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giovedì 22 settembre 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FRANCESCO

BOSSA

 





     

 

Francesco Bossa, nato nel 1990     è un giocatore di Napoli e così ci si presenta: “Ho iniziato alla scuola calcio Nereo Rocco di Secondigliano, a 10 anni (ho vinto molti premi come capocannoniere e miglior giocatore dei tornei) sono stato preso dal Napoli dove sono rimasto 3 anni prima del suo fallimento, sono stato il capitano e anche lì ho vinto premi come miglior giocatore e ho fatto diverse interviste.  Dopo il fallimento, a 13 sono andato a Messina quando era in serie A, a 15 anni gioco con la primavera e mi alleno in prima squadra, in quell’ anno vengo convocato in Nazionale under 15.

 

Dopo 3 anni, passo all’ Udinese dove subito gioco in primavera il primo e in estate vado in ritiro con la prima squadra, rimango 3 anni a Udine tra primavera e prima squadra, anche qui vengo convocato con la nazionale under 16.  L’ ultimo anno all’ Udinese divento il capitano della primavera. Successivamente a 19 anni vado in prestito a Como in C1 dove faccio un buon campionato, purtroppo ho avuto un infortunio (lacerazione del muscolo del quadricipite); l’anno successivo vado in serie B a Grosseto dove esordisco in casa contro la Juve Stabia, l’allenatore era Giuseppe Giannini, anche quell’ anno sono stato fermo a causa di alcuni infortuni. 

 

 

L’anno dopo vado alla Tritium in C1 dove faccio un ottimo campionato, successivamente sono serie D con il Nuoro, sono stato due anni alla Fermana, al secondo anno abbiamo vinto il campionato, ma a fine anno ho rotto il crociato del ginocchio destro. Dopo quest infortunio la mia carriera ha avuto dei momenti difficili, ho militato alla Sammaurese in D, e poi al Foligno; adesso sono in attesa di trovare una buona sistemazione.”

 

 

 





Come prima domanda le voglio fare questa: l Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

L’ arrivo del covid ha condizionato la vita di tutti, io ho continuato ad allenarmi, ma da gennaio causa regole restrittive non ho potuto giocare non essendo vaccinato.

 






Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Che il calcio sarebbe stata la mia passione l’ ho scoperto sin dai primi anni di vita, è sempre stato il mio gioco preferito, sono cresciuto giocando per le strade del mio quartiere, guardando i video di Maradona e di Ronaldo il fenomeno, il mio cartone preferito era Holly e Benji.




 


I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori hanno appoggiato questo mio sogno, andare via di casa a 13 anni non è stato facile, ma ne valsa la pena sia come calciatore che come esperienze di vita.

 






Dopo aver giocato nel Napoli calcio, lei a 13 viene preso dal Messina che si trovava in serie A, immagino che sia stato difficile ambientarsi, lasciare la famiglia, come ha superato qui momenti di allontanamento dalla famiglia? 

 

Andare via da casa non è stato per niente facile, come ho sopra esposto, la mia famiglia veniva a trovarmi, inoltre visto che a quell ‘epoca erano usciti i primi videotelefoni combattevamo la lontananza con “quello”, a Messina mi sono trovato molto bene, una volta ambientato posso dire che è stato un piacere vivere lì.

 

Poi la sua carriera prosegue all’Udinese e successivamente al Como, dell’esperienza all’Udinese cosa ci può dire?

 

Del periodo con l’Udinese ricordo con piacere le finali scudetto contro l’Inter di Balotelli, Santon ecc. Ricordo il mio primo ritiro in prima squadra con giocatori come: Di Natale, Sanchez, Handanovic, Cuadrado, Quagliarella, è stato un piacere essermi allenato con loro.

 

La sua splendida carriera la conosciamo tutti, una squadra che ricorda con particolare affetto qual è?

 

In tutte le squadre che sono stato, mi sono trovato molto bene, a Messina a Udine la stessa Como, l’esordio in B con il Grosseto, posso dire che a Fermo mi lega la vittoria del campionato.

 

Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama oppure il condurre una vita agiata?

 

Penso che al diventare parte da un sogno da quando siamo bambini, dal voler imitare quei campioni che si vedono in TV, dal calpestare stadi bellissimi, senza un sogno e con una passione forte non si può giocare a calcio.



 




Lei ha un curriculum di prestigio, inoltre è molto conosciuto nell’ambiente calcistico, che cosa si prova ad essere così apprezzati?

 

È piacevole essere apprezzati, ma con il tempo ho capito che la stima di noi stessi deve partire da dentro di noi, bisogna credere nelle nostre capacità, anche quando gli altri non lo fanno, mi riferisco anche agli addetti ai lavori.



 




Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)?

 

Un mio pregio calcistico è quello di essere forte tecnicamente e molto intelligente in campo. Un mio difetto sarebbe quello che devo migliorarmi sotto l’aspetto della velocità.

 








 Generalmente che rapporto ha con i compagni di squadra, ascolta i loro suggerimenti oppure cerca di imporre la propria idea? 

 

Ho sempre avuto un ottimo rapporto con otto compagni di squadra, quando ero più giovane mi piaceva ascoltare i più esperti, adesso che sono più maturo mi piace dare consigli ai più giovani.

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Sono soddisfatto, perché  ho fatto tutto quello che potevo fare con le conoscenze  e le qualità che avevo in passato.

 

Lei è nato a Napoli, che cosa rappresenta questo luogo?

 

Per me Napoli è tutto, è il luogo dove sono nato, è il luogo delle mie radici, qui si respira calcio, amo il sole e il mare di Napoli. Per me è una delle città più belle al mondo.

 

Lei ha quattro fratelli, quant’è importante la famiglia per lei?

 

La Famiglia per me è molto importante, nel bene e nel male la famiglia la si ama per quello che è.


 

 





Un sogno per il futuro?

 

Il mio sogno per il futuro è poter allenare giovani ragazzi che hanno voglia di migliorare, diventare un allenatore ( una guida  per i più giovani) e chissà magari un giorno aprire una scuola calcio tutta mia.

Grazie per l’intervista.

 

 

Per noi è stato un piacere.

 

 

 

 

22 settembre    2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 29 agosto 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

ALTAMURA

 



Marco Altamura è giocatore di calcio, ruolo centrocampista centrale nato a Napoli, cosi ci si presenta:

 

“Mi chiamo Marco Altamura sono nato a Napoli, quartiere Secondigliano il 24 ottobre del 2001. Fin da bambino la mia più grande passione è stata il Calcio, un po’ il sogno di tutti i bambini nati in questo quartiere. Avevo 3/4 anni quando già davi i primi calci, e ne avevo 7 quando mi scrissi alla prima scuola calcio, Ferraris 2000. Li sono stato per ben 6 anni, mi allenavo coi 2000, 2001 e anche coi 2002, diventò casa mia. E quando finivo mi dirigevo verso casa e invece di salire mi trattenevo giù a giocare a calcio. Si, perché ho sempre pensato di aver avuto la fortuna di nascere proprio di fronte a un calciotto, pubblico, di terreno.

 

Non avevo un ruolo, volevo solo giocare. Nel frattempo andavo anche a scuola, ero bravo, apprendevo subito, ma crescendo iniziai a diventare molto irrequieto. Ero fra quelli che faceva più casino, anche se grazie alla mia capacità di apprendimento non ho mai riscontrato problemi. 

 

Dopo la Ferraris 2000, passai alla Nereo Rocco, dove disputai un campionato 99/2000 da difensore centrale, me la cavai molto bene quell’anno anche grazie alla fiducia del mister. Cambiai tante squadre da quel momento, una all’anno, è ovvi che così si cresce, conosco tanti ragazzi, chi diventerà mio amico, chi rivale.

 

Arrivo ad allenarmi con L’Academy Secondigliano, ma le cose non vanno bene, inizio a distaccarmi dall'ambiente e mentre mi presentavo agli allenamenti sporadicamente, non potetti più farlo perché nell’ aprile del 2017, ho un incidente. Frattura scomposta del 2/3/4 metatarso, composta del 1 e lesione del 5. Mi operano, mettono dei ferri. Avevo 15 anni. E quando dopo una settimana vidi la gamba debole e con i ferri, piansi e pensai che non sarei tornato ugualmente. Reagisco, tolgo i ferri 15 giorni prima del dovuto e iniziai ad allenarmi singolarmente subito dopo. 

 

A novembre ripresi a giocare col Gaetano Scirea, facevo il centrocampista già. Ma l’infortunio era in testa e non disputo una grande stagione. Nonostante ciò, iniziano gli stage, accompagnato da un mio amico/fratello che conosco da 10 anni ormai, andiamo in puglia, Molise ecc.

 

Le strade si dividono, io firmo in promozione col San Pietro, la più bella stagione che ricordo. La squadra era una famiglia. Un progetto di tutti under, non facemmo un gran campionato, ma il mister è stato senza dubbio dei migliori. 

 

È lì che ho capito il Calcio, il movimento, smarcarsi senza palla, e l’unione del gruppo. Ho rapporto ancora con 80% di quella squadra. Non saltavo un allenamento, né una partita. Juniores e Prima Squadra, c’ero! Con la juniores ci levammo anche qualche soddisfazione dato che era quello il nostro campionato, mentre in prima squadra eravamo tutti sul nuovo campo, tutti piccoli contro i grandi. Finisce, cambio di nuovo. Stage estivi di qua e di la e mi trovo a firmare con l’Arzanese. Un grande inizio, poi qualcosa andò storto, con la dirigenza presumo. Iniziai a non giocare e non sapevo il motivo, chiaramente. I miei compagni addirittura mi chiedevano perché non mi schieravano e qualche volta hanno sacrificato il loro posto per me. Anche lì ero un tutt’uno con lo spogliatoio, po’ meno con la dirigenza.

 

Bando alle ciance, è marzo 2020 e il mondo so ferma, Lockdown. Nel giugno mi diplomo. Turistico voto 90/100, una vera grande soddisfazione per i miei, dato che la scuola veniva prima di tutto per loro. Dopo la pandemia il calcio l’ho praticato con amici, qualche stage disinvolto. Ma non più come prima” 

 

 

 

 


 

 

 

Lei ci ha detto che dopo il lockdown ha praticato questo sport con gli amici, come mai? Era rimasto deluso da questo mondo? 

 

Sono dal parere che questo sia lo sport più bello al mondo, ma come mondo è abbastanza scorretto.

Negli anni le ho viste veramente di tutti i colori ed è per questo che evito di fare esempi. Ho continuato dopo il lockdown con amici perché quando mi chiamano non riesco proprio a dire di no ad una partita. Fatto sta che stando fermo è stato più difficile per me recuperare, anche perché c’era altro da pensare, il lavoro, il diploma e quant’altro.

 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Avevo poco più di 3/4 anni quando ho iniziato, crescendo pensavo solo a quello. Scendevo la mattina per giocare, il pomeriggio, la sera, e anche a casa. Ne ho sporcate di pareti col pallone. Neve, pioggia, vento, c’ero sempre.

 



I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori sono sempre stati favorevoli al calcio, Anche se hanno sempre preferito la scuola. La mia fortuna è stata quella di saper equilibrare entrambe le cose, andavo bene a scuola e non mi hanno mai vietato di giocare.

 








Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Diventare calciatore è il sogno di tutti i bambini, o quasi. Io penso che non siano né la fama né i soldi ad attirare.

 

È lo stereotipo in sé del calciatore che piace ai bambini. Immagina di fare in futuro per professione quello che da bambino fai di tua spontanea volontà o addirittura pagheresti per fare. Da piccolo quando giocavo mi liberavo da tutto, entravo in un’altra dimensione, in quei momenti c’era solo il calcio, quindi ti lascio immaginare un bambino che pensa di fare questo anche da grande, è cosi che si sviluppa il sogno.

 








Lei è nato a Secondigliano che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Mah, molto spesso Secondigliano è descritta come sinonimo di camorra, delinquenza e droga.

Non è così.! Non è solo questo.! Il bene e il male sono presenti dappertutto, in ogni quartiere. Ipotizziamo che qui ce ne sia un po’ di più, perfetto, ma quello che intendo dire è che ci sono tante altre cose belle di cui parlare. 

 

A Secondigliano ci sono persone che lavorano 13/14 ore al giorno per portare avanti le proprie famiglie. Ci sono genitori che sacrificano di tutto per mandare i loro figli a scuola. Ci sono ragazzi che vivono in strada eppure risultano molto più educati di tanti altri. A Secondigliano si vive diversamente, non peggio. Si cresce prima, ma non male. Non sempre bisogna fare di “tutt’un’erba un fascio”.



 






Lei è giovanissimo, che cosa si sente di promettere (per quel che riguarda la sua carriera di calciatore) alle persone che le vogliono bene e che la stimano? 

 

Solitamente io non prometto nulla che non posso mantenere, quindi la cosa sicura è che sicuramente, in quel campo, non mollerò mai di un  centimetro.

Poi magari con un pizzico di fortuna o se sarà destino le cose cambieranno, ma nel frattempo prometto solo tanta voglia di fare e di esser felice.

 

 

 

29 Agosto    2022

 

(Tutti i diritti riservati)