SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
MARCO
ALTAMURA
Marco Altamura è giocatore di calcio, ruolo centrocampista centrale nato a Napoli, cosi ci si presenta:
“Mi chiamo Marco Altamura sono nato a Napoli, quartiere Secondigliano il 24 ottobre del 2001. Fin da bambino la mia più grande passione è stata il Calcio, un po’ il sogno di tutti i bambini nati in questo quartiere. Avevo 3/4 anni quando già davi i primi calci, e ne avevo 7 quando mi scrissi alla prima scuola calcio, Ferraris 2000. Li sono stato per ben 6 anni, mi allenavo coi 2000, 2001 e anche coi 2002, diventò casa mia. E quando finivo mi dirigevo verso casa e invece di salire mi trattenevo giù a giocare a calcio. Si, perché ho sempre pensato di aver avuto la fortuna di nascere proprio di fronte a un calciotto, pubblico, di terreno.
Non avevo un ruolo, volevo solo giocare. Nel frattempo andavo anche a scuola, ero bravo, apprendevo subito, ma crescendo iniziai a diventare molto irrequieto. Ero fra quelli che faceva più casino, anche se grazie alla mia capacità di apprendimento non ho mai riscontrato problemi.
Dopo la Ferraris 2000, passai alla Nereo Rocco, dove disputai un campionato 99/2000 da difensore centrale, me la cavai molto bene quell’anno anche grazie alla fiducia del mister. Cambiai tante squadre da quel momento, una all’anno, è ovvi che così si cresce, conosco tanti ragazzi, chi diventerà mio amico, chi rivale.
Arrivo ad allenarmi con L’Academy Secondigliano, ma le cose non vanno bene, inizio a distaccarmi dall'ambiente e mentre mi presentavo agli allenamenti sporadicamente, non potetti più farlo perché nell’ aprile del 2017, ho un incidente. Frattura scomposta del 2/3/4 metatarso, composta del 1 e lesione del 5. Mi operano, mettono dei ferri. Avevo 15 anni. E quando dopo una settimana vidi la gamba debole e con i ferri, piansi e pensai che non sarei tornato ugualmente. Reagisco, tolgo i ferri 15 giorni prima del dovuto e iniziai ad allenarmi singolarmente subito dopo.
A novembre ripresi a giocare col Gaetano Scirea, facevo il centrocampista già. Ma l’infortunio era in testa e non disputo una grande stagione. Nonostante ciò, iniziano gli stage, accompagnato da un mio amico/fratello che conosco da 10 anni ormai, andiamo in puglia, Molise ecc.
Le strade si dividono, io firmo in promozione col San Pietro, la più bella stagione che ricordo. La squadra era una famiglia. Un progetto di tutti under, non facemmo un gran campionato, ma il mister è stato senza dubbio dei migliori.
È lì che ho capito il Calcio, il movimento, smarcarsi senza palla, e l’unione del gruppo. Ho rapporto ancora con 80% di quella squadra. Non saltavo un allenamento, né una partita. Juniores e Prima Squadra, c’ero! Con la juniores ci levammo anche qualche soddisfazione dato che era quello il nostro campionato, mentre in prima squadra eravamo tutti sul nuovo campo, tutti piccoli contro i grandi. Finisce, cambio di nuovo. Stage estivi di qua e di la e mi trovo a firmare con l’Arzanese. Un grande inizio, poi qualcosa andò storto, con la dirigenza presumo. Iniziai a non giocare e non sapevo il motivo, chiaramente. I miei compagni addirittura mi chiedevano perché non mi schieravano e qualche volta hanno sacrificato il loro posto per me. Anche lì ero un tutt’uno con lo spogliatoio, po’ meno con la dirigenza.
Bando alle ciance, è marzo 2020 e il mondo so ferma, Lockdown. Nel giugno mi diplomo. Turistico voto 90/100, una vera grande soddisfazione per i miei, dato che la scuola veniva prima di tutto per loro. Dopo la pandemia il calcio l’ho praticato con amici, qualche stage disinvolto. Ma non più come prima”
Lei ci ha detto che dopo il lockdown ha praticato questo sport con gli amici, come mai? Era rimasto deluso da questo mondo?
Sono dal parere che questo sia lo sport più bello al mondo, ma come mondo è abbastanza scorretto.
Negli anni le ho viste veramente di tutti i colori ed è per questo che evito di fare esempi. Ho continuato dopo il lockdown con amici perché quando mi chiamano non riesco proprio a dire di no ad una partita. Fatto sta che stando fermo è stato più difficile per me recuperare, anche perché c’era altro da pensare, il lavoro, il diploma e quant’altro.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Avevo poco più di 3/4 anni quando ho iniziato, crescendo pensavo solo a quello. Scendevo la mattina per giocare, il pomeriggio, la sera, e anche a casa. Ne ho sporcate di pareti col pallone. Neve, pioggia, vento, c’ero sempre.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
I miei genitori sono sempre stati favorevoli al calcio, Anche se hanno sempre preferito la scuola. La mia fortuna è stata quella di saper equilibrare entrambe le cose, andavo bene a scuola e non mi hanno mai vietato di giocare.
Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi?
Diventare calciatore è il sogno di tutti i bambini, o quasi. Io penso che non siano né la fama né i soldi ad attirare.
È lo stereotipo in sé del calciatore che piace ai bambini. Immagina di fare in futuro per professione quello che da bambino fai di tua spontanea volontà o addirittura pagheresti per fare. Da piccolo quando giocavo mi liberavo da tutto, entravo in un’altra dimensione, in quei momenti c’era solo il calcio, quindi ti lascio immaginare un bambino che pensa di fare questo anche da grande, è cosi che si sviluppa il sogno.
Lei è nato a Secondigliano che cosa rappresenta questo luogo per lei?
Mah, molto spesso Secondigliano è descritta come sinonimo di camorra, delinquenza e droga.
Non è così.! Non è solo questo.! Il bene e il male sono presenti dappertutto, in ogni quartiere. Ipotizziamo che qui ce ne sia un po’ di più, perfetto, ma quello che intendo dire è che ci sono tante altre cose belle di cui parlare.
A Secondigliano ci sono persone che lavorano 13/14 ore al giorno per portare avanti le proprie famiglie. Ci sono genitori che sacrificano di tutto per mandare i loro figli a scuola. Ci sono ragazzi che vivono in strada eppure risultano molto più educati di tanti altri. A Secondigliano si vive diversamente, non peggio. Si cresce prima, ma non male. Non sempre bisogna fare di “tutt’un’erba un fascio”.
Lei è giovanissimo, che cosa si sente di promettere (per quel che riguarda la sua carriera di calciatore) alle persone che le vogliono bene e che la stimano?
Solitamente io non prometto nulla che non posso mantenere, quindi la cosa sicura è che sicuramente, in quel campo, non mollerò mai di un centimetro.
Poi magari con un pizzico di fortuna o se sarà destino le cose cambieranno, ma nel frattempo prometto solo tanta voglia di fare e di esser felice.
29 Agosto 2022
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