo alla mia famiglia e senza la loro fiducia non so se riuscirei a continuare questo percorso.

 


 


 

 

 

A cura di Paolo Radi   

 

 

 30 05          2023

 

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