SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
FABRIZIO
MIANI
Fabrizio è nato il 7 aprile del 1981 a Roma, da 6 anni sino ai 21 ha giocato nella Vis Aurelia sino alla promozione, facendo l’esordio in prima squadra a 16 anni. Da due anni svolge l’attività di osservatore per il Pescara calcio.
Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa?
È stato un periodo unico e storico, una situazione inimmaginabile. Personalmente l’ho considerato un momento di sospensione della mia vita. Sono stato a casa come molti e in cassa integrazione come altri. Non mi sono mai fatto travolgere negativamente dalle notizie, pur affrontando la situazione con la giusta apprensione.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Il calcio e la mia vita sono come un binario, continuano a correre l’uno vicino all’altra senza mai che si possa davvero dire quale sia la loro destinazione finale. Il calcio c’è stato quando giocavo per strada ed ero bambino, quando mi faceva scoppiare il cuore ed impazzire per l’emozione di un goal, nell’abbraccio dei miei compagni, quando ho sofferto e stretto i denti. Non so quando il calcio sia diventato la mia grande passione, so solo che ci sono nato.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
Sinceramente non hanno mai dovuto dirmi nulla perché riuscivo a conciliare scuola e allenamenti.
Lei ha giocato nella Vis Aurelia sino a 21 anni, che tipo di esperienza è stata?
È stata la mia unica società, ho fatto tutte le categorie, mi ha permesso di divertirmi e conoscere tanti amici che tutt’ora frequento. Sono sempre dei bei ricordi.
Come mai poi lei ha lasciato il calcio giocato?
Ho lasciato il calcio a livello agonistico principalmente perché non avevo più voglia d’allenarmi. Avrei voluto solo giocare la domenica. E questo non era solo giustamente possibile. Un altro motivo sono le numerose situazioni spiacevoli che ho vissuto nei vari campi. Troppe, ogni volta era una guerra!
Lei attualmente è un osservatore ufficiale del Pescara Calcio su tutto il territorio nazionale. Com’è arrivato in questa importante società?
Prima di far parte ufficialmente del Pescara ho passato un anno a dimostrare la mia massima serietà e conoscenza del calcio. Passo dopo passo ho acquisito credibilità, grazie anche al mio amico e collega Fabrizio Querciati sono entrato a far parte di questa società.
Non è certamente semplice fare l’osservatore calcio, bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, intraprendere lunghi viaggi e poi bisogna tener in conto i fallimenti; lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?
Sicuramente il weekend è il momento più intenso dove si concentrano la maggior parte delle partite. Spesso in mezzo alla settimana parto da Roma per seguire gli stage e i provini dei ragazzi.
Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto”?
Non sono molto d’accordo con questa frase. Spesso la dicono i genitori poco obiettivi che pensano che i figli siano dei campioni. Con questo non voglio dire che tutti i trasferimenti siano proprio così limpidi, una punta di verità c’è. Però la bilancia pesa sempre dalla parte del merito e delle qualità.
Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente?
Come prima cosa vedo l’atteggiamento dei ragazzi dal prepartita fino a che non finisce l’incontro. Un singolo gesto tecnico o un movimento atletico può accendermi l’attenzione. Dico sempre che non sono io che scopro le loro qualità, ma sono loro che me le mostrano.
Giocatori che hanno un grande talento e ne possiamo avere anche tanti, se per diversi motivi non riescono a esprimersi in quel provino, in quel caso cosa si può fare, dargli una seconda, una terza possibilità?
Per esperienza personale credo che si debbano fare provini in più giorni per dare mondo al ragazzo di ambientarsi e dare il meglio. Purtroppo capita spesso nei primi provini che l’emozione porti a delle prestazioni opache. Io do sempre altre possibilità, continuo e continuo a seguirli nelle società di appartenenza. Spesso serve un processo di maturazione e una maggiore consapevolezza dei propri mezzi.
Che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club?
Non ho grandi rapporti con i presidenti e tantomeno con gli allenatori. A me non piace apparire o farmi notare troppo. Quanto sono sugli spalti mi piacerebbe essere invisibile. Capisco anche che i rapporti con i DS delle società siano fondamentali per conoscere meglio i ragazzi in campo e diverse altre situazioni.
Lei adesso ha un contratto il Pescara, che si aspettano da lei e lei cosa si aspetta da se stesso?
Penso che la società si aspetti la mia massima serietà ed un impegno costante nella ricerca di ragazzi che possano far parte di questo club. Da me stesso mi aspetto una costante e significativa crescita.
Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio?
La pazienza, la tenacia e l’equilibrio sono la mia forza. Spesso sono troppo autocritico e voglio avere tutto sotto controllo. Ho difficoltà a chiedere aiuto, ma sono altruista.
Chi sono i suoi modelli di riferimento?
Sinceramente non ho nessun modello al quale mi ispiro. Mi incuriosiscono delle persone, ma non a tal punto da farne un riferimento.
Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno?
Calcisticamente il mio primo idolo è stato Paul Gascoigne. Gli ho dedicato alle elementari uno dei miei primi temi, e ancora lo conservo. Un po' per sfortuna e spesso per colpa sua ha dato al calcio meno di quello che avrebbe potuto dare. Non sopporto Neymar. Non per la sua tecnica, ma per il modo e l’atteggiamento che ha in campo. Mi irrita quando accentua troppo i contatti, oppure quando schernisce gli avversari.
A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?
La dedico in primis a Fabrizio Querciati, un compagno di viaggio stimolante e passionale che mi ha dato la possibilità di far parte del calcio sotto una nuova veste.
A mia moglie Roberta e mio figlio Tommaso. Ogni weekend sottraggo sempre del tempo alla mia famiglia e senza la loro fiducia non so se riuscirei a continuare questo percorso.
A cura di Paolo Radi
30 05 2023
(Tutti i diritti riservati)
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