Archivio blog

mercoledì 20 febbraio 2019

PAOLO RADI PRESENTA    








8 DOMANDE 


A  


GIUSEPPE M. D’AMBROSIO











Giuseppe M D’ambrosio è nato a Torre Annunziata nel 1980 e ci abita pure. Ha giocato a calcio sino a 17 anni, a causa di un infortunio ha dovuto abbandonare questo sport.  È tifoso del Savoia calcio, fra le più antiche squadre di calcio italiane, venne fondata nel 1908. Quattro anni fa il Savoia era in serie C, ora milita in serie D. E molto legato alla sua città, città in cui è nata e vissuta Maria Orsini Natale, scrittrice e giornalista, famosa per il romanzo Francesca e Nunziata.  Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.








La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Mi dicono che la mia passione per il calcio sia nata subito. Ho cominciato a camminare calciando un pallone. 





Se non avesse intrapreso quest’attività agonistica quale sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Nessuno sport avrei voluto praticare, mi piace solo il calcio!








Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori? 

Diventare calciatore non significa avere un "lavoro di lusso",  l’essere calciatore lo devi sentire   dentro, di te,  devi amare quel pallone come un bimbo ama i suoi giocattoli.





Ha 17 anni a causa di un trauma al ginocchio lei ha abbandonato il calcio, eppure avrebbe potuto rientrare, perché questa decisione? 

Io purtroppo ho avuto l’infortunio al ginocchio troppo presto, ma ho sbagliato  nel non riuscire a concentrare le mie forze per riprendermi. Purtroppo da ragazzi si commettono certi, errori: di gioventù. 



Tutti voi che abitate a Torre Annunziata siete tifosi del Savoia calcio e di nessun’altra squadra, come mai? 

 Nel 1908 nacque il nostro Glorioso Savoia Il Savoia, per noi torresi non è solo la nostra squadra del cuore; la nostra è una fede che ci viene tramandata dai nostri nonni e dai nostri padri.

 Nel 1923 /24 si laureò Campione dell’Italia centromeridionale. ll mio amore per  il Savoia è nato da bambino come ogni torrese mio nonno mi portava a vedere i bianchi e io m’ innamoravo sempre di più, anche guardando i suoi Ultras e le bandiere sventolare; inoltre  quel coro  iniziava intonando questo verso: “Savoia squadra del Mio Cuor” :sì, del Mio Cuore, perché da quando sono nato tifo Savoia ho impresso nella mia mente tante partite, ma la più indimenticabile fu il 13 giugno del 1999 più di 20 mila Torresi invasero il Partenio di Avellino questo perché  si vinse 2 a 0 contro la Juve Stabia. Si festeggio per tutta la città e per tanti giorni i giocatori furono portati in trionfo su delle carrozze.  Il motivo era  il ritorno in serie B dopo tanti anni, ma per noi torresi era come se avessimo vinto il campionato di serie A.


Nella foto in bianco e nero  che le ho dato si vedono i Campioni d’ Italia del 1924 e questa è la foto dei 20 mila al Partenio di Avellino.

 Mentre in quella a colori  possiamo vedere   le carrozze che portavano i giocatori del Savoia nelle vie della città.













Poi dopo 2 anni il Savoia fallì ma il nostro amore per con delle carrozze il Savoia di certo non terminò.  Si ricomincio da capo, dall  Eccellenza; ci sono stati   tanti periodi bui, altre persone di altre squadre avrebbe lasciato, ma noi non abbiamo mai mollato perché c ‘è un coro che fa così:” Tifosi come noi non ce ne sono più non ce ne sono più”  Nel  2014 si è ritornati in serie C dopo aver vinto un campionato di Serie D.




Abbiamo anche saputo che lei tiene molto alla sua città? Che cosa rappresenta per lei? 


Torre Annunziata sorge sui resti Dell’ antica Oplontis sepolta dall’ eruzione del 79. Era detta Capitale Dell Arte Bianca con più di 100 pastifici infatti la scrittrice Maria Orsini gli dedico un libro e un film alla nostra Amata Torre Annunziata

È Una città molto famosa anche per la pesche siccome ha un porto di grande estensione La festa Patronale è quella del 22 Ottobre dove in un solo giorno si riuniscono tutti i Torresi anche quelli emigrati dai altri paesi. 

La Madonna della Neve è il nostro simbolo il 22 Ottobre si narra dai vecchi pescatori di Torre che il Vesuvio che eretta a da molti giorni loro andarono a prendere la Madonna x avverare il Suo Miracolo e così fu la Madonna fermo la lava.












Due sogni che vorrebbe si realizzassero? 

Il sogno che voglio di rivedere il mio Savoia almeno in serie B perché lo meritiamo e una città che dara molto turismo e lavoro x tutti non può una città che prima aveva una densità di 70 mila abitanti ora ad essere 40 mila vorrei che il nostro popolo si riprenda in tutto perché noi amiamo la nostra città e anche io sto facendo molto fatica siccome ho una bambina di riuscire a restare nel mio paese.


Il secondo sogno che vorrei che si realizzasse sarebbe quello di avere un buon lavoro in un’azienda gestita da me. Questo mi potrebbe permettere di andare a vedere il mio Savoia e restare nel mio paese di nascita.



Un lato positivo del suo carattere e uno negativo? 

Il mio lato positivo che do sempre il cuore in tutto e negativo che sono troppo orgoglioso in tutto.




Grazie   

a cura di Paolo Radi  



20    02   2019 
(Tutti i diritti riservati)  





















venerdì 1 febbraio 2019




PAOLO RADI PRESENTA    






10 DOMANDE 


A  



MICHELE DELLA PERUTA










Michele Della Peruta è un giovane e determinato  calciatore nato a Maddaloni nel 1990 (Caserta) attualmente gioca a calcio a 5, futsal in serie C2 a Mondragone. Ma non è sempre stato così, noi gli abbiamo rivolto le nostre classiche 10 domande.



La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Il calcio è diventato la mia più grande passione sin da piccolo, guardavo le partite di mio cugino e mi piaceva vedere le partite in tv.








Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

Quando giocavo a calcio a 11 la squadra che resterò sempre legato e il San Marco evangelista da quando gioco a futsal e la mia squadra attuale cioè l’Olympique Sinope di Mondragone.








Se non avesse intrapreso quest’attività agonistica quale sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Se non avessi intrapreso lo sport del calcio a 5 sicuramente mi sarebbe piaciuto giocare a tennis.




Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori? 

I ragazzi guardano il calcio come in opportunità di vita migliore per vivere nel lusso ma il calcio o calcio a 5 deve essere passione e divertimento.








In che ruolo giocava? 

Quando giocavo a calcio giocavo terzino destro ora a futsal gioco sia come centrale che laterale.




 Da come abbiamo saputo lei nel mondo del calcio ha avuto una grossa delusione, non è potuto passare in un’altra squadra più importante perché il suo presidente non ha voluto cedere il cartellino, è così


Sì, è giusto, avevo avuto diciamo una piccola opportunità in un’ altra squadra più conosciuta, ma purtroppo non fu venduto il mio cartellino, doveva andare così. 








Il futsal, il calcio a 5, sta ultimamente riscuotendo gradi consensi tra gli appassionati sportivi, come pensa che si evolverà questa specialità nei prossimi anni? E secondo lei che ha cos’ha di particolare questo sport? 


Il calcio a 5 secondo me arriverà a grandi livelli non sarà come il calcio, ma si evolverà nel corso dei prossimi anni.



Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 


La principale qualità che deve avere un calciatore e il rispetto e l’educazione nei confronti dell’avversario.








 Un suo pregio e un suo difetto? 

Il mio pregio credo che mi metto sempre a disposizione della squadra e cerco sempre di dare il meglio, sui miei difetti di puoi scrivere un libro – si mette a ridere - ...







 Chi vincerà quest’ anno la coppia dei campioni e lo scudetto?  (anche perché noi sappiamo che le tifa…) 

Spero che la Champions e il campionato la vincerà la Juve.








Grazie   

a cura di Paolo Radi   





01   02   2019 
(Tutti i diritti riservati)  



domenica 27 gennaio 2019



PAOLO RADI PRESENTA    









Una bella storia, un racconto vero, la ….



STORIA DI UN GIOVANE GIOCATORE




di Pio Migliaccio











Sono Pio Migliaccio e sono nato a Pozzuoli, il 22 dicembre 2001, abito a Licola Mare, nella provincia di Napoli, in un quartiere che insegna tanto, quando ti mostra le difficoltà della vita, un quartiere abbastanza difficile, dove per noi ragazzini l’unico “sfogo” è il pallone. La mia famiglia ha sempre avuto il sogno di vedermi felice, prima di vedermi realizzato in qualsiasi sia sarebbe stato il mio sogno...

Vengo da una famiglia umile, un po’ troppo, mia mamma riesce a ricavare a guadagnare qualcosa andando a fare pulizie per le case, quando può, perché il tempo a sua disposizione è troppo poco, avendo la responsabilità di guardare mia sorella più piccola che si chiama Lucia e che ha 4 anni, oltre a lei ho anche un altra sorella di 10 anni che si chiama Morena, e mio padre si chiama Salvatore.

Dopo aver presentato la mia famiglia,provo un po’ a spiegare la situazione familiare che mi ha portato a vivere la mia vita calcistica anche lontano da casa Papà facendo il pescatore, un lavoro che si tramanda di generazione in generazione, non ha sempre avuto le forze di mandare la casa avanti, poche risorse economiche e pochi aiuti, ma nonostante ciò, si è sempre rimboccato le maniche e si è dovuto adattato  ad “arrangiare” come si dice  a Napoli, ovvero: accontentarsi del minimo per mettere il pane a tavola nel caso il mare non gli avesse dato l’opportunità di andare Al  lavoro IN quella giornata; e la situazione è sempre stata questa. 


Mi  sono sempre sentito “sfortunato” perché il mio sogno era quello di andare ad una scuola calcio, ma non avendo possibilità economiche, l’unica scuola calcio che mi poteva essere d’aiuto era la strada, proprio Licola Mare, lì dove ho ricavato tanto...e proprio da Licola Mare sono partito, in cerca di qualcosa che non ero sicuro che trovassi: una meta, qualcuno disposto a migliorarmi, perché capii sin da bambino  che la mia famiglia aveva bisogno di me (ancora oggi è così). Iniziai a giocare nei  tornei sulle spiaggia, poi in  quelli per strada, successivamente incontrai una persona molto buona e generosa: Marco Del Gaudio, dove diciamo mi fece almeno assaggiare il calcio al di fuori della strada, nei campi anche provinciali, ma per me era già  qualcosa, visto che non ho mai avuto la possibilità di andare ad una scuola calcio prima dei 12 anni. Marco Del Gaudio è una persona che mi è sempre stata vicino, che mi ha sempre incoraggiato ad andare avanti, comunque erano tante le persone che mi aiutavano che mi ripetevano ogni giorno che avrei potuto andare a giocare in qualche settore giovanile, per poi migliorare e arrivare a un buon livello, sin dalla mia piccola età ho sempre avuto ambizioni troppo alte rispetto ai miei amici, magari per l’esigenza di aiutare la mia famiglia!!! 








A 13 anni, sempre tramite mister Marco (una persona che vive di calcio) passai ad una scuola calcio molto nota di Napoli: la Luigi Vitale, dove conobbi persone molto generose, che mi hanno aiutato molto, sia a livello calcistico, che a livello caratteriale. Lì ho conosciuto il mister Alessandro Pastore che sarebbe poi il presidente di questa scuola. S

Sono loro che mi hanno trattato come un loro figlio, sapendo le difficoltà che avevo a casa, ricordo ancora quando la situazione era abbastanza critica e mamma e papà litigavano sempre. Io da piccolo stavo veramente male, e il mio sfogo era solo quello: il calcio, sapevo che impegnandomi avrebbe potuto offrirmi tanto. Da sempre ho voluto lavorare sodo, ma non per assomigliare ai vari Ronaldo o Messi che vediamo in tv, perché è anche giusto che ognuno di noi abbia un proprio idolo da seguire, ma io lo facevo per me, per ambire a un settore giovanile e poter rendere fieri i miei genitori. Ogni giorno mi allenavo sempre con tanta rabbia, tanta cattiveria, avevo tanta fame di vittoria, mi bastava giocare e mi importava solo di quello, nient’altro e quello fu l’anno della svolta, facemmo tutti un campionato pazzesco (regionale)!









 Partivo da casa alle 7 di mattina per andare a scuola, mi portavo il panino e mangiavo durante il tragitto, perché il mister mi veniva a prendere, tornavo a casa verso le 8 di sera sfinito; tutto questo per un anno, ma io avevo voglia di spaccare il mondo, cercai di mettermi in mostra ad ogni partita,  tanto in mostra, che ad ogni partita arrivavano tanti gol e le prestazioni, ovviamente erano ottime. 
Ad un certo punto ci fu la chiamata da parte dell’Hellas Verona, una società che militava in serie B, io avevo 14 anni ed ero pronto a lasciare la mia casa, la mia famiglia (le due sorelle, ma anche i nonni, perché anche i miei nonni, sia paterni che materni, hanno patito insieme a me le difficoltà della vita per me sono stati e sono ancora molto importanti: una guida per la mia vita. 
Ci pensai molto, giorno e notte, ma in testa, già avevo le idee chiare…pensavo già all’8 agosto, all’inizio del ritiro, in una squadra importante, in una città fantastica, una piazza che ambiva alla serie A. Sapevo che quello era un settore giovanile importante dove poteva migliorare tanto, e anche l’esperienza lontano da casa a 14 anni, avrebbe potuto insegnarmi molto anche dal punto di vista umano. Ricordo ancora le prime settimane.
 I   primi giorni ero a pezzi, piangevo come un neonato, perché a quell’età sentivo ancora il bisogno dei miei genitori e della mia vita, quotidiana, della mia casa e delle mie abitudini, ma mi facevo forza, mi dicevo tra me e me che potevo e dovevo farcela, mi facevo 10 docce al giorno per piangere e sfogare tutto quello che avevo dentro, ricordo le videochiamate con le mie sorelle, che per me sono molto importanti, oltre   a vederle, mi rendevano tanto fragile, anche se ai  miei dicevo sempre che stavo bene: 









Con il tempo presi consapevolezza dei miei mezzi e della vita che ho avevo scelto di fare, tornavo a casa ogni due mesi e dopo solo 2 giorni dovevo ripartire, avevo la mia vita lì che mi aspettava, non potevo più restare fermo con le mani in mano, anche perché non l’ho mai fatto.  Andai via da lì maturo, sereno e consapevole di un esperienza che mi ha insegnato molto: si da quando piangevo  sino a quando maturai subito che avrei dovuto fare tutto da solo:  mi stiravo i vestiti da, lavavo gli indumenti, mi  dovevo svegliare  non più con la voce di mia mamma, ma con la mia sveglia, andare a dormire con una buonanotte della mia famiglia tramite una videochiamata potevo vederli soltanto 13 volte in 1 anno e ovvio che  tutto ciò mi fortificò  sotto ogni punto di vista.


Due anni fa venne l’opportunità di andare all’ Avellino, una piazza fantastica, dove incontrai il mister Dario Rocco, una persona unica in tutto, calcisticamente, mi ha insegnato tanto, tutto quello che a Verona ancora non avevo riuscito a capire. Quello fu un anno molto importante, under 17, dove scoprii anche un mio nuovo ruolo da esterno, visto che avevo sempre fatto la punta centrale.  Vista   la mancata iscrizione al campionato di serie B, in estate mi trovai senza squadra.


La situazione era ancora più difficile, di prima, perché già normalmente da come avete capito lo è in sé e per sé. Ebbi la fortuna di conoscere situazione 3 persone fantastiche, più che procuratori, tre fratelli: Vincenzo, Fulvio ed Enzo, che mi hanno aiutato tanto anche dal punto di vista caratteriale, sono persone uniche. Nel frattempo continuavo ad allenarmi sempre e comunque non ho mai smesso di farlo…mai. 

 Successivamente ricevetti una chiamata da mister Dario, dove mi chiese di partecipare al campionato juniores con la nuova società dell’Avellino, io non ci pensai su due volte e accettai, soprattutto perché c’era una persona come lui sulla panchina.  L’anno è partito alla grande, tanti gol e tante vittorie, tante soddisfazioni che mi hanno fatto crescere anche psicologicamente, poi ho avuto la fortuna di essere visionato è e aggregato alla prima squadra, allenamento dopo allenamento ho cercato di migliorare e apprendere qualcosa da persone come Sforzini che magari ho sempre visto e usato solo alla Playstation;  adesso ritrovarmi a giocarci insieme è veramente bello, poi le convocazioni in campionato sono state un altro traguardo importante che ho raggiunto; vedere il Partenio Lombardi pieno di gente è un emozione unica ,adesso sono in un periodo un po’ difficile perché a breve dovrei operarmi per un problema al ginocchio, ma sicuramente ritornerò più forte di prima...sogno l’esordio in prima squadra e il primo posto con la juniores, infondo per un ragazzo come me venuto dal niente, sognare è la speranza che mi tiene in vita. 











Sono un ragazzo che sa ciò che vuole, mi ricordo che da piccolo pensavo a fare danni su danni, rompevo macchine e facevo risse con altri bimbi, perché ancora non avevo capito la vita, poi le cose sono cambiate quando mia mamma mi gridava in faccia che era delusa perciò che stavo diventando. Dalle sue parole capii tanto, oggi ogni gol che faccio lo dedico ai miei genitori: a mia mamma che quando papà è a lavoro “si fa in quattro” per mandare avanti la casa e accudire le mie sorelle, e a mio padre che è sempre una guida, mi segue passo dopo passo nonostante i problemi, fa tanto male vedere le sue mani consumate dal freddo e dal tanto lavoro, fa ancora male sapere che ha avuto diversi problemi con la legge per trovare un modo per portare avanti la famiglia.  Ora le cose sono diverse, ho fatto una promessa a loro, voglio guadagnare per farli vivere come meritano, perché non ci sarebbe nulla di più bello. Non mi fanno mai mancare nulla, non si comprano un paio di scarpe per comprarle a me o alle mie sorelle Ancora non guadagno, ma spero che a breve di riuscire ad avere quel minimo per aiutare a casa, ogni gol ora lo dedico a loro perché spero che un giorno Dio  mi possa aiutare  aiuterà a mettere punto a questa mia vita, devo tanto a loro e alla mia ragazza che si chiama Alessia, mi aiutano sempre nei momenti più brutti, un giorno spero di farcela: soprattutto per loro!! 



È stato un piacere aver raccontato qualcosa di me e poter condividere “quel qualcosa di me” con i lettori.





a cura di Paolo Radi   



27   01   2019
(Tutti i diritti riservati)