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venerdì 4 marzo 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

LUCA

STARITA

 


 


     


 

 

Luca Starita, napoletano, ha 37 anni ex calciatore è ora un allenatore (licenza Uefa B) ormai da quasi 9 anni. Come ci racconta: “piano piano la gavetta mi ha portato a diventare allenatore in serie D e ad oggi sono alla guida dell’Insieme Formia nel girone G - campionato nazionale dilettanti- “.

 

 







Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

Il covid ha stravolto tutti i sistemi di vita, nel mio caso specifico ha inciso tanto l'anno della vittoria del campionato di eccellenza, non potendo festeggiare e godere la vittoria come tale, nell'anno successivo in serie D non ci sono stati lunghi stop, ma non si sapeva mai se la domenica dopo saresti sceso in campo (visto i tamponi settimanali e i tanti rinvii per esisti positivi dei controlli). Non era facile  praticamente organizzare i lavori settimanali.

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Questa passione l’ho avuta sin da bambino. Ho inseguito i miei sogni da calciatore fino a 20 anni poi come tanti giovani che non riescono a fare il salto di qualità, ho  cercato  la sicurezza in altre attività.

 

 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Da piccolo i miei genitori premevano affinché io studiassi, con il senno di poi avevano ragione, non sono stato un grande studioso, ma ho comunque avuto una buona scuola di vita grazie alla strada e allo sport.

 


 

 






Perché hai cercato di intraprendere la carriera lavorativa, ad un certo punto?

 

Ho iniziato ad abbinare il lavoro con il giocare al calcio in categorie inferiori in modo da potermi costruire un futuro senza dipendere dallo stipendio che un giocatore prende, desideravo un’indipendenza personale, rispetto alla mia passione più grande che è il calcio, è stata scelta difficile ma obbligata, vista l'escalation negativa che ha riguardato la mia carriera calcistica.

 

 

 

Mi hanno detto che sin da piccolo eri già una promessa calcistica, è così? 

 

Da piccolo ero una promessa già a 10 anni già ero tesserato della S.S.C. NAPOLI ci sono rimasto qualche anno, poi per farmi maturare come calciatore e per formarmi caratterialmente, sono andato fuori dalla mia regione: Foggia, Padova, Imola e infine Granarolo, dicono di me che fossi un discolo e non predisposto a questi enormi sacrifici.  

 

 

 

Il fatto di non essere predisposto per fare degli enormi sacrifici a cosa ti ha portato?


Mi ha portato anche in età maggiore a scegliere squadre facenti parti di campionati dilettantistici. 

 

Dopo l'ennesima scelta sbagliata decisi di guardare al futuro in un’  altra prospettiva, quell'anno scelsi di andare a giocare in eccellenza nel posto più vicino casa,  rifiutando 2 squadre che avrebbero vinto  il campionato, erano  più  lontane, inoltre di  fuori regione, mentre nella squadra dove decisi di rimanere quell’anno fu un totale disastro.

Ho preso parte a tutti i campionati dilettantistici dalla D alla terza categoria in base alle esigenze lavorative del periodo, ho fatto tanti lavori ma alla fine ho concentrato le mie forze su un’attività di famiglia che ancor oggi porto avanti.





Quando hai iniziato la carriera di allenatore?

 

Una volta capito che il calcio in certe categorie era solo passione ho intrapreso la strada del poter essere allenatore stavolta con la giusta motivazione   e” giusta gavetta”. Sono partito dai bimbi per poi arrivare a gestire un’intera scuola calcio. 

Sono stato in diverse società come allenatore, poi ho iniziato a fare campionati più importanti con i più grandicelli, fino ad arrivare in eccellenza laziale come allenatore in seconda.  Al primo colpo campionato vinto e quindi l'anno successivo ho continuato in serie D sempre come secondo fino ad arrivare ad avere la mia possibilità come allenatore in prima, oggi sono seduto sulla panchina del Formia

 

 

 

In questo momento a che punto sei della tua carriera di allenatore?

 

Ho appena compiuto 37 anni quindi posso e devo migliorare, il prossimo step magari spero che sia quello del Uefa A per non precludere nessuna possibilità futura, dagli errori si impara!


C’è gente che alla mia età ancora si sta divertendo a fare il calciatore e se avessi saputo che maturando sarei stato più predisposto al sacrificio forse staresti intervistando un giocatore esperto più che un giovane allenatore, ma va bene cosi nulla è per caso e il futuro è ancora tutto da scrivere

 

 



 






Che qualità deve avere un allenatore per raggiungere certi obiettivi?

 

Le qualità per essere un buon allenatore non sono standard altrimenti tutti seguiremo un prototipo prefissato, gli obbiettivi da raggiungere dipendono da troppi fattori non a caso parliamo di uno sport di squadra.

 

 

 

Un suo pregio e un suo difetto (sotto l’aspetto del suo lavoro di allenatore) 

 

Un mio pregio è il mio istinto un mio difetto non saprei, ne ho tanti forse, ma nessuno che non lo si possa migliorare con il tempo la dedizione e l'esperienza

 

 

 

Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

Oltre al calcio mi piace il tennis, anche se comunque sono un amante dello sport e della competizione in generale. 

 

 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

 Non voglio tornare indietro, tanto cambierebbe poco perché la mia testa da giovane avrebbe fatto le stesse cose anche oggi, la maturità mi è arrivata solo in seguito andando avanti con l’età, diciamo che nella vita dovresti fare prima la vecchiaia e poi la gioventù!

 

 

 

Lei è nato Napoli a che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Sono nato e cresciuto a Napoli, Napoli è casa mia e come per ogni persona la sua casa è sacra è protezione è il punto di riferimento è il proprio vanto,  lo è per me Napoli.

 

 

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia per me è fondamentale so che per me ci saranno sempre ed è importante poter contare su questo, gli amici pochi ma buoni il resto tanti conoscenti, la famiglia te la ritrovi per "obbligo" naturale,  mentre gli amici li scegli quindi il tutto assume tutta un’altra importanza.

 

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Il sogno è condurre in porto l'obbiettivo stagionale del mio club cioè il mantenimento della categoria, magari con la valorizzazione di qualche giovane

 

 

 

 

 

 

 

 

 05 marzo 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 27 febbraio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

PASQUALINI

 





 

Marco Pasqualini è un calciatore nato a Roma il 9 luglio del 1985 ha iniziato a giocare a calcio nel settore giovanile del Cagliari Calcio: Nazionale Under 15, Nazionale Under 16 e Nazionale Under 18 (Dilettanti)

 

Ha militato dal 2002 sino al 2010 in Serie D (Albalonga, Pisoniano, Lupa Frascati, Villacidrese, Atletico Cagliari, Torgiano, Guidonia e Lupa Frascati di nuovo), poi ha alternato Promozione ed Eccellenza (San Cesareo, Colleferro, Albalonga, Cecchina, Lepanto Marino, VJS Velletri, Almas Roma, Real Monterotondo Scalo, Fiano Romano, Vigor Perconti, Boreale, Sant’Angelo Romano e Lodigiani 

 



 


 




Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa?  Come si è tenuto in forma? Tutto tornerà alla normalità?

 

Sì, è stato un periodo che ci ha messo a dura prova. Mi sono tenuto in forma a casa. Ho una piccola palestra. Credo che pian piano tutto stia tornando alla normalità.

 

 Ci hai raccontato che hai iniziato la tua avventura nel mondo del calcio, ti trovavi in Sardegna in vacanza con tuo padre, quando sei stato notato che palleggiavi in spiaggia dall’allenatore dei portieri della nazionale, e che dopo due ore eri già in un campetto ad allentarti. Che cosa ti ricordi di quel giorno?

 



Era una mattina. Palleggiavo con mio padre in spiaggia in uno stabilimento. Nello stesso si trovava Mister Mameli preparatore dei portieri del Cagliari. Si avvicinò a mio padre e gli chiese di portarmi ad Assemini a fare un provino. Era un provino per bambini di 10 anni. Io ne avevo 7. Sono stato preso subito e appoggiato 2 anni alla scuola calcio Gigi Riva.

 




                                                      





Per quanti anni sei rimasto in Sardegna? 

 

Sono rimasto in Sardegna per 8 anni la prima volta. Poi la seconda volta sono tornato altri 2 anni in serie D. 

 

Possiamo dire che la Sardegna sia la seconda casa, che cosa ti ha lasciato questa splendida regione? 

 

A dire la verità mi sento più sardo. Perciò non proprio “seconda” casa. Mi ha lasciato lo spirito sardo. Sono un combattente. Orgoglioso e fiero di esser cresciuto in questa splendida isola.




 





Come mai questo amore per il calcio?

 

L’amore per il calcio me l ha trasmesso mio padre.

 

Hai giocato in diverse squadre, a quale sei rimasto più   legato? 

 

La squadra alla quale sono più legato è il Cagliari ovviamente. Ci sono cresciuto.









Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o più i soldi per poter fare una vita agiata?

 

Credo che attiri entrambe. Ma per quanto mi riguarda ho sempre voluto fare il calciatore per la passione e gioia che mi dà questo sport. Certo è diventato un lavoro, perciò non nego che ne ho beneficiato anche economicamente. Ma la devozione e l’amore che nutro per questo sport sono infiniti.




 





Il   goal più bello segnato sino ad ora?

 

Il gol più bello l’ho fatto in serie D giocavo con l’Albalonga. Vincemmo contro il Morro d’oro 2 a 1 fuori casa. Feci il gol vittoria che ci permise di salire al primo posto. Fu un gran bel goal!

 









Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)

 

Il mio pregio è che il pallone tra i piedi mi dà gioia. Perciò amo dribblare e fare numeri. Sono alla costante ricerca dell’1 contro 1. Un difetto probabilmente è anche questo:  spesso esagero

 

Spesso gli intervistati mi hanno sempre riferito che il calcio oggi è malato, è proprio così? 

 

Il calcio di oggi è diverso. Non so dire se sia malato. Ma sicuramente è peggiorato rispetto a qualche anno fa. Il livello umano e tecnico è notevolmente calato. Credo che ci vogliano conoscenze per migliorarlo. Perciò sarebbe il caso che chi non ha mai giocato a calcio o vissuto ambienti calcistici di rilievo si faccia da parte. Ne beneficerà tutto il sistema.

 








Spesso leggo di giocatori famosi che poi sono caduti in disgrazia, sembrerebbe che la fama e l’essere celebri abbia un prezzo alto, è così? 

 

Sicuramente la fama e la ricchezza portano anche ad attirare tante persone. E riconoscere quali di esse sia amico veramente non è compito semplice. Si rischia di farsi coinvolgere in situazioni che non fanno bene alla persona e al professionista.




 





Hai avuto una carriera invidiabile, hai girato tante città perché sei stato in diverse squadre. Se avessi la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove sei arrivato sino ad ora? 

 

Sono felice di aver fatto quello che ho fatto. Non ho rimorsi né rimpianti. Senza gli errori che ho commesso e le vittorie che ho ottenuto non sarei chi sono adesso. Rifarei tutto allo stesso modo. Dormo sereno.




 





La famiglia quanto è importante?


 La famiglia è fondamentale. Ho una splendida moglie e 2 figli stupendi. Sono la mia vita. Tutto ciò che faccio è per loro. 

 


Un sogno che vorresti che si realizzasse nell’immediato? 

 

Mi sarebbe piaciuto concludere la mia carriera in serie D, che poi è il campionato che più mi ha realizzato. Sognavo di arrivare a 100 gol. Sono fermo da anni a 90. Questo successe quando lasciai la serie D  per giocare in categorie minori che mi permettessero di avere un lavoro che garantisse alla mia famiglia un futuro certo. Ora ho 36 anni. Però mi sento molto in forma. Chissà… sognare non costa nulla!

 



 

 



 Marco Pasqualini è il ragazzo che ha il pallone in mano 

 




27 febbraio 2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 22 febbraio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MATTIA 

DI LORETO 

 

 

    


 

 

 

 

 

Mattia Di Loreto così ci si presenta: “Sono nato a Rieti il 13 settembre del 1995. Attualmente abito a Borgo Velino un paese in provincia di Rieti. Inizio la mia avventura nel calcio come portiere, dopo varie esperienze calcistiche nelle serie dilettantistiche, stavo coltivando nel frattempo la mia passione come dirigente calcistico, decido di smettere causa di un brutto infortunio e da lì ha inizio la mia avventura come scout.  

 

Ho lavorato come scout nella Sambenedettese, successivamente ho lavorato per un procuratore sempre nell’ abito dello scouting. Dopodiché inizio la mia avventura come direttore sportivo, la prima squadra che mi da l’opportunità è la BF sport una società di Rieti che milita in promozione, ho lavorato nell’ area scouting del direttore Panfili.  Poi mi è stata offerta la possibilità di fare il direttore sportivo nell’ Amatrice calcio squadra che si trova nel girone B del campionato laziale di promozione.

 

 

 

 

 

 

 

Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Come è riuscito a svolgere il suo lavoro?

 

Questo lungo periodo di pausa l’ho vissuto con la frenesia della ripartenza dei campionati, purtroppo durante il Covid i campionati dilettantistici si sono fermati e per questo mi sono tenuto aggiornato guardando molte partite 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Il calcio è sempre stato l’ unico sport che ho praticato e fin da subito ho capito che non mi sarei mai stancato di questa passione.

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sinceramente nessuna delle squadre con cui ho giocato ci sono rimasto legato diciamo che tutte hanno la stessa importanza. 


Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Secondo me entrambe le cose 

 

Come mai ha deciso di intraprendere la carriera nello scouting calcistico? 

 

Lo scout è una passione che ho coltivato sin da piccolo, guardavo moltissime partite e da quel momento in poi ho iniziato a conoscere molti calciatori. ricordo che annotavo i nomi su un quaderno dando dei giudizi, soprattutto calciatori giovani.

 

 

 

 

 

Non è certamente semplice fare l’osservatore calcio, bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, (intraprendere lunghi viaggi, da alcuni talent scout che hanno circa 10, o 20 anni più di lei) poi bisogna tener in conto i fallimenti; lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?

 

Diciamo che ho avuto la fortuna di intraprendere questa passione fin da giovane, non è un lavoro facilissimo,  è necessaria  la calma, la pazienza e la lucidità;  guardo molti video e partire per 4/5 ore al giorno.

 










 

Perché molti giocatori ripetono la solita frase (quelli che non sono riusciti ad arrivare a certi obiettivi) : “Non ho avuto le giuste conoscenze, non ho conosciuto  il giusto talent scout, forse avute sarei arrivato molto più in alto”?

 

Secondo me chi dice queste frasi è un calciatore che non ha creduto fino in fondo nelle sue potenzialità, per arrivare bisogna affrontare dei grandi sacrifici e non tutti ci riescono. 

 

 

Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente? 

 

La prima cosa che deve colpirmi è la sua personalità e l’atteggiamento in campo nell’arco dei 90 minuti. Poi ovviamente le sue doti naturali. 

 

Che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club? 

 

I rapporti sono buoni.

 

Chi sono i suoi modelli di riferimento, per quel che concerne il suo lavoro,? 

 

Ho due modelli: il direttore Sportivo Francesco Panfili che è colui che mi sta insegnando il ruolo del ds , L’ altro invece è sabatini L’ attuale direttore della salernitana anche se non lo conosco di persona , ma è un dirigente e un grande uomo di calcio e per questo, l’ ammiro molto

 

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno? 

 

Ho un debole per Ciro Immobile perché è un calciatore che non si risparmia mai, da sempre il 100%. l’altro è Milinkovic Savic della Lazio.

 

Lei adesso è direttore sportivo per l’Amatrice calcio, com’è arrivato a essere ingaggiato da questa società? 

 

Sono stato contattato dalla società, mi hanno chiesto se ero disponibile a sposare il loro progetto e ovviamente ho accettato subito. 

 

 

Come tutti sanno nel 2016 Amatrice subisce un grave terremoto, che cosa rappresenta per lei fare il direttore sportivo per questa cittadina? 

 

Amatrice è una cittadina che sta rinascendo dalle proprie ceneri e quindi per me è una grande responsabilità rappresentare questi colori.

 

 










Un sogno per il futuro?

 

Semplicemente portare L’amatrice calcio più in alto possibile.

 

 

 

21 febbraio 2022

 

(Tutti i diritti riservati)