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lunedì 6 settembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 

 


 

 

 

 

 

CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

CIRO   

SILVESTRE

 






 

Ciro Silvestre è un giovane giocatore di calcio di Napoli. Così, ci si presenta: 

 


“Mi chiamo Ciro silvestre nato a Napoli il 17/05/1994.

La mia carriera calcistica l’ho cominciata nell’Udinese e al Messina con una breve parentesi, prima del fallimento della società, per poi passare a Pisa, sempre una breve parentesi, per poi far ritorno a casa per militare nell’Aversa Normananna (provincia di Caserta) squadra militante all’epoca nel campionato di serie C2, (oggi gioca in serie D) in quell’anno aveva calciatori che oggi giocano in serie B come Gaetano Letizia con il Benevento.

 

 Ho trascorso 4 anni ad Aversa passando dalle giovanili sino alla prima convocazione in prima squadra davanti a quasi 2000 persone. Mi ricordo quando a Campobasso salì quel tunnel e trovai 2000 persone a tifarti contro, (mi sembrava un sogno Paolo). I miei 4 anni ad Aversa, posso dirti, che sono stati quelli più intensi è più belli, ad oggi ancora sono tanti gli amici con i quali mi sento al telefono, ci scriviamo pure! 

 

Dopo 4 anni sono andato in prestito alla Casertana FC militante nel campionato di serie D, sono rimasto un anno a Caserta, purtroppo poi venne a mancare mia mamma, fu un tale dispiacere che decisi di fermarmi: la testa non me lo permetteva.

 

Un anno dopo un anno decisi di tornare a giocare e andai nel Valle D’Aosta la squadra locale che militava in serie D, rimasi poco tempo, la mancanza di casa si faceva sentire e decisi di tornare in Campania. 

 

Decisi di andare a giocare con l’Anacapri FC (isola di Capri), ci rimasi   un anno, e fu anche quello un anno speciale perché ho avuto modo di conoscere il presidente Nello d'Esposito, e il magazziniere il signor Pasquale Vallone che è una persona che porterò sempre nel cuore.

 

Successivamente andai a giocare per una squadra e società che ho sempre portato nel cuore sin da bambino l’U.S. Arzanese 1924.  Dopo aver trovato lavoro ho lasciato definitivamente il calcio, (per questa stagione sono svincolato).

 

 

 



 

Come prima domanda le voglio fare questa, da un anno e 6 mesi il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti?  Bisogna tenendo presente che proprio in questi giorni si parla di una nuova variante e di possibili focolai? Anche se adesso per certi eventi pubblici ci sarà l’obbligo del Green Pass.

 

Paolo, purtroppo il Covid è stato un disastro per tanti settori, ovviamente non solo quello calcistico, padri di famiglia che hanno perso il lavoro, negozi chiusi, attività che hanno fallito, persone che sono state ricoverate senza l’assistenza dei propri cari; sono già 2 anni che combattiamo con questo “mostro” sicuramente un giorno ne usciremo e ritornerà tutto alla normalità, di varianti ne abbiamo diverse e spero che magari vaccinandoci tutti si sistemerà anche questa situazione. A ottobre dello scorso anno per mia fortuna, pur essendomi ammalato, l’ho avuto in forma leggera e in pochi giorni ero già guarito, ma comunque ho avuto molta paura. 

 

 

 

Come ha vissuto questi lunghi mesi di lockdown, riusciva ad allenarsi oppure no? 

 

ll lavoro mi ha tenuto lontano da tutto perché nel periodo del lockdown il mio settore lavorativo, che è quello delle spedizioni, non si è fermato e così  non ho avuto tempo per  allenarmi. 

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Diciamo che  io non l’ho scoperto, per mia fortuna  sono nato con il pallone in mano e quindi già da piccolo sapevo che il calcio sarebbe stata l’attività  più importante, per me il calcio è vita, il calcio ci fa sognare e dico a tutti i ragazzi e pure ai bambini: ‘sognate, sognate e sognate, pensate sempre e solo a divertirvi e vedrete che i risultati arriveranno sempre con umiltà’. 

 


 


 

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori sono stati per me un punto forte per la mia carriera mi hanno sempre detto che studiare era la priorità e che il calcio veniva in secondo piano, ma io essendo amante di questo sport ho fatto il contrario, l’ho sempre messo davanti a tutto e forse un po’ me ne pento, anche se la mia famiglia mi a sempre appoggiato su ogni mia scelta dandomi consigli giusti affinché seguissi la giusta strada.

 

 

 

Lei ha giocato in diverse squadre di diverse regioni italiane. In quale si è trovato meglio?  

 

E’ vero sono stato in diverse società, ma la mia esperienza più bella è stata in Campania precisamente con l’Aversa Normanna, ho conosciuto persone fondamentali per la mia crescita calcistica ed umana, mi hanno aiutato tanto e tanto devo ad alcune persone di quella società che all’epoca militava in serie C, persone quali: mister Gianni Fabozzo, mister Nicola Romaniello e tutto il resto dello staff. Anche le altre sono state bellissime esperienze, brevi, ma intense, sono stato al Messina con il direttore Angelo Alessandro, all’ Udinese con il direttore A. Carnevale, li ringrazio tutti, come ringrazio le altre società della mia carriera calcistica.

 






Com’è arrivato a giocare in Val D’Aosta e in che squadra ha giocato? 

 

La Valle D’Aosta è stata una brevissima parentesi li ci sono arrivato grazie ad un amico fraterno Antonio Orefice che conoscendo il direttore del Valle D’Aosta mi presentò e decisi di partire per questa regione. Poi a causa della lontananza da casa questa esperienza è durata poco, ma la ricordo con grande nostalgia.

 

 

 

Si era ambientato bene in quella realtà di montagna?

 

Ho cercato di ambientarmi, però alla fine, come ho detto prima, ha prevalso la lontananza dalla mia famiglia e così ho deciso di tornare

 

 

 

Un’esperienza fondamentale è stata l’aver giocato nell’Aversa Normanna, come mai? Forse perché è maturato a livello calcistico

 

Come già spiegato prima l’esperienza con l’Aversa Normanna mi ha aiutato a crescere sia calcisticamente sia mentalmente, sono stati 5 anni intensi (campionati nazionali che ho affrontato dando tutto me stesso), ho conosciuto persone fantastiche veri   uomini prima che calciatori e sono nate delle belle amicizie. 


In campo, mi passi questa frase, “abbiamo sempre detto la nostra” ricordo ancora quando andammo a Frosinone, era  prima in classifica con 0 sconfitte, la sera feci tardi al ritiro, perché ebbi un dolore ai denti; il giorno mi addormentai sul  pullman e così il mister Nicola  Romaniello venne e disse:  ‘oggi parti dalla panchina perché stai dormendo’ io non mi opposi  e vuoi sapere come finì quella partita? 0-1 per noi, grazie a un mio gol nel secondo tempo a fine partita. A fine gara andai dal mister e lo abbracciai e gli dissi: ‘Hai visto? Mi hai punito e te l’ho fatta vincere’; tra l’altro avevamo un bel rapporto tutti noi giocatori, eravamo molto affiatati. E per questo li ringrazio.

 

 


 


 


Dopo un anno a Caserta, come lei ci ha raccontato, le viene a mancare sua Mamma, e decide di fermarsi. Ci scusi la domanda, che può sembrare superficiale, non riusciva più a concentrarsi, oppure c’è dell’altro?

 

Dopo quei 5 anni ad Aversa la società decise di mandarmi in prestito alla Casertana militante quell’ anno in SERIE D, fu un anno per me non proprio brillante,  sfortunatamente venne a mancare mia mamma per colpa di un brutto male e da lì è cominciata la mia carriera in salita, questo perché mi allenavo con tanti pensieri e non avevo più la testa per andare avanti. Finito l’anno e decisi di staccare un po’ la spina. Ma anche quella è stata una bella esperienza. 

 

 

 

L’ultima esperienza calcistica è stata nell’U.S. Arzanese 1924, che tipo di esperienza è stata? 

 

L’ US Arzanese 1924 è una società che io ho sempre portato nel cuore fin da bambino, anche essendo di un paese limitrofo la domenica andavo a vedere le partite quando giocava in C2 e mi piaceva molto la modalità con cui impostavano le gare.  Quel sogno che avevo sin da piccolo (di far parte di quella squadra) si è avverato. Quando andavo a vedere le partite dicevo a mio padre che un giorno  mi sarebbe piaciuto far parte di quel club, poi per cause lavorative ho dovuto staccare “ la spina completamente” per concentrarmi di più sul lavoro, in conclusione:   questa società  la porterò sempre nel cuore.

 

 



 

Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi?

 

L’ unica cosa che posso dire in questo caso è che oggi i calciatori pensano più ai soldi che alla fama o magari al nome che possono farsi giocando in serie A, ad esempio conosco un detto che recita:’ quando scendi in campo ricordati che il nome che porti davanti e quello che farà importante quello che porti dietro’. 


Invece oggi vedo solo prime donne che corrono solo e sempre dietro ai soldi e questo è un esempio sbagliato per i bambini, è ovvio che il calcio è diventato solo business e la passione è poca. 

 










Lei giuoca nel ruolo di attaccante si ricorda il suo goal più bello?


Ne ho tanti di ricordi di gol belli, ma se devo dirti la verità il gol più bello per me è stato proprio quello che citato prima, nella partita contro il Frosinone,  ricordo che presi la palla nella piccola area, ero solo davanti al portiere aspettai che i difensori mi venissero contro, li saltai e tirai sotto le gambe del portiere, il mister da lontano mi guardava per dirmi che se avessi sbagliato me ne sarei tornato a casa a piedi.

 

 




 

 

Che cosa le sta dando, o che cosa le ha dato, e che cosa le sta togliendo, o le ha tolto? 

 

il calcio mi ha dato tanto, ma tanto in tutti i sensi, ho avuto modo di conoscere persone speciali che ancora oggi sento, sono diventato maturo, ho acquisito molta  esperienza:  il calcio a me ha dato e non ha tolto. 

 

 

 




 

Lei ci detto che la miglior scuola calcio è la strada? Perché?

 

Il calcio si impara per strada perché è li che vedono i veri talenti alcuni sono stati scoperti proprio dalla strada, le scuole calcio possono insegnare la tecnica, ma il vero calcio è quello che si impara per strada; ricordo ancora quando scendevo la mattina di sabato e tornavo alle 21:00 con a casa la mia mamma che mi sgridava… che bei ricordi!

 

 

 

Lei abita a Casavatore, vicino a Secondigliano, ho intervistato tanti ragazzi di Secondigliano e Scampia, e tutti mi hanno spiegato che la realtà non è quella che si vede nelle fiction, perché secondo lei molti di Napoli e di alcuni quartieri hanno in mente solo una certa realtà? 

 

Come le ho detto abitiamo in un posto dove tutti i giorni i media “uccidono” la città di Napoli, una cosa dev’essere chiara: la realtà di Napoli non è solo quella che fanno vedere in tv. Napoli e tutt’altro, è storia è arte con delle persone con un gran cuore grande pronte ad aiutare il prossimo anche se non hanno nulla. Se magari i media non raccontassero tante cose false, questà città sarebbe un posto ancora più bello, anzi il sud sarebbe ancora più bello! 

 

 





 



 Famiglia, fidanzata e amici quanto sono importanti per lei?

 

Per me la famiglia viene prima di tutto e quella che ti cresce e che fa tanti sacrifici per vederti realizzare i tuoi sogni, i genitori ti seguono passo dopo passo fino a che non diventerai ciò che hai sempre sognato, così almeno essi sperano.


La mia fidanzata e la mia spalla mi segue in tutto ciò che faccio, mi offre le giuste motivazioni e mi sostiene nelle decisioni che ogni giorno prendo, la ringrazio per ciò che fa per me ogni giorno, lei mi appoggia  nelle scelte buone o sbagliate che siano,  e sempre lì al mio fianco.



 Gli amici, quelli veri è ovvio, ti sono vicini in qualunque momento ti sostengono come se fossero fratelli, ed  è per questo motivo che mi rende fiero di chiamarli, appunto: amici!

 

 



Lei avrà tanti estimatori vista la sua carriera, veramente ha deciso di appendere le scarpette al chiodo? Oppure si tratta di una decisione momentanea? 

 

Estimatori è una parola un po’ grande, ho tanti amici questo certamente, nel mio piccolo mi sono fatto voler bene da tante persone e non è poco, oggi mi sento ancora con il mio ex procuratore una grande persona e un grande esperto di calcio, il signor Walter Martucci, ex direttore del Arezzo calco, poi con quelle persone che già citate prima ho ottimi rapporti. Ancora oggi sulla decisione di lasciare il calcio non posso dirti che sarò definitiva, perché nel mio cuore c’è sempre una speranza di ricominciare, in fondo puoi avere 10, 15, 30, 40, ma dentro un ragazzo che gioca a calcio ci sarà sempre quel bambino che non vorrà mai smettere; io non ho detto addio al calcio, per me è sempre stato un arrivederci e chissà magari un giorno potrò riabbracciarlo. 

 



 




 

A chi vuol dedicare quest’intervista?

 

A mia madre, spero sempre che possa essere orgogliosa di me, sono sicuro che mi è sempre vicina, anche se da lassù.

 

 

 

 

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

       06 09 2021 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

giovedì 2 settembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 





CONVERSANDO CON...

     

 

 

ALESSIO  

SCIFONI 







 

Alessio Scifoni è un giovane calciatore di Velletri. Così ci si racconta.

 

“Sono nato a Velletri il quattro agosto del1996. Sin dai primi passi ho iniziato a dare i primi calci ad un pallone, biancoceleste (della Lazio), la squadra per cui tifa   tutta la mia famiglia. 


I miei genitori mi dicono sempre che non ho voluto mai alcun giocattolo, a me bastava giocare con un pallone. La scuola calcio l’ho fatta nella città in cui vivo:  Cisterna di Latina. 


La squadra era la Findus e lì feci i miei primi provini. 


Il primo provino era per la Roma, io laziale sfegatato mi presentai a Trigoria con la tuta della Lazio e devo dire che è stato quello che ricordo con più piacere, quello più bello. L’anno successivo (stiamo parlando verso gli 11-12 anni di età) lo feci con la Lazio, due volte in un campo dell’EUR affiliato gestito con la Lazio, (dove generalmente si svolgevano i provini) 


 L’anno seguente con il Frosinone e con la Reggina, peccato che con il Frosinone mi stirai al quadricipite. Poi verso i 15 anni ho fatto gli ultimi e tante sono state le sorprese. 5 volte sono sceso  a Napoli a fare dei provini dove c’erano  alcuni osservatori di diverse squadre di tutta Italia: Inter,  Pescara, Napoli, Genoa e altre che non ricordo. 




La prima volta che andai eravamo più di 200 ragazzi seduti in tribuna che dovevano svolgere questo “benedetto “provino. Alla fine eravamo rimasti in 35. Ma niente, non mi presero anche perché non giocai benissimo;  quella volta, purtroppo, sentivo un po’ la pressione dell’essere esaminato: avevo paura. 


Nella squadra storica della nostra città, il Pro Cisterna feci gli allievi, juniores e il mio primo anno di prima squadra in eccellenza, facendo una decina di presenze. L’anno successivo andai in promozione al Cori calcio, e ci rimasi 2 anni. Dopodiché ho iniziato a lavorare in fabbrica e per forza di cose sono dovuto scendere di categoria perché col lavoro non sarei riuscito a militare in squadre fuori dalla mia provincia. Così andai al Montello calcio in prima categoria.



 L’anno successivo mi sono trasferito al Bainsizza. E vi devo dire che sono cresciuto tanto grazie al gruppo. Non sempre sono le categorie a costruire un giocatore, però sono molto riconoscente per quelle due annate trascorse. Nel secondo anno di permanenza oltre a vincere il campionato abbiamo stabilito un record europeo: unica squadra in Europa a non aver subito nemmeno un goal in casa, in tutte le serie, professionistiche e non. 


E vincere un campionato poi è sempre bello qualunque sia la categoria. L’anno dopo sono andato al Nettuno fino a dicembre per poi spostarmi al Nuovo Latina. “ cavolo di virus” E adesso sono  al Velletri, in promozione. 

 

 

 

 

 

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Come prima domanda le voglio fare questa, da un anno e 7 mesi il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti, tenendo presente che proprio in questi giorni si parla di una nuova variante e di possibili focolai? Anche se adesso per certi eventi pubblici ci sarà l’obbligo del Green Pass.

 

Come ha ben detto lei, ogni settore della vita è stato stravolto, non solo il calcio. In primis sono cambiate le nostre vite, il nostro modo di vivere le giornate. Sono cambiati i rapporti con le persone. Io credo, più che altro spero, che prima o poi torneremo a vivere una vita normale, spensierata, e che quindi lo stesso valga per il calcio. Vivere senza la nostra passione più grande non è stato per niente facile. Intanto ripartiamo, con green pass e tamponi; poi staremo a vedere.

 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione? Possibile che all’epoca nessuno sport la interessasse? 

 

Diciamo che l’ho scoperto sin da subito; ho iniziato a tirare i primi calci ad un pallone non appena iniziai a camminare. I miei genitori mi hanno sempre detto che a me bastava quello per essere felice e che non ho mai voluto altri giochi.











I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno sempre lasciato fare tutto di testa mia e di questo gliene sono veramente grato. A scuola sono sempre andato, ma mentre i miei compagni passavano i pomeriggi interi a studiare io ero sempre il primo ad arrivare al campo per allenarmi. 


Le racconto un aneddoto: “Un giorno mio padre, davanti a mia madre, mi stava riprendendo non mi ricordo precisamente per cosa, però ricordo solo queste parole “ricordati, prima viene il calcio, poi la famiglia, poi lo studio”. Mia madre subito richiamò mio padre dicendogli: “cosa viene prima? Ma non ti vergogni di dirgli queste cose?” E scoppiammo a ridere io e papà.

 










Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Esordire nella squadra della mia città è stato importante, quando ero più piccolo e vedevo i grandi giocare pensavo sempre “un giorno anche io giocherò lì”. 


Ma la squadra alla quale devo tanto e nella quale sono cresciuto molto è il Bainsizza. Eravamo un gruppo unito, siamo rimasti tutti amici e ci sentiamo ogni giorno. Abbiamo vinto un campionato facendo un record europeo.  0 reti subite in casa, una cosa incredibile.

 












Perché il provino con la Roma è stato il più bello? 

 

Forse per come è arrivato o forse semplicemente perché è stato il primo in assoluto. Avevamo fatto l’amichevole contro la Roma e in quella partita fui il migliore in campo. I dirigenti della Roma cercarono i miei genitori in tribuna, tornati a casa la sera io ero stanco morto, mi guardano e mi dicono: “Ale devi fare il provino con la Roma” Scoppiai a piangere. Fu una bellissima esperienza.

 



Lei ci ha raccontato che il provino che fece a Napoli pur arrivando fra i primi 35 non andò bene, e che si sentiva sotto pressione e che aveva paura. Si trattava di una paura specifica? 

 

No, non era una propria è vera paura. Ero io che anziché dare il massimo in quelle occasioni, mi intimorivo e non tiravo fuori il meglio di me. Forse perché ero lì da solo, non lo so, fu una mia debolezza, purtroppo.

 



Secondo lei perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è più interessato a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?

 

Ma io non credo che una persona inizi a fare un determinato sport per poter arrivare alla fama e ai soldi. Da bambini si è ingenui ed è la cosa più bella del mondo. Si inizia per passione. Per stare insieme ad altri ragazzi, per fare nuove amicizie. Io penso che sia solo questo il motivo.

 


Lei gioca nel ruolo di? 

 

Terzino

 


Si ricorda il suo goal più bello?

 

Essendo terzino non ho segnato moltissimo. Nelle giovanili segnavo parecchio andando a saltare di testa ai calci d’angolo,  il goal più bello che ricordo è in un memorial, giocavamo contro il Frosinone, feci addirittura una doppietta,  calcio d’angolo corto al limite dell’arietta, anticipo il difensore e di controbalzo la metto sotto al sette sul secondo palo.

 


Si sentirebbe di lasciare tutto quello che ha nella sua città per fare un’esperienza fuori dall’Italia (deve sapere che ci sono diverse opportunità per chi è giovane) ? 

 

Beh si, perché no.

 


Che cosa le sta dando, e che cosa le sta togliendo questo sport? 

Non mi sta togliendo niente, assolutamente. Mi ha sempre dato tanto. Mi ha fatto crescere tanto e se sono il ragazzo che sono, molto lo devo a questo sport.




 




 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?

 

Il più grande difetto è che molto spesso mi (mi passi il termine) incazzo troppo facilmente con me stesso. Faccio un errore e sto lì a pensarci tutta la partita e anche dopo quand’ è finita. Il più grande pregio credo sia quello di non arrendermi mai e di applaudire e incoraggiare sempre ogni compagno di squadra, anche dopo che ha sbagliato.




 





Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Non è il mio ruolo ma lo ammiro tantissimo, Lucas Leiva. Per l’intelligenza calcistica e per l’uomo che è. Sono quei calciatori devoti al lavoro. Mai una parola fuori posto, solo fatti in campo. Così come lo era Miroslav Klose. Io credo siano questi i giocatori da prendere come esempio. Giocatori che vanno apprezzati nonostante la fede calcistica che ognuno ha.

 

 








Lei è molto giovane, se potesse tornare indietro cosa cambierebbe della sua pur brillante carriera calcistica? 

 

Fosse stata brillante avrei giocato trai professionisti (ride) Non cambio nulla. Mi tengo tutto quello è stato.

 










Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?

 

Mi descrivo così: testardo, impulsivo, abbastanza permaloso, sensibile, altruista e solare. “Vivere come ridere” è il mio motto.

 








Quanto è importante la famiglia per lei? 

 

La famiglia è molto importante. Ho una famiglia unita. I miei genitori come le ho già detto non mi hanno mai soffocato, mi hanno fatto sempre agire di testa mia. Sono la parte più importante di me, insieme ai miei nonni.

 

 

Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

 

Per me l’amicizia è fondamentale. Sono un ragazzo sempre presente per i propri amici, per qualunque cosa. Non sono uno che ha gruppi di amici di 15-20 persone. Per me gli amici devono essere pochi; tre o quattro al massimo, così riesce a dare il massimo di te quando loro ne hanno bisogno.

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 

 

Ho un desiderio molto semplice: diventare papà. Mettere su una splendida famiglia e tramandare passioni e valori ai miei figli. Nient’altro!

 



Grazie   

 

 










a cura di Paolo Radi   

 

 

       02 09 2021

 

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