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mercoledì 7 agosto 2019




A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE 

CON 




NICOLA 
DIBITONTO  




Nicola Di Bitonto è nato a Barletta nel 1966, è un allenatore di calcio ed ex calciatore, attualmente è preparatore dei portieri di calcio del Foggia. 


 Ha iniziato da piccolo a “giocare per strada; la sua prima società è stata l'Atletico Barletta poi si è trasferito nella Polisportiva Trani dove ha fatto le giovanili per 3 poi arrivare nel 1989 a giocare in   prima squadra. Ha poi militato nei seguenti club: Barletta, successivamente viene acquistato dal  Cagliari come secondo portiere, ed esordisce in serie A.  Dopo l'esperienza cagliaritana gioca nelle seguenti squadre:  Atletico Catania, Fidelis Andria, Ascoli, Viterbese, Taranto, Bari, Andria BAT. Come allenatore dal 2007 al 2009 Andria BAT, 2009 al 2012 Barletta, nel 2012 firma   per il Foggia.



Si ritiene fortunato per aver trasformato la sua passione che aveva da piccolo ad un lavoro ricco di soddisfazioni. 

Prima era un calciatore ora è   allenatore dei portieri.  La sua fortuna è stata la mia famiglia che ha assecondato i suoi sogni e condiviso. Ha un figlio che gioca a calcio, ma non ha seguito le sue orme, gioca da centrocampista. Un hobby che ha è la bici, appena può evade dal mio mondo e parte senza una meta.

È soddisfatto di quello che la vita gli ha concesso, e non ho alcun rimpianto lavorativo. 

Offre un consiglio ai giovani: “Credete nei sogni perché si possono realizzare, ad una condizione: meno Play station più attività fisica all'aperto!”









La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Da piccolo come tutti i bambini ci si trovava al parco e si giocava sino a tardi.

   


Lei ha avuto una bella carriera da portiere, com’è riuscito ad arrivare così in alto. Conta solo la bravura, oppure...cosa?  

Certo bisogna avere delle qualità, ma anche una buona dose di fortuna, giocavo nel Barletta, gli osservatori del Cagliari venivano a vedere i giocatori, a fine anno siamo stati in due a firmare con il Cagliari.





Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore dei portieri, perché questa scelta, e non quella, visto che ha tutti i requisiti adatti, di diventare allenatore? 

È la conseguenza naturale di chi gioca a calcio, io sono un uomo di campo e ho continuato.









È stato difficile prendere il patentino a Coverciano? Lei ha il secondo patentino, oppure il terzo brevetto?  

Ho il patentino Uefa B per allenare i portieri professionisti.





Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Paziente e testardo, disponibilità e professionalità.

    


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore in generale? 

Direi: essere disponibili, professionali e pazienti.





       Tutti rincorrono la “fama, i soldi e la celebrità”, lei invece? 

Ho sempre inseguito il mio sogno e ci sono riuscito a trasformarlo in lavoro.




 Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più   legato? 

Ho girato molto grazie al calcio e ognuna delle città che ho vissuto conservo dei ricordi indelebili.










Che cosa le ha dato questo sport e che cosa le ha tolto? 

Diciamo che non mi ha tolto nulla, nonostante fossi spesso in ritiro, ma ero quello che volevo.




    Un suo pregio? 

Cerco sempre di accontentare tutti. 




       Un suo difetto?

A volte dovrei sapere dire di no.





La sua parata più bella?  

Foggia vs Barletta, da quella partita è cambiata la mia vita.




Che cosa rappresenta la famiglia per lei? 

Senza famiglia è come vivere in una scatola vuota!









Infine lei ha figlio che gioca a calcio nel ruolo di centrocampista, quanti anni ha suo figlio, e consigli gli da dando? 

Purtroppo come spesso capita i figli non accettano il confronto, credono di sapere tutto, ma io vedo la parte positiva, ovvero la formazione della sua personalità.





Grazie   

a cura di Paolo Radi   




07  08    2019 
(Tutti i diritti riservati)  





















martedì 6 agosto 2019




 A CURA DI PAOLO RADI 






 UNA CONVERSAZIONE 
     

 CON 



  ANTONIO      
 PRISCO 







Antonio Prisco è un giovane portiere nato nel 2002 A Napoli, zona Cavalleggeri- Fuori Grotta, allevato nella scuola calcio di Pasquale Foggia, (squadra dilettantistica fondata da Pasquale Foggia, la sede è vicina a Soccavo un quartiere di Napoli) quest’anno giocherà in serie D in prestito con l’AC Tuttocuio (società calcistica con sede a Ponte a Egola, provincia di Pisa), mentre sono tre anni che milita nel Bologna.
Frequenta il quinto anno da grafico pubblicitario. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.







    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Ho scoperto che il calcio sarebbe stata la mia più grande passione sin da subito, appena ho iniziato a giocare.









Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Se non avessi scelto il calcio, non so di preciso quale sport avrei praticato, però mi piace molto il basket.



In che ruolo gioca?

Sono un portiere.








Come   descriverebbe se stesso, quali sono i suoi valori più importanti? 

Mi ritengo un ragazzo educato, solare ed amichevole. Il valore più importante in assoluto è l’umiltà.




La famiglia e gli amici che cosa rappresentano per lei? 

La famiglia è molto importante per me, senza tutti quei sacrifici che i miei genitori hanno fatto non sarei qui ora. Gli amici sono altrettanto importanti.








Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

Penso che la principale qualità oltre a quella tecnica, sia quella mentale.




    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?

Sono molto sereno e calmo prima di una partita.









E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato, oppure volta pagina? 

A volte, dopo una partita, in cui so di aver sbagliato qualcosa, ci penso per il resto della giornata, ma dal giorno successivo butto via tutto e cerco d’imparare dai miei errori.




Diventare calciatore e il sogno di ogni bambino, lei è molto giovane, che cosa si aspetta per il futuro? 

Spero che il futuro mi riservi il meglio per essere ripagato di tutti i sacrifici che sto facendo, ma so di non aver tutto nelle mie mani.










Lei studia da grafico pubblicitario, ed è la prima volta che incontro un giocatore che frequenta questo corso. Dica la verità, nella sua vita lei vede solo il calcio oppure le piacerebbe anche lavorare nel campo pubblicitario? 

Il calcio è la mia passione e spero di diventare calciatore, ma nel caso non dovesse andare così non mi dispiacerebbe lavorare nel campo pubblicitario.




Grazie   

a cura di Paolo Radi   





06      08   2019 
(Tutti i diritti riservati)  

sabato 3 agosto 2019



A CURA DI PAOLO RADI 








 UNA CONVERSAZIONE 
    

    
 CON 







SALVATORE
AMARANTE





Salvatore Amarante è nato il 30 aprile 1995 a Torre Annunziata in provincia di Napoli.
Ha terminato gli studi con il diploma di liceo scientifico. Sin dall’ età di 5 anni ha iniziato a muovere i primi passi tra varie scuole calcio sino a 14 anni dove ha proseguito poi con gli Juniores regionali della Scafatese.

Da lì tanti campionati di promozione: Boschese e Juve Pro, Poggiomarino di cui era under, per poi passare alla Santa Maria la Carità, poi A.S.D. Virtus Ottaviano, A.S.D. Torrese, Intercampania e San Valentino Torio. In questo momento non vuole sbilanciarsi su dove andrò a giocare perchè ci sono state tante richieste e sicuramente andrò nella squadra più idonea per me.
Non so dove andrà nei prossimi anni, ha tanti progetti nella vita: “mai dire mai e crederci sempre” non è un miraggio, ma è il suo motto.










La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Sin da subito, i miei genitori mi hanno raccontato che a pochi anni giocavo con un pallone, poi crescendo è rimasta questa passione dentro di me che giorno per giorno è cresciuta sempre di più. Anche perché vivo e ho vissuto in una città Torre Annunziata dove il calcio lo si vive 24 ore al giorno in tutti i luoghi. Ricordo che da bambino giocavamo sui campi asfaltati per ore e ore intere.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Per me il calcio è stato sempre il mio preferito come sport, ma ti dico che mi sarebbe piaciuto anche fare tennis.










Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

Questa è una bella domanda, sicuramente ci sono tante cose positive che il calcio ti dà in ogni singolo momento e credo che bisogna farsi tesoro di ciò e godertele perché di sicuro non mancheranno quelle negative. In questi dieci anni mi sta dando tutto, sempre nuove emozioni, nuove esperienze, ma è importante che di offre la possibilità di conoscere sempre nuove persone. 
Quello che può toglierti il calcio credo che sia solo il tempo che ognuno di noi potrebbe regalare alla propria fidanzata, moglie, o alla propria famiglia. E ti costringe a sacrificare te e chi ti sta intorno.





Per la prossima stagione sa dirci qualcosa?

Per la prossima stagione ci sono state tante richieste qui dalle mie parti, tra eccellenza, promozione e prima categoria, ora tocca scegliere bene, quello che conta è il progetto giusto e trovare persone che veramente ci tengono alla squadra e al progetto preso in causa. 










Questa mattina ho letto la frase del presidente dell’Associazione Calciatori, credo, l’importante è quello che dice: “Per giocare bene non serve solo avere dei piedi buoni, ma è utile la testa”. Secondo lei cosa significa questa frase?  

Credo che al giorno d’oggi può essere un’affermazione giusta, sicuramente ognuno di noi avrà le sue caratteristiche, le sue abilità tecniche, ma credo che il fattore “testa” incida molto. Credo che tutto parta da lì, se realmente ognuno di noi si pone un obiettivo usando la testa potrebbe riuscirci. Quindi quello che posso consigliare è di usare la testa, di crederci sempre e non mollare alla prima caduta.





Lei ha frequentato il Liceo Scientifico ritiene che prendere il Diploma delle scuole superiori serva per sapersi muovere meglio in un ambiente difficile come quello del calcio?

No, assolutamente. Credo che la scuola sia la base di tutto, al di fuori di qualsiasi decisione uno prenda. L’istruzione è importante, in una qualsiasi circostanza tu ti trovi, ossia: il calcio, un altro sport, oppure una qualsiasi altra professione.







Ha intenzione di proseguire gli studi, magari iscrivendosi a Scienze Motorieoppure per il momento vuole seguire solo la carriera nel mondo del pallone? 

Bella domanda. Mi piacerebbe iscrivermi a Scienze Motorie, anche perché sto seguendo un altro percorso, ovvero quello di allenare i bambini.





     Il suo goal più bello?

Penso: San Valentino vs Torio Banzano, 3-0. È stato quello il più bello per me, venivamo da 5 partite e 4 sconfitte e un pareggio, con 0 goal all’attivo, con un cambio allenatore a settimana che si rivelò la giusta cura per noi. Infatti quella partita è stata la rinascita di tutto il campionato, con l’1 -0 siglato da me dopo appena 12 minuti su un cross di mio fratello e io ho insaccato, di testa. Ne approfitto per salutare il mister Vittorio De Carlo nonché ex calciatore e grande professionista. E auguro le migliori fortune al San Valentino calcio.








Un suo pregio? 

Di pregi non sarei abituato a parlarne da solo. Vorrei che li elencassero le persone che mi circondano, ma quello che posso dirti è che sono deciso e ambizioso e in qualunque cosa mi pongo di fare, cerco di riuscirci. Un altro è che mi piace molto allenarmi, perché credo che l’allenamento sia alla base di tutto e senza non ci potrà essere una conseguenza (mi riferisco alla partita) positiva. 



Un suo difetto? 

Difetto? Direi difetti, ne ho tanti. Quello che più è notevole è il mio essere testardo.



   



  


    Che cosa rappresenta la famiglia per lei? 

Per me la famiglia è alla base di tutto. Intendo per famiglia la mia fidanzata, i miei genitori e mio fratello. Ci tengo molto a loro e grazie a loro che mi ritrovo a essere ciò che sono oggi. Mentre la mia fidanzata mi dà forza ed è sempre presente.










 Lo scrittore Goethe disse si Torre Annunziata:” Pranzammo a Torre Annunziata con la tavola disposta proprio in riva al mare.
Tutti coloro erano felici d'abitare in quei luoghi, alcuni affermavano che senza la vista del mare sarebbe impossibile vivere. A me basta che quell'immagine rimanga nel mio spirito” Anche per lei è così? 


 Certo che è così. Non perché sono nato e vivo a Torre Annunziata, ma veramente riesce a darti emozioni uniche in ogni suo singolo posto. 

  









Grazie   

a cura di Paolo Radi   





03 08     2019 
(Tutti i diritti riservati)