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Visualizzazione post con etichetta figlio di Giovanni Masiello Roma ex calciatore. Mostra tutti i post
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venerdì 27 maggio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ROBERTO 

MASIELLO

 


 


     

 


 

Roberto Masiello, figlio d’arte di Giovanni Masiello (Mantova, Lazio, Toro, Ternana e Chieti) è un ex calciatore, ora svolge il ruolo di preparatore fisico, così ci si presenta: 

 

 


“Inizio a giocare a calcio ad 8 anni nei settori giovanili di lieve livello. Ho sviluppato la mia carriera sostanzialmente nel campionato di promozione (Fidene, Fortitudo Nepi, Divino Amore, Aprilia) successivamente mi sono laureato in scienze motorie e ho cominciato a 33 anni a svolgere il ruolo di preparatore fisico dalla terza categoria fino alle serie B con il Gallipoli, passando per il Pol.Rodolfo Morandi, Rocca Priora, Pomezia, Viterbese, Ladispoli, Aranova, Tivoli, Pro Cisterna e Lodigiani. Svolgo anche l'attività di video analista.


 Ho conseguito l'abilitazione Uefa B”.


 

 

 

 


 





Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

Dal punto di vista professionale il periodo ha determinato effetti assolutamente deficitari. Dedicandomi, nel periodo di piena pandemia, solo ed esclusivamente al calcio, le continue interruzioni e la definitiva sospensione dei vari campionati mi ha reso praticamente disoccupato. Di certo non mi sono perso d’animo. Ho iniziato a studiare ed approfondire le mie conoscenze per avere idee personali sulla situazione sociale economica   che si andava delineando e sulla questione legata al vaccino. In secondo luogo mi è improvvisamente scoppiata una inaspettata passione per la storia dell’arte che mi riempie di emozioni, ma soprattutto ho colto l’occasione per frequentare un corso professionale che mi ha consentito di trovare lavoro in ambito scolastico, in qualità di operatore educativo per i ragazzi con disabilità. Una professione che mi pervade il mio animo di soddisfazioni e che mi trasmette giorno dopo giorno immensi insegnamenti di vita, facili da intuire…

 

 

Lei è figlio d’arte suo papà Giovanni Masiello ha giocato sia in serie A che serie B, come ha vissuto da bambino il fatto he suo padre fosse un giocatore di altissimo livello?

 

Ho vissuto la popolarità di mio padre con assoluto orgoglio. Per un bimbo significa potersi un po’ vantare. Non nego che a tutt’oggi, nonostante i mei 51 anni, continui ad ostentare con immensa soddisfazione la carriera di colui dal quale ho ereditato la passione per il calcio. Ma c’è anche un aspetto negativo. Il costante e vano tentativo di emulare le sue gesta non mi ha mai e poi mai consentito di “vivere” e “convivere” con il mondo del calcio in modo sereno. Questo lo considero un autentico peccato, pur se legittimamente comprensibile.

 

 









Si è mai sentito un privilegiato quando militava nei vari club? 

 

Ho militato in categorie di modesto livello. Ho sviluppato la mia “modesta” carriera calcistica sostanzialmente nel campionato di Promozione. Ricevere dei privilegi sarebbe stato francamente paradossale. Mi sono sempre guadagnato quel poco di stima solo ed esclusivamente attraverso l’impegno e il sudore. Del calciatore Roberto Masiello si ricorderà solo la grande serietà dimostrata in ogni momento della stagione. Niente di più ed ovviamente ne vado molto fiero. 

 

 

Quando ha capito che non sarebbe mai arrivato a livelli tale da poter giocare in serie A, oppure la serie B?

 

Da subito. Essere solo estremamente seri e professionali non basta per diventare un professionista. Bisogna possedere altro. C’è comunque da dire di aver vissuto i miei campionati di Promozione come se fossi stato in quel momento al Botafogo, tanto per ridere un pochino. La mia squadra e i miei compagni erano la mia personale serie A.

 









In quale squadra lei si è trovato meglio?

 

Da calciatore sicuramente nel mitico Fidene. Una famiglia formata da ragazzi e giocatori straordinari con i quali sono ancora in contatto.

Da preparatore fisico cito la stagione miracolosa con la Pro Cisterna una salvezza nel campionato di Eccellenza assolutamente insperata e che richiama quella attuale della Salernitana. Di enorme spessore umano evidenzierei i miei 5 anni nel Ladispoli, culminata con lo storico passaggio in serie D. 5 anni non sono 5 campionati…5 anni è un’appartenenza,ma si sa, tutto scorre.

 

 

Ad un certo punto lascia il calcio, si laurea in Scienze Motorie e inizia un nuovo percorso lavorativo, quello di preparatore atletico, come si è trovato in questo ruolo? 

 

 

Ho lasciato il calcio giocato senza rimpianti. Era giunto il tempo.  Ho iniziato a mettere a frutto i miei studi universitari, finalizzati ad omaggiare ulteriormente questo sport. In quest’ambito devo ammettere di essermi preso tante soddisfazioni, non solo quella di aver militato per 2 anni in un club professionistico ma soprattutto quelle legate alla conoscenza di tanti esperti, luminari e calciatori eccezionali con i quali ho sempre cercato di instaurare un rapporto umano significativo. Lo ammetto umanamente un percorso molto ricco e stimolante.

 

  Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi ha donato, mi dona e mi donerà sempre una quantità indefinita di emozioni, siano esse negative o positive. È una costante scuola di vita e fa parte del mio DNA. È un codice genetico e nessuno può farci nulla. Mi ha tolto, per così dire, un pochino di salute fisica poiché nel tempo mi sono dovuto sottoporre a delicate operazioni chirurgiche dovute ad infortuni davvero fastidiosi,ma soprattutto mi ha tolto la tendenza ad “idealizzare” questo mondo che forse è tanto negativa come cosa non è.

 










Un suo pregio e un suo difetto calcisticamente parlando? 

 

Mi riconosco solo un pregio: l’affidabilità e la serietà in termini di impegno. Per il resto, l’unico vero calciatore è stato mio padre.

Il difetto è sempre stato quello di non aver mai vissuto le mie esperienze calcistiche con la giusta e sperata serenità d’animo. Per le spiacevoli ragioni che ho tentato di evidenziare in precedenza

 

 

 

Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto

 

Detesto chi cerca alibi. Un grande poeta diceva che la fortuna non domina più del 49% di ciò che si ottiene nella vita. La differenza la fa proprio quel 2 % mancante, in cui è racchiuso tutto quello che serve per “arrivare”. Io non ero sufficientemente bravo per trasformare il calcio nel mio mestiere. Semplice, stop.

 







 





Successi e delusioni si equivalgono oppure maggiori sono i successi rispetto alle delusioni? 

 

Il successo per me ‘ stato sempre quello di poter scendere in campo allenamento dopo allenamento. Poter vivere la terra o l’erba, i rapporti, le gioie, le amarezze, le vittorie e le sconfitte. Di delusioni umane ne ho vissute e subite,ma tutto’ ciò non mi ha mai precluso di pormi un importante interrogativo: chissà quante volte sono stato io a deludere gli altri?  Volo basso, per intenderci.

 

 

Come   descriverebbe se stesso nei riguardi di una persona che non conosce nulla di lei?

 

Non sono stato mai bravo a descrivermi. Preferisco essere messo alla prova, impegnarmi e agire per far si che sia il mio interlocutore a giudicarmi ed eventualmente estrapolare aspetti negativi o positivi di me, a patto che ne possegga qualcuno. L’unica cosa che posso dire è che mi ritengo professionalmente una persona dotata almeno di una grande senso di responsabilità.

 





 




Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Cambierei solo l’approccio mentale al mio lavoro. Ma questo lo si può affermare solo dopo aver accumulato esperienze e delusioni. I “se” e i “ma” lasciano il tempo che trovano. Sono soddisfatto invece perché ho davvero amato e omaggiato costantemente questo sport e le mie passioni (la musica, lo studio, la chitarra). Pur non avendo mai avuto un riflettore puntato, ne sono assolutamente soddisfatto. Posso raccontarlo a testa alta.

 

 

Un sogno per il futuro?

 

I sogni sono desideri…quello di mantenere un livello di salute accettabile per perseverare nelle mie attività. Molti ragazzi non ne hanno la possibilità, poiché l’esistenza si è impietosamente abbattuta su di loro.

 

 

26   maggio   2022

 

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