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venerdì 29 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

SIMONE 

FABIO 

 








 

Simone Fabio di Roma così ci si presenta: “Ti posso dire che attualmente il ruolo che ricopro è quello del responsabile tecnico del centro federale di Roma per il progetto Evolution programme per la FIGC. 

 

Facciamo attività con ragazzi selezionati al centro federale mentre durante la settimana con l’area di sviluppo territoriale si va itinere nelle società per lo sviluppo della metodologia con i club del territorio. 

Ricopro il ruolo di responsabile tecnico federale da un paio d’anni. 

 

Sempre con la federazione mi occupo del progetto di didattica integrata nei licei sportivi. 

 

Per il resto, mi occupo di formazione e metodologia a 360º nel mondo del calcio giovanile con l’obiettivo di creare ambienti di apprendimento. 

 

Più che un lavoro la considero una missione: quella di far rivivere a più bambini e ragazzi possibili ciò che ho avuto la fortuna di vivere io alla loro età.

 

Da calciatore sono cresciuto nei vivai della Lazio prima e della Roma fino ai 17 anni e nonostante poi abbia interrotto presto la carriera da calciatore, credo che il calcio mi abbia migliorato come persona e mi abbia permesso di sviluppare capacità relazionali utili in qualsiasi campo, non solo in quello verde”.

 

 


 

 

 


Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? 


Fortunatamente è alle spalle da diverso tempo la pausa. Rimane però negli occhi di tutti noi il disagio vissuto. Nella società è aumentata l’isteria, il cinismo, l’aggressività. Ho la fortuna di vivere a Roma, ed andando in giro difficilmente si respira un clima sereno, negli uffici, nel traffico di tutti i giorni. A volte sembra che bisogna uscire di casa con l’elmetto, ed è spiacevole perché purtroppo la guerra c’è ed è anche vicina, ma non qui. Dovremmo sentirci fortunati ogni giorno, aldilà dei problemi e delle difficoltà quotidiane, basterebbe rispettare il prossimo ed essere cittadini propositivi.












Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Credo giocando. Da piccolissimo mi ricordo le quattro di pomeriggio all’oratorio d’estate, appuramento fisso con gli amici e il pallone di gomma con cui giocavo dentro casa, a volte mi capitava di odorarlo. Aveva il profumo dei sogni. Non si spiega.




I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, appoggiandola nelle sue scelte, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”


Sempre. Hanno sostenuto il mio percorso negli anni. Hanno incentivato l’attività senza mai pressarmi, facendomi capire se fosse quello che volevo e guidandomi nelle difficoltà, ma lasciandomi sempre lo spazio per vivere l’esperienza in prima persona. Non sono ancora genitore, ma lavoro nei settori giovanili. Nei workshop che organizzo sul ruolo del genitore - l’importanza di accompagnare i ragazzi nel percorso di calcio giovanile  - mi verrebbe da dirgli: fate esattamente come i miei. Risulterei essere di parte è vero, ma il mio giudizio è imparziale. Conosco così tante situazioni difficili nelle famiglie dei ragazzi, che se penso alla mia da bambino e adolescente, penso davvero di essere stato fortunato. Li ringrazierò sempre, ma mai abbastanza.











Lei si è formato nei vivai prima della Lazio e poi della Roma, che tipo di esperienza è stata? 


È stata l’esperienza che auguro di vivere a tutti i bambini e ragazzi che amano il calcio. Dal 1995 al 2002 alla Lazio, dal 2002 al 2008 alla Roma. Non penso sia giusto affermare che sono stati gli anni più belli della vita, ma i più belli che potessi vivere in quegli anni sì. Ricordo sempre le giornate di sole, il campo come una costante di vita. I compagni di squadra che sono stati i fratelli che non ho mai avuto essendo figlio unico. Gli devo tanto. Mi hanno permesso di condividere esperienze, trasferte, spogliatoi, camere d’albergo.  Da giovanissimo ho scoperto quello che solo il calcio può darti. Le emozioni di qualsiasi genere che ti permettono di scavare in profondità, di esprimere la tua personalità. 


I professionisti che ho incontrato negli staff di quegli anni sono coloro che mi hanno fatto innamorare ancor di più di questo sport, fino a farne un lavoro.

Poi devo dire che le realtà professionistiche in cui ho militato mi hanno permesso di conoscere la “strada principale del calcio”, quella che sto cercando di costruire ora nei settori giovanili dilettanti, perché aldilà del livello di apprendimento è giusto che più bambini e ragazzi possibili conoscano il calcio quello vero, quello bello, in cui là trasmissione dei valori è insita alla bellezza di questo sport. Spero che negli anni queste esperienze possano essere vissute da più giovani calciatori giovani possibili. Io nel mio piccolo lavoro per questo.




Le posso chiedere come mai ha abbandonato la carriera da giocatore? 


Non l’ho mai abbandonata totalmente. Diciamo che idealmente penso di averlo fatto nel 2010 abbandonando il professionismo. Quando vai nei dilettanti scopri un altro sport, che non è neanche paragonabile. Il motivo è nella testa. Ognuno di noi ha il suo carattere, ed essere giocatori forti significa anche saper convivere con le difficoltà, io ho sempre privilegiato il divertimento del calcio, la parte pura, l’essenza. 


Non ho mai accettato di perdere il sorriso e lottare per un obiettivo. Però credo sia sbagliato tutto ciò, perché dopo un certo percorso, si è grandi e sarebbe giusto comportarsi da professionisti e non da amatori. Ora capisco che eticamente sarebbe stato giusto non mollare, ma continuare a vivere esperienze importanti con il rischio di incontrare difficoltà. 


Forse ho amato troppo questo sport e da persona sensibile con i sentimenti forti faccio fatica. Ma non ho rimpianti e alibi. Sono felice del mio percorso anche se non ho fatto il calciatore professionista nella vita. E gli alibi esistono solo nei film.












Lei attualmente ricopre il ruolo molto importante che è quello di Responsabile tecnico del centro federale di Roma per il progetto Evolution programme per la FIGC. Come responsabile tecnico com’è organizzata la sua giornata lavorativa? 


Si inizia ben presto la mattina calendarizzando tutti gli impegni. Il lunedì facciamo attività con ragazzi selezionati, mentre durante la settimana sempre con lo staff tecnico, andiamo in itinere a formare gli staff dei club del territorio, quelli che lavorarono nei quartieri delle grandi città fino ai Paesi. È un lavoro affascinante perché devi entrare nella sfera di contesti sempre diversi e perché credo che il futuro e il cuore del calcio italiano risiedano proprio qui.

Settimanalmente sostengo anche corsi di formazione di primo livello Uefa e  grassroots sempre per il progetto Evolution programme voluto dalla FIGC.


Il pomeriggio è un momento cruciale delle mie giornate, è lì che è focalizzata l’attività.










Che studi, ha intrapreso per arrivare a ottenere questa importante mansione?


Iusm al Foro Italico di Roma, Scienze Motorie. Specificatamente al calcio, le licenze UEFA D, UEFA C e in ultimo UEFA B. Ad oggi sono fresco laureando in scienze politiche alla Luiss University, con cui collaboro per le attività di formazione. Credo sia giusto non smettere mai di mettersi in discussione, ed ecco perché ho deciso a 31 di laurearmi.










Inoltre sempre per la federazione si occupa di didattica integrata nei Licei sportivi. Nello specifico cosa cercate di fare con gli alunni? 


E’ davvero un’esperienza ricca. Conoscere giovani atleti di tutti gli sport, ti fa rendere conto quando la trasversalità sia reale in tutte le discipline. Un ragazzo che fa sport è incline al dialogo, al confronto aperto. È pronto ad adattarsi meglio di un coetaneo che non pratica. Nelle lezioni con loro trovare un chiave di comunicazione è davvero facile.










Lei più di chiunque altro conosce molto bene l’ambiente calcistico, lavorando per la F.G.C.I, molto spesso si sente dire che il calcio è malato, che non è più lo sport serio di una volta, che i bravi giocatori non ci sono più, come risponde a queste osservazioni?


Mi verrebbe da dire che forse è fin troppo serio. Ma ho capito il senso della sua domanda. Il calcio riflette la società, siamo troppo attratti dall’apparire, dal guadagno, dal successo, invece di concentrarci sull’essere, sulla gestione e sui valori. 


Riscopriamo l’essenza del calcio con politiche economiche di sostenibilità, con iniziative popolari, con la cultura nelle scuole e nelle accademie. Servono professionisti che testimonino quanto il calcio sia prima di tutto amore, passione e tanta voglia di mettersi in discussione.










Un suo pregio e un suo difetto (a livello lavorativo, è ovvio)? 


Sono due facce della stessa medaglia, essere dinamico mi permette di adattarmi alle situazioni velocemente, a volte riuscendo quasi ad improvvisare, ma ho difficoltà a programmare ed organizzare con costanza.










Un giocatore che lei ammira tantissimo? 


Il Simone da bambino, non quello dopo però Perché sognavo di essere tutti i migliori giocatori e provando ad esserli sono cresciuto come una persona migliore. Il giocatore che ammiro ha quel tipo di fantasia e quel coraggio di sbagliare che solo i bimbi riescono ad avere. La sfida è crescere mantenendolo.  











Famiglia, fidanzata e amici quanto sono importanti per lei? 


La famiglia per me è l’origine della vita. Credo nella famiglia, nell’amore e l’esempio dei miei genitori mi ha portato a pensare di farne presto una mia. La compagna è la mia metà, parte di me che preservo e che considero la mia priorità più grande. Gli amici sono i fratelli che ho scelto nella vita, di veri ce ne sono pochi, ma quelli che sono fondamentali.




Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 


La serenità per le persone che amo, tutti i loro sogni esauditi sarebbero il mio sogno più bello. Per il resto sta a me, per i miei che ho  sogni oltre a sognarli c’è il bisogno di inseguirli. Con dedizione ed entusiasmo.

 

 

 

 

 

 

30   luglio    2022

 

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lunedì 25 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

IANNI

 





 

Marco Ianni è un giocatore di calcio, così ci si presenta:

 

 “Marco Ianni Nato a Paola il 14/12/89.


 Grazie alla passione sfrenata di mio padre, ho iniziato a dare i primi calci al pallone nelle giovanili della squadra del mio paese Campora San Giovanni in provincia di CS.


Arrivato alla categoria giovanissimi venni acquistato da dall'Inter boys del grande uomo e presidente Salvatore Arlia, persona che ringrazio pubblicamente, una società molto blasonata nella provincia si Cosenza.

 

Dopo un campionato di allievi venni acquistato dalla società Vigor Lamezia che militava nella vecchia serie C2, da lì iniziai il primo anno di allievi con il grande Mister Lorenzo Caputo. 


Lavoro duro e dedizione erano i principi su cui basava i suoi allenamenti, fondamentale esperienza per la formazione di noi giovani. Dopo un 1 anno di allievi passai subito in berretti dove iniziai a tastare il vero calcio, era l'hanno calcistico 2007/2008 e grazie alla preparazione del mister Rosario Salerno e ad gruppo di giovani straordinari arrivammo a competere in una finale nazionale contro il Foggia. 


Quell'anno andai in panchina con la prima squadra una decina di volte senza mai esordire.

 

Nell’anno calcistico 2008/2009 la società mi chiamò per firmare il pre -contratto ed iniziare il secondo ritiro con la prima squadra. 


Qui iniziò qualcosa di veramente bello ma, prima di andare avanti vorrei raccontare un po' di quegli anni (non facili). 


Gli anni che vanno dal 2005/2006/2007/ sino al 2008 devo dire che furono molto difficili a causa della separazione dei miei genitori, un vero e proprio trauma familiare che grazie allo sport sono riuscito  a tamponare.


Uscire da casa la mattina alle 7:30 con il borsone e 2 panini, andare a scuola, uscire alle 14:00, prendere il treno e tornare dagli allenamenti alle 20:00 di sera, tutti i giorni per 5 anni di fila non è stata facile. 

Non è stato facile però era quello che volevo fare, il mio sogno, quello per cui avrei dato la vita. Tutto questo mi ha dato la possibilità di distrarmi da quelli che erano i veri problemi di quel periodo.

 

 

Quello che cerco di trasmette di quel periodo oggi ai miei alunni è che quando credi in qualcosa devi lottare con tutte le forze fin quando non l’hai raggiunta,   i problemi si superano e dunque non bisogna mai e proprio mai abbattersi. 

 

 

Era il 17 luglio del 2008 e iniziai il ritiro con la squadra, al termine la mia strada era quasi decisa, in prestito in serie D, o al Castiglione di Sicilia o all’ Hinterreggio Calcio. 


Tornammo dal ritiro e allo stadio Guido Dippolito stava per iniziare la prima di coppa Italia, Vigor Lamezia – Catanzaro: il derby. Sicuro di non giocare, non aspettavo altro che finisse la partita per accordarmi con una delle 2 società e invece il mister mi schiera titolare e fu la partita che segnò il mio futuro, non so se in bene o in male, ma fu così, assist del pareggio ed un goal da 35 metri per la vittoria. 


 Ricord che mi scortarono fino in macchina, non parlai con nessuno. Il giorno dopo sul giornale uscì un articolo che decretava la mia situazione: incedibile.  Furono delle settimane incredibili, tutte le tv regionali per 2 settimane fecero vedere quel goal, mi sentivo vivo, qualcosa stava cambiando me lo sentivo. 


La cosa più bella è stata il viso di mio padre, di mia madre e di tutti i miei amici quando sono tornato a casa, erano tutti in lacrime, forse un po' ci credevano anche loro. Tutto continuò al meglio altre 3 partite di coppa Italia giocate benissimo fino all'arrivo della prima di campionato. 


I nuovi acquisti erano arrivati e in trasferta ad Isola Liri non sarei dovuto partire titolare, fin quando alla rifinitura del sabato mattina il trequartista si fece male, così mi chiamò il mister dicendomi che il giorno dopo avrei giocato. Non dimentico mai la chiamata a mio padre, scoppiammo in un mix di risate e pianto, eravamo contenti, troppo. La partita termino benissimo, assist dell '1-1 e prestazione all'altezza, insomma tutto stava andando come doveva. 


A questo punto durante un allenamento della settimana successiva, una brutta entrata da parte di un compagno di squadra mi costringe al letto per 1 mese e mezzo, schiacciamento di una vertebra lombare con annessa lesione della vertebra. Recuperai e prima della fine del girone riuscii a fare 13 presenze.


Arrivò gennaio e, prima della fine del mercato invernale andai in prestito a Fasano, serie D pugliese. La voglia di giocare e dimostrare il mio valore era grande ma, anche questa volta dopo 3 partite di grande livello mi stirai e rimasi fermo per un mese. Recuperato dallo stiramento, dopo qualche partita presi una forte contusione alla caviglia. Il campionato terminò con una bella posizione in classifica, ottime prestazioni ma alla fine dei conti avevo dimostrato veramente poco. 


Ho parlato di questo periodo perché erano 6 mesi che a causa di una forte acne giovanile, una dottoressa mi prescrisse una medicina per curarla, fidandomi di quello che mi era stato prescritto non pensai che quelle maledette pillole avrebbero condizionato le mie prestazioni e la fragilità del mio fisico (rischiai anche l'infertilità). Era tardi ormai, ogni contusione si trasformava in un grande ematoma, il volume polmonare si riduceva e i muscoli dimostravano di non essere più come prima. 


Quando smisi di prenderle iniziai veramente a capire che avevo vissuto 1 anno di inferno. Da quel momento mi rimboccai le maniche e tra qualche eccellenza e serie D, nell'estate del 2012 andai in ritiro in Belgio, con il Tubize, una squadra di serie B, retrocessa l'anno prima dalla serie A. Tutto fantastico, i giornali belga parlavano di me, di una firma imminente ma, anche qui successe quello che non mi sarei aspettato.


Mi chiamarono dalla segreteria dicendomi che un procuratore era appena arrivato, stava firmando un attaccando Turco. Tutto vero, mi chiamarono a colloquio dopo 2 giorni dicendomi che l’avventura era finita, senza una spiegazione. Dopo qualche anno, venni a a sapere che quell'operazione di mercato che avevano fatto quel giorno, fatta solo ed esclusivamente per un giro di commissioni, costò l'arresto di 4 persone. Insomma mi trovai in mezzo a qualcosa che non potevo gestire, noi calciatori siamo dei numeri in mano a delle persone, non sempre il futuro è nelle nostre mani.

 


Tornato dal Belgio qualcosa dentro me era cambiata, ero stanco, avevo perso quel fuoco che mi bruciava dentro, arrivando ad una conclusione: (per un sognatore come me fu devastante, avevo capito che da grande non avrei mai potuto fare il calciatore come professione) non era la mia strada.


Così, grazie anche alla mia famiglia mi scrissi in università a Roma e, nello stesso, tempo firmai con la squadra del Villanova di Guidonia, eccellenza laziale, uno dei campionati più belli che abbia fatto.

 


L’anno dopo andai a Ladispoli, poi Monterotondo, Morena, Zagarolo, Valmontone e Lupa Frascati. Passarono 5 anni e dopo tanti sacrifici mi laureai in Scienze e Tecniche delle attività motorie preventive e adattate.








Con la maglia del Vigor Lamezia



 


Come prima domanda le voglio fare questa: il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa?  Come ha vissuto questo momento? 

 

È stato un periodo che ha segnato notevolmente le nostre vite, dal punto di vista atletico é stato un duro colpo per tutti anche se io personalmente mi allenavo quando potevo, dal punto di vista sociale invece ha portato tanti problemi a innumerevoli famiglie, ma ha permesso anche il riavvicinamento di tante altre. 

 


Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Bella domanda! Non nascondo che, a distanza di 15 anni, i miei sogni sono ancora tormentati dalla mia esperienza nella Vigor Lamezia. Credo che lì ho realmente lasciato un pezzo di cuore e di anima, è dove tutto è iniziato. 

 


Nel 2012 lei va in Belgio (per firmare per il Tubize) sembrava tutto pronto invece poi quell’occasione sfuma, poi venne a sapere che 4 persone erano state arrestate, ci potrebbe spiegare meglio la vicenda.

 

Preferisco non soffermarmi su questa vicenda, il mondo del calcio lo conoscono in tanti, dopo qualche anno ormai lontano dalla mia esperienza in C2 ti posso dire che anche in alcuni club ci furono indagati e processati. Questo è il calcio. Un giovane forte senza la fortuna di incontrare le persone giuste non raggiungerà mai grandissimi livelli. Di quella esperienza voglio ricordare e ringraziare di vero cuore i compaesani calabresi emigrati da giovani a Tubize per lavoro. Mi hanno ospitato e trattato come un figlio, una disponibilità e generosità unica. Grazie 









Lei durante la sua carriera ha subito diversi infortuni, come ci si riprende dopo essere stati fermi per diversi mesi?

 

Ci si rimbocca le maniche, si lavora duro e si ritorna più forti di prima. Queste esperienze mi hanno insegnato tante cose che ho portato poi nella mia vita, e questo mi è servito molto. Cerco di trasmettere proprio questo ai giovani e spero di trasmetterlo a mio figlio.

 


Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Credo che sia un mix di entrambi. In Italia il calcio è lo sport più praticato e naturalmente la maggior parte dei giovani sognano di diventare calciatori.

 








Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

Mi piacciono tanti sport, ma non ne seguo altri, oltre al calcio.



Lei gioca nel ruolo di? 

 

Punta centrale

 


Si ricorda il suo goal più bello?

 

Diciamo che ogni anno ho sempre fatto qualche goal non banale come si suol dire, ma quello nel derby di coppa Italia di serie C2 tra Vigor Lamezia e Catanzaro è stato qualcosa di incredibile. Lo fecero vedere per una settimana intera nei telegiornali regionali calabresi. Emozione unica.

 


Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un mio difetto forse è sempre stato la cattiveria e la grinta, un mio pregio credo che sia quello di non voler perdere mai, neanche nelle partite di allenamento, e forse tecnicamente me la cavavo molto bene.

 




                                                          Con la maglia del Vigor Lamezia




Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Cambierei procuratore! 

 


Lei è laureato in Scienze e Tecniche delle attività motorie e preventive adattate. Ci potrebbe spiegare meglio che competenze questa laurea le offre?

 

Il corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Attività Motorie Preventive ed Adattate, prepara professionisti in grado di coordinare tecnicamente programmi motori e sportivi di tipo educativo e ricreativo presso strutture pubbliche e private; strutture per anziani, disabili, strutture detentive ed ogni altro ente indirizzato a promuovere il benessere e la salute dell’uomo

 

 

Come mai decise di iscriversi all’Università e perché scelse Roma?

 

Diciamo che questa decisione fu presa quando raggiunsi la consapevolezza che nel calcio non avrei potuto più raggiungere determinati obbiettivi. Scelsi Roma perché ci viveva e lavorava mio fratello.

 








Soddisfatto del lavoro che fa con i ragazzi in questo momento?

 

Assolutamente si. Penso che il mio percorso di vita, fatto di soddisfazioni e delusioni sia un bagaglio di esperienza molto importante, che ora sto trasmettendo agli alunni ed ai giovani.

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia è tutto, penso che alla base di ogni grande uomo ci sia una grande famiglia. Nonostante la mia famiglia si sia divisa, i miei genitori sono stati sempre presenti. Penso a mio padre che non si è mai e dico mai perso una partita, anche quelle che giocavo con gli amici d'estate. Grande uomo, insegnante di vita e di valori, generoso e altruista con tutti. Mia madre, grande donna dedita alla famiglia e al lavoro ha sempre lottato per le cose giuste. Non è mai stata amante del calcio, è stata lei a convincermi a studiare. Ho anche due fratelli più grandi con i quali ho sempre avuto un bellissimo rapporto, ed ho condiviso tanto della mia vita, sono una  vera e propria fortuna.

 




                                                        Con la maglia del Vigor Lamezia



Un sogno per il futuro?

 

Dal punto di vista familiare il mio sogno più grande è quello di celebrare le nozze con la mia compagna, visto che il covid ha fatto ritardare un po’ i preparativi. Dal punto di vista lavorativo è quello di continuare a lavorare con i bambini a scuola e, da qualche anno ho iniziato a  studiando il mondo imprenditoriale, vediamo cosa mi riserva il futuro. C'è la metterò tutta come ho sempre fatto.

 

 

 

 

 

 

26 07    2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

venerdì 22 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

DI ROCCO

 


 


     

 

 

 

 

Marco Di Rocco è nato a Terracina (Latina) nel 1988 e abita a Roma. Dopo aver conseguito la maturità presso l’I.T.C. Arturo Bianchini di Terracina, si è laureato presso la Facoltà di Scienze Motorie, presso l’Università del Foro Italica (Corso di Laurea Magistrale in Scienza Tecnica dello Sport). È allenatore di Base FIGC, Diploma Uefa B, dal 2018 è Allenatore Personal Trainer 2° Livello.

 

Da calciatore: settore giovanile professionistico presso AS LATINA 1996 4 ANNI passaggio nella stagione 2006-2007 A.S. Terracina cat. eccellenza.

Poi Ostiamare serie d 2007-2008 successivamente altre due stagioni al Terracina calcio fin quando accettata un’offerta di lavoro a tempo indeterminato. Scenda di categoria in promozione e prima cat. SSD. Hermada, Pclenola Sabaudia. 

È stato viceallenatore per due anni dal 2017 al 2018 presso la società ASD Audace, poi sempre nella ASD Audace, eccellenza, questa volta come allenatore nella stagione 2018-2019. 

Nella stagione 2019-2020 è stato nell’Atletico Lodigiani (categoria eccellenza), mentre nella scorsa stagione, 2021-2022 ha allenato l’ASD Gaeta (categoria eccellenza).

È docente di Educazione Fisica da due anni.

 

 

 

 

 

 


 

 




Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva nella sua attività di allenatore? 

 

Sì,  il periodo del lockdown è stato un momento molto duro. Abbiamo dovuto interrompere le attività che ci piacevano di più. Per quanto mi riguarda ho dedicato molto tempo all'aggiornamento, e soprattutto ho avuto modo di lavorare sulle cose fatte fino a quel punto. Avevo molto tempo dato che da poco era terminata la mia esperienza all' Atletico Lodigiani.

 

 



 





 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sicuramente l'ho capito da piccolo, ho sempre giocato a calcio e l'ho sempre guardato in TV e negli stadi quando potevo, sono appassionato di tutti i campionati.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Sì, i miei genitori mi hanno assecondato sempre a volte anche quando dedicavo meno tempo alla scuola quando da piccolo giocavo a Latina nelle giovanili. Lo hanno fatto anche perché vedevano che era una passione vera e fondamentalmente mi faceva stare bene.

 









Lei si è diplomato, ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Motorie, ha il patentino di Uefa ed è pure Personal Trainer, possiamo dire che ha accontentato i suoi genitori, ma come ha saputo coniugare la sua attività sportiva con lo studio? 

 

Penso di sì, ritengo che alla fine siano fieri del percorso che sono riuscito a fare. Inizialmente è stato impossibile conciliare studio all'attività di gioco soprattutto dopo il percorso a Latina con un settore giovanile professionista e gli esordi in prima squadra in eccellenza e poi in serie D. Poi invece il percorso universitario è iniziato quando dopo diversi anni in eccellenza ho deciso di iniziare un percorso lavorativo stabile, e da lì la passione per sport ho deciso di trasformarla frequentando l’università del foro italico.

 

Che ci può dire della sua attività di calciatore? 

 

Vi posso dire che da piccolo quando giocavo ho sempre sperato di farlo come mestiere da grande. Le qualità le avevo anche se forse mi mancavano delle cose che all'epoca erano difficili da sviluppare, forse mi è mancato qualcosa da un punto di vista del carattere e della volontà. Ho giocato come detto in eccellenza, in promozione e prima categoria prevalentemente, il calcio giocato comunque mi ha regalato amicizie bellissime e momenti di squadra molto belli.

 










Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Ho deciso di diventare allenatore quando mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie. Ho sempre nutrito una forte passione per la tattica, e la strategia anche quando giocavo. Però la mia spinta più grande è legata al fatto di dare una mano a dei ragazzi con il mio stesso sogno da bambino che non sono purtroppo riuscito a realizzare. Ossia di diventare un calciatore professionista.

 


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Sulla principale qualità che deve avere un allenatore sinceramente non so esattamente quale sia più la importante, senz'altro la credibilità, mi spiego meglio, bisogna di dire la verità al calciatore anche se scomoda.

 








Che cosa le sta dando il mondo del calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

il mondo del calcio come quello del lavoro può togliere tanto tempo, e quando hai un bambino e una compagna chiaramente questo delle volte può essere un vero problema, soprattutto se si torna molto tardi a casa e si hanno altre attività da svolgere.

 


     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Vivo la partita con molta pressione in particolare da quando faccio l'allenatore, so comunque di non doverlo mai far trasparire, ma è così. Anche perché credo che un calciatore debba vivere il gioco con sicurezza e divertimento altrimenti rischia di prendere decisioni legate alla paura e questa non è mai una buona consigliera. 





 





Che ambiente ha trovato nella società ASD Gaeta? 

 

A Gaeta ho trovato buone persone che mi hanno supportato tra cui il direttore e il presidente, la trovo un'esperienza altamente formativa. Ho fatto numerosi errori, potevamo fare di più. Purtroppo la difficoltà vera è conoscere bene il contesto e adeguare soluzioni aderenti al 100 %. 

 

In questo non sono riuscito completamente, poi sono molto esigente con me stesso e tento di portare tutti a livelli superiori e questa volta non ci sono riuscito in pieno. Tuttavia ci sono stati momenti bellissimi, abbiamo raggiunto il quarto posto, e sono sicuro da cui il Gaeta potrà ripartire con slancio. Auguro al Gaeta il meglio.

 


Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare e una che ricorda con grande piacere? 

 

Sicuramente ricordo con piacere le partite delle svolte dopo i periodi difficili dove non si stava credendo nel lavoro seppur breve che stavamo facendo. Ed è accaduto sia con l’Atletico Lodigiani sia con il Gaeta.

Una partita da dimenticare quella con il Nettuno quando stavo all'Audace questa a poche giornate dal termine ha sancito l'abbandono del sogno di andare in serie D.

 




 






Un suo pregio e suo difetto (dal punto di vista di essere allenatore ovviamente)?

 

Penso di essere molto impulsivo delle volte e questo comporta dei problemi soprattutto nei momenti delicati di una gestione e questo un allenatore deve evitarlo.

Altruista, come pregio credo di essere altruista e di non mettere mai prima la mia ambizione rispetto al bene della squadra e del singolo.

 

 

Da due anni lei è docente di Educazione Fisica presso un Istituto superiore di I Grado, soddisfatto di quello che sta facendo? 

 

Ho iniziato a fare supplenze nella scuola media dallo scorso anno, mi trovo bene ed è un lavoro che faccio con piacere tra l'altro adoro anche lavorare a calcio con i più piccoli, quindi è veramente appagante soprattutto in questa fascia di età.

 


 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La Famiglia rappresenta tanto se non tutto, ho una compagna meravigliosa Manuela un bambino Leonardo meraviglioso quanto la mia compagna e sono il mio cuore.





 






Tutti hanno un sogno, il suo qual è? 

 

Di poter contribuire a realizzare i sogni dei calciatori che allenerò, tutto il resto verrà da sé.

 

 

22 luglio    2022

 

(Tutti i diritti riservati)