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giovedì 22 agosto 2019



PAOLO RADI PRESENTA    









UNA COVERSAZIONE 


CON  


DARIO 

CANELLI










   Dario Canelli di Caserta è un giovane allenatore di 29 anni molto conosciuto in Campania, a 21 anni era già istruttore CONI FIGC, adesso ha il patentino UEFA B. Sino a dicembre era l’allenatore dell’A.S.D. Inoltre è stato allenatore del settore giovanile della Casertana
    Virtus Goti, categoria Juniores Regionali U19.  Noi gli abbiamo rivolto le nostre 10 domande. 






Mister, da quanti anni lavori nel mondo del settore giovanile? 

Una passione che è nata già all'età di 19 anni, giocavo, e allo stesso tempo già collaboravo nelle scuole calcio, quindi, posso dire che sono passati già più di 10 anni. 








Per diventare un ottimo allenatore, oltre allo studio e alle varie abilitazioni, è importante aver giocato calcio?

No, non è detto che chi abbia giocato a calcio o addirittura ad alti livelli, debba essere per forza un grande allenatore. I vari Sacchi, Zeman e Sarri, sono gli esempi più lampanti. Certo che può trarre dei vantaggi se hai vissuto negli spogliatoi, per una serie di motivi, ma con tante idee, tanto cervello e una buona gavetta, puoi diventarlo anche senza aver giocato. 









Tu pensi che tutto il movimento giovanile italiano, sia allo sbando? 

Purtroppo sì, perché anche questa estate, lo dico senza peli sulla lingua, ho visto i soliti film, chi allena gratis, chi si auto finanzia e chi porta tanto altro. Ti garantisco, che i bravi istruttori e bravi allenatori, lavorano per essere pagati, perché svolgono bene il proprio lavoro, senza compressi ma mettendo competenza e professionalità, ma in Italia sono pochi a volere questo. 








 In Italia, secondo te, ci possono essere margini di miglioramento?  

Certo che si può migliorare, però bisogna prima migliorare le strutture, per poi aggiungere una buona organizzazione fatta con meritocrazia. Non ci dimentichiamo che in Italia vantiamo di una grande scuola allenatori come quella di Coverciano, se facciamo lavorare le persone giuste, non siamo secondi a nessuno, in passato tutti ci hanno studiato.









Ti ispiri a qualche allenatore? 

Beh, il mio sogno è sempre stato Zeman, perché oltre aver portato tante idee, e un allenatore che ha portato un grande esempio etico, lo stimo e lo ammiro, persone come lui fanno bene al calcio" 









L'allenatore più forte attualmente? 

Posso dirti Guardiola, perché trasforma le sue squadre in un vero e proprio spettacolo, tatticamente è un fenomeno, ma la cosa è soggettiva, ci vuole anche tanta fortuna, infatti, per me un grande allenatore è De Zerbi, per idee e gestione, lo vedo simile a Guardiola, gli manca solo un’opportunità e un pizzico di fortuna. 










Cosa diresti ai tanti giovani che ispirano a diventare dei calciatori professionisti? 

 Non posso nascondere quanto sia difficile entrare nel mondo del calcio, ma bisogna crederci, fare tanti sacrifici, superare mille ostacoli, bisogna provarci senza mai mollare. Non devono smettere di sognare, di guardare in faccia alla realtà ma di lottare, chi non lotta ha già perso. 






 Parliamo di te, dove allenerai quest'anno? 

 Domanda da un milione di dollari. Al momento sono fermo, ho avuto diverse proposte in Campania, ma nessuna grande opportunità, niente di stimolante, a malincuore dico, che si fa fatica se ci sono poche società che  lavorano   con  un certo criterio, però penso prima di tutto al lavoro, poi se esce qualche buona proposta in una società seria e che pensi alla crescita dei giovani, mi metto subito in gioco, scuola calcio o settore giovanile che sia.








Mister, cosa cerchi di trasmettere?

 La serietà e il rispetto delle regole e la prima cosa, credo sempre prima negli uomini, poi a tutto il resto, mi reputo una persona leale e corretta, che con tanta umiltà, si aggiorna e prova sempre a migliorarsi per il bene di questo sport.







a cura di Paolo Radi   





22     08    2019 
(Tutti i diritti riservati)  







PAOLO RADI PRESENTA








 10 DOMANDE


  
GIAMPAOLO  CATANZARO 







Giampaolo Catanzaro (classe 1984) è nato a Milazzodopo aver frequentato il Liceo Scientifico Antonio Meuccì si diploma alla Roma Film Accademy, vive a Roma ed è un apprezzato Fonico di presa diretta. Ha lavorato nelle seguenti TV Mini Serie: Non Mentire, Che Dio ci aiuti, È arrivata la felicità, Don Matteo, Braccialetti Rossi, mentre al cinema: Quando sarò bambino, Romeo & Juliet, Third Person, Neverlake e altre opere. Noi gli abbiamo rivolto le nostre 10 domande.









La prima domanda è d’obbligo, la passione per il cinema quando è nata?
La passione per il cinema (da spettatore) è iniziata da piccolo, quando per la prima volta andai al cinema. Era il 1989 ed il film era BATMAN di Tim Burton... anche se ho sempre preferito SUPERMAN...della prima saga (4 film) ho consumato le videocassette e ancora adesso so quasi tutte le battute a memoria.









Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico lei si trasferisce a Roma per frequentare la Roma Film Accademy, aveva già in mente di diventare un fonico di presa diretta, oppure l’interesse le è venuto frequentando l’Accademia? 

Prima della RFA (quando la feci io, nel 2009, si chiamava NUCT) ho frequentato per 2 anni Il SAE Institute di Milano. Mi iscrissi alla RFA per cercare di ampliare il “mio bagaglio” in campo sonoro e soltanto una volta iniziato capì che si trattava di cinema. Quindi direi di sì...ho deciso di intraprendere questa strada solo frequentando l’accademia, ma soprattutto grazie al mio Maestro Tullio Morganti.








La cosiddetta “gavetta” è stata lunga, oppure ha trovato lavoro subito?
Io credo che la “gavetta” si faccia sempre in questo lavoro. Su ogni film, ogni fiction, ogni pubblicità si impara sempre qualcosa di nuovo.
Intesa nel classico modo invece direi di sì...ne ho fatta molta per fortuna. Questo lavoro mi ha fatto innamorare, quindi per me ogni occasione era buona per stare su un set e cercare di “rubare con gli occhi” il più possibile da tutti e da tutti i reparti.









Potrebbe spiegare ai non addetti ai lavori in che cosa consiste il suo lavoro; mi spiego meglio, lei partecipa alla parte creativa iniziale del film, oppure la chiamano quando il progetto filmico ha trovato i finanziamenti? 

Nella maggior parte dei casi sempre a finanziamenti trovati. La parte creativa, quando è possibile la tiriamo fuori in fase di “sfoglio della sceneggiatura”, ma in Italia purtroppo, la “creazione” spetta quasi sempre alla post produzione.










A tal riguardo mi viene in mente un bellissimo film di Brian De Palma, Blow Out, con John Travolta, è esatto l’accostamento? 

Non esattamente, lui (da quello che mi ricordo) era più un “foley artist” o rumorista.









Oggi come oggi la parte sonora in film è determinate visto che le sale sono quasi tutte attrezzate per una fruizione del film sotto ogni aspetto, ma sono veramente tutte attrezzate come si dovrebbe? 

Non saprei, non vado al cinema da anni, ma in compenso compro almeno 7 dvd al mese.









Il suo film preferito dal punto di vista del sonoro, ovviamente?

 Ce ne sono molti, ma un film italiano che ho apprezzato molto, soprattutto dal punto di vista sonoro, è di certo “La Sconosciuta” di Tornatore.










Un’opera che l’ha maggiormente delusa? 

Non si può dire!







Un regista straniero con cui vorrebbe lavorare? 

Bè, se ha fatto un film come BLOW OUT sicuramente ha molto a cuore il suono dei film...quindi Brian de Palma, ma anche Martin Scorsese o Ridley Scott non mi dispiacerebbero.









Infine siamo arrivati all’ultima domanda, un film che avrebbe voluto fare? 

 Avrei voluto fare sempre il solito film, ovvero quello che tra me e un altro fonico, hanno scelto l’altro fonico; a parte gli scherzi mi sarebbe piaciuto fare sicuramente “ Lo chiamano Jeeg Robot”.









Grazie 

a cura di Paolo Radi 




22   08 2019 
(Tutti i diritti riservati) 



mercoledì 14 agosto 2019


 A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE 
     
   
 CON 


    FRANCESCO    
  SAVARISE  







 È stato interessante conoscere Francesco Savarise, perché mi ha  raccontato chi è veramente. E non tutti sono in grado di farlo.  Un giocatore che ha molto da dare sul campo e  capace di riservare tante sorprese positive.




Francesco Savarise ha 25 anni ed è nato a Massa di Somma, comune italiano della città metropolitana di Napoli. Ha militato nel settore giovanile del Napoli per 8 anni, poi ha giocato nel: Foggia, Arzanese, Novese, Mariglianese e negli ultimi due anni nel Pomigliano. Si è diplomato in Elettronica e Telecomunicazioni, ama: la famiglia, gli amici, l’estate e il mare. Noi gli abbiamo rivolto qualche domanda.



    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

È nato tutto senza un motivo, ho iniziato a 4 anni e mezzo, è stato un amore a prima vista. E da quel giorno questa passione è aumentata sempre di più.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare?

Se non avessi scelto. Il calcio, mi sarebbe piaciuto praticare il tennis. Mi è sempre piaciuto!










Lei ha giocato in diversi club, in quale si è trovato meglio?

Ogni club mi ha lasciato qualcosa. Senza dubbio gli 8 anni nel settore giovanile del Napoli sono stato i più belli e i più divertenti.
Del Foggia ho sempre un gran ricordo.





Possiamo sapere dove giocherà nella stagione che inizierà a breve?

Per l'anno prossimo non so ancora niente, qualche offerta l'ho ricevuta, ma aspetto la chiamata giusta!










Il  suo goal più bello? 

Il mio goal più bello penso sia quello che feci quando giocavo con l'arzanese a Taranto: è stato davvero un gran goal!




In che ruolo gioca?

Nasco come difensore, ma ormai ogni anno faccio sempre più ruoli, dunque non ho più un ruolo fisso; infatti sono due anni che gioco a centrocampo.









Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

La principale qualità è la forza mentale, quella che ti permette di migliorarti, di superare le difficoltà...poi c'è il talento, la tecnica e infine, ovviamente la condizione atletica.




    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?

Il mio stato d'animo prima di una partita è la consapevolezza di doversi impegnare al massimo: bisogna essere concentrati e ci vuole quel pizzico di tensione che ti fa stare sempre attento.











E alla fine di una partita, invece, ripensa a quello che ha sbagliato, oppure volta pagina? 

A fine partita si ci ripenso, penso dove ho sbagliato, cosa potevo fare meglio e poi volto pagina!










La famiglia che cosa rappresenta per lei?

La famiglia per me è tutto. Amo la mia famiglia tantissimo; sono parte di me, in tante cose.















   Che valore dà all’amicizia? 

L’amicizia per me è una cosa importante...ovviamente si conoscono tante persone, ma gli amici veri sono quelli su cui puoi contare sempre, comunque quelli che si vedono nei momenti di difficoltà sono pochi!




Se dovesse presentarsi a qualcuno che non la conosce, che cosa direbbe su di lei (pregi, difetti, qualità varie), ma anche sulle sue caratteristiche di giocatore? 
    
Come ragazzo mi reputo intelligente, simpatico, solare, amo ridere e scherzare, come difetti: testardo e a volte superficiale.










Come giocatore: duttile, intelligente, ambidestro; difetti: fisicamente non sono fortissimo.







Grazie   

a cura di Paolo Radi  





14      08   2019 
(Tutti i diritti riservati)