Archivio blog

lunedì 5 agosto 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

  

MARIO

MARZANO

 





 

 

Mario Marzano, è  un allenatore di calcio e così ci si presenta:

 

 

Mi chiamo Mario Marzano, ho 26 anni e provengo dalla provincia di Napoli, più precisamente Santa Maria la Carità. Sono laureato in Scienze motorie e mi accingo a cominciare il corso di Laurea Magistrale in scienze e tecniche dello sport. 

 

Da ormai 10 anni lavoro nel mondo del calcio e ho svolto svariati incarichi e mansioni presso diverse società sportive campane, infatti sono in possesso del patentino Uefa B da allenatore di base e dell'attestato da osservatore calcistico rilasciato da LF Scouting.

 

Oltre all’ambito prettamente calcistico mi occupo anche di preparazione atletica e fitness: avendo collaborato per anni con preparatori atletici e strenght coach affermati nel panorama campano, mi sono appassionato a suddette materie, approfondendo in particolar modo il tema dell’allenamento di forza e potenza e su come far si che i lavori in palestra potessero avere un transfer nella disciplina calcio. Inoltre ho praticato per qualche anno sport da combattimento, per cui posso dire che la mia vita è immersa quasi totalmente nello sport e in tutto ciò che gli gravita attorno.

 

Non sono stato un prodigio calcistico per cui ho accantonato presto l’idea di giocare per concentrarmi sullo studio e sull’affiancamento di allenatori più esperti, al fine di avviarmi io stesso all’attività di allenatore e di poter osservare da vicino tutti gli aspetti più interessanti e specifici e perché no carpire i segreti di questo sport tanto complesso nella sua apparente semplicità.

 

Le mie primissime esperienze risalgono al biennio 2014-2016, durante il quale ho affiancato Mr Carolei (attualmente collab. Tecnico Juve Stabia in serie B) e ho cominciato ad occuparmi in prima persona di gruppi appartenenti all’attività di base.

Seppur molto giovane e sicuramente ancora inesperto sono stato promosso successivamente a istruttore in solitaria, ricoprendo il ruolo di tecnico responsabile della Categoria Allievi Provinciali e in seguito le regionali presso la Sporting Scafati prima e successivamente per conto del San Vincenzo Calcio, entrambe società dell’hinterland Agronocerino-Sarnese.

 

Il mio percorso calcistico è poi proseguito in diverse società del vesuviano, dapprima al Poggiomarino in veste di vice allenatore della Juniores Regionale e contemporaneamente come responsabile della categoria pulcini all’interno della scuola calcio satellite della stessa società, in seguito mi sono occupato della medesima categoria ma per conto di una scuola calcio situata a Palma Campania.

 

Dopo aver ottenuto l’abilitazione ad allenatore giovani calciatori sono stato chiamato a svolgere il ruolo di responsabile della Categoria U17 presso la L.in.G - Scafatese, dove ho allestito il mio primo vero staff tecnico e ho collezionato un secondo posto a due punti dalla vetta in un girone molto impegnativo e stimolante, formato da squadre blasonate come la Gelbison e da svariate scuole calcio élite (stagione 2021/22).

 

Contemporaneamente a ciò, ho trascorso un semestre (precisamente Gennaio – Giugno 2022) al fianco di Mr Mario di Nola in veste di collaboratore tecnico al Pomigliano Calcio, impegnato allora nel girone A del campionato di eccellenza campana, concluso con una salvezza in anticipo, qui mi occupavo principalmente dell’atteggiamento della squadra in fase di non possesso.

 

 A posteriori posso dire che si è trattata di un’esperienza altamente formativa sia per quanto concerne l’aspetto tecnico-tattico sia sul piano relazionale, perché allenare una prima squadra ovviamente prevede un modo di interagire molto diverso rispetto ai ragazzi di un settore giovanile.

 

In seguito, il mio girovagare per gli impegni calcistici mi ha prima portato ad Acerra per una breve parentesi, dopodiché ho ricevuto la chiamata della nota Peluso Academy – Sant’Anastasia, dove mi sono stabilito da ormai tre anni e dove attualmente ricopro l’incarico di responsabile della categoria U15 élite regionale.

 

Nel corso di questi tre anni ho avuto modo di guidare rispettivamente le categorie U16 per due anni di fila, con due ottime annate e annesse qualificazioni alla fase Golden,  e infine la Juniores regionale per un lasso di tempo relativamente breve( in quanto li ho traghettati fino a fine stagione),  parallelamente al gruppo U14 con cui ho intrapreso un bellissimo percorso e che quest’anno sfocerà come detto prima nella partecipazione al campionato U15 élite, sugellando un biennio insieme all’insegna della continuità, della crescita e della coesione.  

 

Lavorare coi giovani è sempre stata la mia prerogativa, l’incarico che ricopre l’istruttore e in generale il formatore è quanto di più delicato e al contempo appagante ci possa essere, perché i ragazzi rivedono in noi un modello non solo sportivo ma anche comportamentale, ergo nei loro confronti abbiamo delle grossissime responsabilità e di sicuro il nostro atteggiamento e i nostri insegnamenti potranno influenzare lo sviluppo psicofisico dei nostri ragazzi e avere incidenza positiva o negativa a seconda di ciò che trasmettiamo, di come li correggiamo e che esempi diamo.

 

 Al di là della durata del percorso assieme, breve o lungo che sia, si può essere determinanti nella vita dei nostri ragazzi e io personalmente cerco sempre di lasciargli in eredità il meglio che posso offrire, promuovendo etica del lavoro e della meritocrazia, nonché comportamenti all’insegna del rispetto, della lealtà, della generosità e dell’empatia, mostrando loro che si può vivere di calcio non soltanto provando a prevalere sugli altri ma anche mostrandosi come persone virtuose e ammirevoli.

 

A questo cerco di abbinare una proposta calcistica e metodologica variegata e quanto più pertinente alla fase dell’età evolutiva dei miei giovani atleti, toccando tutte le aree dello sviluppo tipiche di un calciatore, optando ad esempio con i più grandi (categoria a cui mi sento più affine) per lavori che si avvicinino il più possibile al modello gara, affinché massimizzino la loro percezione dello spazio, del tempo e dell’inganno, aiutandoli nel riconoscere le fasi e gli elementi del gioco, questo per  permettergli  di sviluppare una grande fiducia in se  stessi, un grande senso di autoefficacia e offrendogli i mezzi per sviluppare la loro capacità di problem solving qualunque sia la criticità che gli si presenta durante il gioco , sia attraverso la collaborazione tra loro (senza mai codificargli giocate) sia facendo leva sul loro estro, creatività e sull’ iniziativa personale, che non va mai disincentivata.

 

A questo integro lavori di natura più fisica per migliorare anche le componenti coordinative e/o condizionali, a seconda della fascia d’età interessata. Essendo a mia volta un chinesiologo mi sta molto a cuore l’argomento, soprattutto quando si tratta dei più piccoli, con i quali il fine principale è sempre quello di arricchire la loro esperienza di pattern motori, così da aiutarli a destreggiarsi qualsiasi sia l’azione motoria che debbano compiere e permettergli di avere piena padronanza del loro corpo, attraverso lavori che seppur altamente allenanti presentano una forma più ludica  e che vanno affrontati con uno spirito più giocoso, non disdegnando, però,  un approccio multidisciplinare e quindi attingendo anche da altri sport o attività.

 

 

Con i più grandi invece lo scopo è di elevarli a giocatori performanti, rendendoli degli atleti più forti, veloci e resistenti, migliorandone laddove servisse la propriocezione e la flessibilità, individuando eventuali carenze e lacune da colmare, e al contempo riducendo l’insorgenza di infortuni attraverso un accorto lavoro di prevenzione. 

 

Tutto ciò lo faccio attraverso lavori sia che prevedono l’uso della palla sia a secco, a questi ultimi cerco di dedicare una o due sedute a parte, al fine di non ridurre il tempo di allenamento destinato ai lavori col pallone, specie quelli situazionali. 

 

Come menzionato prima, dedico larga parte a lavori incentrati sulla forza e su tutte le forme che può assumere, convogliando le mie conoscenze in un crossover tra le due materie che conosco meglio, al fine di rendere i miei calciatori più forti, esplosivi e meno soggetti a infortuni di qualsivoglia natura.”

 

 

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa: lei ricopre alla Peluso Academy – Sant’Anastasia, dove si  è  stabilito da ormai tre anni l’incarico di responsabile della categoria U15 élite regionale, ci può dire qualcosa a riguardo di questa esperienza? 

 

Durante i miei primi due anni alla Peluso Academy – Sant’Anastasia- mi sono occupato delle due rispettive squadre U16 regionale, dapprima con i ragazzi dell’annata 2007 e in seguito con i 2008. 

 

 

Si è trattato di due ottime stagioni sotto vari aspetti, in primis per aver lanciato diversi giovani talenti sia in orbita squadre pro e sia  anche in prima squadra (il Sant’Anastasia partecipa al campionato di eccellenza regionale campana), ed  anche   per quanto riguarda la resa in termini di risultati, che per quanto rappresenti un aspetto secondario in ambito giovanile, evidenzia comunque la bontà del lavoro svolto per via della doppia qualificazione alla fase golden e per i piazzamenti finali ottenuti. 

 

Oltre a questo, mi è stata affidata ad interim la guida della Juniores regionale per un lasso di tempo relativamente breve (in quanto li ho traghettati fino a fine stagione), parallelamente al gruppo U14 con cui ho intrapreso un bellissimo percorso e che quest’anno sfocerà come detto prima nella partecipazione al campionato U15 élite, a coronamento un biennio insieme all’insegna della continuità, della crescita e della coesione.

 






Per la nuova stagione calcistica che si aprirà a breve che cosa che pronostico si sente di fare?

 

Quest’anno lavorerò su due fronti, il primo come detto poc’anzi è rappresentato dalla guida del gruppo U15 élite regionale, il secondo invece è quello inerente alla prima squadra, in quanto farò parte dello staff tecnico in veste di collaboratore tecnico e preparatore atletico. 

 

In entrambi i casi non mi sento di fare pronostici, piuttosto mi auguro di trascorrere un’annata avvincente e soddisfacente, sia in termini di risultati con la prima squadra sia di crescita e valorizzazione dei nostri giovani col gruppo U15. Loro saranno i principali fruitori del mio operato e gli riserverò tempo, energie ed assoluta dedizione. 

 


 

La sua passione quand’è nata e come mai proprio il calcio, non c’era nessun altro sport che la interessava?

 

La scintilla della passione per il calcio è scoccata quando ero ancora molto piccolo, restavo incollato al televisore quando c’erano partite della nazionale, delle coppe europee, del Napoli o semplicemente programmi di informazione sportiva, in più sono cresciuto col mito di mio nonno (tifoso della Juve Stabia) che faceva parte della frangia più bella, appassionata e calorosa del tifo organizzato, e ho cominciato a frequentare anche l’ambiente stadio, accompagnato dai familiari o amici di famiglia.

 

Al di là del calcio sono sempre stato profondamente affascinato dagli sport di combattimento, tant’è che ho praticato kickbox per un po' di tempo prima di dedicarmi anima e corpo al calcio e al fitness, per cui posso dire che la mia vita è immersa quasi totalmente nello sport e in tutto ciò che gli gravita attorno

 


I suoi genitori hanno supportato questa suo interesse oppure le hanno detto la solita frase: “Prima lo studio e poi il calcio”? Devo anche precisare che lei è laureato e che di soddisfazione gliene ha date tante. 

 

I miei genitori non hanno mai interferito nelle mie decisioni in alcun modo, né sul piano scolastico né in qualsiasi altra faccenda che mi riguardasse. 

 

Ho sempre goduto di questa forma di ‘’libero arbitrio’’ e fiducia sconfinata che mi ha reso più responsabile e accorto nel compiere le scelte, ma anche più istintivo e determinato nel voler perseguire gli obiettivi che mi sono posto nel tempo. 

 






Lei ci ha riferito che non ha raggiunto grandi obiettivi nel calcio, come mai? Eppure il calcio è la sua più grande passione. 

 

Da piccolo sono stato un bambino piuttosto timido, introverso e un po' goffo, e complice  di ciò non sono mai stato esattamente una cima in quanto ad abilità,  diciamo uno di quelli che vengono etichettati in maniera un po' dispregiativa “di fascia B’’, giocavo soltanto per divertirmi con i miei amici e vivevo il calcio in maniera spensierata,  spuria da ogni aspettativa di diventare chissà chi in veste di giocatore,  e probabilmente spinto anche da questo ho deciso di andare controcorrente e ritagliarmi molto presto un ruolo diverso nel calcio. 




 





Ad un certo punto lei decide di  diventare allenatore, sappiamo inoltre che si occupa di fitness e che ha praticato sport da combattimento, come mai questo grande interesse per diventare allenatore?

 

Come menzionato prima, non sono stato un prodigio calcistico per cui ho accantonato presto l’idea di giocare per concentrarmi sullo studio e sull’affiancamento di allenatori più esperti, al fine di avviarmi io stesso all’attività di allenatore e di poter osservare da vicino tutti gli aspetti più interessanti e specifici e perché no carpire i segreti di questo sport tanto complesso nella sua apparente semplicità.

 


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Dal punto di vista puramente sportivo, sicuramente deve avere conoscenza approfondita del gioco e delle sue componenti, anche di quelle minime e quasi impercettibili all’occhio dell’osservatore medio, perché secondo me è proprio la cura dei particolari a decretare successo e insuccesso in taluni casi, e saper miscelare in modo sapiente i concetti sui quali si vuole basare il proprio calcio con le caratteristiche, i pregi e i difetti dei propri calciatori.

 

 Inoltre è necessario secondo me che sia a modo suo una figura carismatica e persuasiva, con una proprietà di linguaggio che sia consona al ruolo che svolge e un lessico adeguato, che sia capace di trasmettere e diffondere il suo sapere e le sue idee attraverso un metodo d’insegnamento valido, questo deve  consistere quindi nel saper spiegare, dimostrare, ma soprattutto individuare problemi, lacune e carenze e intervenire prontamente attraverso la correzione o l’adozione di misure specifiche, sia di carattere tecnico-tattico sia fisico.

 


Lei ha collaborato con tante squadre, ci può dire in quale ha lasciato il cuore?

 

Sicuramente sono molto legato al Sant’Anastasia e alle tante persone con le quali ho condiviso questi primi due anni, è la società nella quale ho trascorso più tempo, ho stretto più rapporti e nella quale ho potuto sperimentare, mettermi in discussione e crescere di più come tecnico, per cui inevitabilmente è il luogo a cui sono più affezionato, lo stadio di Sant’Anastasia oltre ad essere la casa della società sportiva e della scuola calcio rappresenta uno snodo fondamentale per tutta la comunità cittadina, è un luogo brulicante di vita e di ragazzi pieni di energia ed entusiasmo.

 

 

Altra piazza a cui mi sento particolarmente legato è Pomigliano, dove ho trascorso 6 mesi ostici dal punto di vista delle risorse, ma posteriori posso dire che si è trattata di un’esperienza altamente formativa tanto sul piano calcistico tanto su quello umano, avendo incontrato tante persone con cui ho allacciato rapporti di profonda stima e amicizia.

 

 

Lo stesso posso dire di Palma Campania, dove ho vissuto due bellissimi anni in una scuola calcio locale e dove ho potuto gestire per la prima volta in piena autonomia un gruppo di ragazzini che alla lunga mi ha dato soddisfazioni indescrivibili, e che tuttora ricordano con affetto e nostalgia quel periodo felice insieme.



 





Non è facile allenare dei ragazzi giovani che ambiscono a diventare calciatori, come si rapporta con loro? Cosa cambia in ambito metodologico tra piccoli e grandi?

 

Il ruolo che ricopro è in generale la figura del formatore ed è quanto di più delicato e al contempo appagante ci possa essere, perché i ragazzi rivedono in noi un modello non solo sportivo ma anche comportamentale, ergo nei loro confronti abbiamo delle grossissime responsabilità e di sicuro il nostro atteggiamento e i nostri insegnamenti potranno influenzare lo sviluppo psicofisico dei nostri ragazzi e avere incidenza positiva o negativa a seconda di ciò che trasmettiamo, di come li correggiamo e che esempi diamo. 

 

Al di là della durata del percorso assieme, breve o lungo che sia, si può essere determinanti nella vita dei nostri ragazzi e io personalmente cerco sempre di lasciargli in eredità il meglio che posso offrire, promuovendo l’ etica del lavoro e della meritocrazia, nonché comportamenti all’insegna del rispetto, della lealtà, della generosità e dell’empatia, mostrando loro che si può vivere di calcio non soltanto provando a prevalere sugli altri, ma anche mostrandosi come persone virtuose e ammirevoli.

 

 

Certamente sul piano del rapporto umano non è sempre tutto rose e fiori, i ragazzi vivono una fase della loro vita piena di cambiamenti e il loro umore ne risente anche in modo drastico, per cui delle volte può capitare di avere qualche ragazzo scontento o un po' demotivato se non dovesse sentirsi sempre protagonista al 100%, per cui è mio compito spronarli a dare il massimo e ricordargli che impegno, frequenza e serietà (oltre ovviamente al talento) sono i  comandamenti della meritocrazia e che sta a loro dimostrarmi di assolvere a questi tre fattori determinanti, d’altro canto loro sanno benissimo di poter contare su di me per qualsiasi evenienza e che possono parlarmi liberamente di tutto, sempre nel rispetto della persona e del ruolo che ricopre.

 

 

A questo cerco di abbinare una proposta calcistica e metodologica variegata e quanto più pertinente alla fase dell’età evolutiva dei miei giovani atleti, toccando tutte le aree dello sviluppo tipiche di un calciatore, optando ad esempio per lavori che si avvicinino il più possibile al modello gara, affinché massimizzino la loro percezione dello spazio, del tempo e dell’inganno, aiutandoli nel riconoscere le fasi e gli elementi del gioco,  permettendogli di sviluppare una grande fiducia in sé stessi, un grande senso di autoefficacia e offrendogli i mezzi per sviluppare la loro capacità di problem solving qualunque sia la criticità che gli si presenta durante il gioco ,sia attraverso la collaborazione tra loro (senza mai codificargli giocate)  sia facendo leva sul loro estro, creatività e sull’ iniziativa personale, che non va mai disincentivata.

 

 

A questo integro lavori di natura più fisica per migliorare anche le componenti coordinative e/o condizionali, a seconda della fascia d’età interessata. Essendo a mia volta un chinesiologo mi sta molto a cuore l’argomento, soprattutto quando si tratta dei più piccoli, con i quali il fine principale è sempre quello di arricchire la loro esperienza con schemi corporei, così da aiutarli a destreggiarsi qualsiasi sia l’azione motoria che debbano compiere e permettergli di avere piena padronanza del loro corpo, attraverso lavori che seppur altamente allenanti presentano una forma più ludica  e affrontati uno spirito più giocoso, non disdegnando un approccio multidisciplinare e quindi attingendo anche da altri sport o attività.

 

 

Con i più grandi invece lo scopo è di elevarli a giocatori performanti, rendendoli degli atleti più forti, veloci e resistenti, migliorandone laddove servisse la propriocezione, la flessibilità e la mobilità articolare, individuando eventuali carenze e lacune da colmare, e al contempo riducendo l’insorgenza di infortuni attraverso un accorto lavoro di prevenzione. Tutto ciò lo faccio attraverso lavori sia che prevedono l’uso della palla sia a secco, a questi ultimi cerco di dedicare una o due sedute a parte, al fine di non ridurre il tempo di allenamento destinato ai lavori col pallone, specie quelli situazionali. 

 

Come menzionato prima, dedico larga parte a lavori incentrati sulla forza e su tutte le forme che può assumere, convogliando le mie conoscenze in un crossover tra le due materie che conosco meglio, al fine di rendere i miei calciatori più forti, esplosivi e meno soggetti a infortuni di qualsivoglia natura.

 






Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Ai miei giocatori cerco di infondere principalmente spensieratezza e serenità prima della gara, non mi piace l’idea di metterla sul piano della guerriglia né tantomeno voglio sovraccaricarli di aspettative e pretese in nome del mero risultato, non solo non li riempirebbe di  tensione e agitazione ma comprometterebbe anche la pulizia delle loro giocate, sarebbero travolti dalla frenesia del voler vincere ad ogni costo e non farei altro che allontanarli dallo scopo principale dell’attività che svolgiamo, ossia crescere e progredire senza alcuna pressione, provando a imporsi soltanto per mezzo della bravura dei singoli e della collaborazione tra essi. 

 

 

Dunque non faccio altro che incoraggiarli e tenere alto il morale e la soglia della concentrazione, ripassando i princìpi cardine su cui lavoriamo in settimana più eventualmente qualche altra misura o accorgimento da adottare per l’occasione, dopodiché lascio che l’adrenalina pre partita che alberga in ognuno di loro faccia il resto.

 

Dal punto di vista lavorativo qual è il suo più grande pregio e il suo più grande difetto?

 

Come difetto probabilmente direi che sono profondamente autocritico, delle volte persino in maniera eccessiva, finendo per analizzare in maniera maniacale persino cose banali o trascurabili e quindi per farmi offuscare l’immagine che ho di me da una nube di cattivi pensieri, poi però mi rendo conto che esagero, che per quanto si voglia essere perfezionisti si  può commettere qualche piccolo errore e che tali pensieri non devono mai prendere il sopravvento o peggio alterare la percezione che posso avere di me.

 

 

Il mio più grande pregio probabilmente è quello di sapermi adattare velocemente a novità e contesti per me sconosciuti, sono abbastanza camaleontico, conosco il sacrificio e la rinuncia e a questo abbino una fame di conoscenza insaziabile, infatti penso di avere la capacità di apprendere molto velocemente e di mettere in pratica altrettanto presto aggiungendoci sempre qualcosa di mio. 

 


  





Secondo lei uno ragazzo che ha delle buone doti con un duro allenamento e uno stile di vita rigido, può diventare un grande calciatore? 

 

Sicuramente per un giovane calciatore avere il giusto mindset è fondamentale, però preferisco il termine ‘’sano’’ a ‘’rigido’’ quando ci riferiamo allo stile di vita. 

 

Rigido sottintende qualcosa di votato all’austerità, alla rinuncia continua e alla quasi totale assenza di svago o riposo, invece ritengo che un ottimo atleta e/o potenziale futuro calciatore sia colui che si allena sempre al massimo, ha cura del proprio corpo, riposa adeguatamente e si nutre in maniera ottimale rispetto alle proprie esigenze di fabbisogno energetico , ma che al contempo sappia staccare la spina e destinare tempo ad altre attività oppure hobby che lo aiutino a ricaricarsi di energie psicofisiche,a rilassarsi e perché no che gli aprano anche a ulteriori strade - semmai quella del calcio dovesse malauguratamente chiudersi per un motivo o per un altro - ricordiamoci che per quanto ci si possa dedicare  anima e corpo non tutti ahimè riescono a sfondare in questo sport e che tanti ragazzi potrebbero ritrovarsi tagliati fuori e senza un piano B concreto, una  specializzazione o degli interessi slegati dal calcio.

    


La nazionale non esprime un grande calcio, lo abbiamo visto agli europei, qualcuno dice che i nostri giocatori sono molti viziati e che pensano solo ad andare in vacanza, altri sostengono che non essendoci più il calcio da strada, i giovani pensano più al telefonino e a giocare alla playstation. Dove sta la verità?  

 

Penso che il problema sia radicato nei ritmi e nelle abitudini tipiche della società attuale, dove fretta e impazienza regnano incontrastati, dove tutto verte sul profitto e sulla competitività sfrenata. 

 

Tanti genitori incolpevolmente sono costretti a lavorare per tutto il giorno, non potendo dunque destinare tempo sufficiente ai figli, i quali trascorrono intere giornate chiusi in casa in balìa dei dispositivi elettronici, oltretutto le città sono sempre meno a misura di bambino e gli spazi verdi ridotti ai minimi termini, per cui i nostri ragazzi stanno diventando sempre più ‘’domestici’’, svogliati e perennemente annoiati, per cui gli unici luoghi preposti allo svolgimento di attività sportiva (all’infuori della scuola, dove secondo me si fanno troppe poche ore di educazione fisica …) diventano i centri dove hanno sede le attività delle associazioni sportive,  tra le quali vi sono alcune (e sottolineo alcune, perché per fortuna ci sono anche società rappresentate da persone mosse dal buon senso, dalla passione nonché estremamente competenti)  che cercano soltanto di accalappiare iscritti facendo leva su false promesse, sui risultati raggiunti a discapito della crescita e dello sviluppo armonioso di ciascun ragazzo e dove spesse volte si lavora in modo molto approssimativo e grossolano; non facendo altro così che contaminare una scena calcistica giovanile già piuttosto malandata e alle prese con svariati altri problemi. In conclusione  non mi sento di accusare nessuno in particolare se non il sistema guasto da noi stesso creato.

 


Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo?

 

Il calcio mi ha formato moltissimo caratterialmente e mi ha aiutato a sviluppare tante capacità sia di carattere organizzativo sia operativo, il desiderio di migliorarmi e migliorare i calciatori che mi vengono affidati mi spinge ad alzare quotidianamente l’asticella ed a convogliare nelle sedute di allenamento tutta la passione che mi pervade e tante ma tante energie, perché trascorro davvero tante ore in campo e destino molto del mio tempo alla programmazione, allo studio e all’affinare i contenuti che voglio proporre, l’altra faccia della medaglia consiste sicuramente nel fatto che delle volte mi vedo costretto a trascurare le altre mie passioni o peggio a non destinare il giusto tempo alle persone che amo, anche se mi impegno affinché nessuno sia scontento (me in primis).

 

 

Questo sport però ti permette anche di girare moltissimo e visitare luoghi e località sempre diversi, di allacciare rapporti e stringere amicizie con persone provenienti da ogni dove e di interfacciarsi con piazze blasonate, affascinanti o con modelli societari innovativi.

 


Un sogno per il futuro?

 

Mi piacerebbe sicuramente fare l’allenatore a tempo pieno e vivere di calcio, ma sarei felice anche di poter semplicemente allenare per passione e realizzarmi in uno degli ambiti nei quali sono impegnato.

Allo stesso tempo vorrei avere tempo e risorse tali da potermi dedicare ad attività benefiche in maniera più assidua e soprattutto determinante.




 




A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

A mio nonno Mario, che sarebbe stato il mio più fiero e convinto sostenitore, portare il suo stesso nome per me è un van

 

 

Grazie 

 

05  08    2024 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento