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sabato 25 maggio 2019

A cura di Paolo Radi





10 DOMANDE 


A  


GIOACCHINO CAVALIERE 

GIOACCHINO CAVALIERE 


GIOACCHINO CAVALIERE 


GIOACCHINO CAVALIERE 





Gioacchino Cavaliere (Sorrento) , classe 1981, ruolo: portiere, da 6 anni sino a 13 anni ha militato nella scuola calcio Spes di Battipaglia.  Poi a 14 anni si è trasferito all’Ascoli calcio dove “svolgo tutta la trafila del settore giovanile” per poi arrivare in prima squadra. Successivamente è stato: nel Rieti serie D, Ascoli C1, Chievo Verona Serie A, Lucchese C1, Varese C1 e in tante altre squadre, l’ultima è il Formia serie D. E’ stato anche portiere della nazionale italiana   ad Ascoli in serie C1, nel Chievo Verona quando era in serie B, l’allenatore era Roberto Boninsegna.

Da quattro anni allena i giovani giocatori che ambiscono al ruolo di portiere; ha allenato l’Ebolitana che era in serie D, ora milita nel Santa Maria di Castellabate, una piccola stupenda realtà, è lì che è stato girato Benvenuti al Sud. Da quattro anni ha lanciato un marchio # guanti da portiere professionale, dove si occupa in prima persona dello sviluppo e della commercializzazione, molti portieri professionisti, ci dice con orgoglio: “usano i nostri articoli”: 










La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Ti dirò, la passione c’era sin da piccolo, inoltre sono andato a scuola sin da sei anni, la passione è diventata un lavoro, questa è stata una cosa molto bella, perché ti senti pienamente soddisfatto!




La sua famiglia come ha accolto la sua decisione di diventare giocatore professionista? A volte i genitori dicono: “ma pensa a studiare” è così? 

La mia famiglia, voleva che andassi a scuola e che mi divertissi, poi quando ho avuto la possibilità di andare nella squadra dei professionisti, settore giovanile, sono stato in un collegio, così potevo studiare giocare.  Certo è difficile studiare e giocare, e non sai nemmeno se diventerai un professionista in futuro.  Conciliare il gioco con lo studio presenta delle difficoltà.





Quanto ha maturato la consapevolezza di diventare: portiere? 

  Diciamo che inizialmente giocavo avanti; quando frequentavo la scuola calcio, lontano 1993, giocavamo in un campetto di erba naturale e visto che non c’era nessuno da mettere in porta decisi di andarci io. Mi resi conto che mi piaceva quel ruolo e decisi così di diventare un portiere professionista.









Si ricorda la sua parata più bella? 

Me ne ricordo diverse, forse quella con la Viterbese in serie C, la parata avvenne quando noi eravamo sull’uno a zero.  Fu una stagione meravigliosa, e quella parata è stata determinante, per la vittoria finale, siamo anche andati in un programma di Italia 1: “sfide”.





  Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Il calcio mi ha dato la possibilità di formarsi come persona, poi nell’arco degli anni ho avuto la possibilità di conoscere nuove persone e nuove città.  Mi ha tolto nella fase giovanile gli affetti, mi ha tolto le amicizie e le prime uscite con gli amici, è ovvio che questi sacrifici mi hanno permesso di realizzarmi in questo sport.

Sono soddisfatto, è più quello che mi ha dato rispetto a quello che mi ha tolto, le varie esperienze le porto con grande felicità, certamente le esperienze negative, ci sono state; ma mi ha dato tanto.








   Lei ha militato in tanti club, a quale è rimasto più legato e ovviamente perché? 

Ho girato tanti club professionisti, ma il club del cuore è l’Ascoli, esordito in serie C, poi l’Ascoli mi ha venduto in serie A al Chievo Verona.  Sono molto legato, e quando ho la possibilità ci vado, sempre, ho tanti amici, la città mi ricorda il passato, il vissuto da ragazzino, e chissà mai un giorno spero di poter ritornare nella veste di qualche altro ruolo: mi farebbe più che piacere!









Si dice spesso che il “portiere gioca da solo” ci potrebbe spiegare meglio questo concetto? 

Il portiere è il ruolo più bello e più difficile, devi avere la capacità di parare, e di giocare con i piedi, le difficoltà sono tante, non puoi permetterti di sbagliare, devi avere un carattere forte, inoltre devi trasmettere sicurezza al reparto difensivo.





La principale dote che deve avere un portiere? 

Le doti sono: carattere e personalità, e poi per militare nelle categorie importanti devi avere ottime qualità tecniche specifiche per quel ruolo: riassumendo: personalità, carattere, e tecnica specifica.




   Un suo pregio e un suo difetto? 

  Sono una persona seria, onesta e buona, chi mi ha conosciuto mi hanno detto sempre questo, i difetti, ne ho tanti: preferisco non dirteli e tenermeli per me!







Come ultima domanda, chi in questo momento il portiere capace di salvare una partita? 

Il portiere più forte è quello del Napoli: Alex Meret, tramette tranquillità alla squadra e ha carattere; senza dubbio Alex Meret.

  








Grazie   

a cura di Paolo Radi   





25      05    2019 
(Tutti i diritti riservati)  





















sabato 18 maggio 2019

PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 


A  

YURI BACOLI 


YURI BACOLI 


YURI BACOLI 


YURI BACOLI 

YURI BACOLI 













Yuri Bacoli è nato  a Latina e ha 27 anni.  Ha 14 anni smette di giocare a calcio per iniziare a praticare il Futsal ( Il calcio a 5 è un sport di squadra  che ha avuto origine in Uruguay , dove è tradizionalmente conosciuto come fútbol de salón (e colloquialmente fútbol sala). Sono 12 anni che gioca in maniera continuativa, e quest’anno ha chiuso la stagione con il Ciampino Anni Nuovi. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande. 











La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Fin dai primi anni di vita. Ho foto di me da piccolissimo già con il pallone tra i piedi. Qualsiasi fosse la mia attività c’era sempre un pallone tra i piedi.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Seguo spesso il basket, mi appassiona per le dinamiche simili a quelle del mio sport, ma non l’ho mai provato.








 Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per  vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. 
Perché tutti provano a diventare calciatori?

Purtroppo al giorno d’oggi quello che conta è l’apparire e lo sviluppo dei social network sicuramente  ha sicuramente  agevolato ciò. Penso sia normale che quel tipo di vita “surreale” possa affascinare molti.
  



   Lei a un certo punto, a 14 anni, abbandona, mi permetta  questa espressione il calcio tradizionale per passare al Futsal, come mai questa decisione se posso chiedere?

È nato tutto per gioco; dopo un provino (l’ennesimo) in cui da più piccolo in campo mi resi protagonisti di una bellissima prestazione, non venni richiamato una seconda volta, a differenza di altri ragazzi che avevano toccato il pallone si e no tre volte. 

Ci rimasi tanto male tanto da non volerne sapere più niente. Fu lì che un amico mi consiglio di andare a provare con una squadra di calcio a 5 giusto per non smettere del tutto.











Come si è trovato all’inizio, anche perché sicuramente avrà giocato con compagni di squadra più grandi di lei? 


Mi ha divertito moltissimo, anche perché come stile di gioco si avvicinava tantissimo alle mie caratteristiche. Me ne sono innamorato subito e nel giro di due, tre mesi mi sono ritrovato aggregato alla prima squadra in un campionato di serie A2.





Che cos’ha significato per lei aver lasciato Latina da giovanissimo per andare a giocare fuori dalla sua regione? 


Non è stato affatto facile, soprattutto per il modo e le tempistiche in cui è avvenuto il tutto; ero in Slovenia con la nazionale u21 ed una sera il ds della società dove giocavo in serie B mi fece questa battuta “Ti vuole la Luparense” (la società più importante d’Italia, la più titolata). Eravamo nella finestra di mercato di dicembre e i trasferimenti si sarebbero chiusi 3-4 giorni dopo. Il pomeriggio successivo mi raggiunse un dirigente storico della Luparense purtroppo venuto a mancare qualche tempo fa, una persona splendida, che mi fece firmare il trasferimento direttamente in Slovenia lì in albergo.

 In neanche una giornata avevamo definito tutto, probabilmente neanche avevo realizzato cosa fosse successo davvero. Comunque è stata l’esperienza più importante della mia vita e tante volte mi sono pentito di essere voluto andare via da lì.










 Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Il calcio mi ha dato tutto, mi ha insegnato soprattutto le regole della vita, quelle di un contesto di gruppo, quello che difficilmente i giovani di oggi hanno. L’unico piccolo rimpianto è quello di avermi fatto bruciare un poco  le tappe e di essermi perso in parte il rapporto di gruppo che si ha con i propri coetanei (avendo giocato sempre con gli adulti fin da quando avevo 15 anni). 




Qual è il club che ricorda con maggior piacere? 

Sono due, il primo il gruppo under 21 del Latina di 10 anni fa; una squadra per prima cosa potenzialmente “spaziale” sotto il punto di vista tecnico tattico e fisico, con tutti ragazzi di Latina (veramente però: “non come si dice adesso”), tutti amici e con uno staff tecnico da serie A. E il secondo il Lido di Ostia con cui abbiamo vinto la serie B due anni fa, una squadra con un gruppo di una solidità unica e con ragazzi dai valori enormi con cui ho mantenuto tutt’oggi una grossa amicizia











Un suo pregio e un difetto? 

Il mio pregio più grande la correttezza nei rapporti umani. Il difetto, in virtù di quanto detto prima, portare troppo rancore,  dunque per ma vale il detto: “ meglio prevenire che curare”.










 Sogno nel cassetto? 
Diventare un grande allenatore di calcio a 5, allenare un top club Italiano, ma anche uno estero.


   






Grazie   

a cura di Paolo Radi   





18      05    2019 
(Tutti i diritti riservati)  

venerdì 10 maggio 2019



PAOLO RADI PRESENTA    










10 DOMANDE 


A  

SPARTACO MARSICANO 





Spartaco Marsicano ha 22 anni ed è di Napoli, ha giocato per un  anno nello Scalea calcio (unico girone di eccellenza in Calabria), un anno nel Procida, eccellenza campana, e un anno nell’Ischia calcio( settore giovanile-allievi nazionali)    poi dopo aver firmato con il Gragnano (serie D, Campania)  ha dovuto abbandonare la squadra per problemi personali, ora milita nell’U S Agri calcio (Salerno, eccellenza, girone B), noi gli abbiamo rivolto alcune domande.








La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Ho scoperto che il calcio sarebbe stato la mia più grande passione da quando ho iniziato a dare i primi calci in strada con i miei amici d'infanzia, ma senza regole e senza nient’altro, solo con la mente libera di sognare.  E specialmente vedendo mio fratello maggiore giocare.





Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Mi sarebbe piaciuto praticare il tennis, uno sport individuale che dimostra la tua vera forza "in singolo", comunque il calcio non lo farei a cambio con nessun altro sport.









Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Per te cosa rappresenta questo sport? 

Logicamente da bambino l’ho sempre visto come un punto di svolta della mia vita, da bambini si sogna di arrivare più in alto possibile per avere popolarità e soldi, ma poi ti rendi conto che questo sport è bello specialmente in queste piccole categorie perché ti offre l’opportunità di conoscere tante nuove persone dalle quali si costruisce, poi, un forte legame.



Sei stato qualche anno nello Scalea calcio in Calabria, che tipo di esperienza è stata

È stata una annata da non dimenticare che porterò nel mio bagaglio calcistico, forse è li proprio dove sono maturato come calciatore. 








Il tuo goal finora più bello?

È stato proprio nello Scalea il mio primo gol in eccellenza.







Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto? 

Il calcio mi ha dato tanto nella vita mi ha fatto maturare come persone e nei comportamenti umani, mi ha tolto forse l’opportunità di studiare pensando che il calcio sarebbe stato il mio futuro.









Squadra italiana in cui le piacerebbe giocare? 

Logicamente il Napoli: giocare per la mia città e per la gente come me!





Un suo pregio? 

 Tanta corsa e la prima cosa aiutare il mio compagno.








Un suo difetto? 

Cercare molto spesso la rissa.




Che cosa rappresenta per lei la città di Napoli? 

Napoli vieni molto spesso criticata per cose che accadono ugualmente in ogni città, i media “fanno di tutta L’erba un fascio” ma non è così, da tutte le parti ci sono i buoni e i cattivi. Veniamo giudicati, ma poi chi viene a Napoli e conosce la realtà e si rendono conto dei sacrifici che si fanno per vivere ed andare avanti (questo perché siamo abbandonati da tutti) capiscono che noi napoletani abbiamo un cuore grande; e ti dico che Napoli non la farei a cambio con nessuna altra città al mondo... SONO FIERO DI ESSERE NAPOLETANO!







Grazie   

a cura di Paolo Radi   





10     05    2019 
(Tutti i diritti riservati)