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lunedì 15 novembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 





CONVERSANDO DI CALCIO CON…

     

 

 

 

ANGELO

ALESSANDRO  

 

 

 

 

 

 

 

Angelo Alessandro è nato a Messina il 5 settembre del 1958, ha il diploma di ragioniere e abita a Messina. Dal 1973 al 1978 ha giocata nell’A.C.R Messina dai giovanissimi nazionali alla denominata “De Martino”. Fino al 1991 ha militato in varie società dilettantistiche: promozione (dalla Sicilia alla Calabria). Nel 1989 ha superato il corso di allenatore nel settore giovanile scolastico.

Dal 2000 al 2008 ha svolto ruoli dirigenziali nell’F.C. Messina (A e B) come: responsabile del convitto, dirigente ACC squadre giov./ alla primavera, responsabile tecnico squadra primavera, responsabile sett. giovanile.

 

Dal 2008 al 2009 è stato Dir.S.P. in eccellenza (Camaro); 2009 al 2010 Dir.Sp Fondi (lega pro); 2010 al 2011 Dir.Sp. eccellenza (C.D.M); 2011 al 2012 Resp. Sett. giovanile Arezzo;2012 al 2013 Dir. generale eccellenza (Orlandina); 2013 al 2014 Resp. Sett. Giov. ACR. ME. Lega Pro; 2014 al 2015 dir. S.P. Camaro; 2016 al 2017 Dir. SP. Camaro; 2017 al 2018 Dir. SS e resp. S.G.  eccellenza (C.D.M); 2018-2019 Dir. S.P. C.D.M. Serie D (sino a novembre); dal novembre del 2019 scouting Parma per Messina e provincia. Dal luglio 2019 al giugno 2021 Resp. Sett. giov. F.C. Messina serie D.

 





 







 

 

Come prima domanda de lo voglio fare questa: il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? 

 

Purtroppo il Covid ha colpito anche me: sono stato male un  mese e mezzo dal 17 dicembre 2020. Ha sconvolto tutto il sistema calcistico generale. Ovviamente tutti ne paghiamo le conseguenze

 

Secondo lei l’ambiente calcistico può aver sofferto in qualche maniera di questa lunga pausa e di aver giocato negli stadi vuoti?

 

Sicuramente sì, sono perse due stagioni agonistiche. Per i settori giovanili è stato drammatico.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Già da piccolo (circa 8 anni) il calcio comincia ad appassionarmi. Ho iniziato la trafila nel settore giovanile dell'ACR Messina negli anni 70, precisamente dal 1973.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Mio padre era contrario, mia madre no. Nello studio sono riuscito a ad accontentarmi e quindi sono andato avanti.

 

Lei ha giocato in diverse squadre dilettantistiche, promozione. In quale si è trovato più a suo agio? 

 

 Ho giocato in tante società. Ognuna ha avuto la sua importanza nella mia carriera da calciatore. Tutte mi hanno lasciato dei buoni ricordi, e da tutte ho appreso nel bene e nel male.





 









Tanti giovani mi hanno detto: “Se avessi avuto le giuste conoscenze, se il mio procuratore mi avesse fatto partecipare a quel provino, se…se…” tanti se, secondo lei quanto c’è di vero nell’avere una giusta conoscenza, oppure quello che conta è solo e soltanto il talento?

 

I se e i ma nel calcio non contano. È il rettangolo di gioco che da sentenze. Un calciatore se ha talento va avanti. I procuratori hanno un valore aggiunto nel momento in cui il calciatore dimostra veramente di essere di prospettiva. Per arrivare in serie A bisogna essere veramente bravi non solo tecnicamente, ma soprattutto avere grande personalità e professionalità.


Perché in Italia tutti provano a diventare calciatori? Forse perché pensano che una volta arrivati in alto si possa condurre una vita tra gli agi e i lussi? 

 

Ogni ragazzo sogna di arrivare tra i professionisti. Il problema è che tanti non hanno i giusti requisiti. Per requisiti non intendo dire solo tecnici. Bisogna avere grande personalità, senso del sacrificio, e soprattutto serietà professionale. C'è purtroppo un grosso problema che ad oggi non si è riusciti a risolverlo: i genitori. Sì, questi purtroppo sono i primi nemici in casa. La maggior parte pensa di avere un campione che potrebbe risolvere i problemi economici e fanno di tutto per cercare di farli fare provini dappertutto, spesso spendendo tanti soldi che finiscono nelle tasche di pseudo osservatori o tali.

 

Ad un certo punto lei smette con il calcio giocato e diventa dirigente e scouting per il Parma e il Messina, come mai questa scelta?

 

Smetto a 30 anni di giocare e mi prendo una pausa. Rimango fuori da questo meraviglioso mondo per circa 15 anni e poi ricomincio da dirigente in serie B col settore giovanile del F. C. Messina. È lì che conosco un grande personaggio del calcio professionistico giovanile, il Direttore Eolo Falorni, che mi indica la strada per responsabile di settore giovanile. Ovviamente facendo tanta gavetta. Da semplice dirigente accompagnatore, a responsabile di convitto e responsabile tecnico della squadra Primavera.

 













Non è certamente semplice fare l’osservatore calcio, bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, intraprendere lunghi viaggi e poi bisogna tener in conto i fallimenti, per lei questa difficile professione cosa rappresenta? 

 

Il mio ruolo primario è quello di responsabile di settore giovanile, ho fatto il Direttore sportivo in Lega pro e in D oltre che in Eccellenza e Promozione. Il ruolo di osservatore diciamo che si fa sempre ovviamente se lo si fa come unico impiego sei più concentrato e riesci a svolgerlo con risultati migliori.

 

Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente? 

 

Quando vado a vedere un ragazzo, la cosa che mi deve colpire di più deve essere il giusto atteggiamento, ovviamente deve avere i requisiti tecnici, tattici e fisici, che servono per fare il salto di qualità.

 

Lei ha un curriculum notevole, che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti dei vari di club? 

 

Con tutti, allenatori e presidenti cerco di mantenere ottimi rapporti.

 

Nella sua lunga carriera Successi e delusioni si equivalgono oppure maggiori sono i successi rispetto alle delusioni? 

 

Credo che il calcio da un po' di tempo a questa parte sia cambiato tanto e purtroppo in maniera negativa. Da circa 26 anni faccio questa attività e posso dire che al momento mi sento più deluso che soddisfatto.

 












Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (nell’ambito lavorativo è ovvio)?

 

La sincerità è un mio grande pregio che purtroppo in questo mondo diventa un grande difetto

 

Qualche nome di giocatori a cui lei è molto legato?

 

Tutti i ragazzi che io ho gestito hanno lasciato in me qualcosa di importante. Non sarebbe giusto fare nomi. Ho voluto e continuo a voler bene tutti.

 

Un consiglio che darebbe a un giovane che volesse intraprendere questo sport, per arrivare in alto, è ovvio?

 

Il consiglio che do ai giovani è sicuramente quello di non trascurare gli studi. Arrivare tra i professionisti non è cosi semplice. Consiglio comunque di dare sempre il massimo e di essere professionali, seri e costanti.

 

Ultima domanda: un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Un sogno? Quello di avere a che fare in questo mondo calcistico, con persone serie e soprattutto rispettose. Purtroppo ne esistono poche.

 

 

 

 15    11     2021 

 

(Tutti i diritti riservati)  

venerdì 12 novembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 

CONVERSANDO DI CALCIO CON…

     

 

 

 

NICOLA

PERAGINE  

 

 

 

 


 

 

 

Nicola Peragine nato a Matera, classe 1960, ha giocato in serie B in diverse squadre, noi lo abbiamo intervistato e così ci si presenta.


“Mi chiamo Nicola Peragine, sono nato a Matera nel 1960, ho fatto la trafila nel settore giovanile del Matera Calcio, per poi passare a 18 anni nella Primavera del Torino.


In serie B ho militato nel: Matera, Ternana, Aquila, La Spezia e Livorno. A fine carriera ho fatto una breve esperienza in Nuova Zelanda. A Coverciano ho preso il patentino di Uefa A, a Coverciano ho allenato il settore Dilettanti e quello Giovanile.

Sono stato osservatore per il Chievo per 8 anni. Attualmente ho una scuola calcio a Napoli (sono 6 anni) e mi dedico a dei progetti sul sociale nei quartieri più a rischio di Napoli. Priorità nella mia vita oggi: il Signore Gesù, il Vangelo e per servire il signore faccio parte di una Comunità di Pozzuoli.”













 

 

Come prima domanda le voglio fare questa: lei ha concluso la carriera giocando in Nuova Zelanda, che tipo di esperienza è stata e in che modo è arrivato a giocare in quella nazione?

 

 Ho terminato la mia carriera giocando in New Zeland  per  poco tempo, solo 4 partite in Prima Divisione con il Mount Monganui, era un mio sfizio giocare all'estero  e visto che ero in procinto a 25 anni di trasferirmi in Australia a giocare, un mio amico conterraneo di Matera mi ha invitato in questa terra così lontana per trascorrere le vacanze e sono finito su un campo di calcio. 

 


Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

il periodo Covid l'ho trascorso nella quasi normalità, sono assistente ai malati domiciliari quindi ho lavorato e mi  allenavo   da solo nel mio quartiere.


Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

La passione del calcio l’ ho avuta da sempre, rimanevo a  giocare nel mio quartiere 5/6 ore e, le scarpette  da calcio di comprate da mio padre furono una sorta di iniziazione.



I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno assecondato ed invogliato a proseguire, totale fiducia in me, nonostante avessi vinto un concorso in Finanza a 17 anni.

 









Lei ha 18 anni si trasferisce a Torino, che tipo di esperienza è stata, inoltre, ha sentito la lontananza di casa?

 

Al Torino Calcio a 18 anni ero raggiante, nel mio intimo ero timoroso per  non deludere famigliari ed amici che credevano in me, poi sono riuscito a mostrare il mio talento a quei livelli, sempre  consapevole  delle mie qualità. Mai sofferta lontananza da casa io volevo giocare al calcio e basta.

 


Ha raggiunto la serie B che cosa si prova quando si raggiunge una vetta così ambita? 

 

Giocare in B a 18 anni nella mia città - prima volta nella storia- mi ha riempito di orgoglio, da rattaccapalle ai bordi del campo a giocare con i miei idoli della mia squadra del cuore. E poi grande soddisfazione per una  chiamata Nazionale Under 21.

 


Tanti giovani mi hanno detto: “Se avessi avuto le giuste conoscenze, se il mio procuratore mi avesse fatto partecipare a quel provino, se…se…” tanti se, secondo lei quanto c’è di vero nell’avere una giusta conoscenza, oppure quello che conta è solo il talento?

 

La conoscenza nel calcio ai miei tempi contava poco, non ho fatto mai provini, ma sono stato selezionato quando giocavo normalmente.  Comunque, oggi ci sono molte opportunità che vanno colte, ma molti "sciacalli" che potrebbero impedire delle possibilità. Il talento comunque emerge sempre.











Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Mi piacerebbe  pensare  che li attiri la passione  e che li trascini in modo viscerale per  questo sport, chi guarda ai soldi e alla celebrità farà senz'altro di meno del suo proprio talento.

 


Qual è il suo goal che ricorda ancora con maggior piacere? 

 

Direi i goal per il significato che hanno avuto. Negli Allievi in un derby Matera - Potenza finale regionale rovesciata all'incrocio dei pali; l’altro a Torino- Atalanta Primavera, di esterno sinistro al palo opposto a parabola; in un derby toscano Livorno -Pontedera al volo sinistro da fuori area sotto la traversa che ci garantiva la salvezza. Pochi i gol realizzati, ma belli.





 






Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?

 

Pregi e difetti da calciatore, semplice il pregio il sinistro il difetto il destro per la frizione!

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

I calciatori che ammiro sono più che altro le bandiere, mi limito ai calciatori italiani, i vari Antognoni, Baresi, Del Piero, Baggio, Totti e altri.

 

Lei ha giocato in diversi club, qual è la squadra in sui si è trovato meglio?


Ho sempre onorato la maglia e  spero  di aver lasciato un ottimo ricordo tant'è che ho rapporti con i calciatori ex, tifosi e club delle varie squadre che ho militato; ma alla Ternana  sono molto legato è quella dove ho militato per 5 anni;  è un gradino sopra le altre.

 










Per 8 anni è stato osservatore, se così ho ben capito per il Chievo, la qualità principale che deve avere un buon osservatore? 


Sì per 8 anni sono stato osservatore del Chievo Verona, esperienza professionale unica al fianco del Direttore amico Giovanni Sartori, le qualità sono non solo le intuizioni ma bisogna valutare da allenatore la tecnica, e le sue capacità fisiche, psicologiche,   inoltre un calciatore va  valutato a 360 gradi compresa la moralità.

 


La sua è una carriera di successi, in questo momento lei vive a Napoli, ha una scuola calcio e si occupa del sociale nelle zone più a rischio della città, come mai questa scelta? 

Avrà conosciuto tantissimi giocatori, e allenatori, qual è il giocatore che l’ha maggiormente colpita, e, ovviamente, qual è l’allenatore che le ha insegnato molto

 


E’ stata una scelta di vita lavorare per le scuole calcio nonostante sia abilitato da allenatore Uefa A, ho scelto scuole calcio nel sociale in quartieri a rischio, la intendo come missione. 


Cerco di educarli   alla legalità per farli diventare persone migliori. Il calciatore più forte per me è Maradona genio completo nel calcio, posso testimoniarlo visto che ci ho giocato contro ed a tratti "accompagnato alle sue magie" visto che era impossibile marcarlo. Mentre l'allenatore che mi ha destato più impressione ed è stato importante per  la mia carriera sono stati più di uno:  Di Benedetto, Matera serie B, egli mi fece debuttare, Vatta e Rabitti a Torino e Viciani alla Ternana. A tutti costoro sono grato.

 












Un consiglio che darebbe a un giovane che volesse intraprendere questo sport, per arrivare in alto, è ovvio?

 

Consiglio ai giovani di: divertirsi, divertirsi e divertirsi che prima o poi l'occasione capita a tutti, e farsi trovare pronti.

 


Ultima domanda: un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

ll mio sogno visto che ho  fede in Gesù Cristo è nella Salvezza Eterna nel suo nome e quindi credo, di vivere nell’eternità con i miei cari famigliari  ed i fratelli e sorelle in Cristo.

  

 

 

 

 

 

 13    11     2021 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 6 novembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 

 


 

 

 

 

 

CONVERSANDO DI CALCIO CON…

     

 

 

 

MANUEL

GOBBI 

 

 

 

 

 

Manuel Gobbi giocatore e ora allenatore di Pavullo nel Frignano (Modena) così ci si presenta:




“Mi chiamo Manuel, ho 27 anni e sono nato a Modena ma cresciuto in un paese in provincia ai piedi dell'Appennino (Pavullo nel frignano). 


Da ragazzo ho giocato a calcio (nel ruolo di portiere) solo in settori giovanili dilettantistici fino a 17 anni, poi ho esordito in Serie D con la Virtus Pavullese. 


Ho giocato due anni in D poi ho militato tra promozione e prima categoria fino al 2016, successivamente mi sono laureato in Scienze Motorie all'università di Bologna (con una tesi di laurea che analizzava il modello di prestazione del portiere di calcio),   per motivi di lavoro e studio ho smesso di giocare. Ho iniziato così nel 2016 ad allenare. Contemporaneamente iniziai (e da poco ho terminato) un percorso di studi in Osteopatia. Ho iniziato ad allenare in squadre dilettantistiche, sia come collaboratore tecnico, sia come allenatore portieri. 


Fino al 2018 quando sono entrato nel Modena FC. Da allora alleno nel Modena FC, mi occupo di preparazione portieri -settore giovanile professionistico - (categoria U15) e allenatore di gruppi di bambini della scuola calcio dell’Accademy (portieri U12 e piccoli amici)”.





















Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo momento di pausa? Adesso ha ripreso a pieno ritmo la sua attività oppure per quello che riguarda i bambini della scuola calcio Accademy siete in pausa? 

 

Non è stato facile, come credo per la maggior parte delle persone. Ci siamo ritrovati in mezzo a qualcosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato, diciamo che è stato un periodo che ha cambiato molte cose della mia vita. Personalmente ho cercato di trovare ciò che di positivo ci poteva essere in questa situazione e devo dire che ho riscoperto l’importanza di alcuni aspetti della mia vita. Anche il calcio e lo sport ovviamente ne hanno risentito, soprattutto durante il primo anno di pandemia. Fortunatamente la scorsa stagione con il settore giovanile siamo quasi sempre riusciti a fare attività, seppur non giocando il campionato. Con i bambini dell’Academy abbiamo avuto qualche mese di stop dovuto alle zone rosse, ma ora fortunatamente ci alleniamo e giochiamo regolarmente. La società ha fatto un lavoro fantastico per permettere ai bambini di poter continuare a fare attività negli ultimi mesi. 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Fin da bambino è stato lo sport che più mi appassionava. Andavo agli allenamenti e quando tornavo a casa continuavo a giocare con gli amici in cortile. È una passione che non si è indebolita negli anni, al contrario. Credo che chi ami questo sport, in un modo o nell’altro, lo porti con sé sempre. 

 








I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno sempre supportato e incoraggiato in ogni momento, anche quelli più difficili. Ovviamente la scuola è sempre stato un pilastro fondamentale della mia educazione, com’è giusto che sia per ogni ragazzo. Fortunatamente sono sempre riuscito a conciliare il calcio e lo studio, seppur non senza sacrifici. Tornassi indietro, rifarei le stesse cose. 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sicuramente la squadra del mio esordio nel mondo dei grandi in Serie D, la Virtus Pavullese. Sono cresciuto nel loro settore giovanile fino ai Giovanissimi, sono ritornato in Juniores e lo stesso anno ho esordito in prima squadra. Giocare con la squadra della tua città in un campionato così importante è un’emozione forte. Ho tanti amici che hanno fatto parte di quella squadra in quegli anni, abbiamo condiviso momenti indelebili tra i quali ricordiamo sempre un’amichevole contro il Milan di Allegri a Milanello. Anche l’ultima squadra della mia carriera da giocatore è un ricordo speciale, una salvezza che a dicembre sembrava impossibile raggiunta a maggio con una giornata d’anticipo. Una grande emozione. 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 


Non c’è uno sport in particolare. Dovessi sceglierne alcuni direi sicuramente tennis, pallavolo e i motori. Vivo a pochi chilometri da Maranello, sono cresciuto tifando Ferrari.


Come mai giuoca nel ruolo di portiere? 


Fin da piccolo mi sono trovato a fare il portiere, probabilmente anche un po’ influenzato da mio padre che da ragazzo giocava a calcio nello stesso ruolo. Dico mi sono trovato perché è difficile sapere cosa mi abbia spinto davvero, penso che probabilmente essere un portiere non lo si possa scegliere, lo si sente dentro. È stato un ruolo che mi ha dato tanto crescendo. Chi gioca in porta sa quanto sia difficile farlo, quanto sia un ruolo di responsabilità e di grandi pressioni. Noi non abbiamo la gloria e la sfrontatezza degli attaccanti, abbiamo il sacrificio e la solitudine, forse però è proprio per questo che lo rende un ruolo unico. 







Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 


Ci sono tante caratteristiche che secondo me un buon allenatore dovrebbe avere: competenza, passione, empatia, resilienza, autorevolezza, apertura mentale. Potrei citarne tante altre ma credo che non esista la formula magica per essere un buon allenatore. Io credo molto nelle persone dietro i ruoli che ricoprono, nelle qualità umane oltre che tecniche, quindi forse per questo ti direi che in primis un buon allenatore dovrebbe essere coerente. Coerente con ciò che dice, coerente con ciò che è lui come persona. Essere se stessi, mostrarsi per ciò che si è veramente è il primo passo per conquistarsi la fiducia di un gruppo. 

 

Per diventare un ottimo allenatore, oltre allo studio e alle varie abilitazioni, quanto è importante aver giocato calcio? 

 

Non è fondamentale averlo fatto ma sicuramente ti può aiutare. Alcuni dettagli, alcune piccole cose riesci a coglierle meglio se fanno parte della tua esperienza personale, del tuo vissuto. Questo tante volte ti da una marcia in più.

 

Ti ispiri a qualche allenatore? 

 

Non c’è un allenatore in particolare. Tanti grandi allenatori moderni diversi tra loro come Ancelotti, Mourinho, Klopp, Guardiola, Conte hanno caratteristiche che per chiunque sarebbero fonte d’ispirazione. 

 










Ci può dire il suo più grande pregio e il suo più grande difetto – in campo calcistico – è ovvio

 

È una domanda a cui dovrebbero rispondere gli altri, non io. Tuttavia credo di essere un allenatore molto empatico, credo che gli insegnamenti vengano recepiti meglio e credo ci sia più disponibilità al sacrificio se dall’altra parte i ragazzi trovano una figura di riferimento che li sappia ascoltare oltre che dirigere. Credo questo possa però anche rappresentare un difetto se non dosato bene, bisogna essere bravi a bilanciare “carota e bastone” per avere la giusta autorevolezza. 

 










Che cosa cerchi di trasmettere?

 

Passione innanzitutto, oltre che conoscenza tecnico tattica. I ragazzi di oggi sono diversi, hanno bisogno di trovare costantemente motivazioni e ispirazioni. Dobbiamo essere per loro un punto di riferimento, un esempio. I ragazzi di oggi tendono spesso ad abbattersi di fronte alle difficoltà o ai fallimenti, personalmente cerco di insegnargli ad essere positivi, a riconoscere ed accettare i fallimenti, trasformarli in opportunità e crescita. Anche per questo cerco di coinvolgerli e farli ragionare molto, c’è una frase di Socrate che mi ha sempre ispirato: “non posso insegnare niente a nessuno, posso solo cercare di farli riflettere”. 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto dei traguardi raggiunti?

 

Non cambierei nulla. Nel bene e nel male ciò che sono adesso è il risultato di quello che è stato prima. Se in un determinato momento della mia vita ho preso una decisione è stato perché, probabilmente, era quella che sentivo più giusta in quel momento per me. 

 








Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Più che un sogno realizzato mi piacerebbe, potessi scegliere, di riuscire a vivere sempre la vita con grande felicità. Nella società di oggi siamo sempre più occupati, stressati, miriamo a raggiungere traguardi e status sociali sempre più alti. Anziché ossessionarci con l’essere persone realizzate, dovremmo preoccuparci di più stare bene con noi stessi.

 

 

 

 

 


 07      11     2021 

 

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