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sabato 31 agosto 2019



A CURA DI PAOLO RADI 






 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 



  MATTEO 
 PERCONTI   













Matteo Perconti è nato a Roma il 2 maggio del 1988, al momento gioca a futsal in serie C1, come hobby si allena a Crossfit e fa pesi.
La sua vera passione è lo sci, pur praticandolo a livello amatoriale è un ottimo sciatore, l’anno scorso si è qualificato al Mondiale dilettanti di sci (audiquattroskicup), e ci dice lui “per un romano non è poco” ha vinto la tappa italiana di Madonna di Campiglio, e si è piazzato al settimo posto al mondiale di Kitzbuehl (categoria dilettanti).
Prima del futsal ha giocato a calcio nella societa di suo padre, la Vigor Perconti, una delle più importanti e vincenti a livello dilettantistico giovanile d’Italia.  
La società dal 2005 è situata presso il Vigor Sporting Center dove sino a pochi anni fa era il responsabile marketing commerciale, sono presenti piscine, palestre crossfit. Successivamente ha svolto e aperto assieme al fratello varie attività: centro di fisioterapia, fisioaniene, è stato anche titolare di   un famoso ristorante di Sushi (kuro club) ora chiuso per motivi organizzativi, inoltre è socio della Concessionaria Perconti auto e tramite una società Rmt Spa vende sia   online che all’ingrosso prodotti di elettronica 

Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.




    La prima domanda è la seguente: quando ha scoperto che lo sci sarebbe stata la sua più grande passione?

Da subito è stato subito amore. Credo di aver messo gli sci appena compiuti i 2 anni e ovviamente a malapena mi reggevo in piedi. Purtroppo essendo nato e cresciuto a Roma non ne ho potuto fare una professione ma solo un hobby.







   Non che sia nulla di strano, ma mi sarei aspettato un’altra risposta: calcio, basket, pallavolo, tennis, dico bene? 

Mio padre è presidente della Vigor Perconti (Calcio), una delle società dilettantistiche più importanti d’Italia, quindi sì... ovviamente per il calcio e calcio a 5 ho una grande passione, ma le emozioni che provo quando sono sugli sci non hanno eguali.











L’anno scorso lei si è qualificato al campionato mondiale di sci dilettantistico, un ottimo risultato, e non ha pensato: forse da ragazzo se avessi intrapreso questo sport a livello professionistico sarei potuto arrivare in alto? 

Certo, ogni anno della mia vita ci penso ed è forse il mio più grande rimpianto a livello sportivo. Ormai è tardi, almeno per puntare a qualcosa di professionistico.












Lei si è piazzato al settimo posto al mondiale di Kitzbuehl (categoria dilettanti). Dove ha disputato questo mondiale e in poche parole quali sono le regole di questo sport? 

Come già anticipato da lei a Kitzbuhel in Austria, le regole sono semplici, c’è un tracciato e vince chi riesce a farlo senza saltare le porte nel minor tempo possibile, in questo caso era a doppia manche. Per qualificarmi ho dovuto vincere la tappa italiana di Madonna di Campiglio 











Lei all’inizio ha giocato nella società di suo padre la Vigor Perconti, non si è mai sentito un privilegiato rispetto agli altri suoi compagni?

Piuttosto era il contrario, anche perché la gente è cattiva, mio padre non mi ha mai privilegiato, né ordinato a nessun mister di farmi giocare, però quando, come spesso capita, il mister mi faceva giocare durante l’anno e sbagliavo partita , subito sentivo la classica battuta “gioca solo perché è il figlio del presidente”, tanto che alla fine dei 16 anni ho preferito smettere e darmi al calcio a 5 dove mi sono tolto belle soddisfazioni. 






  




Al momento lei gioca a futsal in serie C1, come hai lasciato la società di suo padre per questo nuovo sport? 

Non l’ho lasciata, ho creato il settore di calcio a 5 sempre della Vigor Perconti, poi a causa di un lungo infortunio per 3 anni non ho giocato e l’anno scorso ho ricominciato, ma sono ripartito da una C2, una squadra di amici per riprendere il ritmo partita. Quest’anno sarò di nuovo un tesserato Vigor. 










Possiamo dire che lo sport sia la sua vita, anche perché abbiamo saputo che come hobby si allena a Crossfit e fa pesi, le pongo questa domanda, un attimo di tempo libero lo trova (ovviamente è una banale osservazione)? 

Il mio tempo libero lo investo nello sport e nel migliorare me stesso, poi ovviamente, ogni tanto mi concedo qualche cena o un’uscita tra amici o con la mia ragazza.  Così posso staccare un attimo anche dalla dieta che seguo abbastanza rigidamente 










Lo sport è salute, che cosa consiglia a tutte quelle persone, un po’ in sovrappeso che vorrebbero provare a.… ma che dopo 10 giorni rinunciano a, non solo non andare in palestra, ma anche a camminare? 

Consiglio a chiunque un po’ di sport, oltre che per un benessere fisico fa bene anche sotto l’aspetto mentale. Non deve per forza diventare una malattia o uno scopo di vita, ma penso sia essenziale per chiunque un minimo di sport. 










Quello che penso io è: lo sport è fatica e solo fatica, un pensiero sbagliato immagino, giusto?  

Lo Sport è anche fatica, come però può essere faticoso lavorare studiare o qualsiasi altra cosa, non per questo significa che sia una cosa da evitare. E comunque è una fatica che spesso ti porta a grandi soddisfazioni e ti aiuta a mettere alla prova te stesso. Penso sia fondamentale nella vita aver fatto sport di competizione, vincere, perdere impegnarsi per raggiungere un obiettivo è la nostra quotidianità e metterlo in pratica anche nello sport ti aiuta a crescere; chi non ha mai provato uno sport di competizione sicuramente si è perso qualcosa di davvero importante. Sono fondamentali le gioie che può darti, ma soprattutto le delusioni, saper perdere e saper reagire 










Con suo fratello lei ha aperto un centro di fisioterapia, possiamo sapere com’è organizzato questo centro, in poche parole che cosa offrite e di che cosa soffrono i vostri clienti?   

Serviamo servizi appunto fisioterapici dalla tecar, alle onde d’urto, massaggi e quant’altro, il tutto seguito da personale professionale ed esperto nel settore. 











    Una giornata senza fare nessuna attività sportiva è una giornata persa, oppure non bisogna farne un dramma se ci sono alcuni giorni dove non si ha voglia di fare nulla? 

No, non è una giornata persa, spesso il fisico ha bisogno di riposo, è fondamentale anche quello.


   
Un suo pregio? 

Sono molto bravo con i numeri, ho una mente matematica e logica da far invidia a chiunque. E poi sono testardo, se mi metto in testa una cosa la faccio, per me essere determinati è un pregio.










Un suo difetto?

A volte sono troppo buono e spesso le persone scambiano la bontà per l’essere sempre fessi, così cercano di approfittarsene, poi ho sicuramente altri 1000 difetti, ma non sta a me dire quali siano.


  Sogno nel cassetto? 

      A livello sportivo come ho già detto il treno è passato. Per il resto spero di realizzarmi nella vita lavorativa e vivere una vita felice, vicino alle persone che amo, se possibile godendo di ottima salute.










Ultima domanda, le possiamo chiedere per quale squadra tifa? 

Per la Roma anche se negli ultimi anni la mia passione per questa squadra è scesa al rispetto al passato. Ora non rinuncio più a passare una bella giornata per ogni singola partita di campionato, se ho qualcosa di meglio da fare posso fare a meno di vedere Roma-Lecce, tanto per essere chiari.





a cura di Paolo Radi   











31       08   2019 
(Tutti i diritti riservati)  


















domenica 25 agosto 2019




   
PAOLO RADI PRESENTA    








 CONVERSAZIONE
     

     
 CON 


MIMMO
 CHIRICO











Mimmo Chirico, è nato a Taranto nel 1979, nel 1996 dopo aver militato nel   Taranto esordisce con il Massafra (provincia di Taranto) successivamente è nella Primavera del Cagliari e poi nel Bari, in serie D, girone H con le seguenti squadre: Rutigliano, Ostuni, Cerignola, Entella Chiavari, Ostuni, Trani, Villacidrese per due stagioni (Cagliari), nell’eccellenza di Altamura, nel 2005 subisce un grave infortunio al ginocchio destro, giocando di nuovo con la Villacidrese.

 Non si dà per vinto, dopo 5 interventi gioca con il Trani, e successivamente    con il Tricarico (eccellenza lucana), ma subisce un altro infortunio, questa volta al ginocchio sinistro: è la fine della sua attività agonistica.  


E’ stato anche direttore sportivo in eccellenza all'Hellas Taranto “una esperienza bellissima e indimenticabile per 3 anni dal 2014 ,al 2017” ci ha spiegato.


  Ora vive con sua moglie e i suoi tre figli ad Altamura dove gestisce un’azienda di servizi “Casa costo-zero”.

  
   Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.







    Signor Mimmo Chirico, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

       Nella mia famiglia sin da piccolo si parlava di sport, arti marziali e calcio, sono i due sport che ho praticato, ma il calcio è stato il percorso più bello, passione, amore e vita.









Lei ha giocato in diverse squadre, le possiamo chiedere in quale si è trovato meglio e perché? 

Beh direi Altamura, alla fine mi ha regalato la mia famiglia, per me una seconda città, ma ho vissuto gli anni di Ostuni, Trani e Villacidro in modo stupendo, tifoserie e cittadini fantastici, dove porto un gran bel ricordo e ancora oggi ho amici. 








 Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione? 

Ma non saprei, la verità è che sin da piccolo sognavo di essere un calciatore professionista, ma la realtà è stata un'altra e l'ho affrontata con serenità perché ero consapevole dei miei mezzi, poi il calcio mia ha dato la possibilità di aprirmi al mondo del lavoro e davanti all’infortunio non mi sono mai dato sconfitto, ho sempre lottato e la mia abilità è stata quella di non arrendersi mai.









Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per lei invece cosa rappresenta?

Per i ragazzi di oggi credo che i media e la tecnologia li abbia dato alla testa, troppa TV e smartphone e poca strada, troppo poca esperienza; si cerca di imitare un giocatore della Playstation, ma non si da valore ai propri mezzi e questa è anche colpa di genitori ed educatori di scuole calcio: non di tutti, ma molti lo fanno solo per interesse economico...
Per me è stata una opportunità prima per passione e dopo è diventato un lavoro, ma fatto con passione e amore, come ho detto prima, il guadagno è una conseguenza di ciò che vuoi realizzare e fare.











Prima ci raccontava che uno dei suoi più grandi sbagli è stato quello di non avere firmato per una squadra del cagliaritano, ci potrebbe spiegare meglio perché si sarebbe trattato di un errore?

Nella nostra chiacchierata ho espresso il rammarico di non aver proseguito l’esperienza da giovane nella primavera del Cagliari che mi era stata data, c’erano giocatori come Enzo Maresca, Melis, Carlet e altri che hanno militato in serie A, B, C, all’estero e un signor allenatore come Salvori; errori giovanili che anche mio padre non mi perdonò facilmente e credo fortemente ancora che quello sarebbe stato il mio treno verso il professionismo, è stata un’esperienza breve ma intensa. 










Che ha rapporto ha avuto con le varie tifoserie delle squadre in cui ha militato?  In generale non trova eccessivo che certe tifoserie possano condizionare la scelta di far comprare ad esempio determinati giocatori al posto di altri? 

Ho avuto un ottimo rapporto con tutte le mie tifoserie, anzi come ho detto prima ancora oggi ho il piacere di sentire e vedere capi ultra o tifosi e ricordare gli anni passati insieme. 
Non credo che i tifosi abbiano la facoltà di condizionare una società, è giusto che diano il loro parere visto che pagano il biglietto, giustamente la critica deve servire anche a questo, ma le società che si fanno condizionare falliscono. 









Nel 2005 lei subisce un grave infortunio al ginocchio destro, le dicono che non potrà più giocare a calcio, ma lei rifiuta questo verdetto e decide di farsi operare per ben 5 volte. Come ha vissuto quei momenti e chi le ha dato coraggio per andare avanti?

Ancora oggi ricordo il giorno di quel maledetto infortunio e il verdetto del primario della clinica a l'Aquila: fu orrendo da accettare, ma non volevo arrendermi, non potevo lasciare il calcio troppo giovane e gli anni dal 2001 al 2005 erano gli anni della crescita professionale ero più maturo e avevo acquisito più esperienza. Non mi arresi e mi affidai al dottor Zanasi che mi propose un trapianto di cartilagine e una osteotomia alla tibia, non avevo esperienza e decisi di procedere con gli interventi che ahimè diedero scarsi risultati, infatti correvo male e avevo dolori. Insomma non ero più io, ci provai, ma alla fine ruppi anche il ginocchio sx nel 2007 a causa di un dislivello tra le due gambe che mi era stato creato dagli interventi, così e decisi di lasciare il calcio giocato.









Lei è nato a Taranto, quartiere Paolo Sesto, se non mi sbaglio, non è che per caso era guardato con diffidenza quando diceva la sua provenienza nelle squadre in cui ha militato, un giocatore che ho intervistato di Napoli, Quartieri Spagnoli, mi raccontava che ogni volta che cambiava squadra subiva diversi pregiudizi legati sia alla sua città, ma soprattutto al Quartiere di residenza. Anche per lei è stato così? 

No no assolutamente… diciamo che i quartierispagnoli vengono più pubblicizzati dalla tv ed è motivo di parlare male, ma i ragazzi e la gente dei quartieri di tutta Italia è uguale, c’è gente brava e gente meno brava. 











Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Mi ha insegnato a vivere da solo, ad essere più responsabile e a diventare uomo… grazie anche all'aiuto dei miei genitori che mi hanno lasciato andar via di casa molto giovane. Mi ha tolto il sogno di fare il mestiere più bello che possa esistere, ma porto solo ricordi stupendi: amici, città, tifoserie, viaggi e famiglia. 

In poche parole… football is Life 











Ultima domanda: tratto principale del suo carattere? 

Umile e gioioso 





Grazie   



a cura di Paolo Radi   





25     08    2019  
(Tutti i diritti riservati)  

giovedì 22 agosto 2019



PAOLO RADI PRESENTA    









UNA COVERSAZIONE 


CON  


DARIO 

CANELLI










   Dario Canelli di Caserta è un giovane allenatore di 29 anni molto conosciuto in Campania, a 21 anni era già istruttore CONI FIGC, adesso ha il patentino UEFA B. Sino a dicembre era l’allenatore dell’A.S.D. Inoltre è stato allenatore del settore giovanile della Casertana
    Virtus Goti, categoria Juniores Regionali U19.  Noi gli abbiamo rivolto le nostre 10 domande. 






Mister, da quanti anni lavori nel mondo del settore giovanile? 

Una passione che è nata già all'età di 19 anni, giocavo, e allo stesso tempo già collaboravo nelle scuole calcio, quindi, posso dire che sono passati già più di 10 anni. 








Per diventare un ottimo allenatore, oltre allo studio e alle varie abilitazioni, è importante aver giocato calcio?

No, non è detto che chi abbia giocato a calcio o addirittura ad alti livelli, debba essere per forza un grande allenatore. I vari Sacchi, Zeman e Sarri, sono gli esempi più lampanti. Certo che può trarre dei vantaggi se hai vissuto negli spogliatoi, per una serie di motivi, ma con tante idee, tanto cervello e una buona gavetta, puoi diventarlo anche senza aver giocato. 









Tu pensi che tutto il movimento giovanile italiano, sia allo sbando? 

Purtroppo sì, perché anche questa estate, lo dico senza peli sulla lingua, ho visto i soliti film, chi allena gratis, chi si auto finanzia e chi porta tanto altro. Ti garantisco, che i bravi istruttori e bravi allenatori, lavorano per essere pagati, perché svolgono bene il proprio lavoro, senza compressi ma mettendo competenza e professionalità, ma in Italia sono pochi a volere questo. 








 In Italia, secondo te, ci possono essere margini di miglioramento?  

Certo che si può migliorare, però bisogna prima migliorare le strutture, per poi aggiungere una buona organizzazione fatta con meritocrazia. Non ci dimentichiamo che in Italia vantiamo di una grande scuola allenatori come quella di Coverciano, se facciamo lavorare le persone giuste, non siamo secondi a nessuno, in passato tutti ci hanno studiato.









Ti ispiri a qualche allenatore? 

Beh, il mio sogno è sempre stato Zeman, perché oltre aver portato tante idee, e un allenatore che ha portato un grande esempio etico, lo stimo e lo ammiro, persone come lui fanno bene al calcio" 









L'allenatore più forte attualmente? 

Posso dirti Guardiola, perché trasforma le sue squadre in un vero e proprio spettacolo, tatticamente è un fenomeno, ma la cosa è soggettiva, ci vuole anche tanta fortuna, infatti, per me un grande allenatore è De Zerbi, per idee e gestione, lo vedo simile a Guardiola, gli manca solo un’opportunità e un pizzico di fortuna. 










Cosa diresti ai tanti giovani che ispirano a diventare dei calciatori professionisti? 

 Non posso nascondere quanto sia difficile entrare nel mondo del calcio, ma bisogna crederci, fare tanti sacrifici, superare mille ostacoli, bisogna provarci senza mai mollare. Non devono smettere di sognare, di guardare in faccia alla realtà ma di lottare, chi non lotta ha già perso. 






 Parliamo di te, dove allenerai quest'anno? 

 Domanda da un milione di dollari. Al momento sono fermo, ho avuto diverse proposte in Campania, ma nessuna grande opportunità, niente di stimolante, a malincuore dico, che si fa fatica se ci sono poche società che  lavorano   con  un certo criterio, però penso prima di tutto al lavoro, poi se esce qualche buona proposta in una società seria e che pensi alla crescita dei giovani, mi metto subito in gioco, scuola calcio o settore giovanile che sia.








Mister, cosa cerchi di trasmettere?

 La serietà e il rispetto delle regole e la prima cosa, credo sempre prima negli uomini, poi a tutto il resto, mi reputo una persona leale e corretta, che con tanta umiltà, si aggiorna e prova sempre a migliorarsi per il bene di questo sport.







a cura di Paolo Radi   





22     08    2019 
(Tutti i diritti riservati)