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martedì 24 maggio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

GABRIELE 

MANGANARO

 


 


  

 

 

Gabriele Manganaro un giovane giocatore di Roma così ci si presenta: “Da bambino ho giocato nella Lazio fino ai giovanissimi nazionali (però non ricordo l'età). Poi da quel momento ho militato: Aprilia un anno, poi sono stato in prestito alla Lupa Roma sempre per un anno, finito il prestito sono tornato all’ Aprilia. Per un anno non ho giocato e ora sono alla Fonte Meravigliosa da 5 anni. Con un certo orgoglio ti posso dire che abbiamo conquistato la categoria Elite  per la prima volta nella storia del club.

 

 

 

 










Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

Il periodo del covid è stato un periodo duro per tutti, ho cercato di viverlo più serenamente possibile, è stato un periodo dove magari mi sono goduto a pieno la famiglia dato che in periodi normali tra lavoro e vari impegni il tempo insieme è veramente poco. L'allenamento per me è uno stile di vita, e visto che quello dell'allenamento era uno dei pochi escamotage che si poteva usare per uscire, e io ne ho approfittato per allenarmi costantemente tutti i giorni.

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Il calcio è la mia più grande passione da quando sono piccolo, per assurdo l'ho capito intorno ai 18 anni quando mi sono ritrovato a stare lontano dal campo per un anno. In quel momento ho sentito la vera mancanza e mi sono reso che non posso farne a meno.

 

 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno sempre appoggiato in tutto e per tutto, seguendomi in qualsiasi campo e in qualsiasi trasferta. Oggi mi rendo conto dei sacrifici che hanno fatto per me e non smetterò mai di ringraziarli. Al contrario sullo studio non erano troppo oppressivi, sapevano che non ero molto portato.

 

 










Lei da 5 anni milita nel club Fonte Meravigliosa, e da come ci ha raccontato, si trova molto bene, che cos’ha di particolare questa squadra? 

 

La Fonte Meravigliosa per me è una vera e propria famiglia. Sono cresciuto lì seguendo mio fratello che da ragazzo ci militava, poi mi ci sono ritrovato io. È grazie a loro se ho ritrovato passione e amore per questo sport, mi hanno trasmesso i valori e principi di una vera e proprio famiglia, posso dire che il club è una seconda casa.

 

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse?

 

Oltre al calcio non ho grande interesse per altri sport, leggo le notizie sui vari eventi importanti, ma nulla di che.






Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

È normale che la vita che fanno i calciatori piace a tutti, un pensiero ai soldi ce lo fai sempre. Però come si dice "fai ciò che ami e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita" ecco forse questa è la frase che dice tutto. Ci sono calciatori a cui della fama non importa nulla, perché per loro questo sport è solo una grande passione.





Lei gioca nel ruolo di? 

 

Gioco come attaccante.

 

 

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il gol più bello l’ho fatto quando ero alla Lazio, feci una bellissima azione personale, un altro gol che ricordo con emozione è quello che realizzati nell'ultima partita nel campionato juniores al mio primo anno con la fonte meravigliosa: valse la promozione nella categoria Elite!

 







 





Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un pregio: mi piace aiutare i giovani a farli sentire tranquilli quando iniziano nel calcio dei "grandi" mi piace essere leader e trascinatore per i miei compagni, un difetto:   a volte sono testardo e mi rovino le partite per nervosismi eccessivi.

 

 

 

Lei è molto giovane, se la sentirebbe di lasciare l’Italia per andare a giocare in un club estero (un giocatore che ho intervistato per qualche anno ha giocato in Nuova Zelanda)? 

 

Al momento non lascerei nulla qui, sto bene sia lavorativamente parlando che calcisticamente. L'idea di andare fuori, comunque,  mi ha sempre inspirato, per lasciare tutto dovrebbe esserci una base solida con delle sicurezze, allora sì che  andrei via. 

 

 

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei?

 

Famiglia e amici sono molto importanti per me. Ho perso mio padre a 15 anni e dopo questo fatto mia madre mi ha sempre appoggiato in tutto accompagnandomi ovunque senza mai farmelo pesare, enormi sacrifici ha fatto solo per la mia passione; anche se non le dimostro spesso la mia gratitudine, certo è che lei è un enorme punto di riferimento e di forza per me. Grazie al calcio ho moltissimi amici, mi piace stare in mezzo ad un gruppo affiatato e faccio del tutto affinché riesca in questo mio intento. La Fonte è un bellissimo gruppo prima di essere una squadra.

 

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Un sogno immediato? Permettere a mia madre di smettere di lavorare, molto difficile che si realizzi, ma per tutto ciò che ha fatto e fa per me se lo merita.

 

 

 

 

 

 

 

24  maggio   2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 22 maggio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ELIO

CICCORELLI

 



 


 

Elio Ciccorelli di 33 anni è stato prima un giocatore, ora è un direttore sportivo dalle grandi capacità.  All’età di 26 anni ha smesso di giocare, poi nelle seguenti stagioni è stato diretto sportivo de: 2017–2018 Silvi, 2018-2019 Silvi, 2019-2020 Agnonese, 2020-2021 Avezzano, 2021-2022, L’ Aquila.

 



Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

L’ho vissuto in famiglia ho guardato tante partite, a una media di due o tre al giorno, il tempo c’era.

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

L’ho scoperto sin da subito, mio zio ha giocato in serie A, e così  da 5 anni ho iniziato a praticare questo sport, mi sono impegnato molto anche se non avevo un granissimo talento.

 

 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori non mi hanno precluso nulla, a 18 anni capii che non sarei riuscito a salire a livelli alti e il fatto che io giocassi nelle categorie inferiori di certo non mi avrebbe garantito una buona vita, così ho preferito studiare, ripeto non mi hanno ostacolato però mi hanno sempre indirizzato nel modo giusto.

 

 

Lei attualmente è un Direttore Sportivo, com’è arrivato a ricoprire questo ruolo?

 

Mi è sempre di più piaciuto guardare il calcio che giocarlo, all’inizio quando ero ancora un giovane giocatore ho sempre dato una mano agli allenatori, e anche ai direttori. Poi mi sono trasferito a Pescara per studiare, ho sempre dato una mano alla costruzione di una squadra, il direttore sportivo è sempre stata la mia più grande passione.

 

 

 

 

 

Non è certamente semplice fare il Direttore Sportivo bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?

 

Diciamo che dedico dalle due tre ore a guardare alle partite, il problema non è tanto saper costruire, tutti più o meno sono in grado di organizzare una squadre gran parte del lavoro è la gestione della stagione nei momenti difficili, riuscire a dare un’idea, delle regole, un modo di pensare, infine  c’è bisogno di una società che ti dia anche l’opportunità di fare degli errori che sono fondamentali per crescere.

 

 

Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto”?

 

Nel calcio moderno il ruolo del procuratore è molto importante, è chiaro che bisogna affidarsi perché si fanno delle scelte importanti, a 14, 15, 16, 17 anni, di certo non si ha la giusta una maturità per gestirsi da solo, la famiglia ti deve stare dietro, ma non deve opprimere il ragazzo. La fortuna serve nell’incontrare il procuratore giusto, soprattutto devi capire che sei e cosa vuoi, perché per quanto mi riguarda il talento può valere, il 20, il 30 o il 40 per cento, ovviamente la fortuna aiuta, e come ho detto bisogna essere sempre accorti. Generalmente uno su 10.000 diventa un calciatore professionista, ribadisco  sono tanti i fattori che ti possono portare in alto,  gli alibi, però,  sono la panacea dei deboli.

 





 







Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente? 

 

Quello che analizzo mentre osservo un giocatore sono le scelte che fa nelle diverse situazioni di gioco, poi  sicuramente vado a vedere quelli che sono i tempi, l’intensità con cui gli fai, infine mi interessa   il carattere del giocatore. Amo i giocatori pensanti, il calcio non è una scienza esatta, tutte le partite e tutte le situazioni di gioco sono diverse, se penso quei giocatori che fanno sempre la scelta giusta è facile raggiungere un risultato positivo.

 

 

 

Che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club? 

 

Sono una persona leale, e ne sono orgoglioso, con chi è leale ho sempre avuto un ottimo rapporto, sono una persona molto schietta, ho avuto presidenti che hanno accettato la mia onestà e la mia lealtà e ci sono presidenti che vogliono “dire la loro sempre e comunque in ogni situazione.” 

 

 Sono giovane ho avuto dei presidenti ottimi, poi i rapporti si sono deteriorati con l’avvento dei vari direttori generali, ad Agnone è successo così, avevo un ottimo rapporto con il presidente, lo sento ancora oggi, abbiamo lavorato anche assieme; lo stesso problema l’ho avuto ad Avezzano, ma soprattutto la stessa cosa è successa all’Aquila con il direttore generale. Nei dilettanti i ruoli non sono definiti, anche se si fa finta di non sapere quali siano. Vedi ci tengo a precisare che io  credo nel mio lavoro, se la responsabilità è mia è giusto che le scelte le prenda con la mia testa e con il benestare della società e con le idee di gioco dell’allenatore, sicuramente in ogni società ci devono essere dei paletti come in ogni azienda.

 

 

 

Successi e delusioni si equivalgono oppure maggiori sono i successi rispetto alle delusioni? 

 

Le delusioni fanno molto male, perché nel calcio portano a rimpianti a rimorsi, perché pensi che se avessi fatto una scelta diversa le cose sarebbero andate in un modo, appunto, diverso. Dall’Aquila sono andato via a novembre e ancora oggi  il dispiacere rimane. Credo che faccia molto male.

 

 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio? 

 

Il difetto? Fidarmi delle persone, troppo, e questo difetto nasce dal fatto che do credito a tutti quelli che conosco, devo imparare a essere più diffidente. Il pregio? Sono una persona onesta e leale sia sul lavoro, sono un consulente finanziario, sia nel calcio nessuno può dire che non lo sia. Ho avuto un ottimo rapporto con tutti, con qualcuno ho avuto delle discussioni, ma sulla mia lealtà posso metterci la mano sul fuoco

 

 









Chi sono i suoi modelli di riferimento? 

 

Sono quelli della vecchia scuola come Andrea Iaconi. Andrea per me è un mentore, mi ha insegnato tantissimo, mi ha fatto vedere questo sport sotto una diversa prospettiva, poi ce ne sono altri. Io mi definiscono uno della vecchia scuola, che ha un background moderno legato al lavoro che faccio. Mi ritengo un direttore sportivo da campo.

 

 

Spesso leggo sui giornali o sui social, che il “calcio è malato”, per quale motivo?

 

Il calcio riflette la situazione che abbiamo, abbiamo bisogno di grandissime riforme spero nel presidente Gravina che sta intraprendendo la strada giusta con la riduzione delle squadre professionistiche, hanno una tassazione insostenibile, non si conta più sui settori giovanili per me la regola degli under in serie D è pura follia.  Questo perché ogni anno si “buttano” dentro al campo i 2003, 2004 e la maggior parte di loro non hanno una prospettiva, perché?  Perché magari quei ragazzi non vanno a studiare, fanno 30 partite in serie D in un anno, 90 in tre anni e quando smettono vanno a giocare in promozione e in eccellenza, forse non hanno studiato, non faranno mai i giocatori professionisti e si ritroveranno in mezzo a una strada. 


È tutto sbagliato perché i giovani se sono bravi giocano e non hanno bisogno di regolamenti particolari, in conclusione vengono penalizzati i grandi e vengono penalizzati i piccoli.





Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno? 

 

Un giocatore che ammiro è Juro Pejic, è un ragazzo che è con me da 4, 5 anni, è croato, un giocatore che sarebbe sprecato in serie B. Ha un bel modo di ragionare. Se ne avessi 20 in squadra potrebbe vincere tutto, ma proprio tutto. Non saprei dire che ammiro meno, non mi piacciono i giocatori che hanno poco fame.

 

 

Un sogno per il futuro?

 

Non è molto quello di arrivare in serie B, A, è di riuscire a trovare una società che mi faccia lavorare per 4/5 anni e di riuscire a costruire qualcosa, il mio grande sogno, a medio termine è questo che ho appena detto. Mi piacerebbe riuscire a costruire qualcosa, per fare calcio c’è bisogno di strutture, di settori giovanili, di tante cose, il mio sogno è mettermi alla prova, cercando di costruire qualcosa di importante, mi piace lavorare a 360 gradi. In prima categoria ho fatto tutto, dal magazziniere, facevo la distinta, ho fatto tante cose da solo. Quando vado in una società riesco a vedere tutto, sicuramente può essere una dote, naturalmente ho tantissimo da imparare, ma se non fai non impari.

 

 

 

22 maggio 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 14 maggio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FABRIZIO

SPAGNUOLO

 





Fabrizio Spagnuolo è un ex giocatore di calcio, così ci si presenta


 “Sono nato a Matera il primo marzo del 1962.  All'età di un anno e mezzo i miei genitori si trasferiscono a Vigevano dove praticamente sono cresciuto. Gioco nel settore giovanile del Vigevano che in quegli anni faceva la serie C.



 L'allora direttore sportivo del Vigevano era un certo Gianbattista Moschino, famoso giocatore degli anni sessanta e settanta che aveva militato nel Torino e nella Lazio- Io nel Vigevano ho fatto i giovanissimi e gli allievi. Nell'estate del '78 Moschino mi segnala al Torino e alla Roma. Decisi di accettare Torino anche perché era più vicino a casa, e non me ne pentii anche perché in quel periodo il Torino era uno dei migliori settori giovanili d'Italia.


Iniziai con gli allievi A con allenatore Rabitti Ercole grande maestro di calcio ma soprattutto di vita. Il secondo e terzo anno faccio la categoria Primavera con allenatore un altro grande maestro, Vatta Sergio. Questo è stato anche l'anno dell'esordio in serie A contro l'Ascoli di Mazzone e credo l'ultimo anno giocato da Anastasi perché se ben mi ricordo era in panchina con l'Ascoli. 


L' estate del '81 faccio una bella esperienza di venti giorni con la Nazionale italiana juniores di Acconcia in Cina in un torneo giocato a Shangai. 


Stagione 1981'82 faccio parte della rosa della prima squadra con allenatore Giacomini, ma purtroppo non riesco a fare nessuna presenza. 


Parecchie volte andavo al sabato con la primavera e la domenica ero o in panchina o in tribuna con la prima squadra. Stagione 1982'83 vengo trasferito alla Reggina in C1 dove colleziono 17 presenze. Stagione 1983'84 Ternana C1 presenze 20 Stagione 1984'85 fino ad Ottobre Ternana C1 5 presenze poi Prato in C2 dove faccio 26 presenze e vinciamo il campionato agli spareggi con l'Alessandria. 


Di seguito le mie stagioni calcistiche:


Stagione 1985'86 ancora con il Prato in C1 con 21 presenze Stagione 1986'87 Perugia in C2 con 14 presenze Stagione 1987'88 Vigevano interregionale l'attuale serie D con 25 presenze Stagione 1988'89 Fiorenzuola interregionale con 30 presenze Stagione 1989'90 Fiorenzuola vinto campionato 33 presenze Stagione 1990'91 Sparta Novara interregionale con 29 presenze Stagione 1991'92 Sparta Novara interregionale 29 presenze Stagione 1992'93 Sparta Novara interregionale 33 presenze Stagione 1993'94 Sparta Novara interregionale presenze 29 Stagione 1994'95 Aglianese promozione toscana vinto campionato presenze 25 Stagione 1995'96 Aglianese eccellenza toscana vinto campionato 30 presenze 


La stagione 1996 '97 è stato l’ultimo anno giocato nel campionato di serie D con 26 presenze 


Poi ho iniziato ad allenare il settore giovanile dell’Aglianese per tre stagioni Ho allenato ancora sette anni nel settore giovanile del Prato poi ho dovuto smettere perché il lavoro non me lo permetteva era il 2011 

 

 


La prima domanda è questa il Covid ha stravolto le nostre vite e anche il calcio, ora sembra che tutto stia tornado alla normalità, secondo lei è così? 

 

l covid ha cambiato non solo il mondo del calcio, ma ha cambiato proprio il mondo in generale. È chiaro che si speri che tutto vada per il meglio il prima possibile, anche se la vedo difficile.

 





                                Reggina

 




Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sicuramente fin da piccolo. Quando sei bambino e vedi che tutti i giorni non puoi fare a meno di tirare calci ad un pallone, credo che la passione nasca in quel momento. Indipendentemente che tu poi faccia il calciatore oppure no.

 

 

                                                Primavera nel Torino




I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Mi ricordo quando i dirigenti del Vigevano vennero a casa mia per parlare del mio trasferimento a Torino. Mio padre non ne voleva sapere. Non voleva assolutamente che io andassi via di casa perché avevo iniziato a lavorare ed il mio stipendio era utile per la famiglia. Furono le mie sorelle a convincere mio padre.

 





                                Con i giovanissimi del Prato '91, stagione 2005 2006





Lei giovanissimo va al Torino, cos’ha pensato in quel momento

 

C'è voluto qualche ora per realizzare il tutto. Poi nei giorni a seguire tutte le mattine ero sempre a vedere nella buca delle lettere se arrivava la convocazione. Quando arrivò la lettera non stavo più nella pelle. Ricordo che pensai: “forse posso diventare un giocatore”.

 





 
                                                     Al Prato




A Torino si era ambientato bene? 

 

Non bene, ma benissimo, era un ambiente adatto per un ragazzo di quell'età.

 

 

                                 Perugia




Nel 1981 lei va in Cina, a giocare un torneo a Shangai dev’essere stata una magnifica esperienza, oggi la società cinese è cambiata, Shangai è una città splendida, moderna con tatti grattaceli, all’epoca com’era la Cina che lei ha conosciuto?

 

 

Tutta diversa di come è ora, per quello che vedo ora nelle varie tv. Molto povera rispetto ad oggi sicuramente. Strutture completamente diverse. Una cosa che mi rimase impressa, era che quando ci portavano in giro per visitare quei  luoghi bellissimi la gente ci guardava come se fossimo dei marziani. Erano quasi tutti vestiti uguale con camice o bianche o blu. Dormivamo in un albergo di quindici piani, in camera dormivo con Francini, la mattina ci svegliava il suono di campanelli di biciclette. Era l'unico mezzo di trasporto per il popolo oltre ai bus comunali. Macchine se ne vedevano poche. Un’esperienza che non dimenticherò.




 

                                            Vigevano

 




Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Non ce ne una in particolare. Io mi sono trovato bene in tutte le squadre in cui ho giocato. Se ne devo citare una forse nella città in cui mi sono fermato che è Prato, perché ho trovato mia moglie .

 

 


 

                                                              Prato. Parma di Sacchi con Signorini mio compagno a Terni.





Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 


Forse la pallacanestro è quella che mi attira di più. Ti racconto un aneddoto. Facevo le scuole medie ed avevo come prof. di educazione fisica l'allenatore della pallacanestro della squadra della Mecap di Vigevano che militava in A1. Voleva che andassi a giocare nelle giovanili. Mi ricordo che ci sarei andato volentieri perché mi piaceva anche quello sport. Io gli chiesi: “Prof ma se vengo a giocare a pallacanestro col calcio devo smettere? Lui mi disse se vieni devi smettere con il calcio. Allora gli risposi che avrei continuato con il calcio.





                                  Allenamento con  la prima squadra del Torino insieme a Danova





Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

La maggior parte dei ragazzi di oggi sono spinti dai genitori a giocare al calcio. E prova ad immaginare perché? Nel 2011 ho fatto un'esperienza di un mese e mezzo in America ad Atlanta ero istruttore di calcio dai bambini ai ragazzi e ragazze fino a 18 anni. Esperienza stupenda anche questa. I ragazzi lì non fanno solo calcio, ma praticano almeno due o tre sport differenti. In questo modo è chiaro che poi scelgono quello che più fa per loro. Questo anche perché non sono ossessionati dai genitori. Hanno anche la fortuna di avere strutture all'avanguardia tipo i college per cui è anche più semplice. Ma la differenza è nella mentalità



Lei giocava nel ruolo di? 

 

l mio ruolo era centrocampista. Poi verso fine carriera come tanti centrocampisti si spostano in difesa centrale.

 

 

                                Ternana




Si ricorda il suo goal più bello?

 

Si me lo ricordo benissimo. Era contro l'Aosta nella stagione ‘90'91 giocavo con la Sparta Novara in interregionale.

 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Sì, forse qualcosa cambierei, però in linea di massima rifarei quello che fatto.

 

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Se smette quest'anno ed è Chiellini. Sicuramente un esempio per i più giovani.

 




                                     Fiourenzuola

 




Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Negli ultimi anni che ho giocato ho iniziato a pensare al dopo calcio, del resto come fanno tutti. Ho sempre pensato di trovare prima di tutto un lavoro che mi potesse dare tranquillità economica. Se poi ci fosse stata la possibilità di potere allenare a livello giovanile… perché no! E così e stato fino a quando il lavoro me lo ha permesso. Mi sarebbe piaciuto molto continuare a trasmettere quello che di positivo mi ha dato il calcio ai ragazzi. Forse un giorno potrò riprendere ad insegnare calcio, si vedrà.

 

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Sicuramente la passione, senza quella è impossibile trasmettere. Poi chiaramente anche competenza.

 


 


                                Negli Stati Uniti

 




Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

 

Sicuramente il calcio mi ha dato tanto. Mia ha fatto fare esperienze indimenticabili, conoscere tanta gente, girare tanto e di conseguenza conoscere tante città. Però sono dovuto stare parecchi anni senza i miei famigliari e vederli di rado. Mi ha tolto di più l’essere lontano da loro.

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Niente di particolare, solo serenità e pace per tutti

 

 

 

 

 

 

 

14  maggio 2022

 

(Tutti i diritti riservati)