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sabato 10 novembre 2018


PAOLO RADI PRESENTA  


  





10 DOMANDE 

A  

NINO CUOMO





Nino Cuomo, abita a Marano (provincia di Napoli) è presidente dal 2016 del Marano ASC calcio (I categoria) come professione lavora in maniera autonoma per un laboratorio di analisi, e nel pomeriggio, segue i bambini per poi indirizzarli verso le diverse scuole di calcio. Inoltre ha un sogno: aprire una scuola tutta sua di calcio. Noi, gli abbiamo rivolto qualche domanda.









Signor Nino Cuomo, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Nel 1986 quando ho cominciato a dare i primi calci al pallone.



Lei lavora in maniera autonoma come riesce a conciliare questo lavoro con il fatto che lei sia presidente di una squadra di calcio

Con l’organizzazione degli orari e la passione in quello che faccio 






Dal 2016 lei fonda la società Marano Calcio, come mai questa scelta

È una bella storia; lo devo ad un allenatore che a fine carriera mi mise in panchina senza farmi giocare un minuto di più, mai successo nella mia vita. Dopo che giocai in campionati di promozione e prima categoria scattò la scintilla e formai l'ASC  MARANO. 



Quali sono state le modalità nello scegliere i giocatori?

Serietà prima di tutto e poi esperienza e qualità 








Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Caparbio! 


Qual è la principale qualità che deve avere un presidente di una società di calcio


Self control.



Lei da presidente come giudica il fatto che alcuni allenatori ottengono brillanti risultati in una squadra, poi passano ad un’altra e non riescono a raggiungere nessun obiettivo? Quali possono essere i motivi?

Bella domanda, io credo che molti allenatori che cambiano squadra spesso vanno per migliorare, ma poi risultano non essere pronti per il salto di qualità. 



Qual è il suo sogno nel cassetto? 

Scrivere un pezzetto di storia della mia città, portando la mia società almeno nel campionato di eccellenza, campionato mai esistito per la nostra città 










Se fosse possibile chi vorrebbe avere nel Marano Calcio, fra questi tre campioni: Maradona, Messi o Ronaldo? 


Senza dubbio… MARADONA!





Grazie  

a cura di Paolo Radi   





10 11  2018 
(Tutti i diritti riservati)  











giovedì 1 novembre 2018



PAOLO RADI PRESENTA    





10 DOMANDE 

A  

 FABIO TOMMASELLI 










Fabio Tommaselli nasce a Benevento nel 1996 e inizia a giocare a calcio si da quando aveva 8 anni. Frequenta la scuola di calcio Giorgio Ferrini di Benevento, poi viene ingaggiato dal Benevento Calcio, l’ultimo anno in prima squadra in serie C. Successivamente viene ingaggiato al Fondi a 19 anni, dove con 37 presenza vince la Coppa Italia e Play Off, continua per altri due anni in serie C, durante l’estate la società del Fondi calcio fallisce e così si ritrova senza ingaggio. Da pochi giorni si è trasferito nelle zone di Lecco, dove la  società Olginatese lo ha voluto con insistenza, e ora come dice lui “sono pronto a riprendermi ciò che mi è stato tolto con grinta e con cuore che è ciò che mi contraddistingue”.




    Signor Fabio Tommaselli, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione

   Quando da piccolo alle scuole elementari non vedi l’ora che suoni la campanella per andare a giocare è un motivo valido? Penso di sì. 



Lei ha giocato in diverse squadre, adesso si è traferito nella provincia di Lecco, cosa si aspetta da questa nuova esperienza?

La considero una buona opportunità per rimettermi in pista, visto che sono stato qualche mese fermo e poi vediamo. Non so per quanto tempo vestirò questa maglia, ma ciò che mi interessa è lasciare un buon ricordo come calciatore, ma soprattutto come uomo!






    Ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare? 

Nutro un profondo amore verso gli animali e da piccolo dicevo sempre che avrei voluto fare il veterinario…se non avessi intrapreso questa strada chissà…



Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per lei invece cosa rappresenta?

Penso che il successo e la fama siano solo una conseguenza…io ho un sogno e sicuramente non è quello di diventare famoso, ma semplicemente di arrivare al massimo delle mie possibilità e non aver rimpianti e certo sarebbe la soddisfazione più grande            rendere orgogliosa di me tutta la mia famiglia…quando cresci con qualche difficoltà la famiglia è molto più unita. Per me sono tutto e penso che la famiglia nella vita sia la cosa più importante da preservare.








In che ruolo gioca? 

Sono un difensore centrale cresciuto con il concetto di giocare sempre la palla e rischiare la giocata, ovviamente senza esagerare, in difficoltà la palla si butta il più lontano possibile!


Che ha rapporto ha con la tifoseria, e in generale non trova eccessivo che certe tifoserie possano condizionare la scelta di far comprare ad esempio determinati giocatori al posto di altri? 

Penso che i tifosi siano la vera anima del calcio…se penso a una partita senza tifosi penso a una partita triste…più ce ne sono e più l’atmosfera diventa bella e stimolante, quindi sì è giusto accontentare i tifosi nel limite del possibile…in fondo sono loro che danno la “clamorosa importanza” al calcio. C’è gente che non esce per una settimana se la squadra del cuore perde e penso che ogni calciatore di qualsiasi squadra debba cucirsi addosso quei colori e giocare da tifoso!



 Squadra italiana in cui le piacerebbe fare una splendida      carriera? 

Giocare per la mia città sarebbe il coronamento di un sogno…vincere per la mia gente e lottare per loro, beh solo a pensarci mi vengono i brividi!!!







Squadra estera, invece?
     
Mi piacerebbe un giorno fare esperienza in Inghilterra perché penso che sia il campionato più affascinante del mondo.



Messi, Maradona o Ronaldo? 

Sono tre fenomeni assoluti e credo che Maradona non faccia testo, Messi è un dono divino, Ronaldo il frutto di un lavoro meticoloso quotidiano e quindi dico: Ronaldo; perché penso che con il lavoro e la perseveranza nessun obbiettivo sia impossibile!




Ultima domanda: tratto principale del suo carattere? 

Mi reputo testardo e generoso sia in campo sia nel privato, mi piace rendere felici le persone, mi rende felice anche m.




Grazie   


a cura di Paolo Radi   





01     11  2018 
(Tutti i diritti riservati)  





















giovedì 25 ottobre 2018



PAOLO RADI PRESENTA    








10 DOMANDE 

A  

LUIGI CUCARANO 








Luigi Cucarano ha 20 anni e gioca a futsal, nel ruolo di portiere.
Ha giocato a calcio a livello giovanile nella Boys Napoli, successivamente ha giocato nella juniores nazionale del Pomigliano per poi giocare con la Sanità e il San Sebastiano per poi passare al futsal dove da due anni gioca nel Futsal Parete (ho affrontata sia il campionato di c1 e quest’anno la serie B) con il grande preparatore dei portieri Pietro Graziano, l’altro suo compagno di reparto è Crescenzo Costigliola (un punto di riferimento molto importante nella mia crescita). Nonostante abbia abbandonato il calcio, coltiva un’altra passione quella di allenare. Ha allenato prima alla Santiago per poi passare al Real Casarea, i quali grazie a loro, può mettere in atto lo studio che affronta alla facoltà di Scienze Motorie all’ Università Parthenope di Napoli. La forza che lo spinge di farlo andare avanti e di metterci il cuore è il fatto di avere un fratello disabile e un padre meraviglioso.  Il fratello gli trasmette la sua positività con il suo magnifico sorriso, il padre (il quale avendo avuto per due volte il tumore al rene) gli insegna ogni giorno a dare l’anima in qualsiasi cosa faccia. Colui che gli ha trasmesso la passione per il calcio è stato suo nonno, mentre invece l’allenatore Gennaro Scampitelli, gli ha suggerito di passare dal calcio al futsal. 





    Signor Luigi Cucarano la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione

L’ho scoperto all’età di 7 8 anni quando ho iniziato a giocare nel parco vicino a casa mia insieme agli altri bambini.  All’età di 10 anni ebbi la fortuna che mio nonno prese lavoro presso una scuola calcio come segretario e da lì iniziò tutto.







Lei ha giocato in diverse squadre, le possiamo chiedere in quale si è trovato meglio e perché? 

A livello giovanile sicuramente la Boys Napoli, lì sono cresciuto sia sotto l’aspetto calcistico sia   sotto l’aspetto UMANO che è la cosa che conta di più. Mentre in prima squadra sicuramente il Futsal Paret




    Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione? 

Avrei sicuramente continuato in piscina anche se fin da bambino la Boxe mi ha sempre affascinato.







Potrebbe spiegarci meglio le regole del Futsal? 

Si svolge: 2 tempi da 20 minuti effettivi, falli laterali vengono battuti con i piedi, i cambi sono volanti, se durante il tempo compi più di 5 falli al sesto fallo scatta il tiro libero (una specie di calcio di punizione senza barriere quasi a 11 metri) 
Il portiere ha 4 secondi di tempo per rilanciare la palla o passarla, e inoltre se stai perdendo il portiere esce ed entra il portiere movimento il quale può giocare con i piedi senza L’obbligo dei 4 secondi 





Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per lei invece? 

A volte i ragazzi intraprendono la strada del calcio per diventare famosi e ricchi …. invece per me il futsal e il calcio sono una valvola di sfogo e principalmente passione. 



Lei ora frequenta Scienze Motorie, una volta terminati gli studi pensa di dedicarsi all’insegnamento? 

Ho intrapreso scienze motorie proprio per avere un futuro da professore di educazione fisica che è il mio primo obiettivo e spero di farcela.





Che cosa rappresenta per lei Napoli? 

Napoli per me è la città più bella del mondo (senza togliere nulla alle altre città) perché sono nato qui, la vivo ogni giorno e l’idea che un giorno per lavoro potrei lasciarla mi spaventa. 



In quale squadra estera le piacerebbe giocare? 
     
Nel Barcellona Futbol Sala (la squadra di calcio a 5 di Barcellona) 







Nella presentazione ho fatto riferimento a suo fratello disabile, ci potrebbe spiegare meglio il concetto di “mi trasmette la forza di andare avanti”. 

Mio fratello non è nato disabile ma lo è diventato durante il vaccino che gli ha fatto scatenare la malattia. Io e la mia famiglia abbiamo passato dei momenti difficili, soprattutto mia madre che nonostante tutto oggi attraverso le terapie sta cercando di rendere mio fratello una persona autonoma. Lui attraverso il suo sorriso e il suo carattere mi fa capire che devo lottare per raggiungere i miei risultati perché so anche se non può parlare che crede in me e io credo in lui affinché un giorno possa diventare il più autonomo possibile per vivere una vita quasi normal







Ultima domanda: tratto principale del suo carattere? 

Volenteroso, perché in qualsiasi cosa faccio non mollo mai 






Grazie   
Grazie a te Paolo 

a cura di Paolo Radi   





25     10     2018
(Tutti i diritti riservati)  





















lunedì 15 ottobre 2018

Paolo Radi Presenta 





Una storia italiana 



LA STORIA DI FRANCESCO ERRICO





Ferroviere per una vita








Vito Errico, è il figlio Francesco Errico (classe 1925), e mi ha permesso di pubblicare questa vicenda che riguarda suo padre e quello che successe all’arrivo dei tedeschi nel paese, Grumo Appula, in provincia di Bari. 








“Che fossero appartenenti alla Divisione Göring, l'ho ricostruito io, anni dopo.

Nella notte fra il 19 e 20 settembre 1943 c’era uno strano silenzio. Non si sentivano, come spesso accadeva, nemmeno gli uccelli notturni. Io ero alla stazione per il turno di notte in compagnia del capostazione Dell’Aquila, figlio di un dipendente dell’Acquedotto Pugliese, residente ad Acquaviva delle Fonti. Il Dell’Aquila prestava servizio al Nord ed era venuto nel meridione a far visita ai genitori. L’armistizio l’aveva tagliato fuori e così era stato preso in consegna dal Compartimento di Bari, che l’aveva mandato a far servizio a Grumo.
Quella notte con noi c’era anche Giuseppe Partipilo, di Carbonara e il grumese Francesco D’Amato, addetto al passaggio a livello, situato sulla via di Toritto.
Sotto il ponte di via Paglizzo c’era un vigneto di proprietà del padre di Domenico Fazio, che attualmente gestisce il negozio di ferramenta su Corso Garibaldi.


La fame non mancava e così io e Dell’Aquila decidemmo di andare lì a mangiare qualche grappolo d’uva.
Alla «piscina di Paglizzo» trovammo due guardie campestri e il loro comandante, il commendator Giuseppe Gentile. Facevano la guardia alla conduttura d’acqua, che riforniva la cisterna, perché si temeva che i tedeschi potessero minarla.







A Gentile chiesi di poter prendere un po’ dell’uva. Uomo serio e cosciente, il comandante oppose un primo diniego ma poi capì la nostra condizione. Mandò una guardia campestre a tagliare alcuni grappoli, che furono riposti nel suo berretto.


Io e Dell’Aquila avevamo appena preso un grappolo che sentimmo il rombo di motociclette provenire dalla strada del Lagopetto. Erano tedeschi che scendevano per l’attuale via Bonavoglia verso il Campo Sportivo. Le guardie campestri andarono via ed io e Dell’Aquila tornammo di corsa alla stazione.


I tedeschi, scendendo da via Bonavoglia, s’accorsero della luce del lume a petrolio, che rischiarava l’ufficio. Una quindicina di soldati si appostarono dietro il muretto della Ferrovia Calabro-Lucana con i mitra spianati e misero in posizione anche una mitragliatrice. Gli altri proseguirono per il nostro ufficio. Prima di loro arrivarono trafelati i vigili notturni Antonio Meschisi e Nicola De Santis, ai quali feci in tempo a togliere le rivoltelle e nasconderle sotto la cassetta di medicazione della stazione.






I tedeschi arrivarono con le loro tute mimetiche tutte impolverate. Con un sorriso offrimmo loro l’uva ma ci puntarono le armi addosso e ci perquisirono. Chiesero dei vigili notturni ma rispondemmo ch’erano ferrovieri. Rastrellarono tutta la stazione e, dopo averci ammucchiati in un cantuccio, presero i grappoli d’uva. Non conoscevano una parola d’italiano e volevano andare a Sannicandro. Lo capimmo quando dispiegarono una mappa topografica e su di essa indicarono la località. Cercammo d’indicare la strada ma non compresero e allora ci ordinarono di seguirli. Francesco D’Amato, che s’era adagiato nella sala di 1^ classe, dormiva. I tedeschi lo videro ma non gli diedero peso e lì rimase.
Uscimmo incolonnati dall’ufficio, diretti a raggiungere, attraverso la stazione delle Calabro-Lucane, il resto del drappello tedesco, appostato sul muretto.


Nel passare tra il secondo e il terzo binario della nostra stazione, sussurrai a Partipilo di far finta di legarci le scarpe per vedere quale reazione i tedeschi avevano. Così facemmo e loro proseguirono, lasciandoci indietro e portando via Dell’aquila e i due vigili notturni.
Io e Partipilo tornammo indietro. Partipilo andò a nascondersi in un portone, dove rimase fino a giorno inoltrato, mentre io mi diedi da fare per avvisare i carabinieri, che avevano un posto fisso in via Vittorio Emanuele. I carabinieri si misero in borghese, pronti a scappare alla necessità.


Di lì andai a Monteverde, dove alloggiava nei locali attualmente occupati dalla sala Galena un drappello di soldati italiani, comandato da un sergente maggiore degli Alpini, che sfoggiava una barbetta da montanaro. I soldati per tutta risposta si tolsero le divise, si misero in borghese e trasportarono i fucili e le munizioni nella stalla di Leonardo Limitone, posta di fianco alla Chiesa di Monteverde.
Mi portai anche alla caserma dei carabinieri di Piazza XX Settembre per dare l’allarme.
Quella notte una ventina di soldati tedeschi potevano occupare e rastrellare tutto il nostro paese. Non lo fecero perché il loro intento era altro.


Rientrai alla stazione ch’erano le ore 3,30.


Ero preoccupato per la sorte di Dell’Aquila e dei vigili notturni e non sapevo che cosa fare con il primo treno, che proveniva da Bari. Aprii il segnale d’ingresso ma senza il capostazione il treno non poteva ripartire. Fu allora che vidi comparire sano e salvo Dell’Aquila. Dopo la partenza del treno alla volta di Acquaviva, chiesi dei due vigili notturni. Erano salvi anche loro perché i tedeschi, a metà del tragitto fra Grumo e Bitetto li avevano fatti scendere dai loro mezzi e li avevano abbandonati per strada. 

Loro avevano proseguito per Bitetto e di lì avevano ritrovato la strada per Sannicandro” 


Un grazie particolare al signor Vito Errico.



15 10 2018