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giovedì 2 settembre 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 





CONVERSANDO CON...

     

 

 

ALESSIO  

SCIFONI 







 

Alessio Scifoni è un giovane calciatore di Velletri. Così ci si racconta.

 

“Sono nato a Velletri il quattro agosto del1996. Sin dai primi passi ho iniziato a dare i primi calci ad un pallone, biancoceleste (della Lazio), la squadra per cui tifa   tutta la mia famiglia. 


I miei genitori mi dicono sempre che non ho voluto mai alcun giocattolo, a me bastava giocare con un pallone. La scuola calcio l’ho fatta nella città in cui vivo:  Cisterna di Latina. 


La squadra era la Findus e lì feci i miei primi provini. 


Il primo provino era per la Roma, io laziale sfegatato mi presentai a Trigoria con la tuta della Lazio e devo dire che è stato quello che ricordo con più piacere, quello più bello. L’anno successivo (stiamo parlando verso gli 11-12 anni di età) lo feci con la Lazio, due volte in un campo dell’EUR affiliato gestito con la Lazio, (dove generalmente si svolgevano i provini) 


 L’anno seguente con il Frosinone e con la Reggina, peccato che con il Frosinone mi stirai al quadricipite. Poi verso i 15 anni ho fatto gli ultimi e tante sono state le sorprese. 5 volte sono sceso  a Napoli a fare dei provini dove c’erano  alcuni osservatori di diverse squadre di tutta Italia: Inter,  Pescara, Napoli, Genoa e altre che non ricordo. 




La prima volta che andai eravamo più di 200 ragazzi seduti in tribuna che dovevano svolgere questo “benedetto “provino. Alla fine eravamo rimasti in 35. Ma niente, non mi presero anche perché non giocai benissimo;  quella volta, purtroppo, sentivo un po’ la pressione dell’essere esaminato: avevo paura. 


Nella squadra storica della nostra città, il Pro Cisterna feci gli allievi, juniores e il mio primo anno di prima squadra in eccellenza, facendo una decina di presenze. L’anno successivo andai in promozione al Cori calcio, e ci rimasi 2 anni. Dopodiché ho iniziato a lavorare in fabbrica e per forza di cose sono dovuto scendere di categoria perché col lavoro non sarei riuscito a militare in squadre fuori dalla mia provincia. Così andai al Montello calcio in prima categoria.



 L’anno successivo mi sono trasferito al Bainsizza. E vi devo dire che sono cresciuto tanto grazie al gruppo. Non sempre sono le categorie a costruire un giocatore, però sono molto riconoscente per quelle due annate trascorse. Nel secondo anno di permanenza oltre a vincere il campionato abbiamo stabilito un record europeo: unica squadra in Europa a non aver subito nemmeno un goal in casa, in tutte le serie, professionistiche e non. 


E vincere un campionato poi è sempre bello qualunque sia la categoria. L’anno dopo sono andato al Nettuno fino a dicembre per poi spostarmi al Nuovo Latina. “ cavolo di virus” E adesso sono  al Velletri, in promozione. 

 

 

 

 

 

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Come prima domanda le voglio fare questa, da un anno e 7 mesi il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti, tenendo presente che proprio in questi giorni si parla di una nuova variante e di possibili focolai? Anche se adesso per certi eventi pubblici ci sarà l’obbligo del Green Pass.

 

Come ha ben detto lei, ogni settore della vita è stato stravolto, non solo il calcio. In primis sono cambiate le nostre vite, il nostro modo di vivere le giornate. Sono cambiati i rapporti con le persone. Io credo, più che altro spero, che prima o poi torneremo a vivere una vita normale, spensierata, e che quindi lo stesso valga per il calcio. Vivere senza la nostra passione più grande non è stato per niente facile. Intanto ripartiamo, con green pass e tamponi; poi staremo a vedere.

 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione? Possibile che all’epoca nessuno sport la interessasse? 

 

Diciamo che l’ho scoperto sin da subito; ho iniziato a tirare i primi calci ad un pallone non appena iniziai a camminare. I miei genitori mi hanno sempre detto che a me bastava quello per essere felice e che non ho mai voluto altri giochi.











I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno sempre lasciato fare tutto di testa mia e di questo gliene sono veramente grato. A scuola sono sempre andato, ma mentre i miei compagni passavano i pomeriggi interi a studiare io ero sempre il primo ad arrivare al campo per allenarmi. 


Le racconto un aneddoto: “Un giorno mio padre, davanti a mia madre, mi stava riprendendo non mi ricordo precisamente per cosa, però ricordo solo queste parole “ricordati, prima viene il calcio, poi la famiglia, poi lo studio”. Mia madre subito richiamò mio padre dicendogli: “cosa viene prima? Ma non ti vergogni di dirgli queste cose?” E scoppiammo a ridere io e papà.

 










Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Esordire nella squadra della mia città è stato importante, quando ero più piccolo e vedevo i grandi giocare pensavo sempre “un giorno anche io giocherò lì”. 


Ma la squadra alla quale devo tanto e nella quale sono cresciuto molto è il Bainsizza. Eravamo un gruppo unito, siamo rimasti tutti amici e ci sentiamo ogni giorno. Abbiamo vinto un campionato facendo un record europeo.  0 reti subite in casa, una cosa incredibile.

 












Perché il provino con la Roma è stato il più bello? 

 

Forse per come è arrivato o forse semplicemente perché è stato il primo in assoluto. Avevamo fatto l’amichevole contro la Roma e in quella partita fui il migliore in campo. I dirigenti della Roma cercarono i miei genitori in tribuna, tornati a casa la sera io ero stanco morto, mi guardano e mi dicono: “Ale devi fare il provino con la Roma” Scoppiai a piangere. Fu una bellissima esperienza.

 



Lei ci ha raccontato che il provino che fece a Napoli pur arrivando fra i primi 35 non andò bene, e che si sentiva sotto pressione e che aveva paura. Si trattava di una paura specifica? 

 

No, non era una propria è vera paura. Ero io che anziché dare il massimo in quelle occasioni, mi intimorivo e non tiravo fuori il meglio di me. Forse perché ero lì da solo, non lo so, fu una mia debolezza, purtroppo.

 



Secondo lei perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è più interessato a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?

 

Ma io non credo che una persona inizi a fare un determinato sport per poter arrivare alla fama e ai soldi. Da bambini si è ingenui ed è la cosa più bella del mondo. Si inizia per passione. Per stare insieme ad altri ragazzi, per fare nuove amicizie. Io penso che sia solo questo il motivo.

 


Lei gioca nel ruolo di? 

 

Terzino

 


Si ricorda il suo goal più bello?

 

Essendo terzino non ho segnato moltissimo. Nelle giovanili segnavo parecchio andando a saltare di testa ai calci d’angolo,  il goal più bello che ricordo è in un memorial, giocavamo contro il Frosinone, feci addirittura una doppietta,  calcio d’angolo corto al limite dell’arietta, anticipo il difensore e di controbalzo la metto sotto al sette sul secondo palo.

 


Si sentirebbe di lasciare tutto quello che ha nella sua città per fare un’esperienza fuori dall’Italia (deve sapere che ci sono diverse opportunità per chi è giovane) ? 

 

Beh si, perché no.

 


Che cosa le sta dando, e che cosa le sta togliendo questo sport? 

Non mi sta togliendo niente, assolutamente. Mi ha sempre dato tanto. Mi ha fatto crescere tanto e se sono il ragazzo che sono, molto lo devo a questo sport.




 




 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?

 

Il più grande difetto è che molto spesso mi (mi passi il termine) incazzo troppo facilmente con me stesso. Faccio un errore e sto lì a pensarci tutta la partita e anche dopo quand’ è finita. Il più grande pregio credo sia quello di non arrendermi mai e di applaudire e incoraggiare sempre ogni compagno di squadra, anche dopo che ha sbagliato.




 





Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Non è il mio ruolo ma lo ammiro tantissimo, Lucas Leiva. Per l’intelligenza calcistica e per l’uomo che è. Sono quei calciatori devoti al lavoro. Mai una parola fuori posto, solo fatti in campo. Così come lo era Miroslav Klose. Io credo siano questi i giocatori da prendere come esempio. Giocatori che vanno apprezzati nonostante la fede calcistica che ognuno ha.

 

 








Lei è molto giovane, se potesse tornare indietro cosa cambierebbe della sua pur brillante carriera calcistica? 

 

Fosse stata brillante avrei giocato trai professionisti (ride) Non cambio nulla. Mi tengo tutto quello è stato.

 










Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?

 

Mi descrivo così: testardo, impulsivo, abbastanza permaloso, sensibile, altruista e solare. “Vivere come ridere” è il mio motto.

 








Quanto è importante la famiglia per lei? 

 

La famiglia è molto importante. Ho una famiglia unita. I miei genitori come le ho già detto non mi hanno mai soffocato, mi hanno fatto sempre agire di testa mia. Sono la parte più importante di me, insieme ai miei nonni.

 

 

Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

 

Per me l’amicizia è fondamentale. Sono un ragazzo sempre presente per i propri amici, per qualunque cosa. Non sono uno che ha gruppi di amici di 15-20 persone. Per me gli amici devono essere pochi; tre o quattro al massimo, così riesce a dare il massimo di te quando loro ne hanno bisogno.

 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 

 

Ho un desiderio molto semplice: diventare papà. Mettere su una splendida famiglia e tramandare passioni e valori ai miei figli. Nient’altro!

 



Grazie   

 

 










a cura di Paolo Radi   

 

 

       02 09 2021

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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