PAOLO RADI PRESENTA
Una bella storia, un racconto vero, la ….
STORIA DI UN GIOVANE GIOCATORE
di Pio Migliaccio
Sono Pio Migliaccio e sono nato a Pozzuoli, il 22 dicembre 2001, abito a Licola Mare, nella provincia di Napoli, in un quartiere che insegna tanto, quando ti mostra le difficoltà della vita, un quartiere abbastanza difficile, dove per noi ragazzini l’unico “sfogo” è il pallone. La mia famiglia ha sempre avuto il sogno di vedermi felice, prima di vedermi realizzato in qualsiasi sia sarebbe stato il mio sogno...
Vengo da una famiglia umile, un po’ troppo, mia mamma riesce a ricavare a guadagnare qualcosa andando a fare pulizie per le case, quando può, perché il tempo a sua disposizione è troppo poco, avendo la responsabilità di guardare mia sorella più piccola che si chiama Lucia e che ha 4 anni, oltre a lei ho anche un altra sorella di 10 anni che si chiama Morena, e mio padre si chiama Salvatore.
Dopo aver presentato la mia famiglia,provo un po’ a spiegare la situazione familiare che mi ha portato a vivere la mia vita calcistica anche lontano da casa Papà facendo il pescatore, un lavoro che si tramanda di generazione in generazione, non ha sempre avuto le forze di mandare la casa avanti, poche risorse economiche e pochi aiuti, ma nonostante ciò, si è sempre rimboccato le maniche e si è dovuto adattato ad “arrangiare” come si dice a Napoli, ovvero: accontentarsi del minimo per mettere il pane a tavola nel caso il mare non gli avesse dato l’opportunità di andare Al lavoro IN quella giornata; e la situazione è sempre stata questa.
Mi sono sempre sentito “sfortunato” perché il mio sogno era quello di andare ad una scuola calcio, ma non avendo possibilità economiche, l’unica scuola calcio che mi poteva essere d’aiuto era la strada, proprio Licola Mare, lì dove ho ricavato tanto...e proprio da Licola Mare sono partito, in cerca di qualcosa che non ero sicuro che trovassi: una meta, qualcuno disposto a migliorarmi, perché capii sin da bambino che la mia famiglia aveva bisogno di me (ancora oggi è così). Iniziai a giocare nei tornei sulle spiaggia, poi in quelli per strada, successivamente incontrai una persona molto buona e generosa: Marco Del Gaudio, dove diciamo mi fece almeno assaggiare il calcio al di fuori della strada, nei campi anche provinciali, ma per me era già qualcosa, visto che non ho mai avuto la possibilità di andare ad una scuola calcio prima dei 12 anni. Marco Del Gaudio è una persona che mi è sempre stata vicino, che mi ha sempre incoraggiato ad andare avanti, comunque erano tante le persone che mi aiutavano che mi ripetevano ogni giorno che avrei potuto andare a giocare in qualche settore giovanile, per poi migliorare e arrivare a un buon livello, sin dalla mia piccola età ho sempre avuto ambizioni troppo alte rispetto ai miei amici, magari per l’esigenza di aiutare la mia famiglia!!!
A 13 anni, sempre tramite mister Marco (una persona che vive di calcio) passai ad una scuola calcio molto nota di Napoli: la Luigi Vitale, dove conobbi persone molto generose, che mi hanno aiutato molto, sia a livello calcistico, che a livello caratteriale. Lì ho conosciuto il mister Alessandro Pastore che sarebbe poi il presidente di questa scuola. S
Sono loro che mi hanno trattato come un loro figlio, sapendo le difficoltà che avevo a casa, ricordo ancora quando la situazione era abbastanza critica e mamma e papà litigavano sempre. Io da piccolo stavo veramente male, e il mio sfogo era solo quello: il calcio, sapevo che impegnandomi avrebbe potuto offrirmi tanto. Da sempre ho voluto lavorare sodo, ma non per assomigliare ai vari Ronaldo o Messi che vediamo in tv, perché è anche giusto che ognuno di noi abbia un proprio idolo da seguire, ma io lo facevo per me, per ambire a un settore giovanile e poter rendere fieri i miei genitori. Ogni giorno mi allenavo sempre con tanta rabbia, tanta cattiveria, avevo tanta fame di vittoria, mi bastava giocare e mi importava solo di quello, nient’altro e quello fu l’anno della svolta, facemmo tutti un campionato pazzesco (regionale)!
Partivo da casa alle 7 di mattina per andare a scuola, mi portavo il panino e mangiavo durante il tragitto, perché il mister mi veniva a prendere, tornavo a casa verso le 8 di sera sfinito; tutto questo per un anno, ma io avevo voglia di spaccare il mondo, cercai di mettermi in mostra ad ogni partita, tanto in mostra, che ad ogni partita arrivavano tanti gol e le prestazioni, ovviamente erano ottime.
Ad un certo punto ci fu la chiamata da parte dell’Hellas Verona, una società che militava in serie B, io avevo 14 anni ed ero pronto a lasciare la mia casa, la mia famiglia (le due sorelle, ma anche i nonni, perché anche i miei nonni, sia paterni che materni, hanno patito insieme a me le difficoltà della vita per me sono stati e sono ancora molto importanti: una guida per la mia vita.
Ci pensai molto, giorno e notte, ma in testa, già avevo le idee chiare…pensavo già all’8 agosto, all’inizio del ritiro, in una squadra importante, in una città fantastica, una piazza che ambiva alla serie A. Sapevo che quello era un settore giovanile importante dove poteva migliorare tanto, e anche l’esperienza lontano da casa a 14 anni, avrebbe potuto insegnarmi molto anche dal punto di vista umano. Ricordo ancora le prime settimane.
I primi giorni ero a pezzi, piangevo come un neonato, perché a quell’età sentivo ancora il bisogno dei miei genitori e della mia vita, quotidiana, della mia casa e delle mie abitudini, ma mi facevo forza, mi dicevo tra me e me che potevo e dovevo farcela, mi facevo 10 docce al giorno per piangere e sfogare tutto quello che avevo dentro, ricordo le videochiamate con le mie sorelle, che per me sono molto importanti, oltre a vederle, mi rendevano tanto fragile, anche se ai miei dicevo sempre che stavo bene:
Con il tempo presi consapevolezza dei miei mezzi e della vita che ho avevo scelto di fare, tornavo a casa ogni due mesi e dopo solo 2 giorni dovevo ripartire, avevo la mia vita lì che mi aspettava, non potevo più restare fermo con le mani in mano, anche perché non l’ho mai fatto. Andai via da lì maturo, sereno e consapevole di un esperienza che mi ha insegnato molto: si da quando piangevo sino a quando maturai subito che avrei dovuto fare tutto da solo: mi stiravo i vestiti da, lavavo gli indumenti, mi dovevo svegliare non più con la voce di mia mamma, ma con la mia sveglia, andare a dormire con una buonanotte della mia famiglia tramite una videochiamata potevo vederli soltanto 13 volte in 1 anno e ovvio che tutto ciò mi fortificò sotto ogni punto di vista.
Due anni fa venne l’opportunità di andare all’ Avellino, una piazza fantastica, dove incontrai il mister Dario Rocco, una persona unica in tutto, calcisticamente, mi ha insegnato tanto, tutto quello che a Verona ancora non avevo riuscito a capire. Quello fu un anno molto importante, under 17, dove scoprii anche un mio nuovo ruolo da esterno, visto che avevo sempre fatto la punta centrale. Vista la mancata iscrizione al campionato di serie B, in estate mi trovai senza squadra.
La situazione era ancora più difficile, di prima, perché già normalmente da come avete capito lo è in sé e per sé. Ebbi la fortuna di conoscere situazione 3 persone fantastiche, più che procuratori, tre fratelli: Vincenzo, Fulvio ed Enzo, che mi hanno aiutato tanto anche dal punto di vista caratteriale, sono persone uniche. Nel frattempo continuavo ad allenarmi sempre e comunque non ho mai smesso di farlo…mai.
Successivamente ricevetti una chiamata da mister Dario, dove mi chiese di partecipare al campionato juniores con la nuova società dell’Avellino, io non ci pensai su due volte e accettai, soprattutto perché c’era una persona come lui sulla panchina. L’anno è partito alla grande, tanti gol e tante vittorie, tante soddisfazioni che mi hanno fatto crescere anche psicologicamente, poi ho avuto la fortuna di essere visionato è e aggregato alla prima squadra, allenamento dopo allenamento ho cercato di migliorare e apprendere qualcosa da persone come Sforzini che magari ho sempre visto e usato solo alla Playstation; adesso ritrovarmi a giocarci insieme è veramente bello, poi le convocazioni in campionato sono state un altro traguardo importante che ho raggiunto; vedere il Partenio Lombardi pieno di gente è un emozione unica ,adesso sono in un periodo un po’ difficile perché a breve dovrei operarmi per un problema al ginocchio, ma sicuramente ritornerò più forte di prima...sogno l’esordio in prima squadra e il primo posto con la juniores, infondo per un ragazzo come me venuto dal niente, sognare è la speranza che mi tiene in vita.
Sono un ragazzo che sa ciò che vuole, mi ricordo che da piccolo pensavo a fare danni su danni, rompevo macchine e facevo risse con altri bimbi, perché ancora non avevo capito la vita, poi le cose sono cambiate quando mia mamma mi gridava in faccia che era delusa perciò che stavo diventando. Dalle sue parole capii tanto, oggi ogni gol che faccio lo dedico ai miei genitori: a mia mamma che quando papà è a lavoro “si fa in quattro” per mandare avanti la casa e accudire le mie sorelle, e a mio padre che è sempre una guida, mi segue passo dopo passo nonostante i problemi, fa tanto male vedere le sue mani consumate dal freddo e dal tanto lavoro, fa ancora male sapere che ha avuto diversi problemi con la legge per trovare un modo per portare avanti la famiglia. Ora le cose sono diverse, ho fatto una promessa a loro, voglio guadagnare per farli vivere come meritano, perché non ci sarebbe nulla di più bello. Non mi fanno mai mancare nulla, non si comprano un paio di scarpe per comprarle a me o alle mie sorelle Ancora non guadagno, ma spero che a breve di riuscire ad avere quel minimo per aiutare a casa, ogni gol ora lo dedico a loro perché spero che un giorno Dio mi possa aiutare aiuterà a mettere punto a questa mia vita, devo tanto a loro e alla mia ragazza che si chiama Alessia, mi aiutano sempre nei momenti più brutti, un giorno spero di farcela: soprattutto per loro!!
È stato un piacere aver raccontato qualcosa di me e poter condividere “quel qualcosa di me” con i lettori.
a cura di Paolo Radi
27 01 2019
(Tutti i diritti riservati)
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