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giovedì 23 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ANTONIO

MONTANO

 

     


 


Antonio Montano è un giocatore di calcio di Napoli e così ci si presenta:

 

  

Mi chiamo Antonio Montano ho una laurea in Scienze Motorie e sono nato il 7 marzo del 2001 a Napoli 


A 13 sono ho ricevuto la chiamata dal Brescia, poi sono andato a Sassuolo dove ho firmato  per poi ritornare per la preparazione, quando sono tornato a Napoli, facendo vari controlli, ho riscontrato un problema al ginocchio dovuto allo sviluppo delle ossa e sono stato 1 fermo. 


Ho iniziato la mia carriera nei dilettanti con la maddalonese 2016/2017 eccellenza con la maddalonese due anni sotto etá 15 totalizzando 15 presenze poi nel 2017/2018 ho firmato per il Gladiator totalizzando 15 presenze e li abbiamo raggiunto i play off nazionali perdendo la semifinale a Canicattì, nel2018/2019 sempre con il Gladiator grazie al ripescaggio siamo saliti in serie D.


2020/2021 ho firmato per il Terracina totalizzando 3 presenze 1 goal e 1 assist poi a settembre sono andato con la Frattese in eccellenza 8 presenze e dicembre serie d con il Nereto totalizzando 22 presenze 1 goal e 2 assist


Quest’anno ho iniziato con il Castelnuovo firmando ad ottobre e totalizzando 7 presenze e 3 goal, e nel mercato di dicembre sono arrivato qui ad Alba adriatica con l’Alba Adriatica

 

 


 




Come sta andando questa stagione calcistica all’Alba Adriatica e quale obiettivo si è prefissato?

 

Ho accettato questa sfida a dicembre dove oltre all’Alba Adriatica ho ricevuto varie chiamate anche vicino casa a Napoli, sono arrivato qui con una classifica non buona e grazie alla fiducia che mi ha dato la società la stiamo ripagando, cerchiamo in tutti i modi di uscire il prima possibile dalla zona play out e ambire ad una salvezza tranquilla.

 

Si è ambientato bene in questa città?

 

Si, conoscevo già bene la città dato che l’anno scorso ho vissuto a pochi passi.

Si vive bene e per me che sono giovane è il posto giusto per dedicarmi ogni giorno al calcio, senza alcuna distrazione.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Beh, sarebbe banale, ma è la verità, la vita mi ha regalato una famiglia perfetta e ringrazio Dio ogni giorno per questo.

 

Mia mamma mi racconta che già da neonato, nella culla mio padre insieme ai miei zii mi riempivano di palloni, in casa mia si respira solo calcio.

 





I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio? (Preciso anche che lei si è diplomato e laureato in Scienze Motorie)”.

 

No, anzi hanno sempre assecondato le mie scelte anche perché come ho detto prima, nasco in una famiglia dove lo sport in generale, ma soprattutto il calcio è molto importante.

 

A 13 anni lei, giovanissimo, va a Brescia, e poi si trasferisce a Sassuolo, si tratta di due importanti esperienze, come le ha vissute?

 

Le porterò sempre nel cuore, eravamo tutti ragazzi che non vedevano l’ora di scendere in campo per correre dietro ad un pallone e in entrambi le esperienze mi ritengo molto fortunato dato che ho conosciuto ragazzi che ora sono calciatori affermati, ad esempio: Sebastiano Esposito e Giacomo Raspadori che ora difende i colori della mia terra e spero con tutto il cuore che quest’anno vinca lo scudetto per regalare una gioia a tutto il popolo partenopeo.



 




Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Ho bellissimi ricordi di tutte le esperienze calcistiche che fino ad ora ho fatto, diciamo che sono rimasto legato più al Gladiator soprattutto per la società che aveva puntato su di me anche l’anno precedente, poi la Maddalonese acquistò il Gladiator e sono stato l’unico riconfermato dell’anno precedente.   Quell’anno mi hanno dato la possibilità di stare in uno spogliatoio di giocatori vincenti che ancora oggi sento e ringrazio per ogni singolo rimprovero che mi hanno fatto.

Soprattutto a Saverio che l’anno scorso mi ha aiutato moltissimo nel mio cambio di ruolo, lo sento tutti i giorni e lo ringrazierò  sempre.



 




Non è facile studiare e nel contemporaneamente   giocare a calcio, come ci è riuscito?


Diciamo che per me è stata più una sfida dato che da piccolo sono sempre stato una testa calda soprattutto a scuola, è stata più una rivincita per me, l’ho fatto soprattutto per regalare una soddisfazione ai miei genitori.


Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

È una domanda molto complicata, di solito arriva sempre chi ha più fame di tutti, poi quando si arriva a determinati livelli bisogna sapersi affiancare a persone giuste, soprattutto perché in quel caso più che amicizia io parlerei di interesse.

 







Non dev’essere stato facile lasciare la sua città per trasferirsi lontano da casa come a Brescia, come è riuscito a superare quella lontanza - mi riferisco dal punto di vista affettivo, famiglia, amici -?

 

In quel caso sono andato via insieme ai miei genitori dato che ero troppo piccolo, poi sono andato a Sassuolo e quando sono ritornato a casa ho riscontrato un problema al ginocchio che mi ha fermato per un anno, nelle altre esperienze al di fuori della Campania ho sempre accettato io in primis di andare via soprattutto per capire realmente il valore della vita quotidiana. All’inizio non è facile poi però viene tutto in discesa e consiglio a tutti di affrontare un’esperienza fuori casa, ti aiuta a crescere prima.

La famiglia la sento tutti i giorni.

 

Gli amici sono indispensabili e soprattutto quando sei fuori casa capisci veramente chi ti vuole bene anche con un semplice messaggio.

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Sembra una frase fatta ma per me ogni singolo goal e ogni singola vittoria è importante, forse il primo goal in D è quello che più mi ha fatto emozionare.

 






Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Sono uno che non si arrende mai e cerca di uscire dal campo avendo dato tutto.

Un difetto che cercherò al più presto di migliorare è quello di essere troppo istintivo in qualsiasi situazione.

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo?

 

Ammiro tantissimo Victor Osimhen soprattutto perché ha una storia particolare alle spalle, ma con la fama e la volontà che ha avuto sta raggiungendo il massimo dei livelli.



 





Generalmente come sono i suoi rapporti con gli altri ragazzi che giocano nella sua stessa squadra?

 

Cerco di passare molto tempo con ognuno di loro per creare gruppo, che nel calcio è importantissimo, ho buoni rapporti con tutti, anche perché sono uno che mette sempre armonia nello spogliatoio.

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

La famiglia per me è tutto e gli amici sono quelli che ti aiutano a prendere decisioni importanti nella vita.

 




 


A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

Dedico l’intervista a tutta la mia famiglia a mio fratello che è la mia spalla forte, ai miei amici in particolare ad Enzo, ma soprattutto a mio nonno dedico ogni mio successo, so che saresti stato molto fiero, non resterai mai un semplice ricordo sarai per sempre con me, mi manchi tanto.

 

 

 

24  febbraio    2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 20 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

PIERDONATO

MELISSANO

 

 


     

 

 

Pierdonato Melissano gioca a calcio nel ruolo di portiere ed è nato il 9 luglio del 1998 a Maglie (Lecce)  . È cresciuto nelle giovanili del Gallipoli fino a 14 anni; a 15 anni è nella  juniores Otranto; a 16 anni “balza” in prima squadra in maniera definitiva; a 17 anni esordisce  in Coppa Italia eccellenza contro il Casarano; a  18 anni è nel  primo campionato da titolare in promozione con il Leverano, terminato poi con la  semifinale play off; a 19 anni è in  eccellenza nel Novoli Calcio, a 20 anni ritorna a Gallipoli, primo campionato da Over; 21,  a 22 anni si ferma a  causa disastro con lo "pseudo procuratore “a 23 anni si rilancia in promozione nel Veglie, conquistando una salvezza insperata alla penultima giornata, a  24 anni ritorna nel Gallipoli,  da dicembre decide di fare una nuova esperienza in Sicilia nella Leonfortese, dove milita tutt’ora.

 

 

 

 


 


Come prima domanda le voglio fare questa, in questo momento si trova nella Leonfortese, che obiettivo si è prefissato (o vi siete prefissati come squadra) per la fine del campionato? 

 

Nuova esperienza per me qui in Sicilia nella Leonfortese,  l’ obiettivo prefissato è quello della salvezza, possibilmente con qualche giornata di anticipo e senza passare dai playout. Il girone è molto tosto, ma è soddisfacente.

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Da subito sinceramente. Mio papà mi ha cresciuto sin da piccolo nella culla con un pallone; ho iniziato a muovere i miei primi passi nel 2004 e a 8 anni ho iniziato ad assaporare la porta, per poi non uscirvi più. Il portiere è un ruolo molto difficile e duro, ma può dare molte soddisfazioni

 




 


I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio? “(e comunque lei gli ha accontentati visto che si è iscritto alla facoltà di Scienze Motorie)

 

Preciso che sono iscritto in economia e Turismo; c'è stato un diverbio molto aspro durante tutta la mia vita. Papà e mamma non erano molto d'accordo e non lo sono tutt'ora. Sono comunque un tuttofare; nella vita non si può mai sapere; meglio avere sempre qualche piano di riserva.

 




 


Lei, pur se giovane ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Ce ne sono state un paio a cui sono rimasto molto legato, parlo di Novoli e Veglie (la prima in eccellenza, la seconda in promozione). Novoli si è conclusa con una retrocessione, ma alla fine ho avuto persone che hanno riconosciuto il mio valore e mi hanno voluto bene; Veglie è terminata con una bella salvezza inizialmente insperata. Anche lì è stata dura, ma alla fine si è usciti vincitori.

 

 





Ho intervistato tanti portieri, e tutti mi hanno detto che non si sceglie di essere portieri, ma è il ruolo del portiere che sceglie te, lei dentro di sé, quando era un ragazzino, si sentiva che avrebbe giocato in questo ruolo?

 

Sinceramente nei primi anni no; tutti solitamente pensano a fare gol e a godersi la fama. Difficilmente si pensa al ruolo che si occupa di evitarli; infatti molti portieri nascono già grandicelli (9-10 anni) e provenienti da diversi ruoli. Io per esempio giocavo da difensore centrale e sono andato in porta per caso. Mai scelta fu più azzeccata.

 

 

Non è certamente facile essere un portiere, in fin dei conti si gioca da soli, è così?

 

Sei immerso in un ruolo tutto tuo, siete presenti solo te e la porta. La difesa è composta da 3, a 4 o 5 componenti così come il centrocampo. Noi invece nella buona e nella cattiva sorte siamo sempre soli, ma come si dice "meglio soli che mal accompagnati"

 






Che cosa si prova quando si deve parare un rigore, quali sono i pensieri in quei momenti?

 

Parare un rigore è sempre un'emozione fortissima anche in allenamento. Mi è capitato di pararne uno l'anno scorso che fortunatamente è valso uno 0-1 fuori casa; un portiere spera ovviamente di pararli tutti nello svolgimento della sua carriera (ovviamente non è possibile). Un rigore parato però è una botta di adrenalina assurda, ti fa sentire per un attimo invincibile. 

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

In precedenza seguivo tanto il tennis (ora un po' meno); adoro tanto il basket specialmente l'NBA che è puro spettacolo. Ho giocato tanto da bambino a tennis tavolo e pallavolo, anche se non la seguo; ho iniziato l'estate scorsa a giocare con un mio amico brasiliano a Fut Volley “figata assurda”. Non mi dispiacerebbe provare il paddle.









Un portiere che ammira in modo particolare?


In passato Christian Abbiati e Iker Casillas (mio idolo). Oggi ancora osservo tanto il Gigi Buffon di una decina di anni fa,  cerco di carpire qualsiasi movimento egli abbia fatto (si cerca di imparare dal migliore).

 

 

Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? (Questa domanda gliela pongo perché sembra che in Italia esista solo questo sport, alcuni anni fa spor come il ciclismo, lo sci, erano molto più seguiti)

 

Credo che sia il fascino della vita esterna e i pregi che hanno i calciatori di serie A. Ma vi posso garantire che fare il calciatore non è affatto facile, specialmente se si ha un carattere più introverso e per tutte le persone maligne che si hanno intorno. Purtroppo è un ambiente in cui gira una quantità spropositata di denaro e come sempre accade, gli ambienti pieni di soldi sono mondi molto difficili.



 


 


Una partita che sarà sempre nel suo cuore?

 

Bitonto-Novoli 1-1. Grande partita in casa della prima della classe, sono entrato dopo 3 minuti per infortunio del portiere; avevo dormito molto poco ed ero affaticato. Quello è stato uno dei più bei giorni di sempre.

 

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)

 

Pregio il fatto di lavorare su qualsiasi concetto e non mollare un pallone.

Difetto… il fatto è che ho molti complessi mentali che non riesco a levare dalla mia testa; cerco sempre di essere perfetto, ma si sa che la perfezione non esiste. Mi faccio abbattere molto facilmente dalle parole di altri; questo è un aspetto del mio carattere che ci lavoro da tanto, per cercare di correggerlo quanto il più possibile.


 


 

Lei oltre a giocare frequenta l’università, come riesce a coniugare lo sport con lo studio?

 

Certamente non è semplice, ma se si ha in testa un obiettivo ce la si fa. Riesco anche a lavorare nel frattempo.

 

 

Un libro che ha letto o un film che le è piaciuto?

 

"Una porta nel cielo" di Roberto Baggio, esempio da seguire e compagno di fede (Buddismo).

 



 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Troppo, infatti qui a Leonforte purtroppo sono solo e mi mancano tanto. Non vedo l'ora di finire per tornare a casa.

 

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

Dedico questa intervista a chi mi vuole bene per davvero, a chi mi ama. Purtroppo persone false e maligne ce ne sono molte, troppe in giro; perciò bisogna godere al massimo delle persone più strette, fino a quando si può.

 

 

 


 20 Febbraio 2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 16 febbraio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

ALEX

BATTAGLIA


 




Il giocatore di calcio Alex battaglia è nato a Napoli nel 1987, possiede una   laurea triennale in Scienze motorie, giocava nel ruolo di attaccante, adesso è allenatore Uefa B.

 

Inizia la sua attività con il gruppo sportivo della polizia municipale, successivamente  va alla Puteolana 1909 di Pozzuoli.

 

Nel 2002 si trasferisce  a  Genova per militare nel Genoa CFC, nei giovanissimi nazionali. 

Poi ritorna  con la Puteolana 1909 con la quale perde  per due anni consecutivi la finale dei play off regionali (mini allievi ed allievi). 

 

Poi subito in prima squadra e l’anno successivo in promozione, dopo tre presenze (due in coppa ed una in campionato) va  in prestito all’Internapoli finendo prima con la juniores e poi in prima squadra in eccellenza collezionando una presenza e tante panchine. 

 

L’anno successivo è  di nuovo alla Puteolana 1909 in promozione con 6 gol e convocazione nella rappresentativa Campania al torneo delle 2 Sicilie. 

 

Poi ancora promozione;  nel Lazio con il Torrice (Frosinone) e successivamente, tanta prima categoria:

 

il Qualiano (con una vittoria del campionato nel 2011/12), Asd Boys pianurese 2005 con la quale sono  ripescati in Promozione (2014/15) nel San Pietro a Patierno in prima categoria con la vittoria della Coppa Campania e con una finale ai playoff persa (2015/16). Infine è  con  Plajanum,  Loggetta e poi con la Maued sempre in prima categoria.

 

 

Da allenatore ho fatto 3 anni alla RD Internapoli come istruttore attività di base poi 3 con la FC Vomero come istruttore dell’attività agonistica e poi (post covid) - dopo aver smesso di giocare a febbraio 2020 - ho iniziato ad allenare la prima squadra della Maued fino a novembre 2021 (lasciando la squadra seconda a 2 punti dal primo posto dopo 7 partite 4V e 3N con il miglior attacco e la seconda miglior difesa).

Successivamente sono con la Interpianurese dal febbraio 2022 (salvezza raggiunta ai play out) e da gennaio 2023 con la Stella rossa 2006. 

 

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa: come sta andando il campionato con la Stella Rossa 2006. 

 

Al momento bene. Sono subentrato da un mese e ho trovato un gruppo forte che aveva perso un po’ di entusiasmo e di autostima, ma con grande voglia di lavorare e tirarsi fuori dalla zona play out. Subentrare è sempre difficile, soprattutto perché hai poco tempo per incidere, con 2 allenamenti ancora di più, ma sono convinto che faremo bene. 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sembra banale da dire, ma da sempre, ho iniziato ad andare a scuola calcio che avevo 5 anni e non ho mai smesso o pensato che la mia vita potesse essere qualcosa di diverso da un campo da calcio ed un pallone. 

 

Lei ha giocato in tantissime squadre e un’esperienza importante l’ha avuto quando si è trasferito a Genova con il Genoa, che cosa mi sa dire a proposito?

 

Genova è stata un’esperienza fantastica che mi ha catapultato subito nel mondo degli adulti, perché a 14 anni, vivere a 800 km da casa, dalla famiglia, dagli amici, prendere i treni da solo, dover badare a te stesso, ti fa crescere. É stato il mio sogno ed ha segnato tutta la mia vita, nel bene e nel male perché poi ho dovuto fare i conti con la delusione di non essere rimasto a certi livelli, un po’ per sfortuna (la situazione societaria) e sicuramente un po’ per qualche limite mio, ancora ci faccio i conti e il rimpianto è grande, ma resta un ricordo indelebile. 

 



 





I suoi genitori l’hanno sempre appoggiata oppure le dicevano che prima veniva lo studio?

 

La mia famiglia mi ha sempre supportato in quello che era il mio percorso calcistico trasmettendomi i giusti valori, facendomi capire che sport e scuola non sono cose che si escludono, ma che dovevano avere la stessa centralità nella mia vita. Anche quando mi trasferii a Genova la prima richiesta con i dirigenti fu quella di non saltare la scuola perché l’istruzione doveva  essere comunque la priorità.

 

Come ho detto sopra tanti sono stati i club dove lei ha militato, qual è quello che ricorda con maggior affetto, oppure quello dove si è sentito più a suo agio?

 

Ho tanti bei ricordi e sono legato a tutte le squadre nelle quali ho giocato e dove ho conosciuto tanti compagni di squadra, molti dei quali li incontro e li frequento ancora oggi. Da un punto di vista sentimentale mi sento legato alle società dove ho mosso i primi calci, il G.S. Polizia municipale e la Puteolana 1909, perché ero ragazzo, tanta era la voglia di crescere, imparare, avevo un sogno e non conoscevo ancora tutte le dinamiche anche negative di questo sport e di certi ambienti. 

 

Tra le prime squadre sono legato a quelle in cui ho fatto bene e/o si sono raggiunti traguardi importanti come il campionato di prima categoria vinto a Qualiano o la coppa di categoria vinta a San Pietro, e poi la Boys Pianurese.

 

Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

C ’è un detto che dice “se non riesci in una cosa insegnala” scherzi a parte, ho sempre pensato di voler restare in questo mondo, a prescindere da risultati, categorie, rimborsi e altro. Sono sempre stato affascinato dalla figura dell’allenatore e anche in campo da giocatore provavo sempre a mettermi a disposizione dei compagni e mettere un po’ di esperienza al loro servizio, soprattutto dei più giovani. Ho iniziato ad allenare nelle scuole calcio e più passava il tempo più capivo che poteva essere la strada giusta da seguire, questo perché mi piace provare a trasmettere innanzitutto la passione per questo sport e poi le mie esperienze e le mie idee.

 

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Allenare è un brutto mestiere, ed è complicato al contrario di quanto si possa pensare dall’esterno. Un bravo allenatore deve sapere, saper fare e saper far fare. Essere un esempio per i suoi giocatori ed essere credibile e coerente nelle proposte e nelle scelte, ma la cosa fondamentale è il saper comunicare ed il saper entrare in empatia con i suoi giocatori. Ogni giocatore ha un codice tutto suo e bisogna conoscerlo per ottenere il meglio da lui.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio ha arricchito la mia vita, per le esperienze che ho vissuto, le gioie e le delusioni (tante), le persone che ho conosciuto; quello che un po’ toglie è il tempo, ne assorbe tanto, anche quando non sono in campo, soprattutto adesso che alleno è difficile staccare la spina del tutto, penso sempre agli allenamenti da preparare, cosa migliorare nelle sedute o in partita e cosi via, e poi c’è sempre la fede calcistica per il Napoli che è una vera e propria “malattia”.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Prima di una partita ovviamente da allenatore ho sempre un po’ di ansia perché ci sono tante variabili da dover tenere in conto anche se hai la coscienza pulita se gli allenamenti che precedono la partita sono andati bene, ai giocatori cerco di trasmettere al contrario di quello che è il mio stato d’animo, serenità e chiarezza su quelli che sono i loro compiti oltre che a motivarli nel miglior modo possibile, nel calcio la componente psicologica/emotiva è ancora sottovalutata.

 









E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Analizzo sempre le partite a prescindere dal risultato,  perché è la chiave per migliorare la partita successiva. Ovviamente le prestazioni negative forniscono più elementi da analizzare e sui quali intervenire e lasciano più rimpianti su quelle che possono essere state le scelte sbagliate. Poi dopo l’analisi si pensa a preparare la prossima partita. 

 

Un suo pregio e un suo difetto calcisticamente parlando?

 

Da calciatore il difetto principale era l’insicurezza e la poca voglia di sacrificarsi in campo. Il pregio era la visione di gioco ed una buonissima tecnica di base. Da allenatore credo il mio pregio sia la grande passione ed il rispetto che ho per questo sport, i difetti ne sn sicuramente tanti ma provo con il tempo a correggerli, per migliorare sempre di più 

 

Leggo spesso di liti che avvengono tra l’allenatore e i genitori, come mai? Le è mai successo di avere delle controversie con qualche genitore?

 

 Purtroppo alcuni genitori sono la rovina calcistica, ma non solo, dei loro figli, perché riversano su di loro le loro aspettative e le loro frustrazioni e anche il fatto di pagare una retta li fa sentire in diritto di poter pretendere, concetto che con lo sport non ha nulla a che vedere. Nel calcio è il campo che parla, tutti i bambini hanno  diritto allo sport nella stessa misura, ma deve prevalere comunque il concetto di meritocrazia. Il calcio poi è lo sport nazionale e tutti pensano di poter dire il proprio potersi confrontare o poter mettere in discussione chi questo lo fa per mestiere e ha studiato e si è formato per arrivare e restare a certi livelli. Per mia fortuna ho avuto sempre buoni rapporti con i genitori dei bambini e ragazzi che ho allenato. 

 

Cerco di essere coerente nelle scelte e disponibile al confronto e questo mio atteggiamento evidentemente paga. Solo una volta ebbi una discussione con un papà che chiedeva più spazio per il figlio, nonostante gli avessi mostrato il foglio presenze agli allenamenti che supportava le mie decisioni, episodio poi comunque chiarito.




 





Il calcio è sudore e sacrificio, i ragazzini di oggi questo lo capiscono? 

 

Il calcio, ma lo sport in generale è sacrificio e bisogna lavorare sempre per migliorare e ottenere i risultati. Purtroppo questo concetto è sempre più difficile da far passare alle nuove generazioni, cresciute nel benessere e circondate da tanti esempi negativi. Ai bambini che alleno cerco di insegnare che l’impegno e il sacrificio non devono essere in discussione e di evitare le scorciatoie, solo cosi si ottengono risultati. 

 

 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La famiglia è tutto. Ho la fortuna di avere due genitori magnifici, che si sn fatti in quattro per permettermi di poter fare sport,  cercando di essere sempre presenti, lasciandomi libero nelle scelte, ma supportandomi  in tutti i momenti, soprattutto quelli delicati, del mio percorso calcistico e della mia vita in generale. 

 

É anche per loro, se non ho mai mollato e ho giocato fino a quando il fisico ha retto, a prescindere dalla categoria, proprio per cercare di ripagare tutti i loro sacrifici, come quelli di mio padre che il pomeriggio faceva la corse al lavoro per accompagnarmi agli allenamenti a Pozzuoli oppure quando si metteva in treno e veniva a trovarmi a Genova per parlare con i professori o per venirmi a trovare anche per poche ore, o mia madre sempre a fare lavatrici con i panni sporchi di terreno e fango (quando i campi non erano in sintetico) o quando mi faceva trovare il piatto pronto a qualsiasi ora del giorno. Allo stesso modo mia moglie, lei adesso mi permette di continuare ad assecondare quella che è più una passione che un vero e proprio lavoro, almeno per ora, si spera, senza farmi pesare le mancanze che derivano dallo stare, spesso, più in campo che a casa. 

 

A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

Questa intervista la dedico ovviamente ai mei genitori, esempi e punti di riferimento nella mia vita, a mio fratello Angelo che a causa di un brutto incidente non ha potuto continuare ad inseguire il sogno che coltivavamo da bambini a mia moglie Margherita e a mio figlio Giovanni, prima di tutto e tutti ci saranno sempre loro.

 

 

 

 

 16 Febbraio 2023

 

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