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sabato 8 aprile 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

DANIEL

ROSSI 

      


 

 

Daniel Rossi è   giocatore   di Roma ed ha 27 anni. Cosi ci si presenta:

 

“Gioco a calcio dall’ età di cinque anni, ho iniziato a muovere i primi passi   nella squadra del mio


quartiere il Dragon City rimanendoci i fino all’età di 11anni, successivamente sono andato all’ Acilia Calcio dove ho vinto il mio primo campionato dei giovanissimi.

 

Da lì poi sono passato all’Ostiamare per ben 6anni dove ci sono state le prime soddisfazioni vincendo un campionato di juniores nazionale e arrivando a esordire in serie D a 17anni, per poi fare un’altra stagione in serie D prima di andare via e andare a San Cesareo sempre d dove ho segnato il primo goal con i grandi!

 

A dicembre sono sceso in eccellenza andando a giocare a Fregene dove ho fatto molto bene segnando 15 goal in 14partite e centrando una salvezza importante. 

 

Nel 2016 scendo di nuovo per problemi familiari in promozione al Cerveteri trascorrendo un anno di alti e bassi, ma allo stesso momento pieni di emozioni con un altro traguardo importante personale e di squadra.

 

Nel 2017 torno in eccellenza al Tolfa dove purtroppo le cose non sono andate benissimo perdendo la categoria.

 

 Nel 2018 arrivo al Nuova Florida dove ho passato un’annata indimenticabile vincendo campionato e coppa Italia siglando 25goal. 

 

Nel 2019 rimango li a fare la serie D fino allo stop per causa Covid.

 

Nel 2020 sono andato all’ Unipomezia dove, nonostante il Covid, abbiamo fatto un mini torneo da 10 partite, sono riuscito a vincere il mio secondo campionato. 

 

Il 2021 è stata una stagione molto importante, tra le migliori, arrivo in una piazza importante il Sora dove realizzo il mio primo traguardo: 100goal in carriera per poi continuare ed arrivare a superare il record dei goal dell’eccellenza laziale con 36 reti. 

 

Quest’ anno sono tornato all Unipomomezia. “

 


 



 


Innanzitutto mi complimento con lei, se ho capito bene lei con 36 goal ha superato il record dell’eccellenza laziale, mi dica come si riesce a raggiungere un simile obiettivo?

 

Sì, il record era di 34 goal stagionali e io l’ho superato con 36,  sono arrivato in tutto a 142 goal in carriera.

È stata un’emozione forte diciamo che noi attaccanti viviamo per il goal quando raggiungiamo un obiettivo e superarlo è veramente bello e emozionante.



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Diciamo che all’età di 5 anni ho iniziato nel cortile di casa a dare i primi calci; poi quando sono andato in un campo è stato amore a prima vista. 



 




I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

No, diciamo che la mia famiglia è stata sempre presente. Per dirtela tutta hanno fatto mille trasferte per vedermi e sono poche le partite dove sono mancati.

 






Lei all’Acilia calcio vince il suo primo campionato dei giovanissimi, che cosa si ricorda di questa esperienza?

 

Mi ricordo che è stata la prima vera gioia perché vincere è sempre bello anche a quell età. Mi ricordo che - eravamo oltre ad essere un gruppo di squadra - proprio un gruppo di amici dove già ci frequentavamo fuori sia noi bambini che i nostri genitori.




 




Altra tappa importante è all’Ostiamare dove esordisce in serie D, che cosa ci vuol dire a tal proposito?

 

È stato un esordio inaspettato perché oltre ad essere ancora piccolo è capitato senza preavviso, cioè i due attaccanti della prima squadra si infortunarono così mi arrivò la chiamata del direttore e fu emozionante. 

 






Altra esperienza importante è al Sora calcio, è lì che lei realizza il suo centesimo goal, quali sono state le sue emozioni?

 

Sì,  come già ho detto in altre interviste al  Sora è stato per me un anno indimenticabile pieno di emozioni. È stato bello anche questo traguardo dove ho realizzato tutto con un gruppo bellissimo, anche i miei compagni erano strafelici per me è questo mi ha reso ancor di più orgoglioso.

 






Come sta andando la stagione all’Unipomezia 1938? Tra l’altro lui gioca con Manuel Panini che è stato intervistato da me circa 20 giorni fa, coso ci vuol dire in merito al suo compagno di squadra?

 

La stagione all Unipomezia sta per terminare. Diciamo che poteva e doveva andare meglio però il calcio è anche questo. Avevamo obbiettivi diversi che purtroppo non abbiamo raggiunto. 

Conosco Manuel da tre anni, due anni fa siamo stati insieme vincendo un campionato.  Per me è una persona importante, un fratello maggiore dove devo solo che ringraziarlo per tutti i consigli che mi offre; nei momenti difficili è stato sempre pronto a darmi una pacca sulla spalla. Devo essere sincero è una persona speciale!



 




Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il goal più bello l’ho segnato tre anni fa in Unipomezia vs Vigor Perconti.

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un mio pregio è quello di credere in quello che faccio e non accontentarsi mai fino alla fine. Un mio difetto è che delle volte mi incaponisco quando non raggiungo certi obiettivi.

 






Una domanda che ho fatto a tanti è la seguente: secondo lei si nasce grandi calciatori, oppure uno che possiede delle buone doti può diventare a essere un grande fuoriclasse con molto allenamento?

 

Si nasce dotati chi più chi meno, poi con una giusta preparazione si può migliorare sempre; dunque si può diventare fuoriclasse? Tutto ciò dipende anche da tanti fattori e tanta fortuna: stare nel posto giusto nel momento giusto. 

 

Quant’è importante per lei la famiglia, i vari affetti che ha e gli amici?

 

La famiglia è importante, ma oltre alla famiglia da otto anni sto insieme a una ragazza speciale che è sempre vicino a me in tutte le scelte che faccio! Gli amici anche, devo dire la verità sono i miei primi tifosi.

 







Ultima domanda, Lei è un eccellente giocatore se la sentirebbe di fare un’esperienza fuori dall’Italia - pensi che un ragazzo che ho intervistato è stato due anni, se non erro, in Nuova Zelanda -?

 

Grazie mille ormai è troppo tardi per andare all’estero anche perché oltre a pensare al calcio sto pensando anche di formare  famiglia quindi rimarrebbe molto difficile. Infine spero di continuarmi a togliermi delle soddisfazioni sia per tutto il sacrificio e passione che metti per questo lavoro, inoltre per far ricredere e far avere qualche rimpianto a quelle persone che non hanno creduto in me.

 

 

 

08  aprile 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 7 aprile 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ARMANDO DINO

PEZZELLA

 

 

     






 


Armando Dino Pezzella è un allenatore di calcio nato a Napoli. Questa la sua carriera: 

 

Tanta gavetta nei settori giovanili. Poi da secondo vince ad Orta in promozione con l’Ortese. 

 

Secondo con Frattese e Savoia con Teore Grimaldi che gli hanno insegnato tanto. Afragolese dietro Suppa, ex calciatore di Piacenza e Casertana.

 

Allenatore in prima in intersociale, un torneo in cui spiccano molti ex calciatori come Mora, Schowch, Calaio. Ha vinto tutto nel 2012 compreso il titolo come miglior allenatore. 

 

Poi prima categoria con Edilmer Cardito, la prende in lotta per la salvezza e la porta in promozione in due anni.

 

Dopo la promozione con il Cardito in prima categoria a Casavatore obiettivo salvezza arrivano noni.

 

Subentra in corsa al Campania Felix Lusciano, dopo zero punti in 5 partite in promozione la squadra si salva.

 

Viribus Unitis primo anno obiettivo salvezza nono posto e premio della federazione per la valorizzazione di giovani calciatori.

 

Quest'anno ha iniziato alla Viribus e lascia la squadra secondo in classifica.

 

Alla San Ciprianese ci rimane giusto un mese a novembre per cercare di salvarla, lascia poiché non c'è stata sintonia sul mercato.

 

 Dal 3 maggio inizierà con la Maued San Pietro un progetto per calciatori che hanno finito il campionato e vogliono allenarsi comunque. 

 

Attende una chiamata per il prossimo anno

 

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa, come ha vissuto il periodo del Covid? Riusciva ad allenare la squadra che aveva, oppure dava solo dei consigli tramite le video chiamate?

 

Ci siamo fermati e non si è portata avanti la stagione, è stato un periodo di studio, mi sono dedicato a studiare, a leggere, è stato un momento di crescita; nella seconda parte con la ripresa delle attività individuale qualche calciatore mi ha dato dei consigli su come allenare. Ho immaginato su come sarebbe stato ritornare alla vita normale,  ho dato un consiglio ai calciatori: quello di lavorare sugli appoggi, infine gli ho spiegato che una vita sedentaria avrebbe alla ripresa aumentato i rischi di infortuni. 

 

 Chi ha seguito questo protocollo di prevenzione, articolare e muscolare si è trovato sicuramente meglio alla ripresa, quando abbiamo ripreso l’attività a tutti gli effetti abbiamo dovuto condensare in poche settimane il lavoro di prevenzione

 

 


 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Da sempre, a Napoli nasciamo con il pallone in mano, c’è stato Maradona, quella grande poesia che era il calcio giocato da Maradona, non era un uomo era un mito in una realtà napoletana che era quella degli anni ’80. 

 

Una realtà difficile, quella delle faide di camorra, qualche anno prima c’era stato il colera, Napoli con Maradona balzava agli onori della cronaca. 

 

Quando ho iniziato ad allenare i ragazzini dicevo loro: “Siete liberi di amare la maglia di qualsiasi città e di qualsiasi colore, perché siamo in un paese libero, ma non disprezzate la squadra del vostro paese, un tempo si era famosi per quelle cose che non funzionavano, oggi quando ti vedono parlano di Maradona. Oggi si parla della stagione che fa il Napoli, elementi che danno lustro alla città. 

 

Vedendo Maradona il calcio e la poesia si sposano, con Zeman ho pensato che si potesse fare un altro tipo di calcio, puoi dare spettacolo con una grande organizzazione. 

 

Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Ho giocato a calcio come tutti, però da giovane portiere mi immaginavo allenatore.  

 

Quando giocavo nelle squadre dilettantische gli allenatori mi affidavano il riscaldamento della squadra, e parte dell’allenamento, forse avevano visto delle doti, da subito ho avuto la gestione della squadra. Voglio precisare vista l’importanza che ricopre la preparazione atletica, questa nei dilettanti è arrivata più tardi, mentre nel mondo dei professionisti prima.

 


Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

 

Ho avuto la fortuna di creare un bel rapporto con la tifoseria. Frattamaggiore è il mio paese e lì c’è anche un’appartenenza, il Savoia mi ha stregato per l’amore della gente e così è stato con il Casavatore.  

 

Quando ho iniziato a lavorare in prima persona e penso al pubblico di Somma Vesuviana, ti posso dire che questi mi hanno fatto conoscere un amore viscerale per la propria squadra, la Viribus, ci seguono ovunque, anche la domenica mattina presto quando facciamo un’amichevole di stagione.

 

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Sicuramente l’allenatore dev’essere razionale e non umorale, le vittorie sono di tutti, le sconfitte sono solo del mister. Bisogna sapersi assumersi le responsabilità quando le cose non vanno bene, e di conseguenza anche le sconfitte. 

 

Una vittoria non significa aver fatto un buon lavoro e una sconfitta non significa aver fatto un cattivo lavoro. Bisogna trarre il buono dalle sconfitte il cattivo dalle vittorie. 

 

L’allenatore non si deve mai fermare, deve analizzare i risultati, dove ha fatto bene e dove ha sbagliato, credo che l’allenatore debba capire quello che avviene in campo e fuori dal campo. Poi l’allenatore deve dotarsi di collaboratori di cui si fida, e che lo possono aiutare nel gestire il lavoro settimanale, deve capire quello che sta facendo il preparatore atletico, il preparatore dei portieri. Può delegare l’allenamento dei settori, ma tutti quei settori devono essere funzionali a un unico disegno.  Deve capire le dinamiche della società. 

 

Quindi purtroppo o per fortuna l’allenatore deve avere la preparazione a 360 gradi, deve far capire al giocatore cosa vuole, perché la squadra deve somigliare all’allenatore. L’allenatore deve pensare con la testa di 20 calciatori, deve avere empatia e capire a livello psicologico le persone che ha di fronte.




 


 



 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Sicuramente mi dà tante amicizie, ho avuto modo di conoscere tante persone. Mi dà la possibilità di essere creativo, l’allenatore è come un pittore, alla fine il proprio quadro sarà quello che viene fuori nella partita di calcio. 

Penso che questo sport possa offrire un senso alla vita, certamente prima viene la famiglia, il lavoro, dà un senso alla giornata, molti di noi sono drogati di calcio, stare sul campo ci fa stare bene. Ovviamente mi toglie il tempo, ti immagini come le cose debbano andare, ma questo non sempre avviene. Non puoi gestire tutto, il giocatore può non comprenderti, la società può non comprenderti, magari hai fatto tutto però i risultati non ci sono perché nel calcio il risultato può essere anche casuale. 

Puoi sbagliare la partita e vincerla lo stesso. Ti toglie il tempo alla famiglia, dopo una sconfitta sei preso, e le persone che hai vicino devono sopportare il tuo stato d’animo.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

     Prima di una partita sembro sicuramente non teso, se so di aver fatto tutto bene in settimana, cerco di non essere teso per non trasmettere ansia ai calciatori, e poi so che abbiamo fatto tutto quello in nostro possesso per preparale bene. 

 

    Sono concentrato perché devo fare tutto quello che posso fare, a miei giocatori dico: “se avete ansia per la partita, dovete sapere che è solo una partita di calcio, quando andate a giocare a calcetto con gli amici quest’ansia non l’avete”. 

 

    Però è giusto che ci sia un poco d’ansia, perché quell’ansia è un campanello d’allarme del corpo, il corpo ci trasmette un’idea per farci fare qualcosa in più. 

 

    L’ansia dice al tuo corpo che puoi fare di più. Se devo stimolare da un punto di vista mentale devo trovare le giuste corde per spingerli a superare l’ostacolo che quella gara presenterà.

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Per me è fondamentale che l’allenatore ripensi a tutto, perché per crescere dobbiamo eliminare l’alibi se si perde una partita, l’alibi ti fa dire: ho perso perché sono stato sfortunato. 

 

Alla fine della partita bisogna capire perché l’avversario è stato superiore, cosa non ha funzionato, anche una vittoria può essere frutto della fortuna. Quando giochi una partita l’avversario mette in campo anche le sue qualità, alla fine vince chi è stato più bravo, ma ha avuto più fortuna. 

Anche il giorno dopo penso a cosa non ha funzionato, se ho sbagliato l’approccio, se ho caricato bene i ragazzi, se nel momento della gara potevo fare qualcosa di diverso. Devi imparare con chi ti misuri, chi hai di fronte.

 

 


 





Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

 

Questa domanda mi mette in difficoltà, non mi viene nessuna partita, ho perso la finale di Coppa Campania ai rigori, con un errore nostro sul quinto rigore. 

Sono cose che possono capitare e non voglio dimenticare quella partita, la squadra avversaria era superiore, perdevamo 2 a 0 e l’abbiamo rimontata due a due. Anche quando abbiamo perso con un’altra squadra, abbiamo pareggiato, ma per differenza reti, non siamo saliti di categoria. 

 

Un’altra partita che non voglio dimenticare è la seguente: Edilmer finale di Coppa Campania. Liguria - Cardito finale play off. Due finali pareggiate una persa ai rigori la seconda solo perché eravamo qualificati terzi e loro secondi. Due partite finite 22 contro squadre superiori ma che abbiamo giocato alla grande rimontando due reti. Ma non voglio dimenticarle, ma ricordarle perché facemmo grandi gare

 

C’è il rammarico, abbiamo avuto tante occasioni per fare goal, comunque è stata una bella partita giocata bene. Ricordare le sconfitte è un bene, fanno parte del mio percorso calcistico. Mi ricordo inoltre che di una partita di coppa, giocavamo con il San Sebastiano e perdemmo tre a 0 all’andata ma non lo voglio cancellare, perché la partita successiva andammo a vincere 5 a 1 e passammo noi. 

 

Se non ci sarebbe stata quella sconfitta non ci sarebbe stata quella vittoria. In conclusione, senza sconfitte non si cresce, non si migliora.




 


 



Un suo pregio?

 

Quando sono sul campo amo il mio lavoro da allenatore, sia fuori che dentro il campo, sono uno che vuole migliorare, cerco di studiare, penso agli errori, cerco di rubare da chi è più bravo di me, mi piace che la mia squadra giochi bene, mi piace che chi veda la mia partita si diverta, quando qualcuno ti dice che ti piace come imposti la squadra non fa che aumentare l’autostima. Amo quello che faccio e se c’è amore il resto è “leggerezza”.

 

Un suo difetto?

 

 Visto che ho amore per questo mestiere, quando parlo, parlo molto. 

 

Chi vincerà lo scudetto?

 

Ti posso dire che se il Napoli perde lo scudetto è perché lo vuole perdere, in passato da tifosi siamo stati abituati a situazioni, chiamiamole stravaganti, una volta con Maradona abbiamo perso nelle ultime cinque giornate di campionato. Ecco perché sono scaramantico. 

 

Se il Napoli dovesse perdere lo scudetto mi immagino una catastrofe.




 





Un sogno per il futuro?

 

Posso parlare di sogni calcistici, non ho grandi sogni, ho aspirazioni, mi ero prefissato qualche hanno fa di salire gradino dopo gradino il ruolo del Mister, visto che non ho un passato da calciatore.

 

 Ho fatto solo la prima e la seconda categoria, e il mio curriculum conta quando devi allenare perché la tua rete di amicizie te la devi costruire e non è semplice, ti devi far conoscere e solo il risultato ti fa salire di grado. Partendo dal nulla tanti allenatori ce l’hanno fatta. 

 

Io sono partito, appunto dal niente e so benissimo che davanti a me ci sarà ancora una lunghissima gavetta, però aspiro a salire un gradino in più.

 

 

 

 

 6 marzo 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

martedì 4 aprile 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

JACOPO

SCIAMANNA

 

 

     

 


 

 



Jacopo Sciamanna giocatore   è nato a Viterbo il 24 maggio del 1990 ed abita a Roma. Inizia a giocare all’età di cinque/sei anni. A dieci anni si traferisce alla Lazio dove rimane sino alla Primavera. Come scuola superiore ha il diploma del Tecnico Commerciale, poi ha conseguito la triennale della Facoltà di Scienze Motorie. È proprietario di un’agenzia che riguarda l’assistenza alle persone che hanno bisogno di badanti e colf. 

 

Queste sono le squadre dove ha giocato: San Marino calcio, Celano Calcio, Flaminia Civita Castellanta, Campobasso Calcio, Lavagnese, Gubbio, Correggese, Reggina, Cavese, Monterossi, Flaminia Civita Castellana.


 

 



Per prima cosa le voglio i miei complimenti, a ottobre del 2021 lei con la maglia del Flaminia Civita Castellana, andando in goal contro lo Scandicci, è arrivato a fare 100 goal ha collezionato circa 100 presenze nello stesso periodo.  Dimostra un grande attaccamento alla maglia, a cosa è dovuto tutto ciò?

 

Sicuramente il Civita Castellana è una parte importante della mia carriera perché lì ho giocato per 5/6 stagioni totali, sono molto legato sia alla società che alle persone che la compongono;  quindi non ha potuto che farmi piacere raggiungere e superare le 100 presenze con il Flaminia,  tra l'altro ho fatto anche i miei primi 100 gol con questa maglia.

 


Passiamo ora alla domanda con la quale inizio l’intervista: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Diciamo che come la maggior parte dei bambini giocare a calcio fin da piccoli è la cosa più naturale nel nostro paese, poi andando avanti con gli anni non ne potevo fare e meno tant'è che poi è diventato Fino ad oggi il mio lavoro.

 


I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio (tra l’altro lei gli ha ripagati, ha frequentato il Tecnico Commerciale, ha laurea in Scienze Motorie) “? 

 

I miei genitori mi hanno sempre assecondato, anzi hanno fatto tanti sacrifici perché dall'età di 10 anni sono andato a giocare nelle giovanili della Lazio e per noi che abitavamo a Carbognano, un paesino in provincia di Viterbo, era un bel viaggio attivare fino a Roma, quindi devo solo ringraziarli per questo.

 

Sì, diciamo che poi anche se tardivamente ho deciso di intraprendere il percorso universitario e sono riuscito a prendere la laurea triennale in Scienze Motorie, sicuramente questo ha fatto molto piacere ai miei genitori.

 


Lei ha militato nel San Marino, piccolo Stato non lontano da dove abito io, che tipo di esperienza è stata?

 

A San Marino è stata la mia prima esperienza tra i " grandi" ed è stata la prima volta che sono andato via di casa, diciamo che è stato l’inizio di un percorso che mi ha fatto crescere, sicuramente anche come uomo, perché mi ha insegnato a vivere da solo e responsabilizzare. 

 


In ogni squadra dov’è andato si è trovato bene, oppure con qualche club non ha un ricordo piacevole?

 

  Diciamo che nel calcio ci sono stagioni buone e meno buone però ogni posto dove sono stato mi ha lasciato qualcosa e mi ha fatto conoscere tante persone e con alcuni ho stretto delle amicizie.

 


Girando tante squadre e tante città diverse è riuscito sempre ad adattarsi bene?

 

Come dicevo prima ogni città mi ha lasciato dei bei ricordi, e in alcune luoghi ci sono tornato volentieri.

 


Molti dicono che calciatori si nasce, altri che ci si diventa con tanta determinazione e impegno, secondo lei?


  Sicuramente c'è chi è più portato per un fare questo sport, però è pur vero che o sei talmente forte che sei destinato a fare grandi cose, altrimenti ci vuole tanto lavoro e sacrificio per poter fare qualcosa di importante, quindi ti dico che ci si nasce, però poi il talento va coltivato ogni giorno. 









In televisione, nei vari social, e negli altri media, non si parla che di calcio. Non lo trova esagerato?

 

Il calcio è sulla bocca di tutti in Italia, se vai al bar, al supermercato o dal barbiere stai sicuro che l'argomento principale è il calcio.

Se è esagerato non te lo so dire, però sicuramente è una parte importante della nostra cultura. A me sinceramente piace che sia così.

 

 

Lei gioca nel ruolo di attaccante, si ricorda il suo goal più bello?


Fortunatamente qualche gol l'ho fatto ( 120) quindi ce ne sono tanti, uno in particolare non glielo so dire. 

 


Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 


Questo lo lascio dire agli altri

 


Ha giocato, in serie C, in serie D, e in altre categorie, se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Sicuramente le aspettative erano altre quando giocavo nelle giovanili, però emergere e arrivare in alto in  questo sport è difficile,  penso di aver fatto sacrifici fin da piccolo e di averci provato quindi non ho rimpianti, doveva andare così.

 


Il miglior giocatore della storia del calcio chi è?

 

Maradona non l'ho visto, quindi dico Messi senza dubbio.

 


Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Sono fondamentali, in generale è fondamentale le persone di cui ti circondi e poter apprendere da ognuno il meglio.

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Arrivata a questa età il sogno è di aver al più presto una bella famiglia 

 

 

 

 

 

 

04 04 2023

 

(Tutti i diritti riservati)