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martedì 2 luglio 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

SALVATORE PETRUCCIO

 





 

 Salvatore Petruccio è un ex giocatore  di calcio, ruolo portiere, nato a Napoli il 5 settembre del 1966. Questa è la sua carriera.

 

Settore giovanile giovanissimi, allievi, under 19 nella squadra del Casal Posillipo dal 1979 al 1981; prima squadra in 1° categoria nel 1982-83, nell’anno successivo Real Santa Lucia, campionato di promozione (non esisteva eccellenza). 

 

Anno 83-84, eccellenza in Fisciano (SA) seconda classificata in campionato vinto dall’Ebolitana, ma prima squadra a raggiungere nella storia le semifinali nazionali della Coppa Italia dilettanti partendo dall’eccellenza.


 

 


 

 


 La prima domanda che le voglio fare è la seguente: quando ci siamo conosciuti lei era restio ad essere intervistato, questo perché secondo lei non avrebbe potuto dire molto sulla sua esperienza calcistica, io invece ritengo che ogni esperienza sia importante, ed è questo l’intento delle mie interviste, a questo punto le chiedo, visto come si sono conclusi gli europei, il calcio italiano dove sta andando?

 

Il calcio italiano è alla deriva, ma non per il risultato degli europei, ma perché manca una ristrutturazione totale, i settori giovanili sono non curati, non strutturati se non in pochissime società. Bisognerebbe partire dal negare l’utilizzo di calciatori stranieri nei settori giovanili.



 




Tutti, ma proprio tutti si sono scagliati, oltre che contro i giocatori, anche contro Spalletti, come se lo spiega -eppure a voi del Napoli vi aveva fatto vincere lo scudetto -?


Spalletti per me è un grande allenatore, ma una cosa è gestire un gruppo quotidianamente per una stagione intera, altra cosa è la Nazionale. Io ho avuto la netta impressione che i calciatori italiani non vedevano l’ora di andare in vacanza.



 




Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho iniziato giovanissimo ed il calcio l’ho sempre avuto nel sangue. Giovavo facendo tanti sacrifici, ma senza sforzo perché alla base c’era una grande passione.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori erano operai e chiaramente e spingevano per gli studi, ma non Hanno mai ostacolato il mio percorso, neanche quando a 14 anni mi sono trasferito a Catanzaro per andare nel settore giovanile. Purtroppo dopo due mesi son dovuto tornare indietro perché le società non avevano raggiunto l’accordo economico per il trasferimento.

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono rimasto molto legato al Casalposillipo, la mia prima società ed era anche la squadra del mio quartiere. Eravamo tutti amici, non c’erano ancora tutti quei soldi che oggi girano anche a livello dilettantistico, ci spingeva solo una grande passione.



 


 


Ci può dire qualcosa a riguardo della sua esperienza nel club Fisciano, un’esperienza importante direi, non è così?

 

A Fisciano è stato un anno bellissimo coronato da tante vittorie e solo una strepitosa Ebolitana, che non perse praticamente mai, ci privò della vittoria del campionato. 

 

Poi il sogno della Coppa Italia dove turno per turno sorprendemmo prima noi stessi e poi tutto il mondo dilettantistico perché mai una società che partiva dall'eccellenza era mai arrivata a disputare una semifinale nazionale. Conobbi in quell'anno tanti calciatori della zona del salernitano creando tante amicizie tra cui qualcuna ancora viene alimentata da messaggi ed altro.

 






Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

Mai avuto nessuno screzio con i mister, ne ricordo tanti con piacere qualcuno mi è rimasto dentro come il compianto Giampiero Ventrone che iniziò la sua carriera di preparatore atletico proprio nel mio primo anno di promozione con il Real Santa Lucia. Mi ricordo che in partenza per il ritiro di Campo di Giove riempì Piazza del Plebiscito di attrezzi e altro, era un marines e questo lo trasportava negli allenamenti. 

 

Io restavo alla fine dell'allenamento un'ora in più in campo solo io e lui perché tutti i giorni mi diceva: “Vedi tutti quanti? Bravi calciatori, bravi ragazzi tutti, ma solo io e te arriveremo in serie A”. Io pensavo che Giampiero fosse un folle a pensare queste cose, ma poi lui ci è arrivato per davvero  facendo le fortune dei gruppi di Marcello Lippi, la Juve e la Nazionale;  lo porto sempre nel mio cuore.

 


 


 


Generalmente che ruolo aveva all’interno del gruppo, mi spiego ascoltava i consigli dei compagni, discuteva serenamente con loro, oppure tendeva a imporre la sua volontà?

 

Nei gruppi dove sono stato ho sempre portato un grande rispetto per gli "anziani" rubando loro tutto quanto era possibile, nei comportamenti, nello stare in campo e negli spogliatoi e ne ho avuti di grandi calciatori con me. 

 

Crescendo con gli anni, anche se solo nel campo amatoriale, sono sempre stato un punto di riferimento senza mai imporre decisioni, ma dando la massima disponibilità e collaborazione.

 






Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Partiamo dal difetto: negli anni in cui ero una promessa del calcio campano, e ce ne sono stati di titoli sui giornali in Campania esisteva "LO SPORT SUD", probabilmente avrei dovuto credere in più nei miei mezzi, invece sono sempre stato riservato, mai timido, ma senza esuberanze e credo che nel ruolo di portiere bisogna invece imporre la propria presenza in campo farsi sentire dai compagni e farli sentire protetti, questa cosa credo sia stato il mio più grande difetto, colmato chiaramente negli anni, ora non è più così, ma l'esperienza è arrivata quando oramai era troppo tardi per un percorso professionistico.

 

 

Parlare di pregi personali mi viene difficile, direi che come portiere una dote particolare che mi riconosco è avere una ottima posizione tra i pali.

 






Ad un certo punto lei decide di lasciare il calcio, perché questa decisione?

 

La decisone di smettere era legata ai miei 22 anni, non avevo raggiunto livelli che mi permettevano di autosostenermi economicamente. Poi arrivò una possibilità di lavoro e quindi la decisione fu facile

 


Da come ho capito anche suo figlio gioca a calcio?

  

Sì, anche mio figlio ha giocato a calcio vestendo le maglie di questi club: scuola calcio Domenico Luongo - giovanissimi ed allievi nazionali con la Nocerina- allievi nazionali serie A/B con l’Avellino giocando contro Donnarumma e Scamacca - poi Beretti con l’Ischia di mister Porta - ed infine un anno in eccellenza con Monte di Procida.  Poi come me ha pensato al lavoro

 

Il più grande calciatore di sempre?

 

Il più grande calciatore di tutti i tempi: Lui!






 


A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Dedico l’intervista ai miei genitori che non sono più con me.

 

Grazie 

 

02  07    2024 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

sabato 29 giugno 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

MICHELE

PICCOLO

 


 



 

Michele Piccolo è un allenatore nato il 26 di dicembre del 1986 a Napoli, queste è la sua carriera. Così ci presenta la sua carriera da calciatore: 

 

Da calciatore sono stato un centrocampista, iniziando come trequartista e terminando da regista. Dopo la scuola calcio fatta tra SC Pegasus e US San Nicola Castel Cisterna (satellite Empoli FC), ho disputato 17 campionati dalla promozione alla terza categoria con le maglie tra le tante di Viribus Unitis, Summa Rionale Trieste, San Vitaliano, Real Serino, Frattaminorese, Soccavo, e alte, indossando anche la fascia di capitano in una cinquantina di occasioni.

 

Da allenatore le seguenti squadre: 2017-2018:US Summa rionale Trieste u19,- Juniores regionale; 2018-2019 US Summa rionale Trieste u19,- Juniores regionale;  2018-2019 US Summa rionale Trieste, (promozione); 2020-2021 SS Nola u19, Juniores nazionale (sospesa covid); 2021-2022 Sant’Anastasia u19, Juniores regionale (3°classificata  girone F); 2022-2023 Sant’Anastasia, promozione, allenatore in 2°(sino a settembre); 2022-2023 SC Ercolanese u19, Juniores regionale (2°classificata girone f); 2023-2024;  SC Ercolanese u19, Juniores regionale (3°classificata girone E); SC Ercolanese, Eccellenza, allenatore in 2°.

 

 

 

La prima domanda è la seguente, com’è terminata la stagione 2023-2024, nel complesso si ritiene soddisfatto?

 

La stagione 2023-24 è terminata con un terzo posto con la mia juniores a tre punti dalla prima. Soddisfatto sicuramente per aver lottato per il primo posto in entrambe le stagioni alla guida di questa under 19, e di non aver mai perso in nessuna delle quattro gare in cui abbiamo affrontato chi poi ha vinto i campionati (l’anno scorso Real Acerrana, mentre quest’anno Micri), anzi aggiungo la scorsa stagione ci siamo tolti anche la soddisfazione di vincere per ben 6-1 in casa lo scontro diretto con l’Acerrana. 

 

Sicuramente lascia l’amaro in bocca non aver vinto il campionato per tre punti, il pensiero giustamente va verso qualche gara dove abbiamo fatto bene come “mole di gioco,” ma non siamo riusciti a portare la vittoria a casa. Resta il fatto di aver lottato sempre insieme alla  società con isettori giovanili avviati e consolidati, mentre noi abbiamo lavorato veramente senza il nulla alle spalle. 

 

Questa stagione è stata per me ulteriormente positiva, perché ho avuto l’opportunità di fare da secondo in prima squadra, potendo vedere da vicino un campionato importante come quello dell’eccellenza campana, oltre ad aver avuto l’onore di lavorare con mister Luigi Squillante, un allenatore dal curriculum veramente importante.

 

Inoltre ho avuto l’occasione di esordire anche in Eccellenza da primo allenatore, contro il Pompei, essendo in quel caso squalificato Squillante.

 

Quand’è nata la sua passione per il calcio? 

 

Non so dirle quando realmente sia nata la mia passione per il calcio, i miei genitori mi hanno sempre raccontato che da piccolo non riuscivo a fare a meno di stare con un pallone in mano, quindi penso da sempre.

 

I suoi genitori hanno appoggiato la scelta di giocare a calcio, oppure le dicevano che bisognava pensare allo studio?

 

I miei genitori hanno sempre appoggiato la mia passione per il calcio, come tuttora tra l’altro.



 




Lei ha militato in tante squadre, in quale ci ha lasciato il cuore?

 

Ho fatto gli allievi al Sant’Anastasia quando la prima squadra era in C2, penso che se devo pensare ad una squadra a cui ho lasciato il cuore sia quella. Un po’ anche la Summa Rionale Trieste, perché era una società veramente valida anche se con pochi mezzi, ma spesso sono le difficoltà che ti fanno affezionare.

 

Diverbi con gli allenatori gli ha mai avuti oppure cercava sempre avere un dialogo costruttivo?

 

Diverbi con allenatori ne ho avuti tantissimi, innanzitutto perché non ho mai accettato atteggiamenti scorretti né verso di me né verso i miei compagni. Spesso, anche da capitano, ho dovuto redarguire allenatori che tradivano alla prima occasione quei calciatori che avevano dato tanto per loro.

 

Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore, perché questa scelta, forse perché non poteva fare a meno di stare lontano dal campo?

 

In  realtà io l’allenatore non volevo farlo. Nel 2017 fu l’allora presidente della Summa Rionale Trieste che quasi mi costrinse a buttarmi in questo nuovo ruolo, anche se i primi due anni li ho svolti quando ancora giocavo. È stato solo dopo un po’ di tempo che ho realizzato di sentirmi poi un allenatore.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Secondo me la principale qualità che un allenatore deve avere è quella di mettere da parte il proprio protagonismo.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi ha dato tanto, soprattutto in termini umani. Oltre al fatto che mi ha insegnato a trovarmi pronto in tanti aspetti della nostra società che gli somigliano. 

 

Contestualmente penso che mi abbia tolto anche tanto, ho fatto tante rinunce per non rinunciare al calcio.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

    In genere sono molto tranquillo prima delle partite, e anche se fossi lievemente agitato cercherei sempre di non trasmetterla ai miei ragazzi;  mi piacerebbe  che affrontassero la partita nel modo più sereno possibile e non pensando ogni volta che sia una questione di vita o di morte, come spesso siamo abituati in Italia.

 

    Quello che gli dico invece ai miei ragazzi, sono semplicemente i concetti che ritengo più importanti tra quelli che ci siamo detti in settimana.

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

    In genere qualsiasi cosa penso dopo una partita me lo tengo per me, perché credo che a fine gara sia meglio andare a casa in ogni caso. Se c’è qualcosa da discutere se ne parla la settimana successiva, se riesco a rivedere la partita ancora meglio.



 




Il calcio italiano negli ultimi anni non ha espresso grandi campioni, come mai secondo lei? Che manca?

 

Non credo che sia solo il calcio italiano a non sfornare più grandi campioni, credo semplicemente che il calcio è un altro sport rispetto a quello che vedevamo anni fa. Anzi, ritengo che su certi aspetti i calciatori moderni siano anche più bravi di quelli di una volta, solo che oggi tatticismi e tante altre dinamiche attuali non permettono ai calciatori forti di avere una carriera con risultati importanti e costanti.

 

Il calcio estero secondo lei gode di una maggior salute, oppure non c’è molta differenza con il nostro?

 

Come ho detto prima penso sia una situazione globale, ogni tanto vediamo spuntare qualche calciatore che sembra un potenziale crack, solo che commettiamo l’errore di pretendere che lui  vincesse  sempre le partite da solo;   il calcio di oggi rende questa pretesa quasi di impossibile realizzazione.

 

Se ricevesse una chiamata da un club estero, partirebbe immediatamente oppure ci rifletterebbe qualche giorno?

 

Devo ammettere che mi piacerebbe veramente poter un domani avere un’esperienza da allenatore all’estero.

 

Il prossimo anno sa già quale squadra andrà ad allenare?

 

Sì, già so dove starò il prossimo anno, non anticipo nulla in quanto non voglio togliere la soddisfazione di ufficializzarlo per primo alla società.

 

Progetti per il futuro?

 

Per il futuro il mio progetto è quello di continuare ad allenare, magari facendo anche poco alla volta, passi in avanti. Mi auguro un domani di poter accedere al Corso UEFA-A.

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Questa intervista la dedico a mio nonno Michele (che non c’è più) e a mio padre Felice.

 

 

 Grazie 

 

29   06   2024

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 27 giugno 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

SANDRO 

MARINO

 




 

Sandro Marino è stato un giocatore di calcio, ora   è un allenatore, e così ci si presenta:

 

 

Nasco il 27 giugno del 1974 in Germania a Landstuhl vicino Kaiserslautern. 

 

Dopo qualche anno però io e la mia famiglia, ovvero mio padre, mia madre e i miei 4 fratelli ci trasferiamo a Scampia. Per me sono motivo d'orgoglio i miei genitori perché sono riusciti a crescere 5 figli maschi trasmettendo senso di appartenenza e protezione l'uno per l'altro, anche perché dove abitiamo basta poco per poter intraprendere altri percorsi, ma i miei genitori sono riusciti a farmi crescere con dei veri valori ed è per questo che oggi vivo dove sono cresciuto: nel rione Don Guanella.

 

Qui da ragazzino vivevo la maggior parte della giornata all'oratorio Don Guanella e sono stati anni bellissimi, correre sempre dietro ad un pallone insieme ai miei amici, le partite che sembravano non finire mai, ed è bello che quel gruppo di amici è a oggi tutt'ora legato.

 

La mia crescita calcistica, invece, nasce nel campetto di fronte all'oratorio, ovvero con la CRM (Centro Ricreativo Miano), successivamente gioco con la 167 Giornalai e il Real Pitone. In quest'ultima esperienza, all'età di 14-15 anni, ricordo che mi alzavo la mattina alle 4.30 per andare a lavoro in un laboratorio di pasticceria e quando finivo andavo di corsa agli allenamenti.

 

Successivamente andai a giocare con la Juniores del Mugnano, per poi avere la mia prima esperienza in promozione con la Mobili Barretta, la squadra di Sant’Antimo.

 

Nel 1993 parto per il militare a Firenze che dura esattamente 1 anno. Al mio ritorno inizio la preparazione atletica con la Afragolese in promozione, ma proprio in quel momento ho un'opportunità lavorativa in Germania e dunque parto per Mannheim.  

 

 

Una volta avuta la stabilità economica vado in prova alla Vfl Neckarau in Bezirksligen ci rimango per un anno e mezzo, adattarsi al calcio tedesco non è dei migliori e totalizzo soltanto 4 gol, decido dunque di andare in una squadra di Rheinau (Mannheim), in Kreisliga, dove giocava mio fratello Enzo con alcuni miei cugini, qui totalizzo 42 reti in una sola stagione, e l'anno dopo, nella stessa categoria, vado al Kurpfalz e a fine anno totalizzo 20 reti. 

 

In una delle ultime partite della stagione, mi viene a vedere l’allenatore (allora era al Vwl Neckarau), Ossi Schneider, attualmente allenatore al Pattaya in Thailandia, e l'anno successivo faccio il mio ritorno al Vwl Neckarau. Il primo anno totalizzo 38 reti, nel secondo, e sono capitano, 22;  purtroppo  in quest'ultima stagione ho giocato meno partite in quanto in quell'anno ebbi una telefonata che mi cambiò la vita (  nel frattempo ho avuto 2 figli, Alessio nel 1997 e Dennis nel 1999, mi ero sposato nel 1996 con Giacomina, detta “Pupa”).

 

La vita mi cambiò perché quel sabato sera - 9 settembre del 2000 mi arrivò una telefonata da Napoli dove mi comunicarono che mio padre aveva avuto un incidente al lavoro. Ritornai subito a Napoli, e dopo 16 ore di auto, ebbi la notizia che mio padre non ce l'aveva fatta. Come già detto all'inizio mio padre era un punto di riferimento per tutta la mia famiglia, un operaio modello, capace di crescere 5 figli con dei valori difficili da trovare. 

 

Decisi così nel 2001 di tornare a Napoli con mia moglie e i miei 2 figli per stare vicino alla mia famiglia, e da quel momento non mi sono più spostato. Con il tempo presi il posto del lavoro di mio padre, fare il gruista, nel porto di Napoli, lavoro che tutt'ora svolgo, e una volta ristabilita la stabilità economica ritornai a calcare i campi da calcio.

 

Nel 2001 organizzammo con gli amici del quartiere una squadra di terza categoria, il D'Alife di Piscinola. In quell'annata feci 25 gol, successivamente andai al Piscinola, dove feci la prima e la seconda categoria, giocai in prima categoria al Teverola, al Casoria, Alcott Casandrino, e gli ultimi due anni li militai nel Mugnano, andando sempre ogni anno sopra le 20 reti.

 

In quest'ultima esperienza al Mugnano ebbi l'unico infortunio della mia carriera calcistica, che concluse la mia carriera da calciatore dilettantistico all'età di 33 anni, difatti in uno scontro di gioco ebbi la rottura del crociato anteriore e del menisco.

 

Decisi dunque di non abbandonare lo sport che amo e l'anno successivo iniziai la mia carriera da allenatore.

Allenai per tre anni la squadra del quartiere, il Don Guanella, la portai dalla 3a alla 1a categoria. 

Nell’ ultimo anno arrivammo al centro classifica in prima categoria.

 

In quel periodo presi il patentino di istruttore di scuola calcio, e per quanto riguarda la mia vita personale ebbi altri 2 figli, Mattia nel 2004 e dulcis in fundo la mia principessa Margherita nel 2007.

Mi trasferì al Casavatore in prima categoria (2 anni), arrivai in entrambi gli anni a centro classifica.

 

L'anno dopo vado, grazie al direttore Orlando Stiletti, in una piazza importante: il Casoria in prima categoria, ho un ricordo speciale per il Casoria e i suoi tifosi, anche se la mia esperienza è stata per un breve periodo, infatti terminò alla quarta giornata dopo due pareggi, una vittoria, e una sconfitta, poiché la società cambiò l'obiettivo in corsa volendo rivoluzionare la squadra. Andai via a malincuore, un mese dopo arrivò la chiamata del Plajanum Chiaiano dove riuscii a trovare una salvezza nonostante la situazione al mio arrivo fosse critica (4 punti in classifica e a 9 punti dalla salvezza). 

 

Successivamente per altri due anni arrivammo all'ottavo e poi al quinto posto. Nel quarto anno invece eravamo alla fine del girone d'andata primi (anche se l'obiettivo era arrivare ai Playoff) e alla prima di ritorno ci fu la prima sconfitta, nonostante fossimo ancora primi in classifica mi comunicarono l'esonero.

 

Successivamente decisi di dedicarmi al settore giovanile agonistico e per due anni ho allenato gli allievi regionali del Don Guanella Scampia. Ci posizionammo un anno secondi e un anno primi.

In quei 2 anni presi il patentino da allenatore Uefa B. E dopo il covid ritornai ad allenare la prima squadra, anche se per pochi mesi, poiché alla quarta giornata nonostante 2 vittorie 1 pareggio e 1 sconfitta, miglior risultato ad oggi dopo 4 giornate la società, mi esonerò.

 

In 16 anni di categoria da allenatore ho sempre raggiunto l'obiettivo prefissato nonostante organici a costo zero.

 

A oggi sono due anni che non alleno, nonostante abbia ricevuto diverse chiamate, ciò è causato da una carenza di motivazioni e anche dal voler vivere di più la mia famiglia, con la quale riesco a passare più tempo. Difatti ho capito col passare degli anni che ciò che mi rende felice è il passare il tempo con la mia famiglia, anche se mi manca da morire l'adrenalina del prepartita e quindi non nego un eventuale ritorno in panchina. Questi sono i miei primi 50 anni”.


 

 





Come prima domanda le voglio fare questa: lei è due anni che non allena, dovesse ricevere domani una chiamata importante accetterebbe oppure ci rifletterebbe su?

 

In questi due anni ho avuto varie offerte, ma ho scelto deciso di vivermi la mia famiglia, ciò nonostante non nego che mi manca allenare e l'adrenalina del pre-partita. Dunque se dovessi ricevere offerte stimolanti ci rifletterei sicuramente.







Lei nasce in Germania però dopo qualche anno si trasferisce con tutta la sua famiglia a Scampia, che ricordo ha dell’Oratorio Don Guanella? 

 

I miei momenti migliori li ho avuti nell’oratorio Don Luigi Guanella. Qui da ragazzino passavo la maggior parte della giornata a rincorrere un pallone insieme ai miei amici che tutt'oggi frequento, nonostante i tenori di vita diversi.

I suoi genitori vista la sua passione per il calcio hanno cercato di dissuaderla oppure hanno sempre appoggiato le sue scelte? 

 

I miei genitori nonostante la difficoltà nel crescere cinque figli maschi in un ambiente difficile, hanno fatto un ottimo lavoro lasciandoci scegliere la strada da intraprendere e restando sempre al nostro fianco. 

Prima di partire per la Germania lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più affezionato?

 

Diciamo che non ho una squadra precisa, tutte le squadre hanno lasciato un segno. Partendo dal CRM, 167 Giornalai, Real Pitone fino ad arrivare al debutto in promozione a 17 anni con la Mobili Barretta (di Sant'Antimo).

Un cambiamento importante è quando lei riceve una chiamata da un club tedesco, decide di partire subito, e sette sono stati gli anni che c’è rimasto, che anni sono stati? Inoltre il calcio tedesco in cosa è diverso da quello italiano? 


Preciso che mi sono trasferito in Germania per un'offerta lavorativa e non per una scelta calcistica. Aldilà di tutto ho avuto la possibilità subito dopo di provare a giocare per il VFL Neckarau(Bezirksligae). La differenza maggiore che ci distingue è che il calcio tedesco era molto più fisico che tecnico, ovviamente in quell'epoca.







Da come ho capito all’inizio non fu facile ambientarsi con il loro modo di giocare, come mai? 

 

Proprio come ho risposto in precedenza, essendo stato un giocatore più tecnico che fisico, ho avuto difficoltà ad adattarmi, tutta via però nei 6 anni trascorsi in Germania sono arrivato a totalizzare più di 100 reti. Quindi alla tua domanda ti rispondo con un  si, mi sono adattato nonostante tutto.

Purtroppo lei è costretto a tornare in Italia per un grave lutto, la morte di suo padre, chi l’ha aiutata a superare quel butto momento?

 

Una perdita del genere non la superi, piuttosto impari convivere e ad andare avanti. Ho avuto mia moglie a sostenermi e ad aiutarmi, ma la ferita e la mancanza rimangono.




A 33 anni lei subisce un infortunio al menisco e la sua carriera da giocatore termina, dovesse fare un bilancio, che cosa direbbe?

 

Ti direi che ho un bilancio positivo in quanto non mi importava la categoria, ma la passione che avevo quando ero in campo, ovvero restare in quel campo a rincorre un pallone.






Dopo l’infortunio inizia una nuova vita: quella di allenatore, era chiaro che lei il calcio non lo voleva proprio lasciare, è così?

 

Il calcio per me è vita, ma ero arrivato ad una stanchezza fisica e soprattutto mentale difficile da recuperare, così quando ho avuto l'opportunità di allenare ho accettato.

Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?


Sono legato a tutte le squadre, tutte mi hanno lasciato qualcosa. Il Donguanella è la squadra del mio quartiere, il Casavatore mi ha dato la continuità, il Casoria anche se per poco è stata la piazza più importante, al Plajanum Chiaiano c’ è stata la crescita e delusione; la crescita perché nel primo anno in cui sono entrato nel Pljanum la situazione era critica in quanto eravamo 9 punti dalla salvezza e ci salvammo in uno scontro diretto contro la Sanità (in casa loro). Negli anni successivi crescemmo ancora di più tra un 8° posto e un 5° posto, al 4° anno alla fine del girone di andata eravamo primi in classifica,  però  mi arrivò l’ esonero improvviso (ecco la delusione).







Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Per gestire squadra bisogna saper creare un gruppo coeso che si sostiene aldilà delle difficoltà. In queste categorie è molto più importante, perché?  Perché ci sono ragazzi che arrivano agli allenamenti dopo una lunga giornata di lavoro.

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Le mie partite vengono svolte già negli allenamenti in settimana, preparando e progettando il tutto. Tutta via l'adrenalina che mi trasmette il pre-partita non ha rivali, è un'emozione bellissima. Ai ragazzi consiglio di non perdere mai la voglia di rincorrere, nonostante le difficoltà, i propri sogni.

Un suo pregio e un suo difetto da allenatore?

 

Non credo che possa piacere a tutti, ma sono convinto di aver creato un rapporto civile, rispetto e soprattutto amichevole tra allenatore, giocatori e dirigenti. Io ritengo molto importante che dopo ogni allenamento o partita si crei un rapporto nel dopo partita che mette sullo stesso livello allenatore e giocatore.






Il calcio italiano da diversi anni non esprime tanti talenti, perché secondo lei, che cosa manca?

 

A mio avviso mancano le basi, ma soprattutto il fatto di voler preparare i propri gruppi alla vittoria porta a trascurare le basi come  la tecnica individuale.

Secondo lei chi è il miglior allenatore e perché? 

 

Ho avuto il piacere di partecipare ad alcune sedute di Ancelotti, il quale ancora oggi faccio riferimento, ad esempio nella fase di possesso e in quella di pressione bassa.






Che cosa rappresenta per lei la famiglia?

 

La famiglia per me è tutto. Sono il papà di quattro figli meravigliosi e ho una moglie splendida.





A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

La dedico a me stesso, questa settimana compio i miei primi 50 anni con la speranza di fare ancora la metà di questi anni con la stessa determinazione. 

Auguri da parte mia.

 

 

 

 Grazie 

 

27 06   2024 

 

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