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venerdì 14 gennaio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FABIO

ESCA

 


 


     

 

 

 

Fabio Esca ha 29 anni ed abita ad Aversa. Si è laureato in Scienze Motorie, ed allenatore di base CSI. Carriera da calciatore: Settore giovanile Mariano Keller-campione regionale Aversa normanna-allievi nazionali, Berretti nazionale



Carriera da allenatore: Aversa normanna: giovanissimi e Allievi regionali, Virtus Liburia: Juniores regionale, Contea Normanna: categorie 2015-2012-2009

 



 

 



 




Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa?  In che modo riusciva a far allenare i suoi giovanissimi calciatori? 

 

E’ stato davvero brutto stare lontano dai campi, ma cercavo di mantenere sempre vivi i contatti interagendo sui social e cercando di mantenere vivo l'entusiasmo.




 




Secondo lei cosa potrà comportare per gli adolescenti questo lungo periodo di pausa? 

 

Sicuramente non sarà facile riuscire a vivere lo sport come prima perché c'è sempre un po' di paura, pero spero che grazie all'aiuto dei vaccini si possa ritornare alla normalità.




 





Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Fin da piccolo ho provato un sentimento profondo per questo sport, è una passione che mi è stata trasmessa da mio padre e sono anni che ho la fortuna di collaborare con lui, quando siamo in campo basta uno sguardo per capirci.

 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondare questa passione, oppure erano più contenti che lei si dedicasse solo allo studio? 

 

I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, facendo sacrifici enormi per accompagnarmi agli allenamenti. Gli sarò per sempre grato per avermi fatto vivere questa mia grande passione

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sicuramente nel settore giovanile della Mariano Keller sono stati anni bellissimi riuscendo a vincere un campionato regionale. Anche gli anni con l'Aversa Normanna sono stati belli, disputando i campionati Allievi e Berretti  Nazionale.

 

Secondo lei perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Sicuramente l'aspetto economico gioca un ruolo fondamentale, però credo vivamente che sia davvero lo sport più bello del mondo.










Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Allenatore è una parola importante. Al momento mi sento più istruttore. Le cose che mi hanno spinto ad intraprendere questo percorso sono due: la prima è stata dettata dal fatto di avere un padre che già faceva questo "lavoro" e la seconda è la soddisfazione di vedere i ragazzi riuscire ad imparare cose nuove con i miei consigli.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

La lealtà. 



 

 


 




Lei allena giovanissimi calciatori, come si rapporta con loro?

 

Mi rapporto con estrema umanità, ma a volte serve essere anche un po' duro per cercare di mantenere sempre viva l'attenzione.

 

Qual è la maggiore difficoltà che ha con questi giocatori? 


Sicuramente mantenere viva la concentrazione.

 








Come sono i rapporti con i genitori?  

 

Cerco sempre di creare una collaborazione con i genitori, ovviamente mantenendo sempre un certo rispetto tra i ruoli.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio non mi ha tolto e non mi sta togliendo niente. Ha arricchito e continuerà ad arricchire il mio bagaglio d'esperienza.

 

Lei si è laureato in Scienze Motorie, secondo lei come potrebbe cambiare la sua vita futura?

 

Spero di raggiungere traguardi importanti, attualmente sono felice di essere in una società seria Contea Normanna, che non mi fa mancare niente e mette sempre al primo posto il bene degli allievi.

 

Ha intenzione di prendere il patentino di Uefa B? 

 

Si, vorrei cercare di formarmi sempre di più cosi da poter trasmettere sempre nozioni importanti ai miei giocatori.

 








Un suo pregio e suo difetto, calcisticamente parlando, è ovvio?

 

Preferisco sempre che siano gli altri a parlare dei miei pregi. Per quanto riguarda i difetti credo di dover migliorare ancora tanto ed è questo un aspetto che mi porta ad avere sempre voglia di migliorarmi ed aggiornarmi.

 








Un sogno per il futuro?

 

Il  mio sogno è quello di continuare a lavorare nel settore giovanile e riuscire a formare tanti bravi calciatori

 

 

 

114 gennaio 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 9 gennaio 2022

SEZIONE SPORT 

 




Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FILIPPO

DI MARCO

 

 


 

 

 


 

 


Filippo Di Marco nato a Latina il 4 Agosto 1982. È un ex calciatore con esperienze professionistiche nel Bari e nella Reggina. 


Un passato importante da calciatore del Latina squadra della sua città dove inizia la trafila dalle giovanili fino e fare l'esordio in prima squadra all’età di 15 anni e mezzo; è stato il primo calciatore in Italia a dover usufruire di un permesso speciale da parte della federazione per poter essere convocato in una prima squadra. 


Inizia la sua Carriera calcistica nella squadra del suo quartiere di periferia il Campo Boario piccola frazione di Latina dove inizia  a tirare i primi calci ad un pallone. Vince il primo titolo nazionale con la rappresentativa della Lazio in questa squdra erano stati selezionati i migliori calciatori di tutto il Lazio. Successivamente ha iniziato a girovagare per molte squadre del territorio Laziale. 


Adesso è uno stimato direttore sportivo per una squadra che milita nel campionato di eccellenza Laziale e la gavetta non gli è certo mancata. 


Circa 5 anni fa inizia la sua avventura da DS per una squadra storica di Latina la rinomata squadra parrocchiale: “Cos Latina” dove hanno iniziato a giocare grandi volti storici del calcio come Vincenzo D’Amico, Roberto Policano, Giancarlo Sibilia e molti altri ancora. Una squadra che prima di allora non aveva mai superato la seconda categoria. 



Forte delle molte conoscenze e dei numerosi rapporti coltivati in tanti anni di calcio vince subito il campionato al primo anno per poi ripetersi l'anno successivo arrivando secondo, posizione che garantisce il ripescaggio in promozione. 2 salti di categoria in 2 anni. 



Terzo salto di categoria al terzo anno, ma con una squadra diversa, ripartendo però sempre dalla seconda categoria con un progetto nuovo prima dell'interruzione dei campionati per il covid.





 





Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa?  E cosa pensa che succederà ora che i contagi stanno aumentando?

 

Sfortunatamente non mi sarei mai aspettato di essere dopo due anni ancora in questa situazione.  È una situazione drammatica, non se ne esce e questa situazione a livello economico si sta ripercuotendo in maniera negativa su tutte le aziende del nostro territorio, senza parlare dello sport, del calcio a livello dilettantistico dove i calciatori non si sono potuti allenare bene, e ciò ha portato a tanti infortuni, alcuni gravi e che hanno penalizzato la carriera di diversi atleti;  per chi gioca in Eccellenza, e in serie D si tratta di avere uno stipendio a fine mese. 




 





Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho scoperto che il calcio sarebbe diventata la mia più grande passione, perché anche mio  padre  è stato un calciatore che  militava in serie C con il Latina calcio, poi lui ha smesso presto perché  ha preferito fare altro, detto ciò,  questo amore per il calcio mi è stato trasmesso da mio padre, lui mi ha insegnato il rispetto delle regole, anche quelle presenti nella vita  fuori dal calcio; da piccolino  mi portava sempre negli spogliatoio e mi faceva entrare in campo. Così ho fatto anche con mio figlio quand’era piccolo, aveva due anni e mezzo e si trattava di una partita importante.



 





I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

La mia famiglia mi ha sempre lasciato libero, avevo la testa sulle spalle e non mi ha fatto mai delle pressioni particolari, sono sempre riuscito a risolvere i problemi da solo e ho gestito al meglio le situazioni della vita, sia nella carriera scolastica, sia in quella sportiva. E anche vero che ho fatto tanti errori, ma questi mi sono serviti per crescere a livello caratteriale  (in maniera sana e forte).

 







Lei vanta un primato quello di aver esordito in prima squadra, nel Latina a 15 anni (tanto da aver avuto un permesso speciale dalla federazione). Come ha vissuto questo momento così importate? Il primato è ancora imbattuto?

 

Lo ricordo come se fosse ieri, giocare allo stadio Francioni di Latina... entrare al posto di Roberto Policano... è stata un’emozione importantissima, non la dimenticherò.  L’allenatore era Mario Buccilli e per lui tutti i giocatori erano uguali, giocava chi meritava. A quell’epoca il Latina calcio faceva invidia a diverse squadre di serie C… certo che fare l’esordio a quell’età, con quella squadra e in campionato, per me che venivo dalla periferia di Latina  per me rappresentava la realizzazione di un sogno. In conclusione ci tengo a precisare che il mister Buccilli era un punto di riferimento, lo ammiravo come uomo e come allenatore, è stato un padre calcistico e una persona perbene. A proposito dell’esordio  ti posso dire che dovrebbe essere stato battuto da poco in ambito professionistico, in ambito dilettantistico non credo, non ho seguito le vicende.

 








Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Direi il Latina Calcio.  Si è trattata di  un’esperienza fondamentale, sono diventato calciatore del Latina a 14 anni, ho fatto tutta la trafila dai giovanissimi sino alla prima squadra, è stato grazie a questa squadra se ho avuto delle esperienze professionistiche  fondamentali.   Per  mia formazione hanno contribuito gli insegnamenti di  alcuni allenatori importanti come:  Giampiero Morgagni, ex bandiera del Latina, Alberto Pizzi, un grandissimo allenatore. In prima squadra ho avuto altri allenatori che mi hanno formato a livello caratteriale, ricordo Argenio (è scomparso poco tempo fa) Attardi (anche lui è venuto a mancare). 

All’epoca le regole erano molto severe, noi più giovani dovevamo fare la cosiddetta  "gavetta", oggi invece il ragazzo è più coccolato, all’epoca se non avevi carattere non riuscivi a proseguire, in compenso il rispetto e la lealtà erano maggiori tra noi compagni di squadra, verso l’allenatore  verso il presidente e la dirigenza; tutto questo  oggi viene a mancare, perché i giocatori sono assecondati in ogni loro richiesta e certamente non è un bene per la crescita.  In conclusione abbiamo giocatori viziati e con poca personalità

 









Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi

 

Secondo me la televisione ricopre un ruolo fondamentale nel mostrarti la “bella vita “ che conducono alcuni giocatori, visto dall’esterno  questo sport ti può dare tanto, ma bisogna fare molti sacrifici e se non dedichi tutta la tua vita ad allenarti questo è uno sport che non ti offre nulla.  Da fuori sembra che sia facile arrivare in Lega Pro, serie B, serie A. Il sacrificio riguarda anche i team manager, il mister, i dirigenti sportivi classici. I giovani pensano al soldo facile, pensano ad ottenere senza dare, per il 90% di loro oggi è così. È un   malcostume diffuso, questo perché si dà troppa importanza al denaro, non era così anni fa, non ci sono più giocatori legati alla bandiera, attaccati alla maglia, non c’è più un giocatore che sposa un progetto, nessun atleta che rimane per di 4 anni nella stessa squadra, è un fattore negativo sia per il calcio italiano che per quello internazionale.



 

 


 

 

Lei è una persona conosciuta e stimata nell’ambiente calcistico, che cosa significa per lei essere conosciuti e vantare un simile primato che sopra abbiamo esposto?

 

Non mi reputo una persona conosciuta, anche se nel mio ambiente ho fatto molti anni da calciatore e da 5 anni sono direttore sportivo e in 5 anni ho avuto molte soddisfazioni; comunque penso che per quel poco che ha fatto l'abbia fatto bene dando tutto me stesso.   Però penso che nella città dove abito ci sia invidia e cattiveria, soprattutto quando una persona riesce a ottenere dei risultati importanti, credo che nel calcio quello che ho sopra esposto sia una cosa attuale, e cioè l’invidia tra gli addetti ai lavori, e la cattiveria che circola tra le varie società. In alcune circostanze ho vissuto sulla mia pelle queste negatività, colleghi e addetti ai lavori invece che apprezzarmi e di applaudire sulle cose positive, sprecavano  il tempo a denigrarmi. Questa è la situazione calcistica ad oggi, io non riuscirei ad avere un simile comportamento con un mio collega e verso una persona che sta ottenendo dei buoni risultati e che sta cercando di farsi strada per far diventare questa sua passione un vero e proprio lavoro. 

 





 

 

 

Lei circa 5 anni fa inizia la sua avventura da ds per una squadra storica di Latina la rinomata squadra parrocchiale “Cos Latina”, come mai ha deciso di diventare dirigente sportivo?

 

Ho iniziato quest’avventura con il Cos Latina quando stato coinvolto dal presidente della società, un amico che mi conosceva da tempo; apprezzando la persona a livello umano, sapendo delle mie competenze calcistiche mi ha proposto senza impegno di dargli una mano per rivalutare la situazione della società. Successivamente con la mia venuta sono entrate in società altre persone e abbiamo iniziato questo progetto di rinnovamento. Al primo anno abbiamo vinto un campionato (tra l’altro la squadra non aveva mai vinto nessun campionato sino ad allora), così abbiamo dato il via ad una bellissima favola, abbiamo fatto due salti di categoria e abbiamo portato la società a raggiungere un obiettivo storico,  ricordo che il Cos Latina era la seconda società di Latina. E' stato un onore portare la società al vertice dei vari campionati, da quando sono andato via non hanno raggiunto nessun obiettivo, tutto ciò è un motivo d’orgoglio.

 



 


 

 

Come dirigente sportivo possiamo dire che gli ultimi sono stati fantastici, cosa si prefigge in questo momento con l’Atletico Lazio?

 

Per me  accettare l’incarico all’Atletico Lazio, società di eccellenza laziale,  ( io che sono partito dalla II categoria per arrivare in 5 anni a fare il direttore sportivo in una società in un campionato di Eccellenza)  è un motivo d’orgoglio, tra l’altro  nessuno mi ha mai regalato niente e se il mio nome è stato attenzionato dalla  dirigenza dell’Atletico Lazio - che è una società   che non è della provincia di Latina,  che ha una sede legale a Formia  e che si allena nel viterbese  - dimostra che qualcosa di buono sono riuscito a fare. Cercherò come sto facendo adesso in questo mercato di riparazione, ( sono stato chiamato per questo) di fare il mio meglio portando 14 giocatori nuovi per cercare di  rifondare una squadra che è nell’ultimo posto in classifica, ma che vuole rivalutarsi. A me piace questa sfida che è quella di riuscire  a tirar fuori questa squadra dall’ultimo posto.

 



 


 

 


Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato

 

Il sogno più grande è quello di ottenere la salvezza con l’Atletico Lazio, è il mio più grande obiettivo, sto facendo molti sacrifici,  ci alleniamo tutti i giorni, io faccio tre ore di macchina (andare e tornare), si tratta di  un dispendio di energia importante, essendo un direttore sportivo mi piace sempre essere presente sul campo, sentire e tastare l’umore dei giocatori, del mister, della società, mi auguro che queste 15 partite che rimangono siano partite che ci portino a dei risultati importanti. La squadra nel girone di ritorno sarà al completo, - con tutti i nuovi acquisti a disposizione - ad oggi per me questo è l’unico obiettivo. Tutti cerchiamo di dare il meglio, posso dire di trovarmi in una bella famiglia, non mi aspettavo di trovare questo ambiente così positivo. In conclusione ti posso dire che cercherò anche di mantenerla in categoria, voglio rimanere in eccellenza con questa squadra. 

 

 


 


 

 



 

 

10 gennaio 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 29 dicembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 

 

 


 

 

 

 






CONVERSANDO DI CALCIO CON…

     

 

 

 

CRISTIAN  

LANCIATO 

 

 

 







 

 





Cristian Lanciato è nato il 13 novembre del 1988 e abita a Castel Volturno (Pineta Mare)

Il settore giovanile lo ha passato al Mariano Keller. Poi ha militato nel Picerno, Casal Monferrato, Dhertona, San Antonio Abate, Nola, Caivano, Albanova, Oratorio Don Guanella, Castel Volturno.

 







Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

Il primo periodo è stato molto traumatico perché non si sapeva contro che tipo di virus si combatteva! E la paura di perdere i propri cari mi metteva in crisi! Ma ringraziando Dio tutto apposto! Avendo un giardino grande a casa mi sono allenato è tenuto in forma naturalmente per quello che si poteva!

 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

La mia passione per questo meraviglioso sport è nata all’età di 12 anni! Con le classiche partite di strada!

 



Che cosa generalmente dice quando si trova di fronte a dei calciatori molto giovani i quali vedono nel loro futuro solo il calcio?

 

Quando vedo dei giovani che approcciano a questo sport mi si illuminano gli occhi, ma per esperienza devono capire che lo sport qualsiasi esso sia deve essere un veicolo di formazione per la vita! Poi se sono rose fioriranno! Non affidate la propria vita a terze persone che decidono con i calciatori come se fossero burattini!

 



Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono rimasto legato molto all’Albanova formata da grandi persone che fanno tutto con il cuore senza risparmiarsi, lo stesso per il Don Guanella del presidentissimo Don Aniello Manganiello e del direttore Granato, infine menziono il Picerno calcio.

 



Alcuni giocatori mi hanno detto che se non hanno avuto fortuna non è che sia dipeso dalle loro qualità, ma perché non hanno avuto il giusto procuratore, oppure che non hanno avuto la “giusta raccomandazione” per accedere nei club più blasonati. Lei cosa pensa a riguardo?

 

Io penso che alla lunga se tieni qualità vere il talento brillerà sempre! Ma la verità è che il talento da solo non basta, ci vuole determinazione e fama è un pizzico di fortuna che non guasta mai






 








A che età lei ha capito che era giunto il momento di fare altro nella vita?


A 24 anni capii che il calcio vero era difficile da raggiungere! Allora mi sono dedicato all’azienda di famiglia! Che nel mio piccolo mi sta ripagando con grosse soddisfazioni!

 



Lei gioca nel ruolo di? 

 

Sono nato come terzino destro! Ma nella vecchiaia mi sono messo a fare il centrale difensivo! Mi piace molto farlo!

 

 


Si ricorda il suo goal più bello?


Di gol ne ho fatti pochi!

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 



Un mio pregio è quello di dare tutto per la squadra che reputo una famiglia! Un difetto andando avanti con l’età è quello di aver capito che a volte do anche troppo!

 



Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Della mia vita non cambierei nulla! Sono quello che sono grazie al mio trascorso.



Che cosa ne pensa del calcio femminile?

 

Il calcio femminile è un qualcosa di  bellissimo! Spero che arrivi allo stesso livello di quello maschile, parlo in termini di attenzione mediatica

 









Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiate è fondamentale la interpreto come un tronco di un albero più è unita e grande più l’albero e forte! Gli amici… pochi ma buoni!

 



Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Il mio sogno è la normalità, poter camminare con mia moglie e mio figlio senza preoccuparmi del virus, oppure poter abbracciare mia madre e mio padre senza preoccuparmi di nulla.

 

 

 

 

Grazie 

 

 

 

 29      12    2021 

 

(Tutti i diritti riservati)