PAOLO RADI PRESENTA
10 DOMANDE
A
YURI BACOLI
YURI BACOLI
YURI BACOLI
YURI BACOLI
YURI BACOLI
Yuri Bacoli è nato a Latina e ha 27 anni. Ha 14 anni smette di giocare a calcio per iniziare a praticare il Futsal ( Il calcio a 5 è un sport di squadra che ha avuto origine in Uruguay , dove è tradizionalmente conosciuto come fútbol de salón (e colloquialmente fútbol sala). Sono 12 anni che gioca in maniera continuativa, e quest’anno ha chiuso la stagione con il Ciampino Anni Nuovi. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.
La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Fin dai primi anni di vita. Ho foto di me da piccolissimo già con il pallone tra i piedi. Qualsiasi fosse la mia attività c’era sempre un pallone tra i piedi.
Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare?
Seguo spesso il basket, mi appassiona per le dinamiche simili a quelle del mio sport, ma non l’ho mai provato.
Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”.
Perché tutti provano a diventare calciatori?
Lei a un certo punto, a 14 anni, abbandona, mi permetta questa espressione il calcio tradizionale per passare al Futsal, come mai questa decisione se posso chiedere?
È nato tutto per gioco; dopo un provino (l’ennesimo) in cui da più piccolo in campo mi resi protagonisti di una bellissima prestazione, non venni richiamato una seconda volta, a differenza di altri ragazzi che avevano toccato il pallone si e no tre volte.
Ci rimasi tanto male tanto da non volerne sapere più niente. Fu lì che un amico mi consiglio di andare a provare con una squadra di calcio a 5 giusto per non smettere del tutto.
Come si è trovato all’inizio, anche perché sicuramente avrà giocato con compagni di squadra più grandi di lei?
Mi ha divertito moltissimo, anche perché come stile di gioco si avvicinava tantissimo alle mie caratteristiche. Me ne sono innamorato subito e nel giro di due, tre mesi mi sono ritrovato aggregato alla prima squadra in un campionato di serie A2.
Che cos’ha significato per lei aver lasciato Latina da giovanissimo per andare a giocare fuori dalla sua regione?
Non è stato affatto facile, soprattutto per il modo e le tempistiche in cui è avvenuto il tutto; ero in Slovenia con la nazionale u21 ed una sera il ds della società dove giocavo in serie B mi fece questa battuta “Ti vuole la Luparense” (la società più importante d’Italia, la più titolata). Eravamo nella finestra di mercato di dicembre e i trasferimenti si sarebbero chiusi 3-4 giorni dopo. Il pomeriggio successivo mi raggiunse un dirigente storico della Luparense purtroppo venuto a mancare qualche tempo fa, una persona splendida, che mi fece firmare il trasferimento direttamente in Slovenia lì in albergo.
In neanche una giornata avevamo definito tutto, probabilmente neanche avevo realizzato cosa fosse successo davvero. Comunque è stata l’esperienza più importante della mia vita e tante volte mi sono pentito di essere voluto andare via da lì.
Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto?
Il calcio mi ha dato tutto, mi ha insegnato soprattutto le regole della vita, quelle di un contesto di gruppo, quello che difficilmente i giovani di oggi hanno. L’unico piccolo rimpianto è quello di avermi fatto bruciare un poco le tappe e di essermi perso in parte il rapporto di gruppo che si ha con i propri coetanei (avendo giocato sempre con gli adulti fin da quando avevo 15 anni).
Qual è il club che ricorda con maggior piacere?
Sono due, il primo il gruppo under 21 del Latina di 10 anni fa; una squadra per prima cosa potenzialmente “spaziale” sotto il punto di vista tecnico tattico e fisico, con tutti ragazzi di Latina (veramente però: “non come si dice adesso”), tutti amici e con uno staff tecnico da serie A. E il secondo il Lido di Ostia con cui abbiamo vinto la serie B due anni fa, una squadra con un gruppo di una solidità unica e con ragazzi dai valori enormi con cui ho mantenuto tutt’oggi una grossa amicizia
Un suo pregio e un difetto?
Il mio pregio più grande la correttezza nei rapporti umani. Il difetto, in virtù di quanto detto prima, portare troppo rancore, dunque per ma vale il detto: “ meglio prevenire che curare”.
Sogno nel cassetto?
Diventare un grande allenatore di calcio a 5, allenare un top club Italiano, ma anche uno estero.
Grazie
a cura di Paolo Radi
18 05 2019
(Tutti i diritti riservati)
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