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mercoledì 17 luglio 2019


A CURA DI PAOLO RADI 









UNA CONVERSAZIONE
      
     
 CON  



GENNARO 
IMBRIANI 






 Gennaro Imbriani è figlio di Luigi e Debora Sorrentino, è nato a Napoli l’08/03/98 si è  diplomato alla scuola I.P.S.A.R Cavalcanti, specializzazione nel settore Alberghiero. 

Ha iniziato a giocare a soli 6 anni nella scuola calcio Pro Calcio Napoli per poi finire alla scuola calcio Pasquale Foggia dopodiché è stato   ceduto al Foggia calcio dove militava in serie c. E’ stato poi nel Gladiator (Avellino), Asd Calcio Pomigliano, US Vibonese, Asd Calcio Pomigliano. Quest’ anno si trova nel A.C.D. San Tommaso in serie D (Avellino)  dove ci dice:  “spero di poter fare bene.”




La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Mio padre sin da piccolo mi faceva guardare le partite e già mi piaceva molto, poi con il passare degli anni praticandolo è diventato una passione. 










Tuo padre è stato un giocatore ed ora è un allenatore, sicuramente gli avrà dato dei buoni consigli, quali in particolare? 

Si mi ha dato molti consigli i principali sono stati quelli di allenarmi sempre al 100% e di impegnarmi sempre. 











Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più  legato? 

Sono rimasto più legato al Foggia calcio poiché sono ci sono stato 3 anni.




Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Lei cosa metterebbe al primo posto, il fatto di essere arrivato tra i grandi, oppure la possibilità di fare una vita agiata? 

Preferisco arrivare tra i grandi visto che è un sogno che tutti hanno e che solo pochi riescono. 






Il suo gol più bello di tuta la sua carriera? 

Goal con la maglia del Foggia all’incrocio dei pali da fuori. 



Ritiene che avere un diploma o una laurea possa rendere un calciatore migliore, capace di rapportarsi in un mondo, quello calcistico, non sempre facile da frequentare e con tanti millantatori che sanno fare solo promesse?  

Ritengo che diploma o laurea sia molto importante visto che ti aiuta a crescere e a stare a contatto con la gente e rapportarsi con loro.



Squadra italiana in cui le piacerebbe giocare? 

Inter 









Il suo più grande pregio?

Leggere la giocata prima dell’avversario 



Il suo più grande difetto?

Non amo rincorrere l’avversario preferisco la palla nei piedi.



Un’ultima domanda: che cosa rappresenta per lei Napoli? 

Per me Napoli è tutto amo questa città ma so anche che non c’è futuro qui per questo mi piacerebbe andare a vivere fuori in particolare in Spagna amo lo spagnolo.




Grazie   

a cura di Paolo Radi   





17    07    2019 
(Tutti i diritti riservati)  









sabato 13 luglio 2019



A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE 
     
     
 CON  



FABIO
MARRUCCI



Fabio Marrucci Nato a Empoli il 14/04/1987 è allenatore del Castelfiorentino Calcio Eccellenza Toscana. Per quanto riguarda la carriera da giocatore diciamo che: esordisce in prima squadra nel 2003 a soli 16 anni, proprio a Castelfiorentino, in Eccellenza dove disputa 2 campionati. 

Al termine dei quali sembra cosa fatta il suo passaggio alla Pistoiese ed invece approda a Trento in serie D allenato dal Marco Gaburro, attuale tecnico del Lecco. Disputa un campionato europeo con la nazionale italiana under 18 squadra nella quale giocano con lui Ciccio Caputo attaccante dell'Empoli e Luca Siligardi attualmente a Parma. 

Termina l'attività agonistica a 28 anni dopo campionati di serie D ed Eccellenza in Toscana e fuori regione, inizia nonostante allenasse già anche gli ultimi anni da giocatore, l’attività di allenatore. 

Consegue il patentino UEFA B e nel campionato 2017/2018 allena gli UNDER 19 Regionali del Castelfiorentino classificati secondi ad un punto dalla corazzata Grosseto Nel campionato 2018/2019 sempre guidando gli UNDER 19 Regionali del Castelfiorentino raggiunge la vittoria del campionato e la promozione nel girone regionale élite. Al termine della stagione la proposta della società Toscana di allenare la Prima Squadra in Eccellenza ed essere in questo campionato l'allenatore più giovane presente nei due gironi toscani.







La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Fin da piccolissimo è sempre stata la mia grande passione, ho iniziato a giocare a sei anni e non ho più abbandonato questo sport.





I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto: “pensa a studiare che è meglio”?

Mi hanno sempre seguito, anche se non mi hanno mai messo quella pressione che, arrivato a 18 anni a giocare un europeo under 18, dovessi fare il calciatore per forza; anzi, mi hanno tenuto “sott’occhio” perché non tralasciassi lo studio soprattutto quand’ero più giovane mentre frequentavo la scuola. 







Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più   legato? 

Diciamo affettivamente senza dubbio il Castelfiorentino, ci sono cresciuto mi hanno dato da giovanissimo l’opportunità di giocare un campionato di eccellenza ed oggi dopo due anni sono alla guida della formazione Under 19 Regionale, nonostante sia un allenatore giovane la società mi offre l’opportunità di allenare in una categoria importante come l’Eccellenza. 



In questa foto presentazione di quest'anno calcistico:  Castelfiorentino - Campionato eccellenza.






Si ricorda la sua parata più bella di tutta la sua carriera? 

Diciamo che le parate si ricordano più difficilmente dei gol segnati, ricordo che negli ottavi di finale dell’europeo contro Malta, io che non sono mai stato un “para-rigori” andammo ai penalty e ne parai tre consecutivi... andammo incredibilmente fuori lo stesso, ma ricordo questo simpatico particolare.







Una domanda che mi interessa, forse è perché conosco bene la città, come si è trovato a Trento?

Mi sono trovato benissimo a Trento, a fine anno cambiò la proprietà e quindi non avemmo la possibilità di proseguire, ma la città oltre ad essere bellissima è molto accogliente ci sono stato davvero bene. 







lei termina la sua attività agonistica a soli 28 anni. qualche rimpianto, non so, avrebbe potuto fare di più, le è mancato un incontro particolare, oppure è soddisfatto pienamente della sua carriera? 

Rimpianti non ne ho, anche se sicuramente viste le premesse forse avrei potuto fare qualcosa in più, ma credo che ognuno abbia quel che si merita, quindi evidentemente va bene così.


In questa foto premiazione miglior allenatore 2018/2019 riconoscimento dell’associazione Neri Ferramosca.






Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore, perché questa scelta? 

Ho sempre seguito con fascino i miei allenatori, da calciatore non avevo questa dedizione e forse è anche normale. Adesso che lo sono ci metto tanta passione e dedico diverse ore allo studio, perché credo che non si possa allenare ricordandoci di quello che si faceva da calciatori; ma ci si debba sempre aggiornare e studiare, il calcio cambia e molto velocemente:  dobbiamo essere pronti!




Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? lei come riesce a stimolare i ragazzi affinché diano il loro meglio sul campo? 

Io credo che l’allenatore a cui si dà del “voi” sia ormai tramontato, la qualità principale è quella di creare con i calciatori un rapporto trasparente che infonda loro fiducia e serenità, devono percepire che tu credi veramente in loro, ed un calciatore questo lo percepisce molto chiaramente soprattutto i più esperti, solo così saranno veramente con te e daranno più di quello che immagini. 









Lei ha il patentino UEFA B, ha intenzione di prendere anche il patentino per allenare in serie a, b e c?

Senza dubbio, come ho sopra esposto, ritengo che la formazione e lo studio siano fondamentali per un allenatore, questo non solo nei corsi ufficiali ma anche quotidianamente, c’è da imparare e prendere spunti da tutti.





Alcuni allenatori ottengono brillanti risultati in una squadra, poi passano ad un’altra e non riescono a raggiungere nessun obiettivo? quali possono essere i motivi?

Beh un motivo senz’altro è quello di cui parlavo prima, non è sempre facilissimo creare quell’empatia con i calciatori soprattutto a livelli alti, ma in una stagione ci sono molteplici fattori apparentemente banali che però incidono sul raggiungimento o meno degli obiettivi. 




Le ultime stagioni sono andate molto bene, ha ottenuto splendidi risultati, che cosa si prova dentro di sè quando si ottengono successi del genere? 

Tanta felicità e soddisfazione, in primis per la società che ha creduto in te, e poi per i ragazzi perché quando vinci un campionato a qualsiasi livello non basta avere dei buoni giocatori, ci vogliono uomini disposti a sacrificarsi e lottare per lo stesso obiettivo 




     



Il   Il suo più grande pregio?

Non saprei, credo (e spero) di essere bravo a creare un lavoro di squadra dove ci si senta tutti importanti per centrare gli obiettivi prefissati. 




     Il suo più grande difetto?

Sono abbastanza (molto) permaloso!! 









 Lei è diventato papà da poco, cosa rappresenta per lei la   famiglia? 

Ovviamente non è minimamente paragonabile a niente al mondo, è una gioia indescrivibile, l’arrivo di una bimba rafforza ancora di più i legami familiari.



Un’ultima domanda, il pubblico italiano ha seguito con molto interesse il calcio femminile, non è che per caso in futuro il pubblico deciderà di seguire maggiormente le ragazze? 

ll calcio femminile sta, meritatamente, prendendo un po’ più spazio ed un po’ di visibilità, anche se ritengo che difficilmente il pubblico seguirà maggiormente il calcio femminile, mi sembra giusto che gli venga data la giusta importanza.









Grazie   

 a cura di Paolo Radi   





 13    07    2019 

(Tutti i diritti riservati)  





















lunedì 8 luglio 2019

 A CURA DI PAOLO RADI 









 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 



NUNZIO   
CALOGERO 








Nunzio Calogero, è   giovane ragazzo originario di Comiso ed appassionato fin da bambino di calcio professionistico, egli pensa che le passioni si vivano e che vadano coltivate e interpretate. 


Era dirigente accompagnatore a 17 anni nel Comiso. “Il calcio va vissuto dal vivo”. È stata la passione a spingerlo in un ruolo così impegnativo e stimolante sin da ragazzo e per la sua città. Dopo una lunga pausa, di ben otto anni, al cospetto del progetto ambizioso del Marina di Ragusa, non poteva tirarsi indietro e così si è “messo in gioco” “Non ha mai giocato nel calcio a 11, ma solo nel futsal, a discreti livelli. Ricorda diversi momenti emozionanti in campo: 


“Mi colpiva quando un avversario mi stringeva la mano, sorpreso magari delle mie qualità tecniche, nonostante la stazza fisica che mi contrassegnava sino a qualche anno “. La famiglia è fondamentale nella vita, ci dice: “Io sono sposato e ho un bambino piccolo. Mi sento molto fortunato. Non vivo di calcio, quindi dopo il lavoro dedico quasi tutto il tempo libero al Marina. Togliere tempo alla famiglia per vivere una passione non è certo facile.



 Per riuscire in questo caso la ricetta è una sola. Puoi farlo solo quando hai a fianco una moglie intelligente che comprende le tue esigenze, rispetta i tuoi spazi e capisce quante emozioni mi trasmetta il mio ruolo di dirigente: a me è successo”. Marina è n progetto importante, una famiglia composta da 20 dirigenti, operativi che agiscono da veri fratelli. Un progetto a cui dedico gran parte del mio tempo libero, perché ci credo tantissimo”.



Questa esperienza è nata tre anni fa con prerogative giuste e per arrivare in alto. E ci sono arrivati. Deve ringraziare coloro che hanno avuto fiducia in un dirigente che non è nemmeno di Marina di Ragusa, ma che lavora e vive a Comiso. Nunzio ha conosciuto persone straordinarie che hanno fatto dell’umiltà e della dignità uno stile di vita. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande. 






    La prima domanda èun classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua piùgrande passione?

Sin da piccolo sono sempre stato appassionato di calcio dilettantistico, penso che le passioni non si scelgono, ma si vivono e vanno coltivate giorno dopo giorno.



Lei ha giocato a Futsal, che cosa l’ha attratta di questa disciplina?

Senza dubbio è una disciplina molto legata al calcio a 11, i principi sono simili, anche se le caratteristiche tecniche necessarie sono ben diverse









Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Non riesco ad immaginarmi senza calcio, infatti le domeniche primaverili a cavallo tra una e l'altra stagione, si trasformano in noia totale... ah, ah, ah, ah, ah, ah!



Perchétutti i giovani provano a diventare calciatori? Mentre invece disertano altri sport, secondo lei la motivazione è quella economica e di diventare famosi?

Sin da piccoli tutti sognano di diventare calciatori perchè in Italia, inutile nasconderlo, il calcio è di gran lunga lo sport più seguito e criticato, quindi questa cultura si trasmette di generazione in generazione.







Ci può spiegare in breve questo progetto calcistico del “Marina Ragusa?

Un progetto importante, una famiglia composta da 20 dirigenti, operativi che agiscono da veri fratelli. Un progetto a cui dedico gran parte del mio tempo libero, perché ci credo tantissimo. E’ stato “un qualcosa” nato tre anni fa con prerogative giuste e per arrivare in alto. E ci siamo arrivati. Devo ringraziare coloro che hanno avuto fiducia in un dirigente che non è nemmeno di Marina di Ragusa, ma che lavora e vive a Comiso. Ho conosciuto persone straordinarie che hanno fatto dell’umiltà e della dignità uno stile di vita.



Un suo pregio? 

Dei pochissimi pregi, che ho, non penso ne debba parlare io, ma gli altri, altrimenti si rischia di essere considerati egocentrici!



Un suo difetto? 

Di difetti ne ho tanti, sicuramente sono molto testardo ed istintivo.



Che cosa rappresenta la famiglia per lei? 

La famiglia è fondamentale nella vita. Io sono sposato e ho un bambino piccolo. Mi sento molto fortunato. Non vivo di calcio, quindi dopo il lavoro dedico quasi tutto il tempo libero al “Marina”. Togliere tempo alla famiglia per vivere una passione non è certo facile. Per riuscire in questo caso la ricetta è una sola. Puoi farlo solo quando hai a fianco una moglie intelligente che comprende le tue esigenze, rispetta i tuoi spazi e capisce quante emozioni mi trasmetta il mio ruolo di dirigente. A me è successo”.







      Che particolarità ha Ragusa rispetto alle altre città della Sicilia? 

Ragusa è una città bella, sia da vivere che per apprezzare i suoi monumenti ( capolavori architettonici costruiti dopo il terremoto, insieme a tutti quelli presenti nel Val di Noto, sono stati dichiarati nel 2002 Patrimonio dell'Umanità  dall' UNESCO)per non parlare di Marina, che è un gioiello sotto tutti i profili, gente per bene, unita e soprattutto umanamente straordinaria, forse sarà il mare che porta: serenità e mentalità aperta.








  Qual è il sogno nel cassetto? 

Non sono abituato a sognare, penso che ognuno di noi sia artefice del proprio successo nel futuro, a parte delle eccezioni che non siamo noi a decidere. 
Vorrei solamente, per il bene dei nostri figli, che questo spettacolare quanto falso mondo calcio,  fosse negli anni a venire  sempre meno composto da gente che sfrutta, illuda o approfitta delle persone che invece ai sogni ci crede e cerca di realizzarli con tutta la propria forza; molte volte i giovani si  fidano dal ciarlatano di turno che incontrano nel loro cammino.



  

a cura di Paolo Radi   





08  07   2019 
(Tutti i diritti riservati)