SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
GENNARO
DE FRANCESCO
Gennaro De Francesco, prima giocatore di calcio, ora allenatore, così si presenta:
"Mi chiamo Gennaro De Francesco, e Classe 1985.
La mia vita calcistica è iniziata tra le stradine e le mura della mia città: cioè Napoli. dove si respira, (anche se oggi molto meno) aria di passione e senso di rivalsa attraverso il calcio.
Giocavamo nella spensieratezza e nel divertimento più assoluto, e bastava pochissimo: un pallone, qualche maglietta, zaino o addirittura pietre per delineare le porte, amici veri e: pronti via. Stavamo ore ed ore a giocare nel caldo, nel fango, nel freddo e nella pioggia: nessuno poteva fermarci!!
Come ruolo in campo, nasco attaccante esterno o ala, come preferite, ma ho ricoperto tutti ruoli, tranne il portiere perché ero, e sono ancora oggi bassino (168 cm).
All’età di 13 anni, accompagnando un amico ad alcuni allenamenti, iniziai a giocare per puro caso in una scuola calcio del mio quartiere che all’epoca si chiamava: San Paolo.
Da quella scuola sono usciti tanti giocatori che hanno poi giocato nei campi di serie A, e in club fuori dall’Italia, giusto per citarne uno: Antonio Nocerio, ex Juventus, Milan, Avellino, etc.
Quell’ anno, alternavo con la mia categoria (giovanissimi) anche quella degli allievi, facevo 2 partite a settimana (che energia che dovevo avere) alla fine, vinsi il mio primo campionato nella categoria giovanissimi regionale, fu un’emozione immensa. però sbagliai il rigore, traversa piena (ride) avrei volvo metterla nell’angolino alto. Vabbè vincemmo lo stesso. I rigori li sbaglia chi ha il coraggio di calciarli non è forse così?
Rimasi nella stessa scuola calcio per altri due anni per giocare il campionato allievi, arrivammo il primo anno quinti e al secondo terzi, se ricordo bene.
L’anno successivo approdai in una società sempre di Napoli che si chiamava Montesanto, e partecipai al campionato Juniores Regionale. Dopo l’avventura con il Montesanto, mi fermai per quasi un anno a causa di una forte pubalgia, tra l’altro feci molta fatica per guarire. Rientrai a giocare partendo da una Terza Categoria, all’epoca il presidente era il grande Vinicio, Ex giocatore del Napoli. L’anno dopo militai in una squadra di seconda categoria la A.B. Terracina sempre nel Napoletano. L’anno dopo andai in promozione con la Virtus Baia, l’anno successivo, sempre in promozione, con la San Gennarese, decisi di chiudere con il calcio giocato l’anno dopo, in eccellenza, con il Capri.
Sì, purtroppo mi sono fermato a 21 anni (per scelta mia) non come dicono tutti “è, ma l’infortunio etc”, l’infortunio se non è grave, guarisci.
Mi sono fermato per volontà mia, perché sentivo dentro me il desiderio di allenare, già quando giocavo ero molto propenso al gioco di squadra e alla tattica, dialogavo molto con i miei allenatori sul come trovare soluzione per risolvere alcune problematiche in campo. e da quel momento grazie al mio carissimo mister e amico Giovanni D’Alessio e all’altro mister Raffaele Di pasquale, ho intrapreso questa strada; fare l’allenatore.
Ho iniziato nel 2008 come collaboratore tecnico con la Juniores Nazionale della Puteolana 1902 con il Mister Giovanni D’Alessio. In seguito a diverse esperienze nelle scuole calcio Elite, come quella di Pasquale Foggia e delle Fiorito Football Club, nel periodo Giugno-Luglio 2014 ho conseguito il diploma di allenatore UEFA B.
Dopo questa qualifica ho lavorato per diversi club dilettantistici come allenatore della juniores regionale e vice allenatore della prima squadra sia nella Sibilla Bacoli in eccellenza sia nella Puteolana 1909 in promozione.
Inoltre ho fatto anche esperienze allenando nel calcio femminile, queste le società: Woman Calvizzano, Napoli Soccer e Villaricca calcio. Nell’ultima ci sono rimasto per due anni raggiungendo la finale di coppa Campania bloccata poi dalla pandemia covid-19.
Dopo una breve esperienza nel calcio femminile ripasso a quello maschile dove sono stato per 3 anni consecutivi il vice allenatore di Diego Maradona in prima squadra – eccellenza - nelle società di: Napoli United e Pompeia proposito di quest’ultima la dovetti lasciare per problemi personali.
Ripresi poi a febbraio scendendo di categoria, dove ho lavorato in promozione come vice Allenatore di Faustino Canè con la società Casal di Principe.
Quest’anno calcistico passato, purtroppo, sono riuscito a chiudere l’anno lavorando negli ultimi 2 mesi con la società Casoria Calcio in prima categoria, sono stato vice Allenatore al fianco del Mister e professore Raffaele Di Pasquale.
In questo periodo estivo sono approdato in Serie D con la Real Normanna, però ho dovuto interrompere il rapporto lavorativo per alcune divergenze con l’allenatore."
La prima domanda è questa, lei ha raccontato molto nella presentazione, di conseguenza le chiedo, sino ad oggi il calcio cosa le ha dato e cosa le ha tolto?
Per tanti il calcio è gioie e dolori, e secondo me potrebbe essere giusta come affermazione. Il calcio è gioia quando si raggiungono obiettivi importanti, quando si vince una partita o un campionato e sono dolori quando si “fallisce” in una gara, anche se in realtà la parola fallire per me non esiste. Comunque mi ha dato tanto. Nei momenti difficili ho sempre trovato rifugio nei campi da calcio, per me è fonte di sfogo, di rivalsa, di rinascita e di riflessione; stare in campo anche quando non c’è nessuno mi fa stare bene. Quel silenzio e quell’atmosfera da stadio ti portano ad aprire la mente e stare con te stesso camminando semplicemente con un pallone fra i piedi.
Non mi ha tolto quasi niente, magari il tempo di stare di più con la famiglia, gli amici, ma si sa, il lavoro è il lavoro. Ma bene o male il tempo lo si trova sempre.
Per la stagione entrante c’è qualche novità, visto che ha lasciato la collaborazione con la Real Normanna?
Ho ricevuto diverse proposte, sempre in Campania e nel campionato di eccellenza; poi si era aperta una pista per andare a Malta, purtroppo per vari motivi generali, non siamo riusciti a portare avanti la trattativa, ma sono comunque propenso a prenderla in considerazione qualora si potesse riaprire uno spiraglio.
Ci ha riferito che quand’era un ragazzino lei e i suoi amici giocavate spensierati anche in mezzo alle intemperie, mi pare di aver capito che oggi il calcio che si gioca in mezzo ad una strada non sia più, per quale motivo?
È una domanda complessa da rispondere, potrei iniziare col dire che probabilmente il forte impatto tecnologico abbia influito tanto con la realtà e nel vivere il calcio di strada e la vita in generale. Potrei dire anche che i genitori di oggi sono diventati molto premurosi, e i loro figli, ovattati, non vivono esperienze come: socializzare con tanti ragazzi, essere liberi di esprimere la loro personalità, giocare e provare l’emozione di fare una partita sotto la pioggia. Ci sono adulti che ancora oggi evitano di giocare a calcetto quando piove, cosa “assurda”.
Noi non avevano pressioni, giocavamo liberi da tutto e tutti, senza l’ossessione di dimostrare, se non a te stesso, il tuo valore da uomo e calciatore.
Generalmente i genitori dicono: “Non sarebbe meglio che pensassi a studiare invece di giocare a calcio dalla mattina alla sera”; anche a lei hanno detto così? Oppure l’hanno sostenuta nelle scelte?
Penso che siano due cose distinte e separate e credo che si possono fare entrambe le cose.
Credo che il comunicare e far capire che studiare sia importante per crescere prima come persona e poi nell’ambito lavorativo sia la cosa migliore da fare, poi si sa, ogni individuo è predisposto per qualcosa: ci sono talenti che non hanno studiato e talenti che hanno anche due lauree.
A me personalmente non hanno mai detto nulla, a me hanno sempre fatto ragionare, non mi hanno mai imposto nulla, mi hanno lasciato di libero di intraprendere la mia strada.
Anche se ce l’ha spiegato, che cosa l’ha spinta diventare allenatore? Forse il calcio giocato l’aveva delusa?
Il calcio giocato non mi ha deluso, alcune persone forse sì, ed è per questo che il calcio ha preso una brutta direzione. Come detto prima, ho sempre avuto l’indole di allenare: gestire, organizzare, studiare giocatori e squadre avversarie etc etc, cose che fa un allenatore, quindi ho deciso di addentrarmi in questo mestiere e farlo nel migliore dei modi.
Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?
Diciamo che sono rimasto legato un po’ a tutte, forse quella più particolare è il Napoli United al primo anno battemmo tutti i record dei nostri predecessori, arrivando anche ad una semifinale Play off eliminati a causa di una regola “per me” assurda!
Lei è stato il mister di squadre di calcio femminili, qual è la differenza principale tra il calcio maschile rispetto a quello femminile?
In un primo luogo dico la cultura calcistica, poi la differenza a livello condizionale, c’è troppa differenza tra uomo e donna su questo piano. Sul piano tecnico, contestualizzandolo, si può sempre migliorare, non a caso oggi vediamo le calciatrici in serie A con un tasso tecnico molto elevato rispetto al passato.
Una lancia a favore delle donne la devo lanciare: sono molto più propense al lavoro e all’apprendimento
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
L’empatia e la comunicazione sono le chiavi del successo, al di la delle competenze tecnico-tattiche, il saper ascoltare ed entrare nella testa dei calciatori, questo riveste la massima importanza.
Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?
In realtà sono sempre stato abbastanza tranquillo, pensieroso si, ma tranquillo e sereno.
Ai calciatori lascio la libertà di vivere il momento senza troppe pressioni. Ogni giocatore ha il suo rituale, la propria scaramanzia prima della partita, quindi li lascio soli con loro stessi. Entrati nello spogliatoio si pensa poi al resto. Il consiglio che do ai calciatori, è quello di vivere la partita con divertimento e spensieratezza, mantenendo comunque alta l’attenzione sui compiti e le funzioni in campo.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina?
A fine partita preferisco lasciare le cose come stanno, qualche elogio o pacca sulla spalla quello sì, Ma non posso ricordarle tutte le situazioni, quindi, rivedo la partita e faccio le giuste osservazione alla ripresa degli allenamenti. Poi, lo stato d’animo dipende un po’ dall’andamento della partita e della prestazione. Faccio palesare poco il mio stato d’animo. Tanto quando le “cose” sono fatte bene o male i giocatori importanti lo riconoscono.
Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare?
Come gia detto prima, la semifinale play off dove siamo stati eliminati per una regola “assurda”. Sono rimasto davvero con l’amaro in bocca.
Un suo pregio e un suo difetto, a livello calcistico s’intende?
Un pregio importante è che non mi abbatto mai, poi lascio valutare agli altri.
Un difetto che mi appartiene è che sono troppo esigente e se vedo arroganza e presunzione metto subito le crocette.
Se le proponessero un bel contratto con un club straniero, accetterebbe immediatamente, ci penserebbe oppure direbbe no senza rifletterci minimamente’
Accetterai immediatamente, ovviamente con le giuste osservazioni e valutazioni. Il calcio spagnolo e inglese mi affascinano molto.
Se avesse la possibilità di tornare indietro, quale scelta non farebbe?
Di essermi fidato di persone sbagliate che come uomini e soprattutto come uomini di calcio, sono veramente pari a zero!
Sono esperienze che fanno crescere.
Un sogno per il futuro?
Essere il miglior modello di me stesso ogni giorno! Ovviamente poi, allenare nei professionisti.
A chi vorrebbe dedicare questa intervista?
Amia madre che non c'è più, mi ha sempre sostenuto in tutto.
A mia Figlia Jasmine che è la realizzazione di un sogno e che mi dà tanta gioia e forza.
A me stesso!
Perché quando ho avuto bisogno, ho sempre trovato la mia spalla!
Grazie
14 08 2025
(Tutti i diritti riservati)
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