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giovedì 22 agosto 2019





PAOLO RADI PRESENTA








 10 DOMANDE


  
GIAMPAOLO  CATANZARO 







Giampaolo Catanzaro (classe 1984) è nato a Milazzodopo aver frequentato il Liceo Scientifico Antonio Meuccì si diploma alla Roma Film Accademy, vive a Roma ed è un apprezzato Fonico di presa diretta. Ha lavorato nelle seguenti TV Mini Serie: Non Mentire, Che Dio ci aiuti, È arrivata la felicità, Don Matteo, Braccialetti Rossi, mentre al cinema: Quando sarò bambino, Romeo & Juliet, Third Person, Neverlake e altre opere. Noi gli abbiamo rivolto le nostre 10 domande.









La prima domanda è d’obbligo, la passione per il cinema quando è nata?
La passione per il cinema (da spettatore) è iniziata da piccolo, quando per la prima volta andai al cinema. Era il 1989 ed il film era BATMAN di Tim Burton... anche se ho sempre preferito SUPERMAN...della prima saga (4 film) ho consumato le videocassette e ancora adesso so quasi tutte le battute a memoria.









Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico lei si trasferisce a Roma per frequentare la Roma Film Accademy, aveva già in mente di diventare un fonico di presa diretta, oppure l’interesse le è venuto frequentando l’Accademia? 

Prima della RFA (quando la feci io, nel 2009, si chiamava NUCT) ho frequentato per 2 anni Il SAE Institute di Milano. Mi iscrissi alla RFA per cercare di ampliare il “mio bagaglio” in campo sonoro e soltanto una volta iniziato capì che si trattava di cinema. Quindi direi di sì...ho deciso di intraprendere questa strada solo frequentando l’accademia, ma soprattutto grazie al mio Maestro Tullio Morganti.








La cosiddetta “gavetta” è stata lunga, oppure ha trovato lavoro subito?
Io credo che la “gavetta” si faccia sempre in questo lavoro. Su ogni film, ogni fiction, ogni pubblicità si impara sempre qualcosa di nuovo.
Intesa nel classico modo invece direi di sì...ne ho fatta molta per fortuna. Questo lavoro mi ha fatto innamorare, quindi per me ogni occasione era buona per stare su un set e cercare di “rubare con gli occhi” il più possibile da tutti e da tutti i reparti.









Potrebbe spiegare ai non addetti ai lavori in che cosa consiste il suo lavoro; mi spiego meglio, lei partecipa alla parte creativa iniziale del film, oppure la chiamano quando il progetto filmico ha trovato i finanziamenti? 

Nella maggior parte dei casi sempre a finanziamenti trovati. La parte creativa, quando è possibile la tiriamo fuori in fase di “sfoglio della sceneggiatura”, ma in Italia purtroppo, la “creazione” spetta quasi sempre alla post produzione.










A tal riguardo mi viene in mente un bellissimo film di Brian De Palma, Blow Out, con John Travolta, è esatto l’accostamento? 

Non esattamente, lui (da quello che mi ricordo) era più un “foley artist” o rumorista.









Oggi come oggi la parte sonora in film è determinate visto che le sale sono quasi tutte attrezzate per una fruizione del film sotto ogni aspetto, ma sono veramente tutte attrezzate come si dovrebbe? 

Non saprei, non vado al cinema da anni, ma in compenso compro almeno 7 dvd al mese.









Il suo film preferito dal punto di vista del sonoro, ovviamente?

 Ce ne sono molti, ma un film italiano che ho apprezzato molto, soprattutto dal punto di vista sonoro, è di certo “La Sconosciuta” di Tornatore.










Un’opera che l’ha maggiormente delusa? 

Non si può dire!







Un regista straniero con cui vorrebbe lavorare? 

Bè, se ha fatto un film come BLOW OUT sicuramente ha molto a cuore il suono dei film...quindi Brian de Palma, ma anche Martin Scorsese o Ridley Scott non mi dispiacerebbero.









Infine siamo arrivati all’ultima domanda, un film che avrebbe voluto fare? 

 Avrei voluto fare sempre il solito film, ovvero quello che tra me e un altro fonico, hanno scelto l’altro fonico; a parte gli scherzi mi sarebbe piaciuto fare sicuramente “ Lo chiamano Jeeg Robot”.









Grazie 

a cura di Paolo Radi 




22   08 2019 
(Tutti i diritti riservati) 



mercoledì 14 agosto 2019


 A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE 
     
   
 CON 


    FRANCESCO    
  SAVARISE  







 È stato interessante conoscere Francesco Savarise, perché mi ha  raccontato chi è veramente. E non tutti sono in grado di farlo.  Un giocatore che ha molto da dare sul campo e  capace di riservare tante sorprese positive.




Francesco Savarise ha 25 anni ed è nato a Massa di Somma, comune italiano della città metropolitana di Napoli. Ha militato nel settore giovanile del Napoli per 8 anni, poi ha giocato nel: Foggia, Arzanese, Novese, Mariglianese e negli ultimi due anni nel Pomigliano. Si è diplomato in Elettronica e Telecomunicazioni, ama: la famiglia, gli amici, l’estate e il mare. Noi gli abbiamo rivolto qualche domanda.



    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

È nato tutto senza un motivo, ho iniziato a 4 anni e mezzo, è stato un amore a prima vista. E da quel giorno questa passione è aumentata sempre di più.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare?

Se non avessi scelto. Il calcio, mi sarebbe piaciuto praticare il tennis. Mi è sempre piaciuto!










Lei ha giocato in diversi club, in quale si è trovato meglio?

Ogni club mi ha lasciato qualcosa. Senza dubbio gli 8 anni nel settore giovanile del Napoli sono stato i più belli e i più divertenti.
Del Foggia ho sempre un gran ricordo.





Possiamo sapere dove giocherà nella stagione che inizierà a breve?

Per l'anno prossimo non so ancora niente, qualche offerta l'ho ricevuta, ma aspetto la chiamata giusta!










Il  suo goal più bello? 

Il mio goal più bello penso sia quello che feci quando giocavo con l'arzanese a Taranto: è stato davvero un gran goal!




In che ruolo gioca?

Nasco come difensore, ma ormai ogni anno faccio sempre più ruoli, dunque non ho più un ruolo fisso; infatti sono due anni che gioco a centrocampo.









Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

La principale qualità è la forza mentale, quella che ti permette di migliorarti, di superare le difficoltà...poi c'è il talento, la tecnica e infine, ovviamente la condizione atletica.




    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?

Il mio stato d'animo prima di una partita è la consapevolezza di doversi impegnare al massimo: bisogna essere concentrati e ci vuole quel pizzico di tensione che ti fa stare sempre attento.











E alla fine di una partita, invece, ripensa a quello che ha sbagliato, oppure volta pagina? 

A fine partita si ci ripenso, penso dove ho sbagliato, cosa potevo fare meglio e poi volto pagina!










La famiglia che cosa rappresenta per lei?

La famiglia per me è tutto. Amo la mia famiglia tantissimo; sono parte di me, in tante cose.















   Che valore dà all’amicizia? 

L’amicizia per me è una cosa importante...ovviamente si conoscono tante persone, ma gli amici veri sono quelli su cui puoi contare sempre, comunque quelli che si vedono nei momenti di difficoltà sono pochi!




Se dovesse presentarsi a qualcuno che non la conosce, che cosa direbbe su di lei (pregi, difetti, qualità varie), ma anche sulle sue caratteristiche di giocatore? 
    
Come ragazzo mi reputo intelligente, simpatico, solare, amo ridere e scherzare, come difetti: testardo e a volte superficiale.










Come giocatore: duttile, intelligente, ambidestro; difetti: fisicamente non sono fortissimo.







Grazie   

a cura di Paolo Radi  





14      08   2019 
(Tutti i diritti riservati)  






mercoledì 7 agosto 2019




A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE 

CON 




NICOLA 
DIBITONTO  




Nicola Di Bitonto è nato a Barletta nel 1966, è un allenatore di calcio ed ex calciatore, attualmente è preparatore dei portieri di calcio del Foggia. 


 Ha iniziato da piccolo a “giocare per strada; la sua prima società è stata l'Atletico Barletta poi si è trasferito nella Polisportiva Trani dove ha fatto le giovanili per 3 poi arrivare nel 1989 a giocare in   prima squadra. Ha poi militato nei seguenti club: Barletta, successivamente viene acquistato dal  Cagliari come secondo portiere, ed esordisce in serie A.  Dopo l'esperienza cagliaritana gioca nelle seguenti squadre:  Atletico Catania, Fidelis Andria, Ascoli, Viterbese, Taranto, Bari, Andria BAT. Come allenatore dal 2007 al 2009 Andria BAT, 2009 al 2012 Barletta, nel 2012 firma   per il Foggia.



Si ritiene fortunato per aver trasformato la sua passione che aveva da piccolo ad un lavoro ricco di soddisfazioni. 

Prima era un calciatore ora è   allenatore dei portieri.  La sua fortuna è stata la mia famiglia che ha assecondato i suoi sogni e condiviso. Ha un figlio che gioca a calcio, ma non ha seguito le sue orme, gioca da centrocampista. Un hobby che ha è la bici, appena può evade dal mio mondo e parte senza una meta.

È soddisfatto di quello che la vita gli ha concesso, e non ho alcun rimpianto lavorativo. 

Offre un consiglio ai giovani: “Credete nei sogni perché si possono realizzare, ad una condizione: meno Play station più attività fisica all'aperto!”









La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Da piccolo come tutti i bambini ci si trovava al parco e si giocava sino a tardi.

   


Lei ha avuto una bella carriera da portiere, com’è riuscito ad arrivare così in alto. Conta solo la bravura, oppure...cosa?  

Certo bisogna avere delle qualità, ma anche una buona dose di fortuna, giocavo nel Barletta, gli osservatori del Cagliari venivano a vedere i giocatori, a fine anno siamo stati in due a firmare con il Cagliari.





Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore dei portieri, perché questa scelta, e non quella, visto che ha tutti i requisiti adatti, di diventare allenatore? 

È la conseguenza naturale di chi gioca a calcio, io sono un uomo di campo e ho continuato.









È stato difficile prendere il patentino a Coverciano? Lei ha il secondo patentino, oppure il terzo brevetto?  

Ho il patentino Uefa B per allenare i portieri professionisti.





Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Paziente e testardo, disponibilità e professionalità.

    


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore in generale? 

Direi: essere disponibili, professionali e pazienti.





       Tutti rincorrono la “fama, i soldi e la celebrità”, lei invece? 

Ho sempre inseguito il mio sogno e ci sono riuscito a trasformarlo in lavoro.




 Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più   legato? 

Ho girato molto grazie al calcio e ognuna delle città che ho vissuto conservo dei ricordi indelebili.










Che cosa le ha dato questo sport e che cosa le ha tolto? 

Diciamo che non mi ha tolto nulla, nonostante fossi spesso in ritiro, ma ero quello che volevo.




    Un suo pregio? 

Cerco sempre di accontentare tutti. 




       Un suo difetto?

A volte dovrei sapere dire di no.





La sua parata più bella?  

Foggia vs Barletta, da quella partita è cambiata la mia vita.




Che cosa rappresenta la famiglia per lei? 

Senza famiglia è come vivere in una scatola vuota!









Infine lei ha figlio che gioca a calcio nel ruolo di centrocampista, quanti anni ha suo figlio, e consigli gli da dando? 

Purtroppo come spesso capita i figli non accettano il confronto, credono di sapere tutto, ma io vedo la parte positiva, ovvero la formazione della sua personalità.





Grazie   

a cura di Paolo Radi   




07  08    2019 
(Tutti i diritti riservati)