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martedì 7 giugno 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

GIANLUIGI

MARRAFFA

 

 

 








Gianluca Marraffa, genovese,   ex calciatore e ora procuratore sportivo così ci si presenta.

 

 



"Dopo aver iniziato a cinque anni di giocare in alcune squadre locali, all’età di 11 anni sono entrato nel settore giovanile della Sampdoria, dove sono stato il capitano sia negli Allievi Nazionali sia in Primavera, e nonostante due brutti interventi ai legamenti crociati delle ginocchia, arrivo ad essere un giocatore della rosa della Prima Squadra nella stagione 2001-2002 con l’ allenatore Gianfranco Bellotto.


 Dopo la Sampdoria, passo al Tolentino in serie C dove purtroppo la società marchigiana poi fallisce, dopodiché passo al Sant’Angelo Lodigiano in Lombardia, alla Lavagnese in D dove facciamo il record di punti perdendo la finale con la Sanremese per andare in C, l’anno successivo passo alla Novese sempre in D con il mister Mariani che incontrerò di nuovo a fine carriera.


 Vinco il campionato con la Sammargheritese, grande soddisfazione e bella esperienza, poi passo alla Corniglianese dove disputo due stagioni eccezionali sotto tutti i punti di vista, sia dentro che fuori il rettangolo di gioco, qui conosco Lucia che diventerà mia moglie e la mamma del nostro splendido bambino di nome Christian.


 Torno in serie D al Vado dove disputo una bella stagione, ma a fine anno preferisco tornare alla Corniglianese. Poi passo alla Culmv Polis a metà stagione.  L’anno successivo mi accaso in Eccellenza a Busalla dove sto due anni trovandomi benissimo. 


Altra bella esperienza sono i primi 6 mesi della stagione seguente alla Carcarese, esperienza più che positiva  sia come risultati in campo che come gruppo. 


Torno alla Culmv Polis in Eccellenza a Gennaio, mentre la stagione seguente indosso la mia ultima maglietta da calciatore che è quella dell’Athletic Albaro, qui divento il capitano, inizio ad iniziare  allenare la scuola calcio della società, è stata esperienza bellissima. 



Appese le scarpette al chiodo, inizio inizialmente a fare l’osservatore per qualche società professionistica, ma dopo un po’ insieme al mio ex compagno di squadra e amico Davide Stuto, che è il mio attuale socio, decidiamo di intraprendere la strada del Procuratore e intermediario, studiando e lavorando sodo. 


Il nostro lavoro è molto complesso perché abbiamo tanti compiti: dal trovare un squadra ai nostri assistiti, al sostenerli nei momenti di difficoltà e tenerli coi piedi per terra nei momenti positivi, al cercare di dare loro visibilità, al trovare soluzioni quando non stanno bene fisicamente in maniera efficiente a cercare di dare un servizio a 360 gradi dentro e fuori dal campo in modo che debbano pensare solo a giocare.


 Tante volte veniamo visti come il male del calcio ma non è così. Come in tutti i mestieri c’è chi lo fa bene e chi meno, ma la verità è che molte volte siamo d’aiuto e supporto alle società.


 Il nostro colpo più grande sfiorato è stato Alphonso Davies al Torino che era molto interessato, poi invece si accasò al Bayern Monaco dove è attualmente. Altro colpo importante questa volta riuscito è stato Diego Capel al Birkirkara. 


Lavoriamo sia in Italia che all’estero, dove abbiamo fatto tante operazioni di mercato simili a quella menzionata, come in Cina portando mister Gervasi al Jiangsu Suning per esempio, oltre ad aver portato anche altri mister e giocatori in Spagna come Vittorio Gilli portiere al Sabadell, (altre nazioni coinvolte dalla nostra società sono la Lituania, e l’Albania) a Malta Claudio Bonanni si sta distinguendo da anni come uno dei calciatori più forti del campionato. 


Poi il nostro lavoro non si ferma qui, siamo sempre presenti su tutti i fronti come nel cercare sponsorizzazioni e a tal proposito ne abbiamo chiusa una importante con una squadra di serie A, alla creazione di Academy in varie parti del mondo. 

Col mio socio Davide siamo spesso in viaggio e non vogliamo certo fermarci qui, e insieme ai nostri collaboratori e al nostro staff siamo convinti di toglierci ancora tante soddisfazioni”

 

 

 

 

 



 

 


 

Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita dal Covid. Tutto sembra che sia ripartito in maniera regolare, lei come ha vissuto questo periodo di chiusura, sia a livello personale che della sua società?

 

 

Sicuramente è stato dannoso sia dal punto di vista personale e umano sia ovviamente dal punto di vista lavorativo, anche se vista la mia attività sono riuscito a portarla avanti, facendo tante chiamate e video call,  ovviamente  il contatto umano è per il nostro lavoro è molto importante. 

 

Si ricorda quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Il calcio è la mia più grande passione da quando sono nato. Prima ho fatto il giocatore, poi l’allenatore e ora il procuratore. Il calcio è sempre stato parte importante della mia vita e penso che lo sarà sempre. 

 






 

  



 Che cosa le ha dato il calcio, che cosa le stando ora infine cosa le ha tolto? 

 

Il calcio mi ha dato tanto, dall’educazione sportiva, al trovare tanti amici con cui mi sento e mi ci vedo ancora adesso (con alcuni siamo amici da 30 anni , praticamente da quando abbiamo iniziato a giocare insieme), mi ha fatto vivere emozioni irripetibili , come indossare la maglia della squadra del mio cuore (la Sampdoria)…tra l’altro in una serata di festeggiamenti con la squadra, ho conosciuto mia moglie, quindi più di così! Mi ha tolto direi solo i due legamenti crociati e menischi delle due ginocchia, perché per il resto tutti i sacrifici fatti per giocare a calcio per me non erano sacrifici, li stavo facendo per la cosa che amavo di più, appunto il Calcio.

 

 

Non è certamente semplice fare il suo lavoro, bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, intraprendere lunghi viaggi e poi bisogna tener in conto i fallimenti; quante ore lei dedica alla sua professione?

 

Mah dare dei numeri diventa difficile, posso solo dire che non esistono orari, sia di giorno che di sera (anche di notte) lavoro praticamente tutti i giorni, non esistono festivi, e anche quando sono, diciamo , in vacanza il cellulare è sempre a portata di mano…

 

 

Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare procuratore e intermediario (magari poteva diventare allenatore, vista la sua grande esperienza)?

 

Sicuramente all’inizio, visto che per qualche anno l’ho fatto nella scuola calcio, la carriera di allenatore era una possibilità che avevo preso in considerazione. Poi però, essendo stato sempre affascinato dalla figura del procuratore e intermediario, abbinata al fatto di non dover dipendere da nessuno, se non da me stesso, ho deciso di iniziare a fare l’agente di calciatori. 

 

 



 







Lei ha militato in tante squadre, a quale è rimasto più legato?

 

Sampdoria ovviamente essendo la squadra del mio cuore e avendo passato li 10 anni, poi Lavagnese, Corniglianese e Athletic Albaro dove ho chiuso la carriera. Ma in realtà sono stato molto bene anche nelle altre squadre in cui ho militato come a Sant’Angelo Lodigiano, Tolentino, Vado, Novese, Busalla, Sammargheritese, Carcarese, Culmv Polis. Penso e spero di aver lasciato un buon ricordo ovunque. 

 

 

Lei è molto conosciuto e stimato, come si arriva ad essere così (cioè stimati e conosciuti)?

 

Ma non penso di essere così conosciuto, e comunque mi interessa relativamente, ciò che invece mi fa enormemente piacere è essere stimati.

 

 

     Lei ha scritto che siete visti come il male del calcio, si è chiesto il perché?

 

Perché molte volte si semplifica e si fa del qualunquismo gratuito. In tutti i lavori c’è chi lavora bene e chi lavora male, e chi lavora male è giusto punirlo, come sarebbe opportuno dire che molte volte gli stessi agenti aiutano le società a scovare potenziali campioni,  i mali del calcio sono ben altri… 

 

 

L’Italia vince l’Europeo nel 2021, poi però nel 2022 non si qualifica per i mondiali. Si è fatto una domanda? Molti danno la colpa al fatto di non dare spazio ai giovani, altri ai troppi soldi, lei cosa pensa di tutto ciò?

 

Bisognerebbe partire dal basso. Potenziare le scuole calcio con figure idonee, portare professionalità, guardare meno al risultato che è importante, ma non è il fattore  più importante nel settore giovanile, ma cercare di creare talenti. Inoltre dovrebbero andare a giocare prima con i grandi, quindi o creare le seconde squadre (progetto nato e morto all’istante) oppure andare prima a confrontarsi con i campionati veri, perché farli giocare fino a vent’anni in Primavera serve a poco.

 

 

Un suo pregio?

 

Sono una persona generosa e leale. 

 

 

Un suo difetto?

 

Sono un po’ permaloso.

 

 

La sua famiglia cosa rappresenta per lei? 

 

Tutto, non credo ci siano parole migliori per descrivere cosa rappresenta per me. 

 


 


 



Sono tante le domande che lei vorrei fare, quando chiudo un’intervista questa è l’ultima: un sogno che vorrebbe che si realizzasse da qui a breve?

 

Chiudere un grande colpo di mercato, uno simile a quello sfiorato qualche anno fa… 

 

 

 

 

 

 

 07 06          2022

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

giovedì 2 giugno 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ALFONSO

AVINO







     

Alfonso Avino è un ragazzo di Napoli che abita a Barcellona dal 2011 e lavora come informatico. Ama il calcio e in particolare il Napoli. Inoltre adora viaggiare e scoprire il mondo.  Quando viaggia ama regalare ai ragazzini che incontra una maglietta con il simbolo della squadra del Napoli. La sua iniziativa uno scopo solo: trasmettere la passione per questa squadra. Noi lo abbiamo intervistato.

 










Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Le sue mete inerenti ai viaggi saranno state limitate visto, appunto, il Covid?


Purtroppo il Covid ha bloccato anche me. All'inizio è stata dura, ma poi pian piano ho ripreso la mia "missione", partendo proprio da casa mia!


Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Era chiarissimo già da piccolo: avevo la sciarpa del Napoli legata allo zainetto che usavo per andare a scuola! 


Lei è informatico e da diversi anni lavora a Barcellona, come mai ha lasciato Napoli?


 Non c'è una ragione ben precisa, piuttosto un insieme di situazioni che mi hanno portato a sperimentare altri posti. All'inizio pensavo si sarebbe trattato solo di un'avventura temporanea, e invece...


Sicuramente anche lei avrà giocato a calcio da bambino, non hai pensato di fare del gioco del pallone la sua prima professione?


 Sinceramente no, sono sempre stato "poco adatto" alla disciplina! 


 La passione dei viaggi quando le è venuta?


Forse è nata proprio quando sono andato via di casa e ho cominciato a vedere quello che c'era fuori. Ormai non posso più farne a meno! 


Sappiamo che è stato in diversi luoghi geografici, qual è quello che maggiormente l’ha colpita? 


 Cuba, senza ombra di dubbio: un posto spettacolare ed emozionante. Ma ce ne sono altrettanti che per diverse ragioni ti colpiscono e lasciano il segno: Indonesia, Filippine, Colombia, Cambogia...


Ad un certo punto lei decide di regalare ai bambini che incontra durante i viaggi delle magliette del Napoli. Questa bella iniziativa, come le è venuta?

 

 Si, questa cosa è nata un po' per caso. Vedevo sempre in giro maglie di altre squadre, e la cosa mi "infastidiva" un po'. Per cui ho deciso di "risolvere" il problema: adesso in giro ci sono anche maglie del Napoli col numero 10 oltre a quelle delle squadre più blasonate del mondo! 


 Che cosa dicono i bambini quando lei gli regala queste magliette


  I bambini sono bambini che spesso non hanno nulla, e ovviamente sono incredibilmente felici di ricevere un regalo. Io provo sempre a spiegare loro tutto ciò che riguarda il Napoli, Maradona, nonostante spesso la lingua sia un po' un problema.


 C’è qualcuno, qualche ente che l’aiuta in questa sua passione di regalare le magliette del Napoli?


 No, nessun ente, nessuna associazione, nessuno scopo di lucro. Le maglie sono prodotte a Napoli e pagate e distribuite da me. Nient'altro! È una cosa che mi diverte, mi trasmette gioia e regala sorrisi ai più piccoli! 


Un aggettivo per definire Diego Armando Maradona?


ETERNO 


Che cosa rappresenta Napoli per lei? 


 Napoli è come una madre, una madre che ti ha educato in un certo modo e che ti ha insegnato dei valori importanti. E, proprio come una madre, non importa la distanza fisica che ti separa da lei: 'a mamma è sempe 'a mamma!’ 


Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato?  


 Un po' di pace e serenità per tutte le persone che non ne hanno. ...e se si potesse vincere uno scudetto, non sarebbe affatto male!

 

  

 02 06 2022


  Tutti i diritti riservati 

 

venerdì 27 maggio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ROBERTO 

MASIELLO

 


 


     

 


 

Roberto Masiello, figlio d’arte di Giovanni Masiello (Mantova, Lazio, Toro, Ternana e Chieti) è un ex calciatore, ora svolge il ruolo di preparatore fisico, così ci si presenta: 

 

 


“Inizio a giocare a calcio ad 8 anni nei settori giovanili di lieve livello. Ho sviluppato la mia carriera sostanzialmente nel campionato di promozione (Fidene, Fortitudo Nepi, Divino Amore, Aprilia) successivamente mi sono laureato in scienze motorie e ho cominciato a 33 anni a svolgere il ruolo di preparatore fisico dalla terza categoria fino alle serie B con il Gallipoli, passando per il Pol.Rodolfo Morandi, Rocca Priora, Pomezia, Viterbese, Ladispoli, Aranova, Tivoli, Pro Cisterna e Lodigiani. Svolgo anche l'attività di video analista.


 Ho conseguito l'abilitazione Uefa B”.


 

 

 

 


 





Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

Dal punto di vista professionale il periodo ha determinato effetti assolutamente deficitari. Dedicandomi, nel periodo di piena pandemia, solo ed esclusivamente al calcio, le continue interruzioni e la definitiva sospensione dei vari campionati mi ha reso praticamente disoccupato. Di certo non mi sono perso d’animo. Ho iniziato a studiare ed approfondire le mie conoscenze per avere idee personali sulla situazione sociale economica   che si andava delineando e sulla questione legata al vaccino. In secondo luogo mi è improvvisamente scoppiata una inaspettata passione per la storia dell’arte che mi riempie di emozioni, ma soprattutto ho colto l’occasione per frequentare un corso professionale che mi ha consentito di trovare lavoro in ambito scolastico, in qualità di operatore educativo per i ragazzi con disabilità. Una professione che mi pervade il mio animo di soddisfazioni e che mi trasmette giorno dopo giorno immensi insegnamenti di vita, facili da intuire…

 

 

Lei è figlio d’arte suo papà Giovanni Masiello ha giocato sia in serie A che serie B, come ha vissuto da bambino il fatto he suo padre fosse un giocatore di altissimo livello?

 

Ho vissuto la popolarità di mio padre con assoluto orgoglio. Per un bimbo significa potersi un po’ vantare. Non nego che a tutt’oggi, nonostante i mei 51 anni, continui ad ostentare con immensa soddisfazione la carriera di colui dal quale ho ereditato la passione per il calcio. Ma c’è anche un aspetto negativo. Il costante e vano tentativo di emulare le sue gesta non mi ha mai e poi mai consentito di “vivere” e “convivere” con il mondo del calcio in modo sereno. Questo lo considero un autentico peccato, pur se legittimamente comprensibile.

 

 









Si è mai sentito un privilegiato quando militava nei vari club? 

 

Ho militato in categorie di modesto livello. Ho sviluppato la mia “modesta” carriera calcistica sostanzialmente nel campionato di Promozione. Ricevere dei privilegi sarebbe stato francamente paradossale. Mi sono sempre guadagnato quel poco di stima solo ed esclusivamente attraverso l’impegno e il sudore. Del calciatore Roberto Masiello si ricorderà solo la grande serietà dimostrata in ogni momento della stagione. Niente di più ed ovviamente ne vado molto fiero. 

 

 

Quando ha capito che non sarebbe mai arrivato a livelli tale da poter giocare in serie A, oppure la serie B?

 

Da subito. Essere solo estremamente seri e professionali non basta per diventare un professionista. Bisogna possedere altro. C’è comunque da dire di aver vissuto i miei campionati di Promozione come se fossi stato in quel momento al Botafogo, tanto per ridere un pochino. La mia squadra e i miei compagni erano la mia personale serie A.

 









In quale squadra lei si è trovato meglio?

 

Da calciatore sicuramente nel mitico Fidene. Una famiglia formata da ragazzi e giocatori straordinari con i quali sono ancora in contatto.

Da preparatore fisico cito la stagione miracolosa con la Pro Cisterna una salvezza nel campionato di Eccellenza assolutamente insperata e che richiama quella attuale della Salernitana. Di enorme spessore umano evidenzierei i miei 5 anni nel Ladispoli, culminata con lo storico passaggio in serie D. 5 anni non sono 5 campionati…5 anni è un’appartenenza,ma si sa, tutto scorre.

 

 

Ad un certo punto lascia il calcio, si laurea in Scienze Motorie e inizia un nuovo percorso lavorativo, quello di preparatore atletico, come si è trovato in questo ruolo? 

 

 

Ho lasciato il calcio giocato senza rimpianti. Era giunto il tempo.  Ho iniziato a mettere a frutto i miei studi universitari, finalizzati ad omaggiare ulteriormente questo sport. In quest’ambito devo ammettere di essermi preso tante soddisfazioni, non solo quella di aver militato per 2 anni in un club professionistico ma soprattutto quelle legate alla conoscenza di tanti esperti, luminari e calciatori eccezionali con i quali ho sempre cercato di instaurare un rapporto umano significativo. Lo ammetto umanamente un percorso molto ricco e stimolante.

 

  Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi ha donato, mi dona e mi donerà sempre una quantità indefinita di emozioni, siano esse negative o positive. È una costante scuola di vita e fa parte del mio DNA. È un codice genetico e nessuno può farci nulla. Mi ha tolto, per così dire, un pochino di salute fisica poiché nel tempo mi sono dovuto sottoporre a delicate operazioni chirurgiche dovute ad infortuni davvero fastidiosi,ma soprattutto mi ha tolto la tendenza ad “idealizzare” questo mondo che forse è tanto negativa come cosa non è.

 










Un suo pregio e un suo difetto calcisticamente parlando? 

 

Mi riconosco solo un pregio: l’affidabilità e la serietà in termini di impegno. Per il resto, l’unico vero calciatore è stato mio padre.

Il difetto è sempre stato quello di non aver mai vissuto le mie esperienze calcistiche con la giusta e sperata serenità d’animo. Per le spiacevoli ragioni che ho tentato di evidenziare in precedenza

 

 

 

Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto

 

Detesto chi cerca alibi. Un grande poeta diceva che la fortuna non domina più del 49% di ciò che si ottiene nella vita. La differenza la fa proprio quel 2 % mancante, in cui è racchiuso tutto quello che serve per “arrivare”. Io non ero sufficientemente bravo per trasformare il calcio nel mio mestiere. Semplice, stop.

 







 





Successi e delusioni si equivalgono oppure maggiori sono i successi rispetto alle delusioni? 

 

Il successo per me ‘ stato sempre quello di poter scendere in campo allenamento dopo allenamento. Poter vivere la terra o l’erba, i rapporti, le gioie, le amarezze, le vittorie e le sconfitte. Di delusioni umane ne ho vissute e subite,ma tutto’ ciò non mi ha mai precluso di pormi un importante interrogativo: chissà quante volte sono stato io a deludere gli altri?  Volo basso, per intenderci.

 

 

Come   descriverebbe se stesso nei riguardi di una persona che non conosce nulla di lei?

 

Non sono stato mai bravo a descrivermi. Preferisco essere messo alla prova, impegnarmi e agire per far si che sia il mio interlocutore a giudicarmi ed eventualmente estrapolare aspetti negativi o positivi di me, a patto che ne possegga qualcuno. L’unica cosa che posso dire è che mi ritengo professionalmente una persona dotata almeno di una grande senso di responsabilità.

 





 




Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Cambierei solo l’approccio mentale al mio lavoro. Ma questo lo si può affermare solo dopo aver accumulato esperienze e delusioni. I “se” e i “ma” lasciano il tempo che trovano. Sono soddisfatto invece perché ho davvero amato e omaggiato costantemente questo sport e le mie passioni (la musica, lo studio, la chitarra). Pur non avendo mai avuto un riflettore puntato, ne sono assolutamente soddisfatto. Posso raccontarlo a testa alta.

 

 

Un sogno per il futuro?

 

I sogni sono desideri…quello di mantenere un livello di salute accettabile per perseverare nelle mie attività. Molti ragazzi non ne hanno la possibilità, poiché l’esistenza si è impietosamente abbattuta su di loro.

 

 

26   maggio   2022

 

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