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mercoledì 2 novembre 2016

PAOLO RADI INTERVISTA…





02   Novembre  2016






CONVERSAZIONE

CON EUMIR MARTINELLI





  
IN CIMA AL MONDO



Eumir Martinelli (di Bormio)  come professione fa l’Assistente Capo della scientifica presso il commissariato di Polizia di Bressanone (BZ) ha raggiunto il 30  settembre alle 13.15  la vetta più alta del Cho Oyu – 8210 metri, senza l’aiuto delle bombole di ossigeno. La cima della montagna è la sesta più alta del mondo al confine tra la Cina e il Nepal.  Noi gli abbiamo rivolto qualche domanda.








Signor E. Martinelli, lei è nato in montagna, la prima domanda è d’obbligo, quando ha maturato l’idea di far lo scalatore?

Non mi ritengo uno scalatore...o almeno non uno scalatore vero, di quelli che compiono imprese epiche, arrampicate tecniche su pareti impossibili...il mio livello tecnico è abbastanza basso e di conseguenza i miei obbiettivi sono tecnicamente facili. Certo mi piace la montagna ma preferirei considerarmi un appassionato, un amatore, una persona che cerca di evolversi attraverso la fatica e trovo che la montagna sia un ottimo mezzo per raggiungere lo scopo. L'amore per la montagna è nato naturalmente all'età di 20 anni circa, alla fine della mia carriera come atleta della nazionale di sci. Era l'unico modo ed il più facile per crescere nel miglior modo. Quindi più un mezzo per raggiungere uno scopo piuttosto che una passione fine a se stessa.




Abbiamo appreso che lei lavora presso il Commissariato di Bressanone, e questo ci ha un po’ stupito, molti, si aspettavano che lei facesse un’altra professione, ad esempio la guida alpina, oppure che insegnasse come si scala una montagna, come ha maturato la scelta di entrare nella Polizia? 

 All'epoca del mio arruolamento ero nella nazionale italiana di sci alpino quindi sono entrato in Polizia per meriti sportivi e ho fatto parte del gruppo sportivo Fiamme oro per alcuni anni. Come ho detto prima la mia passione per la montagna è sempre stata un metodo personale per raggiungere obbiettivi di tipo psico-fisico e quindi non mi interessano assolutamente altri discorsi.








Da come abbiamo capito, questa è la seconda spedizione, come si era conclusa la prima?

Nel 2010 sono andato in Nepal par scalare il Manaslu (8000 metri), l'ottava montagna al mondo, ma probabilmente non ero abbastanza pronto, più con la testa che con il fisico; a dispetto di quello che pensa la maggioranza delle persone per scalare montagne di questa portata serve più forza mentale che fisica. Di conseguenza il fisico, per una sorte di autoprotezione, ti lancia degli avvertimenti cercando di “autopreservarsi”, ma il tuo effettivo limite è ancora distante, è in questo momento che entra in gioco la determinazione mentale che ti fa andare oltre.


La missione è iniziata  il 28 agosto e si è conclusa l’8 di ottobre, che cosa ha pensato prima di muovere il prima passo verso questa vetta?

Il primo passo l'ho mosso quasi 2 anni prima, nel momento in cui ho deciso di scalare il Cho Oyu, da quel giorno non c'è stata una sola giornata in cui non ho pensato a quella montagna e a come avrei voluto che questa spedizione andasse !!! E' stata quasi un'ossessione, su certe cose sono molto meticoloso, ho solamente cercato di fare tutto del mio meglio, ma non per arrivare in cima piuttosto per non avere rimpianti successivamente. Quest’anno se non fossi arrivato in cima sarei stato comunque felice perché ho sempre fatto del mio meglio per lo scopo e sono soddisfatto di quello che questi due anni mi hanno dato.







A questo punto le chiedo, arrivato alla vetta, qual è stato il suo primo pensiero?

Il momento che sono arrivato in vetta non è stato particolarmente emozionante, certamente c'è stata felicità e sollievo ma niente di particolare, oltretutto a quota 8000 la mente è abbastanza offuscata e "lenta"  a causa della carenza di ossigeno quindi anche i pensieri non sono propriamente nitidi. Di momenti difficili ce ne sono stati parecchi, il giorno dopo la vetta, alla 6 di mattina, al campo 3 a 7600 metri ho avuto una crisi di ipossia mentre ero in tenda. Questa crisi è stata causata  probabilmente alla permanenza di 4 giorni oltre i 7200 metri e all'esaurimento dell'ossigeno all'interno della tenda.
Ho veramente pensato di morire...la cosa si è poi risolta in 15 minuti...ma le difficoltà più grandi le ho avute tutte le volte che ero stanco, ma dovevo fare i miei allenamenti, alle incredibili fatiche, alle rinunce, anche economiche, al tempo rubato ai miei cari per poter seguire il mio sogno.




 Mi diceva che un’altra fase pericola è la discesa, perché? Dovrebbe essere meno difficile della salita. Non essendo un esperto ecco perché le rivolgo questa domanda?


Quando arrivi in cima ad una montagna sei solo a metà del tuo cammino, arrivare in cima ad quota 8000 metri senza ossigeno significa spingere in proprio fisico fino all'esaurimento quasi totale delle proprie energie. A quelle quote si fatica ad allacciarsi le scarpe, si fatica a girarsi nel sacco a pelo, due passi più veloci del dovuto e sei in pericolosa carenza d'ossigeno. Tutto è fatica e dover affrontare 2000 metri di discesa è assolutamente impegnativo. La prima causa di morte su queste montagne è lo sfinimento.









Lei ci ha stupiti, e molti hanno scritto sui vari social, finalmente un vero campione, come ci si sente a essere così conosciuti, la vita cambia oppure rimane sempre la stessa?


Non mi ritengo assolutamente un campione e i social tacciono dopo due giorni dalla notizia. Certamente fa piacere che molti apprezzino quello che hai fatto e la persona che sei, ma sinceramente preferisco l'anonimato, sarei più felice di poter trasmettere un messaggio costruttivo, un metodo pratico che dia risultati pratici, qualcosa che veramente riesca a far capire alla gente che tutti possiamo essere speciali, che ci sono strade che possono farti crescere e renderti migliore. Ognuno ha una strada che porta ad evolversi, chi la trova nella montagna, chi la trova nell'uncinetto o nello studio, c'è chi trova la propria realizzazione nell'alzarsi alle 4 della mattina per scattare una foto ma bisogna cercare, andare a fondo.




Un’ ultima domanda, essere sulla vetta del mondo, ti fa sentire l’immensità dell’universo, oppure la sensazione che tutto ciò sia opera di un essere superiore?

L'essere superiore ti attraversa nel momento in cui stai facendo del tuo meglio e sei felice di quello che sei.
 L'immensità dell'universo l'ho sentita anche quando sono andato a visitare gli orfanotrofi di Madre Teresa a Calcutta in India. Non è necessario andare in cima ad una montagna, tutto quello di cui abbiamo bisogno è dentro di noi, Dio compreso.








L’intervista termina qui, un grazie particolare, e di nuovo complimenti per la sua impresa, siamo tutti sbalorditi.













giovedì 27 ottobre 2016

 PAOLO RADI INTERVISTA…







27  OTTOBRE    2016





CONVERSAZIONE

CON ANTONIO RUSSO 









TIRO IN RETE…GOAL





Il giovane Antonio Russo di Napoli (quartiere Piscinola) si racconta in  questa intervista sportiva. 
Antonio  ha partecipato a diversi tornei con squadre di CPU e nazionali, un ragazzo serio che ama veramente il pallone, il suo rigore e la sua passione dovrebbero essere un esempio per tanti giovani.


Signor Antonio Russo, quando le è venuta la passione per il calcio?


 La passione arriva da bambini, quando tuo padre ti compra un pallone di tela e cominci a calciare con lui i primi tiri in un parco per bambini o giù al tuo palazzo. Conservo con me i miei ricordi più belli, perché ti rimango per sempre dentro. Oggi purtroppo è tutto diverso, i ragazzi di età tra i dieci e dodici anni quasi non scendono da sopra, perché la realtà virtuale li hanno condizionati.







Come lei sa spesso il calcio è investito spesso da “scandali”, l’ultimo ha riguardato il signor Blatter e alcuni componenti della FIFA, che cosa pensa di tutto ciò?

 Blatter non è nuovo in queste cose, è stato sempre un uomo potente, aveva una sua diciamo banda, per i suoi loschi affari fatti da tangenti. Questo è il male del calcio!








A  un giovane che vuole intraprendere questa professione quali consigli darebbe?



Prima di tutto l'umiltà, e non montarsi mai la testa, ascoltando sempre poi i consigli da tutti, perché nella vita non si smette mai di imparare.



Alcuni vedono  il calcio come una professione che li faccia arricchire, diventare famosi, frequentare discoteche  o locali alla moda, non trova che negli utlimi anni questo miraggio abbia forse illuso centinaia di ragazzi?


In un certo senso sì, loro sono calciatori e dopo gli allenamenti e le partite si vanno a divertire, fanno anche bene, però si devono ricordare sempre che sono sempre dei professionisti e che sono fortunati perché guadagnano tanti soldi.







Come sono i suoi rapporti con i tifosi?


 Il rapporto con loro deve essere sempre chiaro, loro rispettano te e tu devi rispettare loro, una cosa li unisce: la passione.







Un’ultima domanda che è d’obbligo, chi è al momento il giocatore più forte?


Attualmente sempre i senatori Messi Ronaldo e aggiungo il portiere di sempre: Buffon, tra due tre anni ce ne saranno nuovi.









Grazie per l’intervista.