SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
FILIPPO
DI MARCO
Filippo Di Marco nato a Latina il 4 Agosto 1982. È un ex calciatore con esperienze professionistiche nel Bari e nella Reggina.
Un passato importante da calciatore del Latina squadra della sua città dove inizia la trafila dalle giovanili fino e fare l'esordio in prima squadra all’età di 15 anni e mezzo; è stato il primo calciatore in Italia a dover usufruire di un permesso speciale da parte della federazione per poter essere convocato in una prima squadra.
Inizia la sua Carriera calcistica nella squadra del suo quartiere di periferia il Campo Boario piccola frazione di Latina dove inizia a tirare i primi calci ad un pallone. Vince il primo titolo nazionale con la rappresentativa della Lazio in questa squdra erano stati selezionati i migliori calciatori di tutto il Lazio. Successivamente ha iniziato a girovagare per molte squadre del territorio Laziale.
Adesso è uno stimato direttore sportivo per una squadra che milita nel campionato di eccellenza Laziale e la gavetta non gli è certo mancata.
Circa 5 anni fa inizia la sua avventura da DS per una squadra storica di Latina la rinomata squadra parrocchiale: “Cos Latina” dove hanno iniziato a giocare grandi volti storici del calcio come Vincenzo D’Amico, Roberto Policano, Giancarlo Sibilia e molti altri ancora. Una squadra che prima di allora non aveva mai superato la seconda categoria.
Forte delle molte conoscenze e dei numerosi rapporti coltivati in tanti anni di calcio vince subito il campionato al primo anno per poi ripetersi l'anno successivo arrivando secondo, posizione che garantisce il ripescaggio in promozione. 2 salti di categoria in 2 anni.
Terzo salto di categoria al terzo anno, ma con una squadra diversa, ripartendo però sempre dalla seconda categoria con un progetto nuovo prima dell'interruzione dei campionati per il covid.
Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? E cosa pensa che succederà ora che i contagi stanno aumentando?
Sfortunatamente non mi sarei mai aspettato di essere dopo due anni ancora in questa situazione. È una situazione drammatica, non se ne esce e questa situazione a livello economico si sta ripercuotendo in maniera negativa su tutte le aziende del nostro territorio, senza parlare dello sport, del calcio a livello dilettantistico dove i calciatori non si sono potuti allenare bene, e ciò ha portato a tanti infortuni, alcuni gravi e che hanno penalizzato la carriera di diversi atleti; per chi gioca in Eccellenza, e in serie D si tratta di avere uno stipendio a fine mese.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Ho scoperto che il calcio sarebbe diventata la mia più grande passione, perché anche mio padre è stato un calciatore che militava in serie C con il Latina calcio, poi lui ha smesso presto perché ha preferito fare altro, detto ciò, questo amore per il calcio mi è stato trasmesso da mio padre, lui mi ha insegnato il rispetto delle regole, anche quelle presenti nella vita fuori dal calcio; da piccolino mi portava sempre negli spogliatoio e mi faceva entrare in campo. Così ho fatto anche con mio figlio quand’era piccolo, aveva due anni e mezzo e si trattava di una partita importante.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
La mia famiglia mi ha sempre lasciato libero, avevo la testa sulle spalle e non mi ha fatto mai delle pressioni particolari, sono sempre riuscito a risolvere i problemi da solo e ho gestito al meglio le situazioni della vita, sia nella carriera scolastica, sia in quella sportiva. E anche vero che ho fatto tanti errori, ma questi mi sono serviti per crescere a livello caratteriale (in maniera sana e forte).
Lei vanta un primato quello di aver esordito in prima squadra, nel Latina a 15 anni (tanto da aver avuto un permesso speciale dalla federazione). Come ha vissuto questo momento così importate? Il primato è ancora imbattuto?
Lo ricordo come se fosse ieri, giocare allo stadio Francioni di Latina... entrare al posto di Roberto Policano... è stata un’emozione importantissima, non la dimenticherò. L’allenatore era Mario Buccilli e per lui tutti i giocatori erano uguali, giocava chi meritava. A quell’epoca il Latina calcio faceva invidia a diverse squadre di serie C… certo che fare l’esordio a quell’età, con quella squadra e in campionato, per me che venivo dalla periferia di Latina per me rappresentava la realizzazione di un sogno. In conclusione ci tengo a precisare che il mister Buccilli era un punto di riferimento, lo ammiravo come uomo e come allenatore, è stato un padre calcistico e una persona perbene. A proposito dell’esordio ti posso dire che dovrebbe essere stato battuto da poco in ambito professionistico, in ambito dilettantistico non credo, non ho seguito le vicende.
Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più legato?
Direi il Latina Calcio. Si è trattata di un’esperienza fondamentale, sono diventato calciatore del Latina a 14 anni, ho fatto tutta la trafila dai giovanissimi sino alla prima squadra, è stato grazie a questa squadra se ho avuto delle esperienze professionistiche fondamentali. Per mia formazione hanno contribuito gli insegnamenti di alcuni allenatori importanti come: Giampiero Morgagni, ex bandiera del Latina, Alberto Pizzi, un grandissimo allenatore. In prima squadra ho avuto altri allenatori che mi hanno formato a livello caratteriale, ricordo Argenio (è scomparso poco tempo fa) Attardi (anche lui è venuto a mancare).
All’epoca le regole erano molto severe, noi più giovani dovevamo fare la cosiddetta "gavetta", oggi invece il ragazzo è più coccolato, all’epoca se non avevi carattere non riuscivi a proseguire, in compenso il rispetto e la lealtà erano maggiori tra noi compagni di squadra, verso l’allenatore verso il presidente e la dirigenza; tutto questo oggi viene a mancare, perché i giocatori sono assecondati in ogni loro richiesta e certamente non è un bene per la crescita. In conclusione abbiamo giocatori viziati e con poca personalità
Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi?
Secondo me la televisione ricopre un ruolo fondamentale nel mostrarti la “bella vita “ che conducono alcuni giocatori, visto dall’esterno questo sport ti può dare tanto, ma bisogna fare molti sacrifici e se non dedichi tutta la tua vita ad allenarti questo è uno sport che non ti offre nulla. Da fuori sembra che sia facile arrivare in Lega Pro, serie B, serie A. Il sacrificio riguarda anche i team manager, il mister, i dirigenti sportivi classici. I giovani pensano al soldo facile, pensano ad ottenere senza dare, per il 90% di loro oggi è così. È un malcostume diffuso, questo perché si dà troppa importanza al denaro, non era così anni fa, non ci sono più giocatori legati alla bandiera, attaccati alla maglia, non c’è più un giocatore che sposa un progetto, nessun atleta che rimane per di 4 anni nella stessa squadra, è un fattore negativo sia per il calcio italiano che per quello internazionale.
Lei è una persona conosciuta e stimata nell’ambiente calcistico, che cosa significa per lei essere conosciuti e vantare un simile primato che sopra abbiamo esposto?
Non mi reputo una persona conosciuta, anche se nel mio ambiente ho fatto molti anni da calciatore e da 5 anni sono direttore sportivo e in 5 anni ho avuto molte soddisfazioni; comunque penso che per quel poco che ha fatto l'abbia fatto bene dando tutto me stesso. Però penso che nella città dove abito ci sia invidia e cattiveria, soprattutto quando una persona riesce a ottenere dei risultati importanti, credo che nel calcio quello che ho sopra esposto sia una cosa attuale, e cioè l’invidia tra gli addetti ai lavori, e la cattiveria che circola tra le varie società. In alcune circostanze ho vissuto sulla mia pelle queste negatività, colleghi e addetti ai lavori invece che apprezzarmi e di applaudire sulle cose positive, sprecavano il tempo a denigrarmi. Questa è la situazione calcistica ad oggi, io non riuscirei ad avere un simile comportamento con un mio collega e verso una persona che sta ottenendo dei buoni risultati e che sta cercando di farsi strada per far diventare questa sua passione un vero e proprio lavoro.
Lei circa 5 anni fa inizia la sua avventura da ds per una squadra storica di Latina la rinomata squadra parrocchiale “Cos Latina”, come mai ha deciso di diventare dirigente sportivo?
Ho iniziato quest’avventura con il Cos Latina quando stato coinvolto dal presidente della società, un amico che mi conosceva da tempo; apprezzando la persona a livello umano, sapendo delle mie competenze calcistiche mi ha proposto senza impegno di dargli una mano per rivalutare la situazione della società. Successivamente con la mia venuta sono entrate in società altre persone e abbiamo iniziato questo progetto di rinnovamento. Al primo anno abbiamo vinto un campionato (tra l’altro la squadra non aveva mai vinto nessun campionato sino ad allora), così abbiamo dato il via ad una bellissima favola, abbiamo fatto due salti di categoria e abbiamo portato la società a raggiungere un obiettivo storico, ricordo che il Cos Latina era la seconda società di Latina. E' stato un onore portare la società al vertice dei vari campionati, da quando sono andato via non hanno raggiunto nessun obiettivo, tutto ciò è un motivo d’orgoglio.
Come dirigente sportivo possiamo dire che gli ultimi sono stati fantastici, cosa si prefigge in questo momento con l’Atletico Lazio?
Per me accettare l’incarico all’Atletico Lazio, società di eccellenza laziale, ( io che sono partito dalla II categoria per arrivare in 5 anni a fare il direttore sportivo in una società in un campionato di Eccellenza) è un motivo d’orgoglio, tra l’altro nessuno mi ha mai regalato niente e se il mio nome è stato attenzionato dalla dirigenza dell’Atletico Lazio - che è una società che non è della provincia di Latina, che ha una sede legale a Formia e che si allena nel viterbese - dimostra che qualcosa di buono sono riuscito a fare. Cercherò come sto facendo adesso in questo mercato di riparazione, ( sono stato chiamato per questo) di fare il mio meglio portando 14 giocatori nuovi per cercare di rifondare una squadra che è nell’ultimo posto in classifica, ma che vuole rivalutarsi. A me piace questa sfida che è quella di riuscire a tirar fuori questa squadra dall’ultimo posto.
Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato?
Il sogno più grande è quello di ottenere la salvezza con l’Atletico Lazio, è il mio più grande obiettivo, sto facendo molti sacrifici, ci alleniamo tutti i giorni, io faccio tre ore di macchina (andare e tornare), si tratta di un dispendio di energia importante, essendo un direttore sportivo mi piace sempre essere presente sul campo, sentire e tastare l’umore dei giocatori, del mister, della società, mi auguro che queste 15 partite che rimangono siano partite che ci portino a dei risultati importanti. La squadra nel girone di ritorno sarà al completo, - con tutti i nuovi acquisti a disposizione - ad oggi per me questo è l’unico obiettivo. Tutti cerchiamo di dare il meglio, posso dire di trovarmi in una bella famiglia, non mi aspettavo di trovare questo ambiente così positivo. In conclusione ti posso dire che cercherò anche di mantenerla in categoria, voglio rimanere in eccellenza con questa squadra.
10 gennaio 2022
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