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mercoledì 21 novembre 2018



PAOLO RADI PRESENTA    






10 DOMANDE 


A  

FABIO MANGIACASALE








Fabio Mangiacasale calabrese nato a Catanzaro nel 1987 abita a Vasto e gioca da settembre 2018 nel ASD Real Giulianova serie D nel ruolo di attaccante- ala destra. Ha giocato in tante squadre. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.





    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Praticamente da quando ho visto rotolare una palla…no so a 3-4 anni massimo. Da lì non mi sono più staccato dal pallone. Ogni momento della giornata era buono per andare a fare una partita.








Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

Nella mia umile carriera ho girato diverse squadre e sinceramente sono stato bene in quasi tutte. Se però ne devo scegliere una ti dico la Casertana; infatti ho ancora tanti amici che sento ancora. Caserta è stata una tappa fondamentale della mia carriera. In quell’anno ho toccato le stelle, ma allo stesso tempo ho visto il buio. Questo perché dopo aver fatto una stagione magnifica, a due giornate dalla fine del campionato ho subito un grave infortunio. La risalita è stata davvero difficile, ma ora corro e sorrido come prima…


Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Il calcio…Ho due fratelli maggiori che giocavano anche loro e ricordo che io pur essendo piccolo andavo con loro a giocare. Era destino, perciò eccomi qua.







Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori?

Il calcio è lo sport (per me) più bello del mondo, quindi dico ai ragazzi di divertirsi senza pensare troppo al futuro. Se sei bravo alla fine vieni fuori.


In che ruolo attualmente gioca? 

Esterno di centrocampo/attacco.


Squadra italiana di serie A in cui le piacerebbe giocare? 

Il mio sogno era giocare in A con il Catanzaro.






Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Generoso


Un suo pregio? 

Lealtà (in campo e fuori).


Un suo difetto? 

Essere troppo buono (nel calcio spesso vieni preso in “giro”).







Squadra estera in cui le piacerebbe giocare? 

   Barcellona.


Messi, Maradona o Ronaldo? 

Maradona.



Grazie   

a cura di Paolo Radi   



21    11   2018 
(Tutti i diritti riservati)  





















lunedì 19 novembre 2018

PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 

 A 

LUIGI AGNELLI









    Luigi Agnelli, (oltre a essere un Personal Trainer e socio dello studio di Medical e Personal training di Foggia e Lucera “MYO”) ha    35 anni, è nato a Foggia e allena il Manfredonia Calcio 1932. Vanta un importante esperienza nel Foggia Calcio, dove dal 2011 ha allenato la Berretti e le Under 15 e 17 nazionali. Suo fratello Cristian è Capitano del Foggia).



La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?


In casa noi siamo cresciuti con pane e pallone, perché ogni giorno e ogni giornata da piccolini lo passavamo sotto casa dove abbiamo uno spiazzale per poter giocare a calcio, io e mio fratello ci allenavamo assieme, tutto era indirizzato sul calcio, anche perché era il modo per passare del tempo, nella oltre  ad avere in casa un terrazzo molto grande che ci permetteva di fare delle sfide a calcio-tennis. 

Questa attività sportiva ci ha permesso di conoscere tante persone, abbiamo sempre lavorato su questa grande passione, grazie  mia madre siamo andati in una scuola calcio dove abbiamo continuato a coltivare le nostre passioni, il tempo e anche le qualità tecniche ha permesso a mio fratello di continuare la sua carriera come calciatore e a me di darmi un altro tipo di alternativa, mi ha permesso di verificare quali erano le altre mie passioni tra cui quelle di giocare in porta, e ho giocato sino a 22 anni. 

Poi ho lasciato il mondo giocato per passare a quello arbitrale (due anni) infine mi hanno dato la possibilità di iniziare ad allenare una scuola calcio e da lì è iniziata la mia passione per fare l’allenatore e così sono arrivato al Manfredonia e spero di non fermarmi oggi. Questo perché vorrei continuare ad arrivare a obiettivi molto, ma molto più grandi.







Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione? 


Sinceramente non lo so, perché calciatori lo si è da piccoli, poi si emula i grandi sportivi che ci sono in televisione, come tu ben sai i neuroni specchio che sono presenti nel nostro corpo tendono ad imitare qualcosa che ha una grande risonanza mediatica. In conclusione se la televisione ci propone la televisione un qualcosa che stimola la nostra attenzione, pensiamo ai calciatori che fanno pubblicità è normale tendere a imitare il nostro idolo. 



Perché tutti pensano a diventare calciatori e pochi a diventare allenatori?


Perché l’allenatore è un’attività che non viene fatta da piccolini, ma la si impara dopo tanto tempo, non a caso bisogna avere almeno 25 anni per iniziare a fare il corso da allenatore Uefa B.









Suo fratello …Agnelli gioca in serie B. Che rapporti avete, mi spiego meglio, c’è competizione oppure ognuno ammira le qualità che possiede l’altro?


Con mio fratello non c’è stata nessun tipo di competizione, siamo due persone che vedono il calcio alla stessa maniera, anche perché siamo cresciuti da piccolini insieme, poi lui a 16 anni è dovuto andare via per giocare in squadre professionistiche come il lecce, che quell’anno fece la serie A. 

Quindi paradossalmente fra noi c’è tanto confronto,  uno per la mia crescita  e due perché lui l’ha vissuto da calciatore, ed è ovvio che il calcio che pensiamo noi è diverso da quello che è il calcio che si vede in tante categorie perché  è basato su alcuni concetti base: di lavoro con la palla, del fatto che la preparazione atletica  non esiste,  del dominio del campo, di come muoversi per creare delle linee di passaggio per il compagno, inoltre la preparazione tecnica nel calcio non esiste, voglio concludere dicendo che  noi diamo la possibilità di lavorare su giocatori “ pensanti” che abbiano la possibilità di utilizzare la propria mente e di adattarsi a quelle che sono le partite o i giocatori avversari che sono in campo, quindi un adattarsi a quello che è un avversario per poi andare a fare gol. 

Questo fondamentalmente è il nostro pensiero. Ribadisco il concetto espresso inizialmente: non c’è competizione, giustamente entrambi ammiriamo l’uno e l’altro, per un semplice motivo, lui continua a giocare e vive il calcio alla maniera che ho indicato sopra, e io  cerco di mettere in pratica gli stessi concetti di gioco. Poi domani chi lo sa, forse lavoreremo insieme, come allenatori, non si sa; la vita è strana.








Un aggettivo per descrivere sé stesso? 


Un aggettivo che mi descrive? Ambizioso, si sono ambizioso che vuole arrivare al top, in ambito lavorativo, in quello calcistico, insomma voglio essere il migliore in tutto quello che faccio.



Squadra estera che le piacerebbe allenare?  


Il Chelsea, il City, sono il top dei club, ma il Barcellona, il Real Madrid sono squadre che apprezzo le amo anche perché nel Barcellona, e in tutta la Spagna ci si prepara come la penso io



Chi è secondo lei il migliore allenatore fra questi tre nomi:   Josè Mourinho,  Massimiliano Allegri e Josep Guardiola? 


Io adoro il calcio di Guardiola, amo il calcio di Sarri, 


La sua maggior qualità? 

È una domanda difficile, secondo me è la determinazione nell’ottenere quello che mi prefisso, quindi cerco di arrivarci in qualsiasi modo



…e il suo peggior difetto? 

…è l’essere permaloso, sì sono permaloso, ma con il tempo l’ho migliorato, oggi se me la prendo, tengo dentro di me quello che mi dicono. Cerco di gestire questo difetto in maniera diversa, “prima mi lasciavo andare”, tutto questo, però,  fa parte della crescita personale di ogni persona cercare di cambiare.






   


Ultima domanda: meglio 30 scudetti, una coppa dei campioni?

Senti, se dovessi parlare in maniera egoistica io preferisco 30 scudetti, perché con questa cifra si ha la possibilità di rimanere nella memoria della squadra come allenatore vincente, poi la coppia dei campioni arriva, se vinci 30 scudetti…la coppa arriva, questo è poco, ma sicuro.



Grazie   

a cura di Paolo Radi   





19   11   2018 
(Tutti i diritti riservati)  





















sabato 10 novembre 2018


PAOLO RADI PRESENTA  


  





10 DOMANDE 

A  

NINO CUOMO





Nino Cuomo, abita a Marano (provincia di Napoli) è presidente dal 2016 del Marano ASC calcio (I categoria) come professione lavora in maniera autonoma per un laboratorio di analisi, e nel pomeriggio, segue i bambini per poi indirizzarli verso le diverse scuole di calcio. Inoltre ha un sogno: aprire una scuola tutta sua di calcio. Noi, gli abbiamo rivolto qualche domanda.









Signor Nino Cuomo, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Nel 1986 quando ho cominciato a dare i primi calci al pallone.



Lei lavora in maniera autonoma come riesce a conciliare questo lavoro con il fatto che lei sia presidente di una squadra di calcio

Con l’organizzazione degli orari e la passione in quello che faccio 






Dal 2016 lei fonda la società Marano Calcio, come mai questa scelta

È una bella storia; lo devo ad un allenatore che a fine carriera mi mise in panchina senza farmi giocare un minuto di più, mai successo nella mia vita. Dopo che giocai in campionati di promozione e prima categoria scattò la scintilla e formai l'ASC  MARANO. 



Quali sono state le modalità nello scegliere i giocatori?

Serietà prima di tutto e poi esperienza e qualità 








Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Caparbio! 


Qual è la principale qualità che deve avere un presidente di una società di calcio


Self control.



Lei da presidente come giudica il fatto che alcuni allenatori ottengono brillanti risultati in una squadra, poi passano ad un’altra e non riescono a raggiungere nessun obiettivo? Quali possono essere i motivi?

Bella domanda, io credo che molti allenatori che cambiano squadra spesso vanno per migliorare, ma poi risultano non essere pronti per il salto di qualità. 



Qual è il suo sogno nel cassetto? 

Scrivere un pezzetto di storia della mia città, portando la mia società almeno nel campionato di eccellenza, campionato mai esistito per la nostra città 










Se fosse possibile chi vorrebbe avere nel Marano Calcio, fra questi tre campioni: Maradona, Messi o Ronaldo? 


Senza dubbio… MARADONA!





Grazie  

a cura di Paolo Radi   





10 11  2018 
(Tutti i diritti riservati)  











giovedì 1 novembre 2018



PAOLO RADI PRESENTA    





10 DOMANDE 

A  

 FABIO TOMMASELLI 










Fabio Tommaselli nasce a Benevento nel 1996 e inizia a giocare a calcio si da quando aveva 8 anni. Frequenta la scuola di calcio Giorgio Ferrini di Benevento, poi viene ingaggiato dal Benevento Calcio, l’ultimo anno in prima squadra in serie C. Successivamente viene ingaggiato al Fondi a 19 anni, dove con 37 presenza vince la Coppa Italia e Play Off, continua per altri due anni in serie C, durante l’estate la società del Fondi calcio fallisce e così si ritrova senza ingaggio. Da pochi giorni si è trasferito nelle zone di Lecco, dove la  società Olginatese lo ha voluto con insistenza, e ora come dice lui “sono pronto a riprendermi ciò che mi è stato tolto con grinta e con cuore che è ciò che mi contraddistingue”.




    Signor Fabio Tommaselli, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione

   Quando da piccolo alle scuole elementari non vedi l’ora che suoni la campanella per andare a giocare è un motivo valido? Penso di sì. 



Lei ha giocato in diverse squadre, adesso si è traferito nella provincia di Lecco, cosa si aspetta da questa nuova esperienza?

La considero una buona opportunità per rimettermi in pista, visto che sono stato qualche mese fermo e poi vediamo. Non so per quanto tempo vestirò questa maglia, ma ciò che mi interessa è lasciare un buon ricordo come calciatore, ma soprattutto come uomo!






    Ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare? 

Nutro un profondo amore verso gli animali e da piccolo dicevo sempre che avrei voluto fare il veterinario…se non avessi intrapreso questa strada chissà…



Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per lei invece cosa rappresenta?

Penso che il successo e la fama siano solo una conseguenza…io ho un sogno e sicuramente non è quello di diventare famoso, ma semplicemente di arrivare al massimo delle mie possibilità e non aver rimpianti e certo sarebbe la soddisfazione più grande            rendere orgogliosa di me tutta la mia famiglia…quando cresci con qualche difficoltà la famiglia è molto più unita. Per me sono tutto e penso che la famiglia nella vita sia la cosa più importante da preservare.








In che ruolo gioca? 

Sono un difensore centrale cresciuto con il concetto di giocare sempre la palla e rischiare la giocata, ovviamente senza esagerare, in difficoltà la palla si butta il più lontano possibile!


Che ha rapporto ha con la tifoseria, e in generale non trova eccessivo che certe tifoserie possano condizionare la scelta di far comprare ad esempio determinati giocatori al posto di altri? 

Penso che i tifosi siano la vera anima del calcio…se penso a una partita senza tifosi penso a una partita triste…più ce ne sono e più l’atmosfera diventa bella e stimolante, quindi sì è giusto accontentare i tifosi nel limite del possibile…in fondo sono loro che danno la “clamorosa importanza” al calcio. C’è gente che non esce per una settimana se la squadra del cuore perde e penso che ogni calciatore di qualsiasi squadra debba cucirsi addosso quei colori e giocare da tifoso!



 Squadra italiana in cui le piacerebbe fare una splendida      carriera? 

Giocare per la mia città sarebbe il coronamento di un sogno…vincere per la mia gente e lottare per loro, beh solo a pensarci mi vengono i brividi!!!







Squadra estera, invece?
     
Mi piacerebbe un giorno fare esperienza in Inghilterra perché penso che sia il campionato più affascinante del mondo.



Messi, Maradona o Ronaldo? 

Sono tre fenomeni assoluti e credo che Maradona non faccia testo, Messi è un dono divino, Ronaldo il frutto di un lavoro meticoloso quotidiano e quindi dico: Ronaldo; perché penso che con il lavoro e la perseveranza nessun obbiettivo sia impossibile!




Ultima domanda: tratto principale del suo carattere? 

Mi reputo testardo e generoso sia in campo sia nel privato, mi piace rendere felici le persone, mi rende felice anche m.




Grazie   


a cura di Paolo Radi   





01     11  2018 
(Tutti i diritti riservati)