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sabato 18 maggio 2019

PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 


A  

YURI BACOLI 


YURI BACOLI 


YURI BACOLI 


YURI BACOLI 

YURI BACOLI 













Yuri Bacoli è nato  a Latina e ha 27 anni.  Ha 14 anni smette di giocare a calcio per iniziare a praticare il Futsal ( Il calcio a 5 è un sport di squadra  che ha avuto origine in Uruguay , dove è tradizionalmente conosciuto come fútbol de salón (e colloquialmente fútbol sala). Sono 12 anni che gioca in maniera continuativa, e quest’anno ha chiuso la stagione con il Ciampino Anni Nuovi. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande. 











La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Fin dai primi anni di vita. Ho foto di me da piccolissimo già con il pallone tra i piedi. Qualsiasi fosse la mia attività c’era sempre un pallone tra i piedi.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Seguo spesso il basket, mi appassiona per le dinamiche simili a quelle del mio sport, ma non l’ho mai provato.








 Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per  vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. 
Perché tutti provano a diventare calciatori?

Purtroppo al giorno d’oggi quello che conta è l’apparire e lo sviluppo dei social network sicuramente  ha sicuramente  agevolato ciò. Penso sia normale che quel tipo di vita “surreale” possa affascinare molti.
  



   Lei a un certo punto, a 14 anni, abbandona, mi permetta  questa espressione il calcio tradizionale per passare al Futsal, come mai questa decisione se posso chiedere?

È nato tutto per gioco; dopo un provino (l’ennesimo) in cui da più piccolo in campo mi resi protagonisti di una bellissima prestazione, non venni richiamato una seconda volta, a differenza di altri ragazzi che avevano toccato il pallone si e no tre volte. 

Ci rimasi tanto male tanto da non volerne sapere più niente. Fu lì che un amico mi consiglio di andare a provare con una squadra di calcio a 5 giusto per non smettere del tutto.











Come si è trovato all’inizio, anche perché sicuramente avrà giocato con compagni di squadra più grandi di lei? 


Mi ha divertito moltissimo, anche perché come stile di gioco si avvicinava tantissimo alle mie caratteristiche. Me ne sono innamorato subito e nel giro di due, tre mesi mi sono ritrovato aggregato alla prima squadra in un campionato di serie A2.





Che cos’ha significato per lei aver lasciato Latina da giovanissimo per andare a giocare fuori dalla sua regione? 


Non è stato affatto facile, soprattutto per il modo e le tempistiche in cui è avvenuto il tutto; ero in Slovenia con la nazionale u21 ed una sera il ds della società dove giocavo in serie B mi fece questa battuta “Ti vuole la Luparense” (la società più importante d’Italia, la più titolata). Eravamo nella finestra di mercato di dicembre e i trasferimenti si sarebbero chiusi 3-4 giorni dopo. Il pomeriggio successivo mi raggiunse un dirigente storico della Luparense purtroppo venuto a mancare qualche tempo fa, una persona splendida, che mi fece firmare il trasferimento direttamente in Slovenia lì in albergo.

 In neanche una giornata avevamo definito tutto, probabilmente neanche avevo realizzato cosa fosse successo davvero. Comunque è stata l’esperienza più importante della mia vita e tante volte mi sono pentito di essere voluto andare via da lì.










 Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Il calcio mi ha dato tutto, mi ha insegnato soprattutto le regole della vita, quelle di un contesto di gruppo, quello che difficilmente i giovani di oggi hanno. L’unico piccolo rimpianto è quello di avermi fatto bruciare un poco  le tappe e di essermi perso in parte il rapporto di gruppo che si ha con i propri coetanei (avendo giocato sempre con gli adulti fin da quando avevo 15 anni). 




Qual è il club che ricorda con maggior piacere? 

Sono due, il primo il gruppo under 21 del Latina di 10 anni fa; una squadra per prima cosa potenzialmente “spaziale” sotto il punto di vista tecnico tattico e fisico, con tutti ragazzi di Latina (veramente però: “non come si dice adesso”), tutti amici e con uno staff tecnico da serie A. E il secondo il Lido di Ostia con cui abbiamo vinto la serie B due anni fa, una squadra con un gruppo di una solidità unica e con ragazzi dai valori enormi con cui ho mantenuto tutt’oggi una grossa amicizia











Un suo pregio e un difetto? 

Il mio pregio più grande la correttezza nei rapporti umani. Il difetto, in virtù di quanto detto prima, portare troppo rancore,  dunque per ma vale il detto: “ meglio prevenire che curare”.










 Sogno nel cassetto? 
Diventare un grande allenatore di calcio a 5, allenare un top club Italiano, ma anche uno estero.


   






Grazie   

a cura di Paolo Radi   





18      05    2019 
(Tutti i diritti riservati)  

venerdì 10 maggio 2019



PAOLO RADI PRESENTA    










10 DOMANDE 


A  

SPARTACO MARSICANO 





Spartaco Marsicano ha 22 anni ed è di Napoli, ha giocato per un  anno nello Scalea calcio (unico girone di eccellenza in Calabria), un anno nel Procida, eccellenza campana, e un anno nell’Ischia calcio( settore giovanile-allievi nazionali)    poi dopo aver firmato con il Gragnano (serie D, Campania)  ha dovuto abbandonare la squadra per problemi personali, ora milita nell’U S Agri calcio (Salerno, eccellenza, girone B), noi gli abbiamo rivolto alcune domande.








La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Ho scoperto che il calcio sarebbe stato la mia più grande passione da quando ho iniziato a dare i primi calci in strada con i miei amici d'infanzia, ma senza regole e senza nient’altro, solo con la mente libera di sognare.  E specialmente vedendo mio fratello maggiore giocare.





Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Mi sarebbe piaciuto praticare il tennis, uno sport individuale che dimostra la tua vera forza "in singolo", comunque il calcio non lo farei a cambio con nessun altro sport.









Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per te cosa rappresenta questo sport? 

Logicamente da bambino l’ho sempre visto come un punto di svolta della mia vita, da bambini si sogna di arrivare più in alto possibile per avere popolarità e soldi, ma poi ti rendi conto che questo sport è bello specialmente in queste piccole categorie perché ti offre l’opportunità di conoscere tante nuove persone dalle quali si costruisce, poi, un forte legame.



Sei stato qualche anno nello Scalea calcio in Calabria, che tipo di esperienza è stata

È stata una annata da non dimenticare che porterò nel mio bagaglio calcistico, forse è li proprio dove sono maturato come calciatore. 








Il tuo goal finora più bello?

È stato proprio nello Scalea il mio primo gol in eccellenza.







Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Il calcio mi ha dato tanto nella vita mi ha fatto maturare come persone e nei comportamenti umani, mi ha tolto forse l’opportunità di studiare pensando che il calcio sarebbe stato il mio futuro.









Squadra italiana in cui le piacerebbe giocare? 

Logicamente il Napoli: giocare per la mia città e per la gente come me!





Un suo pregio? 

 Tanta corsa e la prima cosa aiutare il mio compagno.








Un suo difetto? 

Cercare molto spesso la rissa.




Che cosa rappresenta per lei la città di Napoli? 

Napoli vieni molto spesso criticata per cose che accadono ugualmente in ogni città, i media “fanno di tutta L’erba un fascio” ma non è così, da tutte le parti ci sono i buoni e i cattivi. Veniamo giudicati, ma poi chi viene a Napoli e conosce la realtà e si rendono conto dei sacrifici che si fanno per vivere ed andare avanti (questo perché siamo abbandonati da tutti) capiscono che noi napoletani abbiamo un cuore grande; e ti dico che Napoli non la farei a cambio con nessuna altra città al mondo... SONO FIERO DI ESSERE NAPOLETANO!







Grazie   

a cura di Paolo Radi   





10     05    2019 
(Tutti i diritti riservati)  





















venerdì 3 maggio 2019




PAOLO RADI PRESENTA    









CONVERSAZIONE 

CON 



ENZO POTENZA  




“PANE e CALCIO”





Enzo Potenza ha 49 anni ed è di Napoli, è allenatore professionista di calcio e attualmente allena a Malata in Premier League, presso Senglea Athletic Football Club.
È subentrato alla terza giornata di campionato, con la squadra che era a zero punti, il girone di andata è stato chiuso con quattro punti, ma in quello di ritorno hanno realizzato una media straordinaria, tutto ciò ha permesso loro di evitare i play out. 
In Italia ha allenato diverse squadre di serie D, e del girone di Eccellenza in Campania, inoltre ha allenato il Formia (Lazio).
L’essere curioso è una sua caratteristica, come anche quella di mettersi in gioco, di viaggiare per scoprire nuovi posti e come ci dice lui:” non torno mai dove sono già stato”.









La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Il calcio è sempre stata la mia passione sin da bambino ho fatto la trafila nel settore giovanile del Napoli negli anni di Maradona ed era bellissimo tecnicamente, ero un ottimo giocatore, ma correvo e mi sacrificavo poco. Successivamente sono stato ad Ischia poi Campania Puteolana rispettivamente squadre di serie C per poi andare a Castelvetrano in provincia di Trapani disputando 2 campionati di serie D.





Perché ha deciso di diventare allenatore? 

Ho deciso di fare l’allenatore perché sono sempre stato appassionato di strategie, poi in famiglia abbiamo sempre mangiato “pane e pallone” con mio padre che ha avuto una discreta carriera nei dilettanti campani per poi fare l’allenatore fino a concludere con la fondazione di una scuola calcio, di questa scuola facevamo parte sia io che i miei fratelli Eugenio e Roberto, anche loro con una discreta carriera da calciatori. Eugenio attualmente allena una squadra in trentino Alto Adige poiché vive a Trento. Come si evince effettivamente è stato “pane e pallone!”









Prima di trasferirsi a Malta, lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

Sono rimasto molto legato ad una squadra che mi ha dato l’opportunità il Camaldolesi  poi diventato Internapoli, cercando di riprendere il blasone di quest’ultima nei dilettanti Campani. Il presidente era Francesco Di Marino persona straordinaria alla quale sono molto legato, tutt’ora ci sentiamo costantemente posso dire che per me è stato il mio padre putativo. Nel mio percorso ho conosciuto tante persone con le quali abbiamo instaurato un rapporto fantastico penso all’Albanova, squadra, di eccellenza campana, composta da tanti dirigenti giovani che adoro e che non posso fare a meno di non sentire costantemente.

 Penso alla famiglia Cafasso presidenti di un quartiere storico di Napoli chiamato: Pianura, dove abbiamo vinto un campionato di eccellenza più un ripescaggio mancato in serie C; sono persone acute perbene e competenti con una serietà da far invidia a presidenti di serie A, tutto ciò è fantastico! Successivamente ho allenato il Capri calcio, di cui è presidente Francesco Floro Flores, attualmente proprietario dello zoo di Napoli, persona perbene creatosi dal nulla, ma di grande nobiltà e con una grandissima potenza economica.




A ottobre, se mi pare di aver capito bene, lei viene chiamato a Malta, per allenare il Senglea calcio, com’è stato il primo approccio con i giocatori, i dirigenti e infine, si è ambientato bene?


Sono arrivato a Malta a fine settembre è stato per me un onore conoscere persone impegnate in un campionato di serie A. Diciamo che Nando Salvati mi ha voluto fortemente insieme al procuratore Paolo Palermo ed il suo fido collaboratore Mimmo Cangiano. 
Salvati era un punto di forza poi per una scelta personale ha deciso di fare rientro in Italia. 


 Al Senglea sono stato accolto è trattato benissimo dal club con a capo il dottor Ruben De Bono insieme al Albert Cumbo, Richi Curmi ed Ivan Curmi; loro mi hanno sempre fatto sentire come se fossi a casa mia diciamo che tutto il comitato e’ stato straordinario nei miei confronti, sono persine che ricorderò con grande affetto e stima. 
 Lo stesso staff tecnico con Darren Vella e Georg Attard è sempre stato immenso nei miei riguardi e non fare altro che ringraziarli. 


I calciatori meritano un plauso particolare, in quanto sono grandissimi professionisti che hanno dimostrato sul campo la loro straordinarietà anche in termini di attaccamento ai colori nonostante sono gran parte stranieri provenienti da ogni angolo del pianeta. Mi sono ambientato benissimo perché riesco ad adattarmi in qualunque contesto abbia lavorato, tanto sul campo quanto a casa lavorando sull’ analisi video di calciatori delle squadre avversarie. Ho dovuto amalgamare culture diverse, inoltre ho dovuto migliorare il mio inglese; ho lavorato tanto tanto tanto e la salvezza è stato il giusto premio a mio avviso i ragazzi devono essere ricordati nel tempo perché l’impresa è stata veramente degna di un film!

Centimetro dopo centimetro abbiamo sudato e lottato come "guerriglieri" è stato stupendo!!!









A Malta la stagione è finita bene, quali sono stati gli ingredienti di questo successo? 

Gli ingredienti sono stati il gruppo in primis, nonostante le varie etnie maltesi francesi argentini brasiliani ungheresi georgiani italiani ( nel girone di andata ) croati e serbi ; stare insieme è stato un lavoro di squadra, di rispetto reciproco,   con la voglia di non smettere di credere nella salvezza  ci siamo conquistati ogni centimetro poi come nella vita ci vuole anche pizzico di fortuna e questa affinché ti  venga a trovare bisogna cercarla volerla, anche viaggia di pari passo con il lavoro quotidiano.











Che cosa ci può dire della realtà calcistica di questa piccola nazione, è molto diversa da quella italiana? Oppure ci sono dei punti in comune? 

Diciamo per certi versi è diversa Malta ha i suoi tempi in ogni cosa lo stress è ai minimi termini, esiste la cultura dell’accoglienza e il rispetto delle regole, si avvicina molto alla cultura inglese. Ovviamente esistono anche dei difetti, le infrastrutture sono poche, un banale incidente determina un notevole traffico poiché non ci sono arterie secondarie.


 Amo viaggiare quindi per me il sogno è confrontarmi sempre con nuove culture, quest’anno nella mia squadra nel girone di ritorno non c’erano italiani quindi ho dovuto lavorare il triplo per far capire principi e concetti, ma è stato per me un motivo per mettermi in discussione ed e ‘ stata un’esperienza straordinaria. Mi piacerebbe restare e poi con il tempo avere l’opportunità di fare altre esperienze in diversi paesi. Un problema è stata la famiglia e la lontananza da mia moglie e mia figlia, ma siamo riusciti a sopperire con le alternanze un saluto affettuoso e grazie dell’interessamento.










  


Grazie   

a cura di Paolo Radi  





03    05    2019 
(Tutti i diritti riservati)