PAOLO RADI PRESENTA
10 DOMANDE
A
LUIGI AGNELLI
Luigi Agnelli, (oltre a essere un Personal Trainer e socio dello studio di Medical e Personal training di Foggia e Lucera “MYO”) ha 35 anni, è nato a Foggia e allena il Manfredonia Calcio 1932. Vanta un importante esperienza nel Foggia Calcio, dove dal 2011 ha allenato la Berretti e le Under 15 e 17 nazionali. Suo fratello Cristian è Capitano del Foggia).
La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?
In casa noi siamo cresciuti con pane e pallone, perché ogni giorno e ogni giornata da piccolini lo passavamo sotto casa dove abbiamo uno spiazzale per poter giocare a calcio, io e mio fratello ci allenavamo assieme, tutto era indirizzato sul calcio, anche perché era il modo per passare del tempo, nella oltre ad avere in casa un terrazzo molto grande che ci permetteva di fare delle sfide a calcio-tennis.
Questa attività sportiva ci ha permesso di conoscere tante persone, abbiamo sempre lavorato su questa grande passione, grazie mia madre siamo andati in una scuola calcio dove abbiamo continuato a coltivare le nostre passioni, il tempo e anche le qualità tecniche ha permesso a mio fratello di continuare la sua carriera come calciatore e a me di darmi un altro tipo di alternativa, mi ha permesso di verificare quali erano le altre mie passioni tra cui quelle di giocare in porta, e ho giocato sino a 22 anni.
Poi ho lasciato il mondo giocato per passare a quello arbitrale (due anni) infine mi hanno dato la possibilità di iniziare ad allenare una scuola calcio e da lì è iniziata la mia passione per fare l’allenatore e così sono arrivato al Manfredonia e spero di non fermarmi oggi. Questo perché vorrei continuare ad arrivare a obiettivi molto, ma molto più grandi.
Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione?
Sinceramente non lo so, perché calciatori lo si è da piccoli, poi si emula i grandi sportivi che ci sono in televisione, come tu ben sai i neuroni specchio che sono presenti nel nostro corpo tendono ad imitare qualcosa che ha una grande risonanza mediatica. In conclusione se la televisione ci propone la televisione un qualcosa che stimola la nostra attenzione, pensiamo ai calciatori che fanno pubblicità è normale tendere a imitare il nostro idolo.
Perché tutti pensano a diventare calciatori e pochi a diventare allenatori?
Perché l’allenatore è un’attività che non viene fatta da piccolini, ma la si impara dopo tanto tempo, non a caso bisogna avere almeno 25 anni per iniziare a fare il corso da allenatore Uefa B.
Suo fratello …Agnelli gioca in serie B. Che rapporti avete, mi spiego meglio, c’è competizione oppure ognuno ammira le qualità che possiede l’altro?
Con mio fratello non c’è stata nessun tipo di competizione, siamo due persone che vedono il calcio alla stessa maniera, anche perché siamo cresciuti da piccolini insieme, poi lui a 16 anni è dovuto andare via per giocare in squadre professionistiche come il lecce, che quell’anno fece la serie A.
Quindi paradossalmente fra noi c’è tanto confronto, uno per la mia crescita e due perché lui l’ha vissuto da calciatore, ed è ovvio che il calcio che pensiamo noi è diverso da quello che è il calcio che si vede in tante categorie perché è basato su alcuni concetti base: di lavoro con la palla, del fatto che la preparazione atletica non esiste, del dominio del campo, di come muoversi per creare delle linee di passaggio per il compagno, inoltre la preparazione tecnica nel calcio non esiste, voglio concludere dicendo che noi diamo la possibilità di lavorare su giocatori “ pensanti” che abbiano la possibilità di utilizzare la propria mente e di adattarsi a quelle che sono le partite o i giocatori avversari che sono in campo, quindi un adattarsi a quello che è un avversario per poi andare a fare gol.
Questo fondamentalmente è il nostro pensiero. Ribadisco il concetto espresso inizialmente: non c’è competizione, giustamente entrambi ammiriamo l’uno e l’altro, per un semplice motivo, lui continua a giocare e vive il calcio alla maniera che ho indicato sopra, e io cerco di mettere in pratica gli stessi concetti di gioco. Poi domani chi lo sa, forse lavoreremo insieme, come allenatori, non si sa; la vita è strana.
Un aggettivo per descrivere sé stesso?
Un aggettivo che mi descrive? Ambizioso, si sono ambizioso che vuole arrivare al top, in ambito lavorativo, in quello calcistico, insomma voglio essere il migliore in tutto quello che faccio.
Squadra estera che le piacerebbe allenare?
Il Chelsea, il City, sono il top dei club, ma il Barcellona, il Real Madrid sono squadre che apprezzo le amo anche perché nel Barcellona, e in tutta la Spagna ci si prepara come la penso io
Chi è secondo lei il migliore allenatore fra questi tre nomi: Josè Mourinho, Massimiliano Allegri e Josep Guardiola?
Io adoro il calcio di Guardiola, amo il calcio di Sarri,
La sua maggior qualità?
È una domanda difficile, secondo me è la determinazione nell’ottenere quello che mi prefisso, quindi cerco di arrivarci in qualsiasi modo
…e il suo peggior difetto?
…è l’essere permaloso, sì sono permaloso, ma con il tempo l’ho migliorato, oggi se me la prendo, tengo dentro di me quello che mi dicono. Cerco di gestire questo difetto in maniera diversa, “prima mi lasciavo andare”, tutto questo, però, fa parte della crescita personale di ogni persona cercare di cambiare.
Ultima domanda: meglio 30 scudetti, una coppa dei campioni?
Senti, se dovessi parlare in maniera egoistica io preferisco 30 scudetti, perché con questa cifra si ha la possibilità di rimanere nella memoria della squadra come allenatore vincente, poi la coppia dei campioni arriva, se vinci 30 scudetti…la coppa arriva, questo è poco, ma sicuro.
Grazie
a cura di Paolo Radi
19 11 2018
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