PAOLO RADI PRESENTA
CONVERSAZIONE
CON
MIMMO
CHIRICO
Mimmo Chirico, è nato a Taranto nel 1979, nel 1996 dopo aver militato nel Taranto esordisce con il Massafra (provincia di Taranto) successivamente è nella Primavera del Cagliari e poi nel Bari, in serie D, girone H con le seguenti squadre: Rutigliano, Ostuni, Cerignola, Entella Chiavari, Ostuni, Trani, Villacidrese per due stagioni (Cagliari), nell’eccellenza di Altamura, nel 2005 subisce un grave infortunio al ginocchio destro, giocando di nuovo con la Villacidrese.
Non si dà per vinto, dopo 5 interventi gioca con il Trani, e successivamente con il Tricarico (eccellenza lucana), ma subisce un altro infortunio, questa volta al ginocchio sinistro: è la fine della sua attività agonistica.
E’ stato anche direttore sportivo in eccellenza all'Hellas Taranto “una esperienza bellissima e indimenticabile per 3 anni dal 2014 ,al 2017” ci ha spiegato.
Ora vive con sua moglie e i suoi tre figli ad Altamura dove gestisce un’azienda di servizi “Casa costo-zero”.
Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.
Signor Mimmo Chirico, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Nella mia famiglia sin da piccolo si parlava di sport, arti marziali e calcio, sono i due sport che ho praticato, ma il calcio è stato il percorso più bello, passione, amore e vita.
Lei ha giocato in diverse squadre, le possiamo chiedere in quale si è trovato meglio e perché?
Beh direi Altamura, alla fine mi ha regalato la mia famiglia, per me una seconda città, ma ho vissuto gli anni di Ostuni, Trani e Villacidro in modo stupendo, tifoserie e cittadini fantastici, dove porto un gran bel ricordo e ancora oggi ho amici.
Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione?
Ma non saprei, la verità è che sin da piccolo sognavo di essere un calciatore professionista, ma la realtà è stata un'altra e l'ho affrontata con serenità perché ero consapevole dei miei mezzi, poi il calcio mia ha dato la possibilità di aprirmi al mondo del lavoro e davanti all’infortunio non mi sono mai dato sconfitto, ho sempre lottato e la mia abilità è stata quella di non arrendersi mai.
Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per lei invece cosa rappresenta?
Per i ragazzi di oggi credo che i media e la tecnologia li abbia dato alla testa, troppa TV e smartphone e poca strada, troppo poca esperienza; si cerca di imitare un giocatore della Playstation, ma non si da valore ai propri mezzi e questa è anche colpa di genitori ed educatori di scuole calcio: non di tutti, ma molti lo fanno solo per interesse economico...
Per me è stata una opportunità prima per passione e dopo è diventato un lavoro, ma fatto con passione e amore, come ho detto prima, il guadagno è una conseguenza di ciò che vuoi realizzare e fare.
Prima ci raccontava che uno dei suoi più grandi sbagli è stato quello di non avere firmato per una squadra del cagliaritano, ci potrebbe spiegare meglio perché si sarebbe trattato di un errore?
Nella nostra chiacchierata ho espresso il rammarico di non aver proseguito l’esperienza da giovane nella primavera del Cagliari che mi era stata data, c’erano giocatori come Enzo Maresca, Melis, Carlet e altri che hanno militato in serie A, B, C, all’estero e un signor allenatore come Salvori; errori giovanili che anche mio padre non mi perdonò facilmente e credo fortemente ancora che quello sarebbe stato il mio treno verso il professionismo, è stata un’esperienza breve ma intensa.
Che ha rapporto ha avuto con le varie tifoserie delle squadre in cui ha militato? In generale non trova eccessivo che certe tifoserie possano condizionare la scelta di far comprare ad esempio determinati giocatori al posto di altri?
Ho avuto un ottimo rapporto con tutte le mie tifoserie, anzi come ho detto prima ancora oggi ho il piacere di sentire e vedere capi ultra o tifosi e ricordare gli anni passati insieme.
Non credo che i tifosi abbiano la facoltà di condizionare una società, è giusto che diano il loro parere visto che pagano il biglietto, giustamente la critica deve servire anche a questo, ma le società che si fanno condizionare falliscono.
Nel 2005 lei subisce un grave infortunio al ginocchio destro, le dicono che non potrà più giocare a calcio, ma lei rifiuta questo verdetto e decide di farsi operare per ben 5 volte. Come ha vissuto quei momenti e chi le ha dato coraggio per andare avanti?
Ancora oggi ricordo il giorno di quel maledetto infortunio e il verdetto del primario della clinica a l'Aquila: fu orrendo da accettare, ma non volevo arrendermi, non potevo lasciare il calcio troppo giovane e gli anni dal 2001 al 2005 erano gli anni della crescita professionale ero più maturo e avevo acquisito più esperienza. Non mi arresi e mi affidai al dottor Zanasi che mi propose un trapianto di cartilagine e una osteotomia alla tibia, non avevo esperienza e decisi di procedere con gli interventi che ahimè diedero scarsi risultati, infatti correvo male e avevo dolori. Insomma non ero più io, ci provai, ma alla fine ruppi anche il ginocchio sx nel 2007 a causa di un dislivello tra le due gambe che mi era stato creato dagli interventi, così e decisi di lasciare il calcio giocato.
Lei è nato a Taranto, quartiere Paolo Sesto, se non mi sbaglio, non è che per caso era guardato con diffidenza quando diceva la sua provenienza nelle squadre in cui ha militato, un giocatore che ho intervistato di Napoli, Quartieri Spagnoli, mi raccontava che ogni volta che cambiava squadra subiva diversi pregiudizi legati sia alla sua città, ma soprattutto al Quartiere di residenza. Anche per lei è stato così?
No no assolutamente… diciamo che i quartierispagnoli vengono più pubblicizzati dalla tv ed è motivo di parlare male, ma i ragazzi e la gente dei quartieri di tutta Italia è uguale, c’è gente brava e gente meno brava.
Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto?
Mi ha insegnato a vivere da solo, ad essere più responsabile e a diventare uomo… grazie anche all'aiuto dei miei genitori che mi hanno lasciato andar via di casa molto giovane. Mi ha tolto il sogno di fare il mestiere più bello che possa esistere, ma porto solo ricordi stupendi: amici, città, tifoserie, viaggi e famiglia.
In poche parole… football is Life
Ultima domanda: tratto principale del suo carattere?
Umile e gioioso
Grazie
a cura di Paolo Radi
25 08 2019
(Tutti i diritti riservati)
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