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lunedì 29 agosto 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

ALTAMURA

 



Marco Altamura è giocatore di calcio, ruolo centrocampista centrale nato a Napoli, cosi ci si presenta:

 

“Mi chiamo Marco Altamura sono nato a Napoli, quartiere Secondigliano il 24 ottobre del 2001. Fin da bambino la mia più grande passione è stata il Calcio, un po’ il sogno di tutti i bambini nati in questo quartiere. Avevo 3/4 anni quando già davi i primi calci, e ne avevo 7 quando mi scrissi alla prima scuola calcio, Ferraris 2000. Li sono stato per ben 6 anni, mi allenavo coi 2000, 2001 e anche coi 2002, diventò casa mia. E quando finivo mi dirigevo verso casa e invece di salire mi trattenevo giù a giocare a calcio. Si, perché ho sempre pensato di aver avuto la fortuna di nascere proprio di fronte a un calciotto, pubblico, di terreno.

 

Non avevo un ruolo, volevo solo giocare. Nel frattempo andavo anche a scuola, ero bravo, apprendevo subito, ma crescendo iniziai a diventare molto irrequieto. Ero fra quelli che faceva più casino, anche se grazie alla mia capacità di apprendimento non ho mai riscontrato problemi. 

 

Dopo la Ferraris 2000, passai alla Nereo Rocco, dove disputai un campionato 99/2000 da difensore centrale, me la cavai molto bene quell’anno anche grazie alla fiducia del mister. Cambiai tante squadre da quel momento, una all’anno, è ovvi che così si cresce, conosco tanti ragazzi, chi diventerà mio amico, chi rivale.

 

Arrivo ad allenarmi con L’Academy Secondigliano, ma le cose non vanno bene, inizio a distaccarmi dall'ambiente e mentre mi presentavo agli allenamenti sporadicamente, non potetti più farlo perché nell’ aprile del 2017, ho un incidente. Frattura scomposta del 2/3/4 metatarso, composta del 1 e lesione del 5. Mi operano, mettono dei ferri. Avevo 15 anni. E quando dopo una settimana vidi la gamba debole e con i ferri, piansi e pensai che non sarei tornato ugualmente. Reagisco, tolgo i ferri 15 giorni prima del dovuto e iniziai ad allenarmi singolarmente subito dopo. 

 

A novembre ripresi a giocare col Gaetano Scirea, facevo il centrocampista già. Ma l’infortunio era in testa e non disputo una grande stagione. Nonostante ciò, iniziano gli stage, accompagnato da un mio amico/fratello che conosco da 10 anni ormai, andiamo in puglia, Molise ecc.

 

Le strade si dividono, io firmo in promozione col San Pietro, la più bella stagione che ricordo. La squadra era una famiglia. Un progetto di tutti under, non facemmo un gran campionato, ma il mister è stato senza dubbio dei migliori. 

 

È lì che ho capito il Calcio, il movimento, smarcarsi senza palla, e l’unione del gruppo. Ho rapporto ancora con 80% di quella squadra. Non saltavo un allenamento, né una partita. Juniores e Prima Squadra, c’ero! Con la juniores ci levammo anche qualche soddisfazione dato che era quello il nostro campionato, mentre in prima squadra eravamo tutti sul nuovo campo, tutti piccoli contro i grandi. Finisce, cambio di nuovo. Stage estivi di qua e di la e mi trovo a firmare con l’Arzanese. Un grande inizio, poi qualcosa andò storto, con la dirigenza presumo. Iniziai a non giocare e non sapevo il motivo, chiaramente. I miei compagni addirittura mi chiedevano perché non mi schieravano e qualche volta hanno sacrificato il loro posto per me. Anche lì ero un tutt’uno con lo spogliatoio, po’ meno con la dirigenza.

 

Bando alle ciance, è marzo 2020 e il mondo so ferma, Lockdown. Nel giugno mi diplomo. Turistico voto 90/100, una vera grande soddisfazione per i miei, dato che la scuola veniva prima di tutto per loro. Dopo la pandemia il calcio l’ho praticato con amici, qualche stage disinvolto. Ma non più come prima” 

 

 

 

 


 

 

 

Lei ci ha detto che dopo il lockdown ha praticato questo sport con gli amici, come mai? Era rimasto deluso da questo mondo? 

 

Sono dal parere che questo sia lo sport più bello al mondo, ma come mondo è abbastanza scorretto.

Negli anni le ho viste veramente di tutti i colori ed è per questo che evito di fare esempi. Ho continuato dopo il lockdown con amici perché quando mi chiamano non riesco proprio a dire di no ad una partita. Fatto sta che stando fermo è stato più difficile per me recuperare, anche perché c’era altro da pensare, il lavoro, il diploma e quant’altro.

 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Avevo poco più di 3/4 anni quando ho iniziato, crescendo pensavo solo a quello. Scendevo la mattina per giocare, il pomeriggio, la sera, e anche a casa. Ne ho sporcate di pareti col pallone. Neve, pioggia, vento, c’ero sempre.

 



I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori sono sempre stati favorevoli al calcio, Anche se hanno sempre preferito la scuola. La mia fortuna è stata quella di saper equilibrare entrambe le cose, andavo bene a scuola e non mi hanno mai vietato di giocare.

 








Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Diventare calciatore è il sogno di tutti i bambini, o quasi. Io penso che non siano né la fama né i soldi ad attirare.

 

È lo stereotipo in sé del calciatore che piace ai bambini. Immagina di fare in futuro per professione quello che da bambino fai di tua spontanea volontà o addirittura pagheresti per fare. Da piccolo quando giocavo mi liberavo da tutto, entravo in un’altra dimensione, in quei momenti c’era solo il calcio, quindi ti lascio immaginare un bambino che pensa di fare questo anche da grande, è cosi che si sviluppa il sogno.

 








Lei è nato a Secondigliano che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Mah, molto spesso Secondigliano è descritta come sinonimo di camorra, delinquenza e droga.

Non è così.! Non è solo questo.! Il bene e il male sono presenti dappertutto, in ogni quartiere. Ipotizziamo che qui ce ne sia un po’ di più, perfetto, ma quello che intendo dire è che ci sono tante altre cose belle di cui parlare. 

 

A Secondigliano ci sono persone che lavorano 13/14 ore al giorno per portare avanti le proprie famiglie. Ci sono genitori che sacrificano di tutto per mandare i loro figli a scuola. Ci sono ragazzi che vivono in strada eppure risultano molto più educati di tanti altri. A Secondigliano si vive diversamente, non peggio. Si cresce prima, ma non male. Non sempre bisogna fare di “tutt’un’erba un fascio”.



 






Lei è giovanissimo, che cosa si sente di promettere (per quel che riguarda la sua carriera di calciatore) alle persone che le vogliono bene e che la stimano? 

 

Solitamente io non prometto nulla che non posso mantenere, quindi la cosa sicura è che sicuramente, in quel campo, non mollerò mai di un  centimetro.

Poi magari con un pizzico di fortuna o se sarà destino le cose cambieranno, ma nel frattempo prometto solo tanta voglia di fare e di esser felice.

 

 

 

29 Agosto    2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 24 agosto 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

CIRO

NOVELLINO 

 

 

     





Ciro Novellino è giornalista da diversi anni, 12/13 si è laureato in Beni Culturali, ed è storico dell’arte, ha iniziato che aveva 23 anni, oggi ne ha 38, e da sempre svolto l’attività di giornalista, ha lavorato per diverse testate, ha lavorato per Alfredo Pedullà, è diventato caporedattore di un giornale locale che si chiama Vivicentro, da sempre è sulla rete televisiva CalcioNapoli24, tanto da essere diventato anche inviato. Si occupa principalmente del Napoli, dove ha un contratto. 

 

Per quanto riguarda la Juve Stabia, presentò un progetto nel 2015 legato al settore giovanile, il progetto che venne portato avanti nel corso degli anni, tanto da farlo entrare a livello ufficiale, appunto nella Juve Stabia, questo che sta per iniziare è il terzo anno che è il Responsabile della comunicazione per l’intera società. Si occupa della prima squadra e di tutta la comunicazione ed anche del progetto giovanile legato alla messa in onda delle gare, alle interviste. Ci tiene a precisare che c’è un grande lavoro alle spalle che riguarda il contesto lavorativo alla prima squadra.



 







Come prima domanda Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

In solitudine ma cercando di dare al tempo stesso una svolta alla mia vita. È stato un momento difficile, lo è stato per tutti ma la solitudine di quel periodo è stato un qualcosa che mai dimenticherò. Ho cercato, per lavoro e per precauzione, di essere sempre vigile e non lasciarmi contagiare. Ci sono riuscito, ma il mio pensiero va a tutte quelle persone che non ce l'hanno fatta e che non sono qui con noi”.

 

 

 

Lei è laureato in Beni Culturali, come mai questa laurea, e non magari un’altra legata al mondo dello sport?

 

Io sono uno Storico dell'Arte, laureato all'Università Federico II di Napoli in Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali e specializzato in Archeologia e Storia dell'Arte. Sono, però, nel mio cammino di studi diventato giornalista, prima per caso, poi per passione e spinto dalla mia immensa voglia di fare. Ho giocato a calcio, poi un brutto infortunio al ginocchio mi ha costretto a ben 3 interventi, e oggi lo racconto. Lo faccio con passione e dedizione, cercando di fare del mio meglio e, da quanto vedo e sento, anche con buoni risultati per fortuna.

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato fondamentale della sua vita?

 

Da sempre. Ripeto sempre a tutti che io dormivo col pallone sotto al cuscino. Il calcio è una passione di famiglia, tramandatami dal mio papà. Ho iniziato a giocare che avevo 6 anni, lo racconto da 15 quasi e lo farò, spero e credo, ancora a lungo.

 

 



 






Lei attualmente è inviato di CalcioNapoli24, com’è riuscito ad ottenere questo ruolo? 

 

Sono giornalista di CalcioNapoli24 e lavoro per la stessa tv ormai da tanti anni. È iniziato tutto con una semplice collaborazione nei miei primi periodi da giornalista. La crescita è stata costante e sono contento di questo, l'impegno è sempre al massimo e questo vedo che piace alla gente che mi segue e ci segue. CalcioNapoli24 è una realtà unica, composta da un gruppo di lavoro invidiato e che rema verso un unico obiettivo, dare notizie, vere, ai tifosi, soprattutto grazie alla nostra guida, l'editore Salvio Passante.

 

 

 

Per questa stagione calcistica che pronostico può fare per questa squadra?

 

Il Napoli farà bene, ha costruito una rosa importante e manca solo la ciliegina sulla torta: Keylor Navas. Prima degli ultimi colpi la vedevo fuori dalla zona Champions League, oggi non solo c'è dentro, ma può ambire alla vittoria finale. Ha avuto un avvio di stagione importante, soprattutto con Kvaratskhelia, calciatore georgiano dalle immense qualità

 

 

Nel 2015 presenta un progetto legato al settore giovanile della società S.S. Juve Stabia, quali erano i contenuti e gli obiettivi?

 

La mia volontà era quella di seguire il settore giovanile così come si segue una prima squadra. Devo essere sincero, il responsabile Mainolfi da subito mi ha dato carta bianca, sposando a pieno questo progetto. Telecronache, interviste, un programma settimanale e notizie, tutto quello che c'è da sapere. Cosa che, per fortuna, ha dato visibilità a tutti i ragazzi che hanno giocato nel corso di questi anni nel settore giovanile stabiese e che mi regala grosse soddisfazioni, ma soprattutto mi ha dato l'opportunità di crescere professionalmente, diventando il responsabile della comunicazione del club.

 

 

 

Da tre anni lei è Responsabile della comunicazione per l’intera società, può descriverci meglio quali sono le sue mansioni?  

 

Ringrazio il Presidente Andrea Langella che mi ha dato questa possibilità. Io sono nato e vivo a Castellammare di Stabia, la mia casa affaccia sul centrocampo dello stadio Romeo Menti e, per me, è motivo d'orgoglio rappresentare la Juve Stabia a livello comunicativo. Mi occupo di tutto ciò che concerne i rapporti con la stampa, dei social, dell'organizzazione comunicativa dei match e di tutto quello che serve, con rubriche anche settimanali e ufficiali, ai calciatori per essere rappresentati al meglio nell'arco della stagione. Insomma, non sono mai fermo”.

 


 


 



Lei è da tanti anni che lavora nel mondo del calcio, e io le voglio fare questa domanda: perché molti giocatori ripetono la solita frase, “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto”?

 

Credo che ognuno dovrebbe raggiungere i propri traguardi con i propri mezzi. Il mio caso è emblematico: ho sempre provato, con perseveranza, a raggiungere i traguardi prefissati. In parte li si raggiunge, in parte no, ma non bisogna mai mollare, crederci sempre e prima o poi l'opportunità e l'occasione della vita arriverà per tutti”.

 

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

Mi piace la Moto Gp, amo praticare il ciclismo e non disdegno un buon allenamento in palestra”.

 

 

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno? 

 

Maradona è la storia del calcio, da napoletano non posso che citare lui ma il calciatore italiano che ho sempre ammirato è Francesco Totti. Unico nel suo genere, talento indiscusso del calcio. Ammiro meno? Nessuno.

 

 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Ho sempre cercato di guardare avanti, nonostante le difficoltà. Continuo a farlo, cercando di raggiungere ulteriori obiettivi, quelli che ho chiari nella mente.

 

 

 

Un sogno per il futuro?

 

Poter raggiungere categorie superiori da responsabile della comunicazione e continuare a seguire il Napoli come ormai faccio da tanti anni. Non bisogna mai fermarsi, ma guardare sempre più in alto.

 

 

24 08 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

DANILO

RUSSO






     



Danilo Russo di Castellamare di Stabia è nato l’8 luglio del 1987, è un calciatoreitaliano ed il  portiere della Juve Stabia

 

 

Inizia la sua carriera nel vivaio del Genoa, club col quale vince il torneo di Viareggio 2007, poi Russo milita in C2 e in C1. In seguito viene ceduto in compartecipazione al Vicenza, dove indossa il numero 1 (l'estremo difensore dei veneti Alberto Frison andrà al Genoa).

 

Nel luglio 2011 si trasferisce allo Spezia, squadra militante nel terzo livello del calcio italiano. Al suo primo anno vince tre titoli ed ottiene la promozione diretta in Serie B. Dopo aver appena iniziato la nuova stagione, nel 2013, la Pro Vercellilo  acquista in comproprietà  (Alex Valentini passare ai bianconeri). 

 

Nella stagione seguente la Pro Vercelli ne riscatta la comproprietà, Nel 2014/2015 gioca tutte le 42 partite di Serie B piazzandosi 13º nella Top 15 dei portieri di Serie B secondo una classifica stilata dalla Lega Serie B. Dopo aver giocato con  il Matera, Juve Stabia e Venezia, si trasferisce alla Casertana in serie C. Dalla stagione 2020 2021 a oggi gioca nella S.S. Juve Stabia.

 

Da precisare che Danilo Russo è diventato il primo calciatore professionista laureato in Calcio (scienze motorie - indirizzo Calcio, università San Raffaele di Roma). Russo ha discusso una tesi in parte autobiografica dal titolo “Il portiere moderno: ruolo traumatologia e prevenzione”.

 

 


 


 

 

Per prima cosa mi congratulo per essersi laureato in Scienze Motorie, come prima domanda le voglio fare questa, Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? 

 

Il covid ha stravolto le nostre vite, è vero, ma sinceramente non ho mai avuto paura di contrarre il virus. Ho sempre vissuto con attenzione ed accortezza per salvaguardare soprattutto le persone con cui ho contatti, ma non ho mai avuto paura. Anzi, a dirla tutta, una volta contagiato, ho sperato che tutta la mia famiglia venisse contagiata per superare quell’ansia inconscia che televisione e media tutti (giustamente) hanno instaurato in noi col passar del tempo. Il periodo poi dello stop forzato è stato uno dei periodi più belli della mia vita. Ho avuto la possibilità di godermi la famiglia in ogni istante, cosa che al giorno d’oggi è diventata impossibile. È vero, ho dovuto rinunciare a qualcosa, ma nulla in confronto a chi ha dovuto affrontare un fallimento o un crollo improvviso della propria attività.

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un complesso di casette con un campetto da calcio condominiale. Quando ero bambino, era sempre occupato da ragazzi più grandi e come succede di solito, pur di giocare, accettai di giocare in porta. Da lì è nato tutto: in estate trascorrevo intere giornate nel campetto; in inverno, appena tornavo da scuola, dovevo subito terminare i compiti assegnati a casa per poter andare a giocare. Quel campetto mi ha regalato un’infanzia memorabile. 

 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori hanno sempre assecondato la mia volontà e la mia passione. Non potevano fare altrimenti. Vivevo con il pallone e di pallone. Probabilmente avrebbero preferito che studiassi, mia madre è un’insegnante, come lo sono stati i miei nonni, ma la passione per il calcio era troppo grande. Se fosse stato possibile, avrei proseguito in concomitanza calcio e studio. Avrei volevo studiare medicina, ma essendoci l’obbligo di frequenza ho dovuto scegliere. Tutt’ora mi piacerebbe iscrivermi al corso di laurea in fisioterapia o medicina, ma finché continuo a giocare, non posso. Ma non mi pongo limiti.

 

 

Com’è arrivato a giocare al Genoa? 

 

Al Genoa sono arrivato grazie al mister che avevo ai tempi della scuola calcio (Mister Antonio Gallo) e ad un intermediario (Angelo Belmonte). Ma soprattutto perché avevo un obiettivo, quello di diventare calciatore. Tutta la mia vita si è sempre incentrata sul calcio.

 

Si era ambientato bene oppure ha avuto le classiche difficoltà che ci sono per un giovane ragazzo che si allontana dalla famiglia?

 

All’inizio mi sono ambientato bene, ero entusiasta della nuova vita. Il mio sogno iniziava ad avverarsi sempre di più. Vivevo in un collegio assieme agli altri ragazzi del Genoa e della Samp. 

Avevo 14 anni quando sono andato via di casa. Vedevo la mia famiglia una volta ogni mese e mezzo circa; non avevo il coraggio di chiedere a mia madre i soldi per acquistare un biglietto del treno, figuriamoci quello dell’aereo. Quanti viaggi di notte seduto a terra nel corridoio dell’Intercity notte Genova-Napoli. 

 

A fine anno calcistico, ho iniziato a patire la lontananza e mia madre, essendo una insegnante, l’anno seguente (il secondo anno che avrei dovuto essere via di casa) ha chiesto il trasferimento in Liguria e ha avuto la forza di spostare mia nonna, se stessa e mio fratello per assecondare la mia passione. Abbiamo vissuto un anno nuovamente insieme, a Genova Nervi, dopodiché sono tornati tutti a casa in Campania. Questo mi ha aiutato molto, ha spezzato quella solitudine e mi ha permesso di andare avanti. Devo ringraziarla all’infinito perché non posso quantificare i sacrifici che ha fatto per me.

 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono legato a tutte le squadre in cui ho giocato. A Vicenza ho trovato mia moglie, in altre città ho vinto campionati. Ogni squadra ed ogni città mi hanno dato qualcosa di diverso che porto tutt’ora dietro in maniera indelebile.




Lei è un giocatore conosciuto ed apprezzato da molti, che cosa significa tutto ciò? 

 

Significa che ho una possibilità in più di dare l’esempio. Per ‘esempio’ intendo trasmettere il rispetto, la lealtà, il perseguire gli obiettivi, la coerenza. Il calcio mi permette di trasmettere quei valori che spesso si dimenticano per strada. Tengo moltissimo a questi aspetti. Il calcio è diventato un mezzo.

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse?

 

Direi che seguo un po’ di tutto, dal tennis al beach volley, dall’atletica al nuoto, ma non in maniera accanita. Quello che preferisco è praticare lo sport in generale.

 

 

Si ricorda la sua parata più bella?

 

Mi ricordo di un rigore parato al Bentegodi contro il Verona. Giocavo nel Pergocrema, in serie C1. Quell’anno il Verona vinse il campionato, ma a Verona vincemmo 1 a 0 e parai, come dicevo, un rigore

Un’altra parata che ho impresso in testa è una parata all’incrocio che feci con la Pro Vercelli in Lega Pro durante la finale play off contro il Sud Tirol.

 



 





Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un mio pregio sono le uscite alte. Nonostante sia un portiere non molto alto, ho un buon tempo di stacco ed una buona lettura della traiettoria. Un difetto è nell’uno contro uno. Gli attaccanti o chi per essi mi saltano e mi fanno gol troppo facilmente se ci troviamo a tu per tu.

 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Sono arrivato dove ho meritato. Mai nessuno mi ha regalato nulla. Posso dire di essere soddisfatto, anche se non ho giocato in Serie A. Credo che più che per le qualità tecniche, non sono mai riuscito ad impormi per via del mio aspetto emotivo. Credo sempre nella buona fede delle persone, invece moltissimi, quasi tutti, ti utilizzano come mezzo per raggiungere i propri obiettivi. Quello che mi pesa di più però, è il fatto di aver fatto mille rinunce quando ero ragazzo e di non aver creato un rapporto profondo con mio fratello. Non mi sono goduto la famiglia perché quando sono andato via di casa avevo 14 anni e mio fratello ne aveva appena 9. Praticamente lui è cresciuto come figlio unico e questo mi fa male da sempre.

 

 

Lei è nato a Pompei che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Io sono solamente nato a Pompei, ho sempre vissuto a Castellammare di Stabia. Per me è una città fantastica: c’è il mare, c’è la montagna, ci sono le terme, bisogna passare da Castellammare per andare in costiera Sorrentina. Ci sarebbero tutti i presupposti per rendere turistica al mille per mille questa città. Non mi spiego perché non lo si voglia.

 

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia è fondamentale. Senza non riuscirei a stare. Non riuscirei ad andare a giocare in una squadra da solo, senza mia moglie e i miei bimbi. Amici. amici è una bella parola. Conosco tantissime persone, ma amici pochi, per scelta. Ho sempre avuto interessi diversi rispetto agli altri componenti dei gruppi dei quali ho fatto parte. Non mi è mai interessato fare l’aperitivo o andare in discoteca. Non mi piace apparire, non mi piace farmi vedere perché ho la macchina bella o gli zaini firmati. Ho sempre pensato alla strada migliore per far il mio lavoro nel migliore dei modi. E poi non è facile cambiare città ogni anno o ogni due e continuare a mantenere quel rapporto intenso che si viene a creare quando si è sempre insieme, anche quando si è lontani 7/800 km. Quelli con cui sono riuscito a fare ciò, quelli che si sono dimostrati veri, autentici, sono gli amici. E sono orgoglioso di poterli contare sulle dita di una mano, perché li ho scelti e loro hanno scelto me”

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Un sogno nell’immediato è vincere il campionato con la Juve Stabia e tornare a giocare in Serie B. 

Un sogno calcistico a lungo termine è poter arrivare da tecnico o da dirigente, dove non sono arrivato da giocatore. Un sogno di vita è quello riuscire a condurre una vita tranquilla e serena e godere del mare il più possibile. Non mi interessa avere lo smartphone di ultima generazione, voglio arrivare ad avere una serenità interiore che mi faccia vivere felice.

 

 

 

24  agosto   2022

 

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