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venerdì 21 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

  

MANUEL

COVARELLI

 

 


     


 

Manuel Covarelli è giocatore di calcio, nato a Roma. Così ci si presenta:”

 

Mi chiamo Manuel Covarelli e sono nato a Roma il 27 novembre del 2001.

 

Ho iniziato all’età di 4 anni, ho giocato fino a 9 anni al Focene calcio una società vicino casa dove l’allenatore era mio papà, poi mi ha preso la Roma e ci sono rimasto per 6 anni.

 

Dopo la Roma ho avuto la possibilità di andare alla Viterbese squadra che militava in serie C.

 

Ho vinto 2 campionati: allievi nazionali e primavera, poi è arrivata la chiamata in prima squadra dove ho fatto l’esordio in coppa Italia di seria A era il quattro agosto del 2019 contro il Piacenza.

 

 Fino a dicembre sono stato in pianta stabile in prima squadra, poi sono andato in prestito alla Folgore Caratese (Carate Brianza) in serie D, ma per via del covid è finito tutto dopo nemmeno 2 mesi.

 

 

Nel 2020 ho firmato il mio primo contratto da professionista sempre con la Viterbese, ma sono andato in prestito al Flaminia in serie D dove ho fatto 30 presenze da under.

 

Nel 2021 sono andato a Rieti in serie D, ma nell’ultimo giorno di ritiro mi sono rotto la clavicola e mi sono trovato fuori rosa, quindi decisi di andare a giocare in eccellenza alla Pol. Favl Cimini, con i quali ci rimango per due anni fino a pochi giorni fa. 

 

Per la prossima stagione 2023 /2024 ritornerò a Rieti dove la società è diversa e non vedo l’ora di iniziare”.

 

 

 



 

 

Come prima domanda le voglio fare questa, lei gioca per tanti anni al Focene Calcio, e suo papà faceva l’allenatore, non dev’essere facile avere come allenatore il proprio papà, che esperienza è stata?

 

Papà per me è sempre stato il mio idolo, essere allenato da lui è stato bello e difficile allo stesso tempo. Non lo chiamavo papà, ma mister e lui non mi trattava come suo figlio, anzi ad essere sincero se c'era qualcuno da strillare aveva sempre sulla bocca il mio nome. Un pò questa cosa la soffrivo, ma poi quando giocavo ero semplicemente me stesso. Insieme a lui ho vinto tutto quello che c'era da vincere sia a livello di premi personali sia di premi di squadra per la mia categoria. Usavo solo il piede sinistro, lui mi toglieva lo scarpino per farmi usare anche il piede destro e fino a quando non calciavo non mi faceva uscire dal campo. Quindi è a lui devo tutto quello che poi ho realizzato.



 




Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

L’ho scoperto subito appena ho cominciato a camminare, avevo 9 mesi e sulla spiaggia con mia nonna cercavo di palleggiare con il super tele, poi crescendo il pallone è sempre stato il mio migliore amico, ci dormivo anche!

 






I suoi genitori, anche se suo papà era nell’ambiente calcistico hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Papà preferiva che facessi altro nella vita proprio perché lui era all’interno del mondo calcistico sin  da quando era piccolo, e perciò  sa come funzionano certe dinamiche, mamma invece è quella che mi ha supportato di più, è lei che mi ha iscritto alla scuola calcio di nascosto da papà. 

 

Lei mi ha sempre accompagnato, ha gioito e pianto con me e continua ancora a farlo. Comunque ci tengo a dirlo il diploma l’ho preso anche io.


 




Per 6 anni lei è alla Roma, qui che cosa ci può raccontare?

 

No, sono cinque anni alla Roma. Quando mi dissero che dovevo sostenere un provino a Trigoria non stavo nella pelle, io romano e romanista avrei coronato un sogno. Il provino lo feci, ma per 15 giorni, non  ricevetti  nessuna risposta. Nel frattempo si presentò la Lazio che mi volevano senza fare il provino. Io avrei preferito continuare a giocare a Focene, ma sapevo anche che era un'opportunità da cogliere al volo e così mentre stavo per andare a firmare a Formello… a mio padre squillò il telefono e dall'altra parte c'era Bruno Conti. Vi immaginate come è finita?



 




Un’esperienza importante è con la Viterbese, che tipo di esperienza è stata?

 

L’esperienza è stata bellissima, avevo 2 mister eccezionali che mi hanno affinato la tecnica e mi hanno insegnato molto. Dicevano tutti che ero bravo poi cosa sia  successo lo sanno solo loro.

 

Alla Viterbese sono arrivato che non avevo ancora 15 anni. Il mio primo mister è stato Paolo Livi una persona eccezionale un grande mister che ha contribuito a farmi diventare quello che sono oggi. Eravamo un gruppo eccezionale con lui abbiamo vinto il campionato, abbiamo fatto la storia. 

 

L ‘anno dopo con la primavera abbiamo sfiorato la vittoria sarebbe stato memorabile. Nel 2019 non so se per bravura o per fortuna mi ha notato mister Calabro e mi hanno aggregato in prima squadra. Il 4 agosto mi ha fatto esordire da titolare in Coppa Italia di serie A contro il Piacenza, avevo 17 anni il cuore mi batteva a mille, e penso di aver fatto la più bella partita si da quando io abbia cominciato a giocare. 

 

Poi per scelta societaria a gennaio sono andato alla Folgore Caratese in D. Sono arrivato lì scarico mentalmente, ero deluso non avevo più gli stimoli giusti, sentivo di aver fallito, avevo assaporato il calcio vero e poi quello che è successo poi non l’avevo e non l’ho ancora capito. So solo che andato via mister Calabro e con la nuova società le priorità furono diverse, evidentemente.

 






Lei è giovane con molta esperienza, che consiglio darebbe un ragazzino che volesse intraprendere quello che lei pratica?


Ai giovani dico di coltivare i propri sogni, di non smettere mai di lottare e di crederci sempre perché come dice sempre mia madre “fino a quando non suona la campana il round non è finito”. Un consiglio che mi sento di dare loro è di non sottovalutare mai il proprio estro, “di non tapparsi le ali”, siamo giovani ed è giusto osare e sbagliare così si impara e si fa esperienza, altrimenti i senatori in squadra che ci stanno a fare? Però dico anche a loro che se un consiglio viene dato da un giocatore con più esperienza bisogna accettarlo e farne tesoro.









All’interno della squadra lei che ruolo assume, ascolta tutti i consigli dei compagni oppure esprime anche lei la sua opinione, stimolando gli altri a fare meglio?

 

All'interno della squadra ascolto i consigli dei più grandi, ma allo stesso tempo non mi faccio mettere i piedi in testa se devo dire qualcosa la dico tranquillamente. 

 

Quest'anno che è trascorso non essendo più under ho cercato di aiutare i più piccoli anche rimproverandoli, ma ho cercato di spronarli a migliorarsi e a dare il 100%, essere under è un vantaggio, ma a volte anche uno svantaggio perché diciamo che i grandi rimproverano sempre i più piccoli, però fa parte del calcio, anche i grandi hanno fatto il loro percorso da under e quindi è giusto starli a sentire.









Lei gioca nel ruolo di? 

 

Sono nato trequartista e sicuramente è il ruolo dove mi trovo meglio. Negli anni ho ricoperto tutti i ruoli di centrocampo. C’è chi mi vede come trequartista chi come mezz'ala e chi addirittura come mediano a me basta che mi date un pallone poi qualcosa mi invento che sia un assist o una giocata l'importante è segnare. Se lo faccio io o lo faccio fare è uguale a questo gioco vince chi segna di più!



 




Si ricorda il suo goal più bello?

 

Uno ne ho fatto quest’anno me lo ricordo ancora come se fosse ieri, essendo mancino mi trovavo in una zona di campo a destra, mi sono accentrato e da 25 metri ho tirato a giro sotto al sette. Ma il mio goal più bello lo devo ancora fare e spero che sia quello che porterà la mia squadra a categorie superiori.

 






Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un mio pregio è che sono molto altruista, cerco di fare sempre la giocata per far fare il gol agli altri, il mio difetto è che mi arrabbio e a volte nel mezzo della partita, mi assento un po’ lo so che è una cosa sbagliata, piano piano con il tempo sto cercando di aggiustare questo mio difetto.

 






Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Sono cresciuto dentro Trigoria dove tutti i giorni vedevo Francesco Totti, mi incantavo a guardarlo mentre si allenava, per me lui è il calcio. L’idolo di adesso non può essere che Messi

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Famiglia e amici sono il mio ossigeno. La mia famiglia è accanto a me da sempre. Gli amici, quelli veri sono al pari della mia famiglia. Della mia famiglia fa parte anche la mia ragazza che per me è tutta la mia vita, mi dà la forza e mi fa essere felice giorno dopo giorno penso che non ci sia cosa più bella.

 






Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Un sogno che vorrei che si realizzasse nell’immediato e vorrei che per una volta la fortuna calcistica fosse dalla mia parte e  poi  vivere in felicità con la mia famiglia e la mia ragazza.

 

 

 

 

 

 

21 Luglio   2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 20 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

ANTONIO

GALA 

   






Antonio Gala è giocatore di calcio nato a Napoli (quartiere Scampia il primo marzo del 1995, così ci si presenta:

 

Come tutti ragazzi del quartiere iniziamo a giocare tra i palazzi prima di iscriverci alle scuole calcio la mia scuola calcio l’ho fatta alla Mariano Keller era un Élite in Campani. 

 

Dopo di che inizio il mio percorso professionistico faccio 2 anni a Taranto - settore giovanile- all’età di 17 anni torno in Campania vado nell’Arzanese squadra che militava nel campionato di C2. 

 

 

È stata una bellissima esperienza con i grandi anche perché ero molto giovane.  Successivamente per essere più presente sul campo essendo scendo di categoria e vado alla Mariano Keller che militava in serie D. 

 

Feci veramente bene dopo passai alla Gelbison sempre serie D dove ho fatto un anno spettacolare e ebbi anche la nascita del mio primo figlio, dopo Gelbison sono stato in C nella Casertana, sono stati due anni bellissimi, abbiamo sfiorato anche la serie B.

 

Dopo di che sono sceso di categoria andando all’Aversa Normanna serie D, successivamente ho militato in eccellenza al San Giorgio e poi all’Napoli United per poi risalire in D al Real Agro Aversa; dopo un anno e mezzo ho completato l’anno in eccellenza a Lioni.

 

 

 Adesso aspetto la chiamata giusta per continuare la mia carriera calcistica. In totale Antonio Gala ha più di 200 presenze coronate da 16 gol”.


 


 

 


Come prima domanda le voglio fare questa, dove sarà il prossimo anno e logicamente dove le piacerebbe andare?

 

Il prossimo anno e ancora tutto da decidere, spero di trovare una società seria che mi faccia stare bene. 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

L’ho scoperto da piccolissimo, i miei genitori mi hanno detto che la mia prima parola è stata: “palla” penso che sia partito tutto da quel momento.



 




I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno assecondato, anzi ti dirò di più abbiamo gioito insieme nei momenti belli e viceversa abbiamo sofferto insieme nei momenti brutti.

 

Ci può dire qualcosa dell’esperienza che lei ha vissuto a Taranto, so che per lei è rappresenta molto, è la sua città d’adozione, è così?

 

Taranto per me rappresenta un ricordo bellissimo, ho conosciuto delle persone speciali che tutt’oggi ancora ci massaggiamo, in conclusione è stata una bellissima esperienza.

 


Altre due esperienze importati alla Gebilson e alla Casertana dove avete sfiorato la B.  

 

Sì, alla Gelbison forse è stato l’anno più bello, feci 34 presenze condite da 5 gol. Alla Casertana forse ho sofferto un po’ il cambio di categoria, ho sfiorato la serie B, ma non da protagonista però anch’essa è stata una esperienza bellissima.

 






L’ultima esperienza è in eccellenza a Lioni, un bilancio di questa esperienza?

 

L’ultima esperienza è stata a Lioni. Sono arrivato andato a dicembre eravamo ultimi in classifica, il presidente prese 4/5 calciatori nel mercato di dicembre compreso me, ci siamo salvati tranquillamente arrivando al 7º posto.

 







Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Posso parlare di me, a me non attiravano  né la  fama e né i  soldi, era e sarà solo pura passione!


Lei gioca nel ruolo di? 

 

Sono un difensore centrale adattabile a terzino o terzo di difesa.

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il gol più bello…ne ho due il gol contro l’Andria del 2-2 al 90º che dedicai a mio figlio Christian, nacque infatti 2 giorni prima, e poi il secondo più bello è stato dopo l’infortunio al crociato. Alla prima partita da titolare feci gol e vincemmo la partita.

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Il mio pregio e che riesco ad adattarmi ad ogni situazione, il difetto che mi affeziono troppo alle persone, queste con il tempo   tempo ti deludono.

 






Ho intervistato un suo amico tempo fa: Mario Chianese, in che cosa siete diversi dal punto di vista calcistico?

 

Mario per me è più di un amico, è speciale e lui sa che io per lui ci sarò sempre, è un fantasista, ha la classe che pochi calciatori hanno; speriamo bene per lui.

 

Lei è nato a Scampia che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Scampia come per tutti noi nati in quartieri così rappresenta la crescita, mi spiego meglio: si cresce molto prima in questi luoghi, la vita ti insegna subito il male e il bene, ringraziando Dio parecchi con il calcio scelgono la strada giusta.

 






Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Famiglia e amici, allora, soprattutto famiglia la famiglia è tutto per me, darei la vita per la mia essa.

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

l mio sogno? Oggi come oggi ti direi la salute dei miei figli e che Dio realizzi i loro di sogni. Io li sosterrò sempre qualunque sia la strada che decidessero di intraprendere, se cadranno io sarò lì a rialzarli per continuare a sognare insieme a loro.

 

 

 Grazie

 

 

20 Luglio   2023

 

lunedì 17 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MIRKO 

MARSELLA 

 




Mirko Marsella è un ex giocatore di calcio e ora allenatore. Questa è la sua bella presentazione: 

 

“Sono Mirko Marsella e sono nato nel 1985 a Roma. Sin da piccolo ho avuto la passione del calcio. Mio padre ancora oggi mi racconta che l'unica cosa che portavo con me e con cui giocavo era una palla. Non ho mai voluto fare altri sport. Nonostante i miei genitori avessero provato a iscrivermi a nuoto o a basket volevo solo il calcio! Dopo aver frequentato la scuola calcio ho iniziato il percorso agonistico, giocando tutti i campionati regionali. Allora non era come oggi. C'erano giovanissimi, allievi e juniores, regionale o provinciale! Se eri bravo facevi i regionali sennò i provinciali. Ed io devo dire di aver fatto, con buonissimi risultati, tutti i campionati regionali dove ho ricoperto maggiormente il mio ruolo naturale "esterno di centrocampo" diventando poi un buon mediano".

 

 

Alla soglia del “salto di qualità" in prima squadra un brutto infortunio alla spalla mi ha fatto perdere un anno di calcio e probabilmente ha determinato la mia fine anticipata da ogni possibile carriera. 

 

Un intervento di gioco mi ha causato la rottura della spalla! In un anno ho subito tre interventi (di cui 2 sbagliati). L'ultimo, il più invasivo, mi ha finalmente stabilizzato la spalla, ma mi ha ridotto in parte la mobilità. 

 

 

Nulla di grave se non il fatto che l'ortopedico fu molto chiaro " puoi giocare a calcio, ma dovresti evitare brutte cadute altrimenti rischi seriamente".  Dovevo scegliere tra lo sport che più amo e la salute...prevalse la seconda (soprattutto perché ogni volta che la spalla usciva dalla sede passavo settimane con l'immobilizzazione e a lavoro cominciavo ad avere problemi).

 


Questo infortunio però se da un lato mi ha impedito di continuare a giocare dall'altro mi ha spinto a trovare nuove motivazioni. E vedendo mio padre allenare, ho capito che quel ruolo mi piaceva davvero tanto! Papà è stato ed è ancora il miglior maestro che io potessi avere. 

 

 

E vedendo lui in panchina ho appreso tantissimi principi che ancora oggi utilizzo. Non ho mai capito perché non abbia fatto carriera. Forse per la poca voglia di rischiare. 

 

 

Ma due cose mi ha trasmesso e che valgono più di tutti, la prima: l’allenatore è una passione non si fa per soldi! E l'allenatore deve divertirsi...se non ti diverti lascia stare, la seconda: l’allenatore è un uomo solo e spesso è poco considerato è sempre il primo a pagare in caso di sconfitte. Quindi bisogna portare avanti le proprie idee magari sbagliando e  sbagliando  con le proprie  convinzioni.

 

 

Dall'età di 23 anni (fine della carriera) ho provato a diventare un allenatore. Ma avendo pochissima esperienza da calciatore non riuscivo mai ad entrare nei corsi. 

 

 

Ovviamente le società a cui mi rivolgevo mi rispondevano " senza patentino non puoi allenare". Per anni sono andati a vedere partite il sabato e la domenica con il mio quaderno dove prendevo appunti! Avrò visto centinaia e centinaia di partite. 

 

 

E su quel quaderno segnavo ogni minimo dettaglio degli allenatori. Moduli, schemi, tattiche, schemi su calci piazzati, marcature cercando di capire il perché l'allenatore chiedesse certe cose! 

 

 

Poi la sera o il giorno dopo le rileggevo e vicino a penna rossa mettevo le mie considerazioni. Ho collezionato 10 quaderni pieni di appunti di partite giovanili e prime squadre!

 

 

Nel 2022 la svolta! Sono riuscito ad entrare al corso UEFA D e finalmente sono riuscito a diventare allenatore ufficialmente 

 

Poi a fine corso la Wospac Italy mi ha dato una grande opportunità. Poter fare parte dello staff tecnico che seguiva under19 e prima categoria agli allenamenti e nelle partite ho imparato davvero molto! 

 

 

Non smetterò mai di ringraziare il Presidente Angelini, il mister Dominici e il Ds Maggiulli. 

 

 

E quest'anno la società mi ha ritenuto pronto per guidare la squadra dell’under 19 che farà il campionato regionale. Un'esperienza straordinaria ma allo stesso tempo da prendere con molta attenzione.

 

 

 Perché si tratta di uomini e non bambini e perché la società si aspetta un buon risultato. Ed io non voglio deluderli alla prima esperienza. Ecco perché tra i tanti impegni di lavoro e politici ho ricominciato a studiare. Libri di tattica, esercizi e i miei quaderni con gli appunti di anni e anni di partite viste".

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa i suoi genitori hanno provato a iscriverla a basket e a nuoto, ma lei ha qualche mese ha fatto nuoto e basket oppure non ci ha provato per niente a praticarli?

 

I miei genitori hanno provato ad iscrivermi a nuoto. Ricordo che l'ho frequentato pochi mesi. Mi dicevano che ero molto bravo, ma io non me volevo sapere. Piangevo a dirotto e quindi dopo pochi mesi mi hanno tolto.

 

Lei inizia a praticare la scuola calcio e inizia il suo percorso agonistico, la scuola calcio era la scuola del suo quartiere, e il percorso agonistico con quali club?

 

Ho iniziato la scuola calcio all'Urbetevere. Poi l'attività agonista l'ho fatta in gran parte a Corviale, la squadra vicino al mio quartiere.

 

Lei riesce a diventare un buon mediano, qual è stato il segreto del suo successo?

 

Sono stato un buon mediano. Credo che la mia migliore caratteristica sia stata l'intelligenza tattica. Avevo una buona tecnica, ma nulla di grandioso. Ma in campo sapevo sempre dove mettermi e dove farmi trovare dai compagni 

 

Parliamo del salto di qualità e dell’infortunio. Un brutto momento, il sogno infranto, com’è riuscito a superare quel brutto momento, da solo oppure con l’aiuto dei genitori e degli amici?

 

L'infortunio ha cambiato le mie ambizioni e anche i miei sogni. Ma grazie all'aiuto della famiglia sono riuscito a superare tutto. E in quella fase ho cominciato ad innamorarmi del ruolo dell'allenatore. Ricordo che durante la degenza post operazione rivedevi ogni giorno tantissime partite in TV.

 

Suo papà era un allenatore, ci ha detto che non sa perché non abbia fatto il salto di qualità, se ci ripensa quale può essere il motivo?

 

Se ripenso alla carriera da allenatore di mio padre posso dire che non ha fatto carriera per due motivi: ha sempre allenato per passione, spesso accettando sfide impossibili, ma affascinanti e poi perché è sempre stato un uomo libero. Non ha mai accettato compromessi e imposizioni calate dall'alto.

 

Nel 2022 lei prende il patentino, che momento è stato?

 

Nel 2022 ho coronato un sogno. Una grande emozione. Il patentino (lo custodisco gelosamente) è stata la chiave per entrare in quel mondo che da sempre ho osservato fuori da una rete.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Per me l'allenatore deve avere personalità. Se Manca un'ottima capacità nel relazionarsi e ovviamente una preparazione adeguata non sarà mai un bravo allenatore.

 

Il suo pregio e il suo difetto (dal punto di vista calcistico)?

 

Il mio pregio penso sia la voglia di migliorarmi ogni giorno sempre di più. Il mio difetto è che sono un uomo che vive di passione. E spesso do più di quello che dovrei dare, soprattutto nei rapporti. 

 

Lei inizierà ad allenare gli under 19, un impegno importante da parte mia che tutto vada per il meglio, lei in questo momento come si sente?

 

Sono emozionato per il mio nuovo incarico. Ma anche determinato! Ho ricominciato a studiare e mi farò trovare pronto per l'inizio della preparazione, che dire se che: speriamo bene!

 

A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

L'intervista vorrei dedicarla alla mia compagna e a mio figlio che sono i miei primi sostenitori e mi supportano e sopportano in questa mia passione. Ma anche a mio padre, la mia ispirazione e a mia madre…che mi guarda da lassù, ma che sono sicuro sarà orgogliosa di me!

 

 


Grazie

 

 

18 luglio 2023

 

(Tutti i diritti riservati)