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venerdì 1 maggio 2015

VENERDI’   01.05. 2015





L’UOMO POLITICO
DEVE

E
S
S
S
E
R
E
FORTE COME IL LEONE

E FURBO COME LA VOLPE

ALTRIMENTI

PERICLITA

IN BREVE IL SENSO DI UNA PROPOSIZIONE DI

MACHIAVELLI…

martedì 21 aprile 2015

MARTEDI’   21 APRILE   2015



OGNI TRAGEDIA E’

BANALE
PERCHE’ IL MALE E’

BANALE

PERCHE’

L’UOMO COMMETTE

AZIONI

BANALI OGNI GIORNO

OGNI

G
I
O
R
N
O

CONDOGLIANZE


BANALI





lunedì 20 aprile 2015

LUNEDI’  21 APRILE   2015



PESARO: 15 APRILE 2015

LIBRERIA IL CATALOGO

PAOLO RADI

PRESENTA


LO STORICO

VALENTINO

BALDACCI






giovedì 9 aprile 2015

GIOVEDI’ 09.04.2015


SI RI-PARLA DELLA SOMALIA


Conversazione con il
Generale  Francesco Mastrorosa


Il  Generale  Francesco MASTROROSA è nato a Bari, ha frequentato i corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena. Dopo avere espletato i periodi di comando nei gradi di tenente e capitano presso le Truppe Alpine, ha prestato servizio presso lo Stato Maggiore dell’Esercito come Capo Sezione.  Dal 1994 al 1997 ha prestato servizio in Belgio presso il Quartier Generale della NATO come Staff Officer. Dal 1997 al 1999 ha comandato il Signal Group della NATO (FTASE/5° ATAF) a Verona. Ha partecipato alle seguenti missioni internazionali:
  "UNOSOM 2" in Somalia da agosto a novembre 1993 
  “ALLIED HARBOUR" in Albania da maggio ad agosto 1999 come Signal Battalion Commander. 
Da Colonnello ha comandato il 44° Reggimento “Penne” dal 2006 al 2009 e dal 2009 al 2012 è stato Direttore del NATO Modelling & Simulation Centre of Excellence 




Generale  ultimamente si ritorna a parlare della Somalia,  Chi l’ha visto ha riproposto due settimane fa il caso di Ilaria Alpi, a distanza di ventuno anni dalla fine della Missione, qual’ è il suo primo ricordo inerente alla Missione Ibis? 


Mi vengono alla mente le modalità relative alla mia partenza avvenuta nell’agosto del 93, in circostanza particolare. Ero in vacanza in Puglia con la mia famiglia quando il 12 di agosto fui contattato dalla locale Stazione dei Carabinieri la quale mi notificava l’ordine dello Stato Maggiore di partire immediatamente a seguito della Brigata Legnano. All’epoca era già avvenuto l’agguato al Check Point Pasta dove gli italiani avevano avuto 3 caduti e numerosi feriti. Le notizie relative alla guerra civile in Somalia ormai venivano diffuse su tutti gli organi di stampa. Pertanto, anche in famiglia non è stato facile affrontare un evento di così grosso impatto emotivo. La prima immagine che mi torna alla mente è ciò che riuscivo a vedere dal finestrino dell’aereo in fase di avvicinamento a Mogadiscio. Un mondo assai lontano da quello che avevo conosciuto fino al quel momento. Mi interrogavo sul come avrei dovuto operare in quel contesto così difficile, molto evidente persino dall’aereo. I miei dubbi erano diventati certezze dopo solo poche ore.


Quando è arrivato in Somalia e qual era il suo compito? 


Rivestivo il grado di Capitano e il mio incarico era quello di Ufficiale di collegamento nella Missione UNOSOM 2 (ONU) a Mogadiscio. Il mio team era costituito da 4 Ufficiali, 3 dei quali arrivati in loco nei giorni successivi. Abbiamo affiancato il team della Folgore (in uscita) per circa tre settimane prima di assumere l’incarico. In sostanza eravamo l’interfaccia operativa tra il Comando ONU e il contingente italiano.




Le posso chiedere come  sono stati i suoi rapporti con gli uomini della Brigata Folgore


Durante il periodo di affiancamento direi che il “buon viso e cattivo gioco” si è rivelata la strategia vincente per non risultare “non gradito”, e conseguentemente, da rispedire in Patria. L’atteggiamento “un po’ supponente” da parte della Folgore era consolidato. Ricordo che quando il capo team ha scoperto che ero delle Trasmissioni ha commentato disgustato: <<Neanche di Fanteria…….!!>>. In poche parole era difficile risultare alla loro altezza. Infatti gli altri 3 del team al quale appartenevo furono rispediti in Italia dopo meno di una settimana dal loro arrivo a Mogadiscio, proprio perché giudicati subito non idonei dal team della Folgore. Sono arrivati altri 3 Ufficiali per rimpiazzare quelli rispediti in Patria, ma per fortuna a Folgore già rientrata.



Ritornando a Ilaria Alpi perché a suo avviso non si è ancora raggiunta la verità, perché tanti depistaggi, tante è il caso di dire” Verità Negate?” 


Non posso aggiungere nulla a quanto già risaputo. La povera Ilaria Alpi è stata uccisa qualche settimana dopo il termine della mia missione.



Se dovesse fare un bilancio della sua permanenza in Somalia, cosa direbbe ai lettori? 



L’operato degli italiani è stato quello tra i più più proficui, a mio avviso, per un attitudine positiva  dei nostri connazionali a confrontarsi con altre popolazioni in contesti internazionali, nonché per la nostra storia recente che ci lega alla Somala. Quando attraversavamo i quartieri di Mogadiscio in macchina, soprattutto gli anziani, si raccomandavano di  salutare Mussolini da parte loro. A riguardo, un’abitudine quotidiana era la richiesta da parte degli americani della bandierina italiana da mettere sulle loro macchine quando impegnati in ricognizioni a rischio. Il Tricolore offriva una garanzia  di sicurezza in più. A prescindere da questi aspetti di vita quotidiana credo che un po' di “stabilità” la missione l’abbia prodotta. Forse gli interessi strategici erano diversificati tra i contingenti militari intervenuti. Ecco forse il perché dei risultati non definitivi.



Come tutti sanno nel 1997 scoppia il caso delle torture da parte di alcuni parà ai Somali, questo caso è ormai chiuso, invece il suo rapporto con i Somali a cosa è stato improntato? 


Il mio personale comportamento con i somali è stato sempre improntato al massimo rispetto per la persona umana. I comportamenti deplorevoli di cui si parla sono riconducibili ad una inadeguata azione di comando da parte di pochi Ufficiali del contingente italiano nei confronti dei loro Reparti. Ciò tuttavia non deve indurre i non addetti ai lavori a pensare che i somali siano stati torturati. Ricordo che in una circostanza completamente estranea al contesto Somalia avevo avuto modo di colloquiare per pochi minuti con un Sottufficiale tra quelli accusati di aver praticato le suddette torture. Mi dispiace dirlo, ma sarebbe bastato davvero poco a comprendere che si trattasse di elemento al quale non poteva essere lasciata nessuna “libertà di movimento”. Ritengo che ad un buon leader non possono sfuggire certe caratteristiche psico-fisiche del proprio personale.   Ecco perché dico che la causa è da ricercare nell’azione di comando poco efficace di pochi.  


A suo avviso il governo di allora ha commesso delle leggerezze a proposito delle regole di ingaggio? 



Non ricordo i dettagli in merito. In linea generale credo che le regole d’ingaggio fossero adeguate. La mia esperienza vissuta però mi dice nell’affrontare situazioni ad alto rischio è spesso difficile applicare alla lettera le regole d’ingaggio così come previsto. Il fatture umano costituisce una variabile importante. Un conto è esaminare la situazione “a tavolino” ed un conto è trovarsi in situazioni nelle quali è molto verosimile non poter fare ritorno a casa. 

Un’ ultima domanda se ne avesse la possibilità tornerebbe di nuovo in Somalia? 


Sì, tornerei alla luce dell’esperienza acquisita sul campo. Come sempre accade, se in possesso di una specifica esperienza diretta, le cose riescono meglio. 



Un grazie al Generale e un saluto ai lettori.