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lunedì 20 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

PIERDONATO

MELISSANO

 

 


     

 

 

Pierdonato Melissano gioca a calcio nel ruolo di portiere ed è nato il 9 luglio del 1998 a Maglie (Lecce)  . È cresciuto nelle giovanili del Gallipoli fino a 14 anni; a 15 anni è nella  juniores Otranto; a 16 anni “balza” in prima squadra in maniera definitiva; a 17 anni esordisce  in Coppa Italia eccellenza contro il Casarano; a  18 anni è nel  primo campionato da titolare in promozione con il Leverano, terminato poi con la  semifinale play off; a 19 anni è in  eccellenza nel Novoli Calcio, a 20 anni ritorna a Gallipoli, primo campionato da Over; 21,  a 22 anni si ferma a  causa disastro con lo "pseudo procuratore “a 23 anni si rilancia in promozione nel Veglie, conquistando una salvezza insperata alla penultima giornata, a  24 anni ritorna nel Gallipoli,  da dicembre decide di fare una nuova esperienza in Sicilia nella Leonfortese, dove milita tutt’ora.

 

 

 

 


 


Come prima domanda le voglio fare questa, in questo momento si trova nella Leonfortese, che obiettivo si è prefissato (o vi siete prefissati come squadra) per la fine del campionato? 

 

Nuova esperienza per me qui in Sicilia nella Leonfortese,  l’ obiettivo prefissato è quello della salvezza, possibilmente con qualche giornata di anticipo e senza passare dai playout. Il girone è molto tosto, ma è soddisfacente.

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Da subito sinceramente. Mio papà mi ha cresciuto sin da piccolo nella culla con un pallone; ho iniziato a muovere i miei primi passi nel 2004 e a 8 anni ho iniziato ad assaporare la porta, per poi non uscirvi più. Il portiere è un ruolo molto difficile e duro, ma può dare molte soddisfazioni

 




 


I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio? “(e comunque lei gli ha accontentati visto che si è iscritto alla facoltà di Scienze Motorie)

 

Preciso che sono iscritto in economia e Turismo; c'è stato un diverbio molto aspro durante tutta la mia vita. Papà e mamma non erano molto d'accordo e non lo sono tutt'ora. Sono comunque un tuttofare; nella vita non si può mai sapere; meglio avere sempre qualche piano di riserva.

 




 


Lei, pur se giovane ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Ce ne sono state un paio a cui sono rimasto molto legato, parlo di Novoli e Veglie (la prima in eccellenza, la seconda in promozione). Novoli si è conclusa con una retrocessione, ma alla fine ho avuto persone che hanno riconosciuto il mio valore e mi hanno voluto bene; Veglie è terminata con una bella salvezza inizialmente insperata. Anche lì è stata dura, ma alla fine si è usciti vincitori.

 

 





Ho intervistato tanti portieri, e tutti mi hanno detto che non si sceglie di essere portieri, ma è il ruolo del portiere che sceglie te, lei dentro di sé, quando era un ragazzino, si sentiva che avrebbe giocato in questo ruolo?

 

Sinceramente nei primi anni no; tutti solitamente pensano a fare gol e a godersi la fama. Difficilmente si pensa al ruolo che si occupa di evitarli; infatti molti portieri nascono già grandicelli (9-10 anni) e provenienti da diversi ruoli. Io per esempio giocavo da difensore centrale e sono andato in porta per caso. Mai scelta fu più azzeccata.

 

 

Non è certamente facile essere un portiere, in fin dei conti si gioca da soli, è così?

 

Sei immerso in un ruolo tutto tuo, siete presenti solo te e la porta. La difesa è composta da 3, a 4 o 5 componenti così come il centrocampo. Noi invece nella buona e nella cattiva sorte siamo sempre soli, ma come si dice "meglio soli che mal accompagnati"

 






Che cosa si prova quando si deve parare un rigore, quali sono i pensieri in quei momenti?

 

Parare un rigore è sempre un'emozione fortissima anche in allenamento. Mi è capitato di pararne uno l'anno scorso che fortunatamente è valso uno 0-1 fuori casa; un portiere spera ovviamente di pararli tutti nello svolgimento della sua carriera (ovviamente non è possibile). Un rigore parato però è una botta di adrenalina assurda, ti fa sentire per un attimo invincibile. 

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

In precedenza seguivo tanto il tennis (ora un po' meno); adoro tanto il basket specialmente l'NBA che è puro spettacolo. Ho giocato tanto da bambino a tennis tavolo e pallavolo, anche se non la seguo; ho iniziato l'estate scorsa a giocare con un mio amico brasiliano a Fut Volley “figata assurda”. Non mi dispiacerebbe provare il paddle.









Un portiere che ammira in modo particolare?


In passato Christian Abbiati e Iker Casillas (mio idolo). Oggi ancora osservo tanto il Gigi Buffon di una decina di anni fa,  cerco di carpire qualsiasi movimento egli abbia fatto (si cerca di imparare dal migliore).

 

 

Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? (Questa domanda gliela pongo perché sembra che in Italia esista solo questo sport, alcuni anni fa spor come il ciclismo, lo sci, erano molto più seguiti)

 

Credo che sia il fascino della vita esterna e i pregi che hanno i calciatori di serie A. Ma vi posso garantire che fare il calciatore non è affatto facile, specialmente se si ha un carattere più introverso e per tutte le persone maligne che si hanno intorno. Purtroppo è un ambiente in cui gira una quantità spropositata di denaro e come sempre accade, gli ambienti pieni di soldi sono mondi molto difficili.



 


 


Una partita che sarà sempre nel suo cuore?

 

Bitonto-Novoli 1-1. Grande partita in casa della prima della classe, sono entrato dopo 3 minuti per infortunio del portiere; avevo dormito molto poco ed ero affaticato. Quello è stato uno dei più bei giorni di sempre.

 

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)

 

Pregio il fatto di lavorare su qualsiasi concetto e non mollare un pallone.

Difetto… il fatto è che ho molti complessi mentali che non riesco a levare dalla mia testa; cerco sempre di essere perfetto, ma si sa che la perfezione non esiste. Mi faccio abbattere molto facilmente dalle parole di altri; questo è un aspetto del mio carattere che ci lavoro da tanto, per cercare di correggerlo quanto il più possibile.


 


 

Lei oltre a giocare frequenta l’università, come riesce a coniugare lo sport con lo studio?

 

Certamente non è semplice, ma se si ha in testa un obiettivo ce la si fa. Riesco anche a lavorare nel frattempo.

 

 

Un libro che ha letto o un film che le è piaciuto?

 

"Una porta nel cielo" di Roberto Baggio, esempio da seguire e compagno di fede (Buddismo).

 



 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Troppo, infatti qui a Leonforte purtroppo sono solo e mi mancano tanto. Non vedo l'ora di finire per tornare a casa.

 

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Dedico questa intervista a chi mi vuole bene per davvero, a chi mi ama. Purtroppo persone false e maligne ce ne sono molte, troppe in giro; perciò bisogna godere al massimo delle persone più strette, fino a quando si può.

 

 

 


 20 Febbraio 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 16 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ALEX

BATTAGLIA


 




Il giocatore di calcio Alex battaglia è nato a Napoli nel 1987, possiede una   laurea triennale in Scienze motorie, giocava nel ruolo di attaccante, adesso è allenatore Uefa B.

 

Inizia la sua attività con il gruppo sportivo della polizia municipale, successivamente  va alla Puteolana 1909 di Pozzuoli.

 

Nel 2002 si trasferisce  a  Genova per militare nel Genoa CFC, nei giovanissimi nazionali. 

Poi ritorna  con la Puteolana 1909 con la quale perde  per due anni consecutivi la finale dei play off regionali (mini allievi ed allievi). 

 

Poi subito in prima squadra e l’anno successivo in promozione, dopo tre presenze (due in coppa ed una in campionato) va  in prestito all’Internapoli finendo prima con la juniores e poi in prima squadra in eccellenza collezionando una presenza e tante panchine. 

 

L’anno successivo è  di nuovo alla Puteolana 1909 in promozione con 6 gol e convocazione nella rappresentativa Campania al torneo delle 2 Sicilie. 

 

Poi ancora promozione;  nel Lazio con il Torrice (Frosinone) e successivamente, tanta prima categoria:

 

il Qualiano (con una vittoria del campionato nel 2011/12), Asd Boys pianurese 2005 con la quale sono  ripescati in Promozione (2014/15) nel San Pietro a Patierno in prima categoria con la vittoria della Coppa Campania e con una finale ai playoff persa (2015/16). Infine è  con  Plajanum,  Loggetta e poi con la Maued sempre in prima categoria.

 

 

Da allenatore ho fatto 3 anni alla RD Internapoli come istruttore attività di base poi 3 con la FC Vomero come istruttore dell’attività agonistica e poi (post covid) - dopo aver smesso di giocare a febbraio 2020 - ho iniziato ad allenare la prima squadra della Maued fino a novembre 2021 (lasciando la squadra seconda a 2 punti dal primo posto dopo 7 partite 4V e 3N con il miglior attacco e la seconda miglior difesa).

Successivamente sono con la Interpianurese dal febbraio 2022 (salvezza raggiunta ai play out) e da gennaio 2023 con la Stella rossa 2006. 

 

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa: come sta andando il campionato con la Stella Rossa 2006. 

 

Al momento bene. Sono subentrato da un mese e ho trovato un gruppo forte che aveva perso un po’ di entusiasmo e di autostima, ma con grande voglia di lavorare e tirarsi fuori dalla zona play out. Subentrare è sempre difficile, soprattutto perché hai poco tempo per incidere, con 2 allenamenti ancora di più, ma sono convinto che faremo bene. 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sembra banale da dire, ma da sempre, ho iniziato ad andare a scuola calcio che avevo 5 anni e non ho mai smesso o pensato che la mia vita potesse essere qualcosa di diverso da un campo da calcio ed un pallone. 

 

Lei ha giocato in tantissime squadre e un’esperienza importante l’ha avuto quando si è trasferito a Genova con il Genoa, che cosa mi sa dire a proposito?

 

Genova è stata un’esperienza fantastica che mi ha catapultato subito nel mondo degli adulti, perché a 14 anni, vivere a 800 km da casa, dalla famiglia, dagli amici, prendere i treni da solo, dover badare a te stesso, ti fa crescere. É stato il mio sogno ed ha segnato tutta la mia vita, nel bene e nel male perché poi ho dovuto fare i conti con la delusione di non essere rimasto a certi livelli, un po’ per sfortuna (la situazione societaria) e sicuramente un po’ per qualche limite mio, ancora ci faccio i conti e il rimpianto è grande, ma resta un ricordo indelebile. 

 



 





I suoi genitori l’hanno sempre appoggiata oppure le dicevano che prima veniva lo studio?

 

La mia famiglia mi ha sempre supportato in quello che era il mio percorso calcistico trasmettendomi i giusti valori, facendomi capire che sport e scuola non sono cose che si escludono, ma che dovevano avere la stessa centralità nella mia vita. Anche quando mi trasferii a Genova la prima richiesta con i dirigenti fu quella di non saltare la scuola perché l’istruzione doveva  essere comunque la priorità.

 

Come ho detto sopra tanti sono stati i club dove lei ha militato, qual è quello che ricorda con maggior affetto, oppure quello dove si è sentito più a suo agio?

 

Ho tanti bei ricordi e sono legato a tutte le squadre nelle quali ho giocato e dove ho conosciuto tanti compagni di squadra, molti dei quali li incontro e li frequento ancora oggi. Da un punto di vista sentimentale mi sento legato alle società dove ho mosso i primi calci, il G.S. Polizia municipale e la Puteolana 1909, perché ero ragazzo, tanta era la voglia di crescere, imparare, avevo un sogno e non conoscevo ancora tutte le dinamiche anche negative di questo sport e di certi ambienti. 

 

Tra le prime squadre sono legato a quelle in cui ho fatto bene e/o si sono raggiunti traguardi importanti come il campionato di prima categoria vinto a Qualiano o la coppa di categoria vinta a San Pietro, e poi la Boys Pianurese.

 

Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

C ’è un detto che dice “se non riesci in una cosa insegnala” scherzi a parte, ho sempre pensato di voler restare in questo mondo, a prescindere da risultati, categorie, rimborsi e altro. Sono sempre stato affascinato dalla figura dell’allenatore e anche in campo da giocatore provavo sempre a mettermi a disposizione dei compagni e mettere un po’ di esperienza al loro servizio, soprattutto dei più giovani. Ho iniziato ad allenare nelle scuole calcio e più passava il tempo più capivo che poteva essere la strada giusta da seguire, questo perché mi piace provare a trasmettere innanzitutto la passione per questo sport e poi le mie esperienze e le mie idee.

 

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Allenare è un brutto mestiere, ed è complicato al contrario di quanto si possa pensare dall’esterno. Un bravo allenatore deve sapere, saper fare e saper far fare. Essere un esempio per i suoi giocatori ed essere credibile e coerente nelle proposte e nelle scelte, ma la cosa fondamentale è il saper comunicare ed il saper entrare in empatia con i suoi giocatori. Ogni giocatore ha un codice tutto suo e bisogna conoscerlo per ottenere il meglio da lui.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio ha arricchito la mia vita, per le esperienze che ho vissuto, le gioie e le delusioni (tante), le persone che ho conosciuto; quello che un po’ toglie è il tempo, ne assorbe tanto, anche quando non sono in campo, soprattutto adesso che alleno è difficile staccare la spina del tutto, penso sempre agli allenamenti da preparare, cosa migliorare nelle sedute o in partita e cosi via, e poi c’è sempre la fede calcistica per il Napoli che è una vera e propria “malattia”.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Prima di una partita ovviamente da allenatore ho sempre un po’ di ansia perché ci sono tante variabili da dover tenere in conto anche se hai la coscienza pulita se gli allenamenti che precedono la partita sono andati bene, ai giocatori cerco di trasmettere al contrario di quello che è il mio stato d’animo, serenità e chiarezza su quelli che sono i loro compiti oltre che a motivarli nel miglior modo possibile, nel calcio la componente psicologica/emotiva è ancora sottovalutata.

 









E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Analizzo sempre le partite a prescindere dal risultato,  perché è la chiave per migliorare la partita successiva. Ovviamente le prestazioni negative forniscono più elementi da analizzare e sui quali intervenire e lasciano più rimpianti su quelle che possono essere state le scelte sbagliate. Poi dopo l’analisi si pensa a preparare la prossima partita. 

 

Un suo pregio e un suo difetto calcisticamente parlando?

 

Da calciatore il difetto principale era l’insicurezza e la poca voglia di sacrificarsi in campo. Il pregio era la visione di gioco ed una buonissima tecnica di base. Da allenatore credo il mio pregio sia la grande passione ed il rispetto che ho per questo sport, i difetti ne sn sicuramente tanti ma provo con il tempo a correggerli, per migliorare sempre di più 

 

Leggo spesso di liti che avvengono tra l’allenatore e i genitori, come mai? Le è mai successo di avere delle controversie con qualche genitore?

 

 Purtroppo alcuni genitori sono la rovina calcistica, ma non solo, dei loro figli, perché riversano su di loro le loro aspettative e le loro frustrazioni e anche il fatto di pagare una retta li fa sentire in diritto di poter pretendere, concetto che con lo sport non ha nulla a che vedere. Nel calcio è il campo che parla, tutti i bambini hanno  diritto allo sport nella stessa misura, ma deve prevalere comunque il concetto di meritocrazia. Il calcio poi è lo sport nazionale e tutti pensano di poter dire il proprio potersi confrontare o poter mettere in discussione chi questo lo fa per mestiere e ha studiato e si è formato per arrivare e restare a certi livelli. Per mia fortuna ho avuto sempre buoni rapporti con i genitori dei bambini e ragazzi che ho allenato. 

 

Cerco di essere coerente nelle scelte e disponibile al confronto e questo mio atteggiamento evidentemente paga. Solo una volta ebbi una discussione con un papà che chiedeva più spazio per il figlio, nonostante gli avessi mostrato il foglio presenze agli allenamenti che supportava le mie decisioni, episodio poi comunque chiarito.




 





Il calcio è sudore e sacrificio, i ragazzini di oggi questo lo capiscono? 

 

Il calcio, ma lo sport in generale è sacrificio e bisogna lavorare sempre per migliorare e ottenere i risultati. Purtroppo questo concetto è sempre più difficile da far passare alle nuove generazioni, cresciute nel benessere e circondate da tanti esempi negativi. Ai bambini che alleno cerco di insegnare che l’impegno e il sacrificio non devono essere in discussione e di evitare le scorciatoie, solo cosi si ottengono risultati. 

 

 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La famiglia è tutto. Ho la fortuna di avere due genitori magnifici, che si sn fatti in quattro per permettermi di poter fare sport,  cercando di essere sempre presenti, lasciandomi libero nelle scelte, ma supportandomi  in tutti i momenti, soprattutto quelli delicati, del mio percorso calcistico e della mia vita in generale. 

 

É anche per loro, se non ho mai mollato e ho giocato fino a quando il fisico ha retto, a prescindere dalla categoria, proprio per cercare di ripagare tutti i loro sacrifici, come quelli di mio padre che il pomeriggio faceva la corse al lavoro per accompagnarmi agli allenamenti a Pozzuoli oppure quando si metteva in treno e veniva a trovarmi a Genova per parlare con i professori o per venirmi a trovare anche per poche ore, o mia madre sempre a fare lavatrici con i panni sporchi di terreno e fango (quando i campi non erano in sintetico) o quando mi faceva trovare il piatto pronto a qualsiasi ora del giorno. Allo stesso modo mia moglie, lei adesso mi permette di continuare ad assecondare quella che è più una passione che un vero e proprio lavoro, almeno per ora, si spera, senza farmi pesare le mancanze che derivano dallo stare, spesso, più in campo che a casa. 

 

A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

Questa intervista la dedico ovviamente ai mei genitori, esempi e punti di riferimento nella mia vita, a mio fratello Angelo che a causa di un brutto incidente non ha potuto continuare ad inseguire il sogno che coltivavamo da bambini a mia moglie Margherita e a mio figlio Giovanni, prima di tutto e tutti ci saranno sempre loro.

 

 

 

 

 16 Febbraio 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 12 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ALFONSO

SORRENTINO 

 

 

     


 

 

 

 

Alfonso Sorrentino è un giocatore di calcio e così si racconta ai nostri lettori: 

 

“Mi chiamo Alfonso Sorrentino e sono nato il 15/03/1999 a Castellammare di Stabia (Na).


Alla soglia dei 24 anni che compirò il prossimo mese vi posso dire sono laureato in Scienze Motorie e sto proseguendo il percorso di studi che mi porterà ad acquisire la Laurea Magistrale in Management dello           Sport e delle Attività motorie. 


La mia più grande passione da sempre è il calcio, muovo i primi passi come tutti i bambini nella scuola calcio scegliendo il ruolo di portiere, ruolo che tutt’ora svolgo nella squadra del San Vito Positano, militante nel campionato di Promozione Campana.  


Grazie alla fiducia del mister, della società e della collaborazione dei miei compagni di reparto, sto ricoprendo il doppio ruolo di portiere e allenatore dei portieri della prima squadra, oltre a ciò sono l’allenatore dei portieri del settore giovanile del San Vito Positano e di diverse scuole calcio del territorio.


Ho avuto la fortuna di poter vivere in prima persona un percorso calcistico che mi ha dato la possibilità di confrontarmi con tante società professionistiche e non, ad esempio: l’affrontare calciatori che tutt’ora militano nei professionisti e nella massima serie (alcuni anche in Nazionale), visitare città in giro per l’Italia, legare con tante persone poi diventati amici che tutt’ora sento quotidianamente.


Ho iniziato questo percorso importante dopo la scuola calcio, a 15 anni ho affrontato la mia prima esperienza lontano da casa, trasferendomi a Foggia, lì ho vissuto per un anno e ho avuto modo di crescere sotto tanti aspetti.


L’anno successivo sono stato tesserato dal settore giovanile dell’Us Avellino, in quegli anni militante in serie B, dove ero il portiere titolare della categoria Allievi Nazionali, ma allo stesso tempo aggregato al gruppo Berretti sotto età; qui ho vissuto le mie più belle esperienze calcistiche affrontando società blasonate come Roma, Napoli, Palermo, Sampdoria ecc.


Dopo queste bellissime esperienze il mio desiderio era di tornare vicino casa e concludere il mio percorso di studi e diplomarmi in Ragioneria nella mia scuola iniziale, il destino ha voluto che il mio percorso calcistico continuasse nella SS Juve Stabia, la squadra della mia città dove oltre a far parte della formazione Berretti che partecipò alle fasi nazionali del campionato, ebbi la possibilità di allenarmi varie volte, durante quell’anno con la prima squadra, militante nel campionato di serie C,   realizzai così un piccolo sogno nel cassetto.


Da qui raggiunti i 18 anni e concluso il settore giovanile, il mio percorso è continuato girando in varie città tra Serie D ed Eccellenza, con una bellissima esperienza vissuta anche in Basilicata, in Val D’Agri.


Ad oggi rifarei tutte le scelte fatte, buone o sbagliate perché hanno formato l’uomo che sono diventato oggi, devo molto al calcio e forse il calcio deve qualcosa anche a me, i sacrifici che richiede questo sport a prescindere dalla categoria sono tanti e solo una grande passione permette di affrontarli.


Proprio per questo mi affascina il ruolo di allenatore, in modo particolare del mio ruolo, ritengo che sia importante trasmettere alcuni valori come la passione, il sacrificio, la determinazione; sono valori che vanno trasmessi ad ogni bambino che si approccia a questo mondo, prima nella vita e poi nello sport. Essere un Numero 1 significa questo. 

A breve svolgerò il corso di allenatore e non vedo l’ora di affrontare un’esperienza simile che sicuramente continuerà nel tempo, poter formarmi continuamente in questa figura che mi affascina molto, si tratta di un nuovo stimolo del mio percorso calcistico.  


Grazie ai tanti allenatori e maestri che ho conosciuto durante il mio percorso da portiere ho un bagaglio personale importante che quotidianamente trasmetto a tutti i miei bambini, a cui auguro di diventare dei grandi Numero 1 nella vita, e poi perché no anche nel calcio”.

 

 

 

 





 

In generi i genitori tendono a far  capire al proprio figlio che prima viene la scuola e poi lo sport. I suoi genitori che cosa le hanno detto quando ha iniziato questa carriera? 

 

Mi trovi pienamente d’accordo su questo discorso. Sono del parere che la scuola sia la base del percorso di crescita di un bambino sotto tanti aspetti, non solo culturali, ma sono anche convinto che scuola e lo sport possano camminare insieme sulla stessa direzione. Negare a un bambino di fare sport sarebbe un grande errore, bisogna dare la giusta priorità ad entrambe le cose e trovare il giusto connubio.

Ho avuto la fortuna di avere genitori che mi hanno trasmesso tutto ciò, non mi hanno mai negato di fare sport anzi, mi hanno sempre motivato e sostenuto, ma allo stesso tempo dato come priorità lo studio senza mai assecondarlo come un piano B, ma essere il mio bagaglio principale, essermi diplomato e laureato con quasi il massimo dei voti ne sono la dimostrazione, averlo fatto senza mai abbandonare il mio percorso calcistico e in entrambi i casi aver portato sia alla maturità e sia alla tesi triennale argomenti legati al mio sport e al mio ruolo rimarranno per sempre una delle mie più grandi soddisfazioni personali. Infine l’ aver dimostrato, anche a  qualche professore scettico incontrato sul mio percorso, che la scuola e lo sport insieme sono un mix vincente è stata una grande soddisfazione.










Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)?

 

Sicuramente come tutte le persone ho i miei pregi e miei difetti. Cerco di fare forza su i miei pregi che mi hanno aiutato molto e mi aiutano tutt’ora nel mio percorso calcistico e nella vita. 

 

Sono molto determinato e costante nel raggiungere i miei obbiettivi, a questo aggiungo molta passione e senso del sacrificio che a lungo andare ti permettono sempre di raccogliere i giusti frutti. Un mio difetto è quello di essere permaloso e di essere troppo buono, l’essere “troppo buono” è un pregio, ma in alcuni casi può essere un grande difetto, nel mondo calcistico e non solo.




 





Lei è diplomato al Tecnico Commerciale, è laureato in Scienze Motorie, a breve inizierà il corso di allenatore, possiamo dire che non si ferma mai, esatto?

 

Sì, oltre a concludere a breve il percorso di studi magistrale a breve avrò il corso di allenatore, una figura che mi piace molto e che da diversi anni ormai ho sempre svolto con i bambini alternandola alla mia figura di portiere. Mi vedo sempre di più in questa figura e sono sicuro che potrà essere un percorso bellissimo come tutto ciò che ho fatto con il calcio in questi anni, ovviamente cercando di insegnare e trasmettere la tecnica e i valori del mio ruolo che è quello di essere un portiere.





 



Questa domanda l’ho lasciata per ultima: lei gioca nel ruolo del portiere. In poche parole essere un portiere, essere determinante quando c’è un calcio di rigore, tutto ciò che cosa significa per lei? 

 

Il ruolo del portiere è un ruolo dalla doppia sfaccettatura. Risulta essere il più bello e gratificante, ma allo stesso tempo può diventare il più difficile e brutto. Siamo da soli contro tutti a difesa di una porta larga 7,32 metri, a volte anche contro i nostri compagni e il nostro allenatore di squadra. 

 

Siamo eroi solitari, questa è una forte responsabilità che permette di crescere molto caratterialmente e acquisire sicurezza e determinazione anche fuori dal campo, essere un numero uno diventa uno stile di vita.




 




Mi sono dimenticato: a chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

È stato un piacere poter fare questa chiacchierata e parlare della mia più grande passione e delle mie idee sotto tanti aspetti, ciò che sono oggi e ciò che sto cercando di costruirmi per il mio futuro lo devo principalmente alla mia famiglia per ciò che mi ha trasmesso fin da piccolo, a me stesso per la determinazione che ci metto in ogni mio obiettivo e  alla mia fidanzata, che stando al mio fianco mi sostiene ogni giorno e insieme a me sta percorrendo lo stesso percorso di studi e di vita.



 


 

















Grazie

 

12 02 2023

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