SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
VINCENZO
BARONE
Vincenzo Barone è un ex giocatore di calcio ed è di Napoli, ora dirige la scuola calcio e ora dirige la scuola calcio: A.S.D Barone calcio. Queste sono le domane che gli abbiamo rivolto.
Come prima domanda le voglio fare questa: che cosa ci può dire della scuola calcio che lei dirige, l’A.S.D. Barone Calcio e quando è nata?
La ringrazio per la sua domanda inerente alla nostra realtà, la Barone Calcio è nata circa 12 anni fa subito dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, oggi sono più legato rispetto allo scorso decennio perché porta il cognome del mio papà che non c'è più, e questo mi spinge quotidianamente a provare per renderla sempre migliore.
Immagino che sia molto soddisfatto di questa sua “creatura” come sono i rapporti con i genitori, a volte si legge che sono molto invadenti e pretenziosi?
Il mondo genitori va aiutato a capire le dinamiche che spesso a loro sono sconosciute, come nei fanciulli risulta determinante un percorso pedagogico, anche gli adulti vanno istruiti ed indirizzati ad una cultura calcistica che in Italia quasi non esiste. Inoltre una scuola calcio deve avere delle linee guida ben definite di cui il genitore deve fare tesoro per il bene del proprio figlio.
Che soddisfazioni le sta dando questa attività?
Le soddisfazioni che può dare una scuola calcio sono molteplici e spesso arrivano abbinando lo studio scolastico con gli impegni calcistici, nel mese di febbraio con il permesso dei genitori personalmente ho letto oltre 300 pagelle e risposto in privato ad ogni famiglia peri primi risultati conseguiti. Insieme ai genitori spingo fortemente affinché si applichino allo studio, esso aiuta a migliorare la parte cognitiva, apre la mente a nuovi orizzonti ed in modo naturale si innesca un meccanismo di crescita anche dal punto di vista calcistico.
Se lei dovesse fare un bilancio di questa scuola calcio che vorrebbe dire?
Negli anni siamo cresciuti costantemente anno dopo anno, inizialmente mi capitava di incontrare delle persone che conoscevo e che per diversi motivi accompagnavano i propri figli lontano dai nostri quartieri per fare calcio, insieme a tutto lo staff tecnico e dirigenziale con grande professionalità abbiamo lavorato con grandissima professionalità sul territorio ed in parte siamo riusciti ad invertire questa tendenza. La Barone calcio conta circa 330 iscritti con 30 squadre totali che giocano ogni settimana per tuttala Campania. La “briciola” di soddisfazione che ho e che abbiamo è che oggi una parte dei nostri bambini e ragazzi ci scelgono arrivando da quartieri e paesi lontani.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Il calcio è stato da sempre una grande passione. Direi da sempre, visto che mio padre è stato anche lui un bravo giocatore di calcio, questa passione me l’ha trasmessa anche lui, spesso giocava con me nel cortile dove vivevamo. Nei miei primi anni lontano da casa anche al Milan non percepivo alcun stipendio, le mille rinunce fatte sono state in funzione di una passione, vivere a soli 14 anni lontano 1000 km dalla propria famiglia se riflette può essere spaventoso; pure pur sapendo che forse non sarei mai sarei stato ricompensato ho volutamente rincorso il pallone per tutta la mia vita.
A 13 anni lei lascia la sua città per andare a Milano, che cosa si ricorda appena è arrivato al Milan?
Ricordo che insieme che al mio allenatore mister Festa - è scomparso due anni fa' al quale sono molto riconoscente dei suoi insegnamenti- dopo aver pranzato in un ristorante di Milano insieme ad Ariedo Braida ed al signor Gatti, andammo nella sede del Milan che allora si trovava in via Turati, lì firmai e pur essendo da sempre un tifoso del Napoli rimasi colpito dai tanti trofei prestigiosi presenti nelle bacheche, inoltre tantissime erano le foto con i grandissimi campioni che il Milan aveva avuto nel suo passato.
Ha conosciuto tanti campioni, direi che è stata una bellissima esperienza, è così?
Sì, insieme ai miei compagni abbiamo visto giocatori fenomenali, Van Basten, Rijkaard, Gullit, Baresi, Maldini, Donadoni, Savicevic, Papin e tanti altri in due occasioni, però vorrei sottolineare per pura casualità ho avuto anche la fortuna di allenarmi e giocare con loro. Insieme ad un mio ex compagno di squadra livornese Arrica, formai la coppia d'attacco con Aldo Serena insieme a Nando De Napoli contro Maldini e Baresi, un episodio ovviamente indimenticabile, sono sensazioni bellissime che ho elaborato successivamente, in quel momento essendo così giovane non me le sono godute a pieno.
Lei era giovanissimo, non sentiva la mancanza di casa - in molti mi hanno detto che sentivano tanta nostalgia che sono tornati a casa e che solo ora si sentono di aver buttato via una grossa opportunità -?
Certo, la vita in convitto di quel periodo era davvero difficile per chiunque, molti ragazzi decidevano di tornare dalle proprie famiglie per la tanta nostalgia di casa, non avevamo finestre ma cancellate, l'unica ora libera era al sabato dalle 17 alle 18 ed il restante del tempo era per lo studio e per gli allenamenti, per sentire un familiare c'erano 3 linee telefoniche con 400 ospiti in collegio. Per farla breve sentivo i genitori una volta a settimana e li vedevo due volte in un anno, ricordo che al mattino prima di andare a scuola ci obbligavano ad andare nella chiesa nel collegio per pregare, ho pianto molto, ma ho cercato di resistere ed oggi penso che quell'esperienza mi abbia formato e reso un uomo migliore.
A 19 anni lei ha l’opportunità di andare in Svizzera per militare in due club importanti, non posso non chiederle il perché di questa decisione, mi spiego meglio perché non ha colto quella splendida opportunità?
Dopo il Milan feci l'esordio in serie C con la Solbiatese una società satellite del Milan in quel periodo, l'anno successivo il primo goal nei professionisti lo feci con il Varese alla guida della prima squadra c'era Caligaris al quale debbo molto perché sono stato con lui anche a Borgosesia dove mi diede la possibilità di giocare e valorizzarmi. Gli devo molto nella mia prima fase di crescita ed ancora oggi lo ringrazio. Subito dopo Varese venni chiamato dal direttore chiedendomi se mi avesse fatto piacere andare a giocare in Svizzera con il Lugano oppure al Basilea, queste squadre militavano una in serie A e l'altra in B. Allora in Svizzera il calcio non era conosciuto come oggi, i guadagni erano gli stessi delle serie inferiori in Italia, sbagliando non accettai di andare. Fu un errore che quasi non mi perdono, purtroppo da giovani se ne commettono tanti, anche perché nel mio caso non avevo un consigliere esperto del mondo calcistico.
Lei ha giocato in diverse squadre, e mi sembra giusto dirlo come attaccante ha realizzato 350 goal, a quale è rimasto più legato?
Ho giocato in molte squadre ed a tutti i componenti devo un grazie, se proprio devo sceglierne una ti posso dire che non è blasonata, ma ho giocato in una società di Terniche si chiama Campitello in eccellenza, ed è proprio in quel club che ho iniziato a fare l'istruttore di scuola calcio, ho avuto modo di conoscere il prof. Francesco Palanga, mi ha dato tanto nel mio percorso, ma non solo lui, direi tutto l'ambiate del club. Ho vissuto il mondo dei bambini che non conoscevo, a Perugia, inoltre ho conseguito il patentino Uefa B di allenatore. Mi sento ancora oggi legato all'ambiente ternano perché ho imparato moltissimo di quanto svolgo oggi nel mio quotidiano.
Qual è l’insegnamento più importante che ha avuto stando lontano da casa per tanti anni?
Nel mio caso sono state infinite le cose apprese.
Immagini il cambio radicale ho conseguito la terza media a Milano e ho frequentato parte delle scuole superiori a Varese, inevitabile le influenze caratteriali dovute a dei modi completamenti diversi di vivere. Se devo dirle l'insegnamento più forte che ho ricevuto e che mi accompagna come esempio per tutti i giorni è stato quello che ho avuto in pochi mesi da due miei compagni di squadra: Walter Frezza allora capitano della squadra che aveva perso il suo papà e Filippo Bordoni difensore centrale di quasi due metri che perse la moglie poco più che trentenne con una bimba piccolissima. Ricordo che entrambi a distanza di un giorno erano nel gruppo e stimolavano i compagni ad allenarsi bene. È stata la lezione più grande che potessi apprendere, scindere il dolore immenso che portavano dentro ed il senso del dovere, mi fecero capire che il loro esempio fu elemento trascinante per tutta la squadra nel fare un campionato strepitoso; è stata una lezione di vita che porterò con me, sempre!
Il fatto di aver conosciuto allenatori e direttori così importanti, come lei cita nella presentazione, in che modo l’hanno fatta crescere?
Dietro a ogni professionista c'è una persona, un carattere con la sua storia, può sembrare una frase fatta, ma le assicuro che è quanto penso, ognuno di loro mi ha lasciato un qualcosa, sono stati meravigliosi ed anche il mister più severo mi ha migliorato. Certamente nel mio cuore porto gli uomini ed i valori che mi hanno trasmesso, Caligaris, come dicevo, ha determinato il primo percorso e c'era solo da imparare da lui, oltre ad essere un insegnante era un sergente di ferro, ma anche simpaticissimo in alcuni momenti di goliardia. Senza di lui non ci sarebbe stato per un inizio nel calcio che contava, in Schenardi rivedevo in lui il calciatore che era stato, non avevamo bisogno di parlare ci incrociavamo con lo sguardo ed ero carico per giocare dieci gare di seguito, Bucciarelli, il maestro, mi ha insegnato il rapporto con i bambini il modo di lavorare e l'approccio sentimentale.
Il mister Favilla per me è stato un anticipatore dei tempi una persona semplice, dotato di un’intelligenza pazzesca e molto molto umano.
Il mister pensava che fossi un grande calciatore, solo che io al suo cospetto non mi sentivo nessuno, perché oltre che ad essere un professore di scuola, era una persona molto colta (aveva il patentino Uefa A) e quando si trascorre tanto tempo mi sono accorto della sua grandezza, ripeto avendo un gran bagaglio di conoscenze era di una grande semplicità, e mi faceva sentire al centro della sua vita e nello stesso tempo dava importanza alla tua.
Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi?
I ragazzi seguono i social oggi come non mai, le auto, i soldi le belle donne sono elementi di attrazione per tutti, il calciatore viene visto anche in questo modo, ma non bisogna dimenticare che bisogna studiare e capire che il calcio con il loro privilegi è un mondo per pochi, un ragazzo che ha tutto il diritto di sognare ad per di diventare quanto lui desidera, ma dico che bisogna restare sempre con i piedi ben saldi per terra.
Di fondo credo che si giochi a calcio sempre inseguendo una passione è lei che ti spinge anche al sacrificio, se poi si raggiunge l’obiettivo i privilegi prima elencati, ovviamente, sono elementi inevitabilmente di una attrazione fortissima.
Lei è nato a Barra, un quartiere di Napoli, che cosa rappresenta questo luogo per lei?
Barra rappresenta il posto dove sono nato e cresciuto fino a 13 anni fa' parte di una parte di Napoli dove ancora non tutto funziona come nel resto della città e volutamente ho scelto di tornare a vivere dove sono nato, avrei potuto scegliere di vivere al Vomero, a Portici nei quartieri più agiati della Napoli bene.
Invece è qui che posso mettere a disposizione le cose che ho imparato in questi anni, qui ci sono i miei bambini rivedo in loro me stesso molti anni prima anche se in alcuni momenti dell'anno il calcio assume una valenza minore. Le persone che sto per citare si sono occupate e si occupano di cose più delicate, quello che conta e che resta lo stesso fine.
Falcone e Borsellino come Maresca e Gratteri e tanti altri potevano accettare incarichi in cittadine tranquille del nord Italia ed invece hanno scelto di restare e migliorare le loro città, io non sono nessuno al loro cospetto, meno che zero in tutto, ma ho lo stesso spirito aiutare i bambini della mia città non tutti hanno tutto ed io nel mio piccolo cerco di essere vicino a loro con una parola di conforto, tutto questo per dargli la possibilità di fare sport e non esporli a dei rischi che possono arrivare dalla strada. Insomma con grande umiltà molte cose si fanno in silenzio e mi inorgoglisce non abbandonarli e mi spiace spesso ritrovarmi troppo solo e non poter fare di più.
Famiglia e amici quanto sono importanti per lei?
La famiglia è per tutti fondamentale, sono il primo di 4 figli e lavorava soltanto il mio papà operaio dell'Eni, oggi ho una famiglia mia: Anna mia moglie con due bambini Mario di 13 anni e Claudia di 6. Ho gli amici di sempre anche quelli dell'asilo ed altri acquisiti nel tempo, cerco di vivere con persone che antepongono i sentimenti agli interessi e questa è una sensazione che mi accompagna ora e che non vorrei mai perdere.
Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato?
Visto che me lo chiede, il mio sogno è irrealizzabile purtroppo, vorrei andare indietro nel tempo rimediare ai tanti errori fatti, avere una forza economica diversa per realizzare delle attività per i ragazzi del mio quartiere, dare a tutti le stesse opportunità creare dei momenti di aggregazione extra scolastici e calcistici, mostrargli che esistono opportunità anche in un gioco in scatola il quale ti apre un mondo, leggere dei libri che facciano sognare renderli persone migliori e per alcuni non vorrei abbandonarli in un destino a volte troppo in salita per chiunque: questo è quanto non mi perdono; senza i miei sbagli adolescenziali avrei reso oggi molte cose migliori per la mia gente.
Grazie
13 07 2023
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