SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
ELIO
CICCORELLI
Elio Ciccorelli di 33 anni è stato prima un giocatore, ora è un direttore sportivo dalle grandi capacità. All’età di 26 anni ha smesso di giocare, poi nelle seguenti stagioni è stato diretto sportivo de: 2017–2018 Silvi, 2018-2019 Silvi, 2019-2020 Agnonese, 2020-2021 Avezzano, 2021-2022, L’ Aquila.
Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa?
L’ho vissuto in famiglia ho guardato tante partite, a una media di due o tre al giorno, il tempo c’era.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
L’ho scoperto sin da subito, mio zio ha giocato in serie A, e così da 5 anni ho iniziato a praticare questo sport, mi sono impegnato molto anche se non avevo un granissimo talento.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
I miei genitori non mi hanno precluso nulla, a 18 anni capii che non sarei riuscito a salire a livelli alti e il fatto che io giocassi nelle categorie inferiori di certo non mi avrebbe garantito una buona vita, così ho preferito studiare, ripeto non mi hanno ostacolato però mi hanno sempre indirizzato nel modo giusto.
Lei attualmente è un Direttore Sportivo, com’è arrivato a ricoprire questo ruolo?
Mi è sempre di più piaciuto guardare il calcio che giocarlo, all’inizio quando ero ancora un giovane giocatore ho sempre dato una mano agli allenatori, e anche ai direttori. Poi mi sono trasferito a Pescara per studiare, ho sempre dato una mano alla costruzione di una squadra, il direttore sportivo è sempre stata la mia più grande passione.
Non è certamente semplice fare il Direttore Sportivo bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?
Diciamo che dedico dalle due tre ore a guardare alle partite, il problema non è tanto saper costruire, tutti più o meno sono in grado di organizzare una squadre gran parte del lavoro è la gestione della stagione nei momenti difficili, riuscire a dare un’idea, delle regole, un modo di pensare, infine c’è bisogno di una società che ti dia anche l’opportunità di fare degli errori che sono fondamentali per crescere.
Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi: “Non ho avuto le giuste conoscenze, se le avessi avute sarei arrivato molto più in alto”?
Nel calcio moderno il ruolo del procuratore è molto importante, è chiaro che bisogna affidarsi perché si fanno delle scelte importanti, a 14, 15, 16, 17 anni, di certo non si ha la giusta una maturità per gestirsi da solo, la famiglia ti deve stare dietro, ma non deve opprimere il ragazzo. La fortuna serve nell’incontrare il procuratore giusto, soprattutto devi capire che sei e cosa vuoi, perché per quanto mi riguarda il talento può valere, il 20, il 30 o il 40 per cento, ovviamente la fortuna aiuta, e come ho detto bisogna essere sempre accorti. Generalmente uno su 10.000 diventa un calciatore professionista, ribadisco sono tanti i fattori che ti possono portare in alto, gli alibi, però, sono la panacea dei deboli.
Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente?
Quello che analizzo mentre osservo un giocatore sono le scelte che fa nelle diverse situazioni di gioco, poi sicuramente vado a vedere quelli che sono i tempi, l’intensità con cui gli fai, infine mi interessa il carattere del giocatore. Amo i giocatori pensanti, il calcio non è una scienza esatta, tutte le partite e tutte le situazioni di gioco sono diverse, se penso quei giocatori che fanno sempre la scelta giusta è facile raggiungere un risultato positivo.
Che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club?
Sono una persona leale, e ne sono orgoglioso, con chi è leale ho sempre avuto un ottimo rapporto, sono una persona molto schietta, ho avuto presidenti che hanno accettato la mia onestà e la mia lealtà e ci sono presidenti che vogliono “dire la loro sempre e comunque in ogni situazione.”
Sono giovane ho avuto dei presidenti ottimi, poi i rapporti si sono deteriorati con l’avvento dei vari direttori generali, ad Agnone è successo così, avevo un ottimo rapporto con il presidente, lo sento ancora oggi, abbiamo lavorato anche assieme; lo stesso problema l’ho avuto ad Avezzano, ma soprattutto la stessa cosa è successa all’Aquila con il direttore generale. Nei dilettanti i ruoli non sono definiti, anche se si fa finta di non sapere quali siano. Vedi ci tengo a precisare che io credo nel mio lavoro, se la responsabilità è mia è giusto che le scelte le prenda con la mia testa e con il benestare della società e con le idee di gioco dell’allenatore, sicuramente in ogni società ci devono essere dei paletti come in ogni azienda.
Successi e delusioni si equivalgono oppure maggiori sono i successi rispetto alle delusioni?
Le delusioni fanno molto male, perché nel calcio portano a rimpianti a rimorsi, perché pensi che se avessi fatto una scelta diversa le cose sarebbero andate in un modo, appunto, diverso. Dall’Aquila sono andato via a novembre e ancora oggi il dispiacere rimane. Credo che faccia molto male.
Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio?
Il difetto? Fidarmi delle persone, troppo, e questo difetto nasce dal fatto che do credito a tutti quelli che conosco, devo imparare a essere più diffidente. Il pregio? Sono una persona onesta e leale sia sul lavoro, sono un consulente finanziario, sia nel calcio nessuno può dire che non lo sia. Ho avuto un ottimo rapporto con tutti, con qualcuno ho avuto delle discussioni, ma sulla mia lealtà posso metterci la mano sul fuoco
Chi sono i suoi modelli di riferimento?
Sono quelli della vecchia scuola come Andrea Iaconi. Andrea per me è un mentore, mi ha insegnato tantissimo, mi ha fatto vedere questo sport sotto una diversa prospettiva, poi ce ne sono altri. Io mi definiscono uno della vecchia scuola, che ha un background moderno legato al lavoro che faccio. Mi ritengo un direttore sportivo da campo.
Spesso leggo sui giornali o sui social, che il “calcio è malato”, per quale motivo?
Il calcio riflette la situazione che abbiamo, abbiamo bisogno di grandissime riforme spero nel presidente Gravina che sta intraprendendo la strada giusta con la riduzione delle squadre professionistiche, hanno una tassazione insostenibile, non si conta più sui settori giovanili per me la regola degli under in serie D è pura follia. Questo perché ogni anno si “buttano” dentro al campo i 2003, 2004 e la maggior parte di loro non hanno una prospettiva, perché? Perché magari quei ragazzi non vanno a studiare, fanno 30 partite in serie D in un anno, 90 in tre anni e quando smettono vanno a giocare in promozione e in eccellenza, forse non hanno studiato, non faranno mai i giocatori professionisti e si ritroveranno in mezzo a una strada.
È tutto sbagliato perché i giovani se sono bravi giocano e non hanno bisogno di regolamenti particolari, in conclusione vengono penalizzati i grandi e vengono penalizzati i piccoli.
Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno?
Un giocatore che ammiro è Juro Pejic, è un ragazzo che è con me da 4, 5 anni, è croato, un giocatore che sarebbe sprecato in serie B. Ha un bel modo di ragionare. Se ne avessi 20 in squadra potrebbe vincere tutto, ma proprio tutto. Non saprei dire che ammiro meno, non mi piacciono i giocatori che hanno poco fame.
Un sogno per il futuro?
Non è molto quello di arrivare in serie B, A, è di riuscire a trovare una società che mi faccia lavorare per 4/5 anni e di riuscire a costruire qualcosa, il mio grande sogno, a medio termine è questo che ho appena detto. Mi piacerebbe riuscire a costruire qualcosa, per fare calcio c’è bisogno di strutture, di settori giovanili, di tante cose, il mio sogno è mettermi alla prova, cercando di costruire qualcosa di importante, mi piace lavorare a 360 gradi. In prima categoria ho fatto tutto, dal magazziniere, facevo la distinta, ho fatto tante cose da solo. Quando vado in una società riesco a vedere tutto, sicuramente può essere una dote, naturalmente ho tantissimo da imparare, ma se non fai non impari.
22 maggio 2022
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