Archivio blog

domenica 16 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

GIUSEPPE

GIORDANO

 


 



 

Giuseppe Giordano gioca a calcio nel ruolo di portiere e così ci si presenta: 

 

 

“Mi chiamo Giuseppe Giordano e sono un portiere nato a Napoli il 18/7/1989 Cresco nel settore giovanile della Damiano promotion 

All’età di 17 anni mi trasferisco nel Pianura Calcio in eccellenza dove giochiamo la finale play off per approdare in D e con la juniores, riusciamo a vincere il campionato nazionale.

 

L’ anno dopo vado nel Castiglione di Sicilia dove vinciamo il campionato di eccellenza, successivamente la squadra è in serie D  e così anche l’anno successivo. 

 

Rimango in Sicilia e faccio diversi campionati in serie D: Sapri, Modica e Due Torri.

 

 Nel 2012 torno in Campania e milito in diverse realtà dell’eccellenza come: Casalnuovo, Procida, Sant’ Anastasia Calcio 1954, Neapolis e Villaliterno in promozione, successivamente una breve parentesi è nel Lazio arrivando a giocare una finale play off. 

 

Gli ultimi due anni li ho trascorsi prima nell’ A.C. Ottaviano e poi nella Real Acerrana 1926 dove siamo riusciti ad arrivare in finale di Coppa Italia”.

 

 

 


Come prima domanda le voglio fare questa come si è concluso il campionato 2022-2023 con la Real Acerrana 1926?

 

L’ultimo anno ad acerra e stato positivo da un lato perché abbiamo raggiunto un traguardo importante come la finale di Coppa Italia. 

 

 

È soddisfatto di quello che lei assieme ai suoi compagni siete riusciti a fare?

Posso dirti di no, perché in campionato non siamo riusciti a raggiungere l’obbiettivo prefissato cioè i play off quindi un po’ di rammarico è rimasto.

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sono cresciuto nei quartieri di Napoli dove per strada il calcio giocato sull’asfalto e tra le macchine era la quotidianità. 

 




 


I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Fortunatamente i miei genitori mi hanno sempre supportato in quello che facevo.

 

 

Diversi anni lei è stato in Sicilia, non le mancavano la famiglia, gli amici?

 

I primi mesi in Sicilia non sn stati facili, ovviamente mancavano gli affetti familiari gli amici, ma fortunatamente li ho trovato tante belle persone e subito mi sn ambientato.

 

 

Come si è trovato nell’ambiente calcistico siciliano?

 

I campionati in Sicilia secondo me sono molto difficili e stimolanti perché vai a scontrarti contro piazze importanti come Messina Catania Siracusa Acireale trapani e tante altre.

 

 

Come mai una breve parentesi nel Lazio, mi spiego meglio, perché breve?

 

E’ stata breve perché è durata solo un anno, poi sono ritornato in Campania per varie vicissitudini.

 

 

 




Lei ha giocato in tante squadre, si è trovato bene in tutte oppure fra le tante una le è rimasta nel cuore?

 

Diverse sono le squadre dove mi sn trovato bene, ma quella che mi è rimasta di più nel cuore è il Castiglione di Sicilia perché al di là della vittoria del campionato si formò un gruppo pazzesco fatto veramente di belle persone e che tutt’ oggi a distanza di 16 anni sento ancora con molto piacere.

 


Si è mai chiesti perché tutti provano a diventare calciatori (eppure ci sono tanti altri sport)? 

 

Forse perché è lo sport più bello del mondo e i bambini vedono i calciatori famosi come dei veri e propri idoli e cercano di imitarli; non per altro e lo sport più praticato al mondo, anche se ti dico che seguo molto di più l’NBA che il calcio.

 


Come mai ha scelto ruolo del portiere?

 

Il ruolo del portiere mi ha sempre affascinato forse perché è diverso dagli altri ruoli e le mie doti fisiche erano adatte al ruolo; diciamo che non devi essere tanto sano di mente per scegliere questo ruolo (ride!).

 

 

Si ricorda la sua parata più bella che ha realizzato?

 

Una parata che ricordo con molto piacere è un rigore parato al 90 esimo il primo anno in Sicilia che ci portò a vincere il campionato. 

 

 

Lei è nato a Napoli che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Napoli per me rappresenta tanto al di la del mare Vesuvio, ti parlo della Napoli dei vicoli, dei quartieri dove sono cresciuto, dove capisci quello che è giusto e che non è giusto, una vera e propria università della strada.

 


 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Per me la famiglia gli amici sono fondamentali nel percorso di vita perché quando hai bisogno di aiuto sono sempre lì a porgerti la mano.

 

 

A chi vuol dedicare quest’intervista? 

 

La dedico a mia moglie perché che supporta e mi sopporta da 11 anni ed è sempre lì al mio fianco a sostenermi e a condividere con me i sia i momenti positivi che quelli negativi.

 

 

 

16 Luglio   2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

venerdì 14 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

LORENZO

FIORINI

 

 


.   

 

Lorenzo Fiorini è un giocatore di calcio di Roma, e gestisce la Ulivi Village calcio a 5. Così ci si presenta. 

 

“Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni e ho fatto tutta la scuola calcio fino a 16 anni nell’ Urbetevere calcio. 

 

Sono partito all’età di 16 anni per andare a giocare nel Livorno disputando il campionato primavera per un anno e mezzo.

 

Sono poi ritornato nel Lazio disputando campionati di Serie D con la Cinthia e dopo con il Marino.  Dopo il Marino in serie D mi sono spostato in promozione ed eccellenza sul litorale romano, queste le squadre: Focene, Fregene e Fiumicino. 

 

Nel 2016/17 mi sono trasferito in serie D nel Trastevere Calcio.

 

Poi una piccola parentesi in eccellenza nel Civitavecchia Calcio, nel dicembre 2018 mi sono trasferito al Pro Roma in promozione vincendo i play off.   Nell’anno 2018/2019, sempre in promozione, vado a militare inizio con la Tivoli e poi con la Vis Sezze vincendo il campionato. 

 

 

Nel 2019/2020 mi trasferisco al Terracina, sempre in promozione, purtroppo il campionato non è stata concluso a causa del covid, però abbiamo centrato l’obbiettivo quello di salire in eccellenza avendo una buona posizione di classifica. 

 

Nel 2020/21 inizio in promozione con il Fiano Romano, purtroppo dopo 4 giornate il campionato è stato di nuovo fermato causa pandemia, successivamente mi sono trasferito in eccellenza al Casal Barriera finendo la stagione in quel club.

 

 

Nel 2021/22 ritorno in promozione con l’Aurelia antica, vincendo il campionato.

 

Nella stagione appena conclusa, 2022/23, sempre in promozione vado a Valmontone vincendo il campionato".

 

 

 


 

Come prima domanda le voglio fare questa lei gestisce la Ulivi Village calcio a 5, per chi non la conosce, ci potrebbe spiegare illustrare quale attività si fanno e da quanti anni è aperta?

 

Gli Ulivi Village è una società sportiva fondata 10 anni fa da me e da mia madre, abbiamo un circolo sportivo in gestione dove abbiamo molte attività sportive: 2 campi da calcio a 5, 3 campi da beach volley al chiuso e all’aperto, 3 campi da padel, un campo da padbol, una palestra funzionale e uno chalet dove organizziamo feste di compleanno ed eventi. All’interno di queste strutture organizziamo molteplici attività come la scuola calcio a 5, il settore agonistico calcio a 5 e prima squadra, corsi di beach volley e padel, centri estivi. Insomma un villaggio sportivo funzionale tutto l’anno.

 


Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Gioco a calcio da quando avevo 5 anni, vengo da una famiglia prevalentemente sportiva e che hanno lo sport e la competizione nel sangue. Gia da quando ero piccolo avevo le idee ben chiare, quello di giocare a calcio e nello stesso momento avviare un’attività sportiva che mi avrebbe fatto rimanere  nell’ambito sportivo e per fortuna ci sono riuscito.



 






I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Assolutamente, i miei genitori mi hanno sempre assecondato, cercando pero di inculcarmi la cultura sia dello studio, ma nello stesso momento anche inerente all’attività sportiva. Perché secondo loro lo studio e lo sport vanno di pari passo rispettando sempre delle regole per loro fondamentali:dedizione , impegno e passione e rispetto delle persone sia a scuola che a calcio. 

 


Lei a 16 anni va al Livorno, era giovanissimo, come si è trovato in quell’ambiente, si era ambientato bene? 

 

Sì, dopo aver fatto la scuola calcio e il settore agonistico nell’Urbetevere Calcio, a 16 anni mi sono trasferito a Livorno per un anno e mezzo, da solo senza genitori. 

 

L’impatto fisico e mentale all’inizio è stato un pò traumatico, il professionismo è totalmente diverso da quello dilettantistico: ritmi intensità, giorni e ore di lavoro, stile di vita. Poi una volta abituato è stato molto più facile e anche divertente. 

 

 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Più alle squadre io sono uno che lega tanto con i compagni, in tutte le squadre che ho giocato ho sempre ottimi ricordi e amicizie che si sono mantenute nel tempo e anche fuori dal campo.

 


Ha collezionato tanti successi, qual è il segreto di saper giocare così bene? 

 

Per fortuna la maggior parte delle squadre dove ho giocato avevamo spogliatoi coesi e la squadra era  importante, il successo arriva se fai gruppo e logicamente uniti per l’obbiettivo finale, se stai bene nella squadra poi si rispecchia anche nel rettangolo verde, perché riesci a esprimere sempre il massimo del tuo potenziale. 

 


Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 


Sono uno sportivo e tutti gli sport mi affascinano, principalmente seguo il basket e il tennis




Lei gioca nel ruolo di? 

 

Gioco attaccante centrale. 









Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il gol più bello è quello che deve ancora arrivare. 

 


Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un mio pregio è quello che mi metto sempre a disposizione della squadra e del mister, non pensando alla gloria personale, ma solo su quello che ha bisogno la squadra e per un’attaccante non è per niente scontato 

Un mio difetto è quello che a volte sono troppo schietto e se devo dire un qualcosa al mister, direttori o presidenti non ci penso due  volte e la dico, non pensando però alle conseguenze.

 

 

Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora? 

 

Direi una bugia se non avessi rimpianti, il mio più grande rimpianto è quello di essermene andato da Livorno dopo i tanti sacrifici che avevo fatto per stare nel club. 

 


Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Ho sempre ammirato il mio capitano Francesco Totti, giocatore in attività che ammiro per come gioca è Lautaro Martinez.

 





 


Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia è la cosa più importante, se hai una famiglia come la mia che ti supporta sempre e che ti sta vicino in tutte le fasi della vita essa ti dà quella spinta in più anche a livello sportivo. 

 

Ho una compagna fantastica che mi ha dato alla luce due figli, e ritornare a casa magari dopo un allenamento o dopo una partita distrutto e vedere lei e loro è una cosa indescrivibile. Per quel che concerne l’ amicizia ti posso dire che  per me è una cosa sacra e i miei amici li custodisco nel mio cuore come fratelli.  

 


Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Il mio sogno è quello di vincere un altro campionato e dedicare la vittoria al mio primo tifoso che mi ha accompagnato e sostenuto sempre: a  mio nonno  che è venuto a mancare poche settimane fa.

 

 

 

 

 

 

 

 14 Luglio   2023

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 13 luglio 2023

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

VINCENZO

BARONE

 


     

Vincenzo Barone è un ex giocatore di calcio ed è di Napoli, ora dirige la scuola calcio e ora dirige la scuola calcio: A.S.D Barone calcio. Queste sono le domane che gli abbiamo rivolto.


 

Come prima domanda le voglio fare questa: che cosa ci può dire della scuola calcio che lei dirige, l’A.S.D. Barone Calcio e quando è nata?

 

La ringrazio per la sua domanda inerente alla nostra realtà, la Barone Calcio è nata circa 12 anni fa subito dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, oggi sono più legato rispetto allo scorso decennio perché porta il cognome del mio papà che non c'è più, e questo mi spinge quotidianamente a provare per renderla sempre migliore.

 

 


Immagino che sia molto soddisfatto di questa sua “creatura” come sono i rapporti con i genitori, a volte si legge che sono molto invadenti e pretenziosi?

 

Il mondo genitori va aiutato a capire le dinamiche che spesso a loro sono sconosciute, come nei fanciulli risulta determinante un percorso pedagogico, anche gli adulti vanno istruiti ed indirizzati ad una cultura calcistica che in Italia quasi non esiste.  Inoltre una scuola calcio deve avere delle linee guida ben definite di cui il genitore deve fare tesoro per il bene del proprio figlio.

 

 


Che soddisfazioni le sta dando questa attività? 

 

Le soddisfazioni che può dare una scuola calcio sono molteplici e spesso arrivano abbinando lo studio scolastico con  gli impegni calcistici, nel mese di febbraio con il permesso dei genitori  personalmente ho letto  oltre 300 pagelle e risposto  in privato ad ogni famiglia peri primi risultati conseguiti. Insieme ai genitori spingo fortemente affinché si applichino allo studio, esso aiuta a migliorare la parte cognitiva, apre la mente a nuovi orizzonti ed in modo naturale si innesca un meccanismo di crescita anche dal punto di vista calcistico.

 


 

Se lei dovesse fare un bilancio di questa scuola calcio che vorrebbe dire?

 

Negli anni siamo cresciuti costantemente anno dopo anno, inizialmente mi capitava di incontrare delle persone che conoscevo e che per diversi motivi accompagnavano i propri figli lontano dai nostri quartieri per fare calcio, insieme a tutto lo staff tecnico e dirigenziale con grande professionalità abbiamo lavorato con grandissima professionalità sul territorio ed in parte siamo riusciti ad invertire questa tendenza. La Barone calcio conta circa 330 iscritti con 30 squadre totali che giocano ogni settimana per tuttala Campania. La “briciola” di soddisfazione che ho e che abbiamo  è  che oggi una parte dei nostri bambini e ragazzi ci scelgono arrivando da quartieri e paesi lontani.

 

 


Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Il calcio è stato da sempre una grande passione. Direi da sempre, visto che mio padre è stato anche lui un bravo giocatore di calcio, questa passione me l’ha trasmessa anche lui, spesso giocava con me nel cortile dove vivevamo. Nei miei primi anni lontano da casa anche al Milan non percepivo alcun stipendio, le mille rinunce fatte sono state in funzione di una passione, vivere a soli 14 anni lontano 1000 km dalla propria famiglia se riflette può essere spaventoso; pure pur sapendo che forse non sarei mai sarei stato ricompensato ho volutamente rincorso il pallone per tutta la mia vita.

 

 


A 13 anni lei lascia la sua città per andare a Milano, che cosa si ricorda appena è arrivato al Milan?

 

Ricordo che insieme che al mio allenatore mister Festa -  è scomparso due anni fa' al quale sono molto riconoscente dei suoi insegnamenti- dopo aver pranzato  in un ristorante di Milano insieme ad Ariedo Braida ed al signor Gatti, andammo nella sede del Milan che allora si trovava in via Turati, lì   firmai e pur essendo da sempre un tifoso del Napoli rimasi colpito dai tanti trofei prestigiosi presenti nelle bacheche, inoltre tantissime erano   le foto con i grandissimi campioni che il Milan aveva avuto nel suo passato.

 


Ha conosciuto tanti campioni, direi che è stata una bellissima esperienza, è così? 

 

Sì, insieme ai miei compagni abbiamo visto giocatori fenomenali, Van Basten, Rijkaard, Gullit, Baresi, Maldini, Donadoni, Savicevic, Papin e tanti altri in due occasioni, però vorrei sottolineare per pura casualità ho avuto anche la fortuna di allenarmi e giocare con loro. Insieme ad un mio ex compagno di squadra livornese Arrica, formai la coppia d'attacco con Aldo Serena insieme a Nando De Napoli contro Maldini e Baresi, un episodio ovviamente indimenticabile, sono sensazioni bellissime che ho elaborato successivamente, in quel momento essendo così giovane non me le sono godute a pieno.

 


 




Lei era giovanissimo, non sentiva la mancanza di casa - in molti mi hanno detto che sentivano tanta nostalgia che sono tornati a casa e che solo ora si sentono di aver buttato via una grossa opportunità -?

 

Certo, la vita in convitto di quel periodo era davvero difficile per chiunque, molti ragazzi decidevano di tornare dalle proprie famiglie per la tanta nostalgia di casa, non avevamo finestre ma cancellate, l'unica ora libera era al sabato dalle 17 alle 18 ed il restante del tempo era per lo studio e per gli allenamenti, per sentire un familiare c'erano 3 linee telefoniche con 400 ospiti in collegio. Per farla breve sentivo i genitori una volta a settimana e li vedevo due volte in un anno, ricordo che al mattino prima di andare a scuola ci obbligavano ad andare nella chiesa nel collegio per pregare, ho pianto molto, ma ho cercato di resistere ed oggi penso che quell'esperienza mi abbia formato e reso un uomo migliore.

 

 


A 19 anni lei ha l’opportunità di andare in Svizzera per militare in due club importanti, non posso non chiederle il perché di questa decisione, mi spiego meglio perché non ha colto quella splendida opportunità?

 

Dopo il Milan feci l'esordio in serie C con la Solbiatese una società satellite del Milan in quel periodo, l'anno successivo il primo goal nei professionisti lo feci con il Varese alla guida della prima squadra c'era Caligaris al quale debbo molto perché sono stato con lui anche a Borgosesia dove mi diede la possibilità di giocare e valorizzarmi.  Gli devo molto nella mia prima fase di crescita ed ancora oggi lo ringrazio.  Subito dopo Varese venni chiamato dal direttore chiedendomi se mi avesse fatto piacere  andare a giocare in Svizzera con il Lugano oppure al  Basilea, queste squadre  militavano una in serie A e l'altra in B. Allora in Svizzera il calcio non era conosciuto come oggi, i guadagni erano gli stessi delle serie inferiori in Italia, sbagliando non accettai di andare. Fu un errore che quasi non mi perdono, purtroppo da giovani se ne commettono tanti, anche perché nel mio caso non avevo un consigliere esperto del mondo calcistico.

 





 



Lei ha giocato in diverse squadre, e mi sembra giusto dirlo come attaccante ha realizzato 350 goal,  a quale è rimasto più   legato? 

 

Ho giocato in molte squadre ed a tutti i componenti devo un grazie, se proprio devo sceglierne una ti posso dire che non è blasonata, ma ho giocato in una società di Terniche si chiama Campitello in eccellenza, ed è proprio in quel club che ho iniziato a fare l'istruttore di scuola calcio, ho avuto modo di conoscere il prof. Francesco Palanga, mi ha dato tanto nel mio percorso, ma non solo lui, direi tutto l'ambiate del club. Ho vissuto il mondo dei bambini che non conoscevo, a Perugia, inoltre ho conseguito il patentino Uefa B di allenatore. Mi sento ancora oggi legato all'ambiente ternano perché ho imparato moltissimo di quanto svolgo oggi nel mio quotidiano.

 

 


Qual è l’insegnamento più importante che ha avuto stando lontano da casa per tanti anni? 

 

Nel mio caso sono state infinite le cose apprese. 

 

Immagini il cambio radicale ho conseguito la terza media a Milano e ho frequentato parte delle scuole superiori a Varese, inevitabile le influenze caratteriali dovute a dei modi completamenti diversi di vivere.  Se devo dirle l'insegnamento più forte che ho ricevuto e che mi accompagna come esempio per tutti i giorni è stato quello che ho avuto in pochi mesi da due miei compagni di squadra: Walter Frezza allora capitano della squadra che aveva perso il suo papà e Filippo Bordoni difensore centrale di quasi due metri che perse la moglie poco più che trentenne con una bimba piccolissima.  Ricordo che entrambi a distanza di un giorno erano nel gruppo e stimolavano i compagni ad allenarsi bene.  È stata la lezione più grande che potessi apprendere, scindere il dolore immenso che portavano dentro ed il senso del dovere, mi fecero capire che il loro esempio fu elemento trascinante per tutta la squadra nel fare un campionato strepitoso; è stata una lezione di vita che porterò con me, sempre!

 

 


Il fatto di aver conosciuto allenatori e direttori così importanti, come lei cita nella presentazione, in che modo l’hanno fatta crescere?

 

Dietro a ogni professionista c'è una persona, un carattere con la sua storia, può sembrare una frase fatta, ma le assicuro che è quanto penso, ognuno di loro mi ha lasciato un qualcosa, sono stati meravigliosi ed anche il mister più severo mi ha migliorato. Certamente nel mio cuore porto gli uomini ed i valori che mi hanno trasmesso, Caligaris, come dicevo, ha determinato il primo percorso e c'era solo da imparare da lui, oltre ad essere un  insegnante era un sergente di ferro, ma anche simpaticissimo in alcuni momenti di goliardia.  Senza di lui non ci sarebbe stato per un inizio nel calcio che contava, in Schenardi rivedevo in lui il calciatore che era stato, non avevamo bisogno di parlare ci incrociavamo con lo sguardo ed ero carico per giocare dieci gare di seguito, Bucciarelli, il maestro, mi ha insegnato il rapporto con i bambini il modo di lavorare e l'approccio sentimentale.


 Il mister Favilla per me è stato un anticipatore dei tempi una persona semplice, dotato di un’intelligenza pazzesca e molto molto umano.

Il mister pensava che fossi un grande calciatore, solo che io al suo cospetto non mi sentivo nessuno, perché oltre che ad essere un professore di scuola, era una persona molto colta (aveva il patentino Uefa A) e quando si trascorre tanto tempo mi sono accorto della sua grandezza, ripeto avendo un gran bagaglio di conoscenze era di una grande semplicità, e mi faceva sentire al centro della sua vita e nello stesso tempo dava importanza alla tua.  




Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

I ragazzi seguono i social oggi come non mai, le auto, i soldi le belle donne sono elementi di attrazione per tutti, il calciatore viene visto anche in questo modo, ma non bisogna dimenticare che bisogna studiare e capire che il calcio con il loro privilegi è un mondo per pochi, un ragazzo che ha tutto il diritto di sognare ad per di diventare quanto lui desidera, ma dico che bisogna restare sempre con i piedi ben saldi per terra.

 

Di fondo credo che si giochi a calcio sempre inseguendo una passione è lei che ti spinge anche al sacrificio, se poi si raggiunge l’obiettivo i privilegi prima elencati, ovviamente, sono elementi inevitabilmente di una attrazione fortissima.

 




 


Lei è nato a Barra, un quartiere di Napoli, che cosa rappresenta questo luogo per lei?

 

Barra rappresenta il posto dove sono nato e cresciuto fino a 13 anni fa' parte di una parte di Napoli dove ancora non tutto funziona come nel resto della città e volutamente ho scelto di tornare a vivere dove sono nato, avrei potuto scegliere di vivere al Vomero, a Portici nei quartieri più agiati della Napoli bene.

 

 Invece è qui che posso mettere a disposizione le cose che ho imparato in questi anni, qui ci sono i miei bambini rivedo in loro me stesso molti anni prima anche se in alcuni momenti dell'anno il calcio assume una valenza minore.  Le persone che sto per citare si sono occupate e si occupano di cose più delicate, quello che conta e che resta lo stesso fine.

 

Falcone e Borsellino come Maresca e Gratteri e tanti altri potevano accettare incarichi in cittadine tranquille del nord Italia ed invece hanno scelto di restare e migliorare le loro città, io non sono nessuno al loro cospetto, meno che zero in tutto, ma ho lo stesso spirito aiutare i bambini della mia città non tutti hanno tutto ed io nel mio piccolo cerco di essere vicino a loro con una parola di conforto, tutto questo per dargli la possibilità di fare sport e non esporli a dei rischi che possono arrivare dalla strada. Insomma con grande umiltà molte cose si fanno in silenzio e mi inorgoglisce non abbandonarli e mi spiace spesso ritrovarmi troppo solo e non poter fare di più.

 

 


Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia è per tutti fondamentale, sono il primo di 4 figli e lavorava soltanto il mio papà operaio dell'Eni, oggi ho una famiglia mia: Anna mia moglie  con due bambini Mario di 13 anni e Claudia di 6. Ho gli amici di sempre anche quelli dell'asilo ed altri acquisiti nel tempo, cerco di vivere con persone che antepongono i sentimenti agli interessi e questa è una sensazione che mi accompagna ora e che non vorrei mai perdere.

 


 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Visto che me lo chiede, il mio sogno è irrealizzabile purtroppo, vorrei andare indietro nel tempo rimediare ai tanti  errori fatti, avere una forza economica diversa per realizzare delle attività per  i ragazzi del mio quartiere, dare a tutti le stesse opportunità creare dei momenti di aggregazione extra scolastici e calcistici, mostrargli che esistono opportunità  anche in un gioco in scatola il quale  ti apre un mondo, leggere dei libri che facciano sognare renderli persone migliori e per alcuni non vorrei  abbandonarli in un destino a volte troppo in salita per chiunque: questo è quanto non mi perdono; senza i miei sbagli adolescenziali avrei reso oggi molte cose migliori per la mia gente.

 

 Grazie 





13 07 2023

(Tutti i diritti riservati)