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lunedì 9 dicembre 2019



A CURA DI PAOLO RADI 









 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 



  LUCA
 PIPOLI  






Luca Pipoli è nato 05/02/1996 a FoggiaHa iniziato a muovere i primi passi nella scuola calcio Cosmano sport all’età di 5 anni dove ha giocato per 9 anni. All’età di 11 anni iniziarono ad arrivare le prime chiamate e inizia a girare l’Italia facendo vari provini Bari, Roma, Juve, Reggina e tante altre fini ad arrivare a Parma: fu amore a prima vista fece un provino che doveva durare 2 giorni, invece si prolungò per una settimana, appena rientrato a casa 2 giorni dopo il direttore del Parma calcio Francesco Palmieri attuale direttore del Sassuolo calcio lo chiamò e in un attimo si trovarono subito accordo

Al compimento dei 14 anni si trasferisce in Emilia da solo lontano dalla famiglia e dagli amici. Ci dice: 

“Ero solo e ricordo che quando i miei genitori mi lasciarono mia madre piangeva, lei piangeva è vero e mi dispiace perché io ridevo, non potevo non sorridere stavo sognando ad occhi aperti.” Da lì inizia l’avventura a Parma che durò ben 5 anni,  si toglie  tantissime soddisfazioni vincendo  lo scudetto allievi del Parma under 16, inoltre si qualificano campioni di Italia; si guadagna anche 2 presenze con la nazionale under 16. È stato capitano della primavera sotto la guida di Hernan Crespo. Questa bellissima parentesi si è dovuta chiudere con il fallimento del Parma



Dopo di che si sono ritrovati tutti svincolati. Successivamente riceve  diverse offerte da club di serie C / D, sceglie così di iniziare la sua avventura tra i grandi al Tuttocuoio in Serie C dove c’era allenatore Cristiano Lucarelli che lo aveva già allenato a Parma. Da lì è passato alla Correggese in D dove vince i play off. L’anno dopo milita al Levico terme in serie D.Finalmente non ha avuto problemi fisici che lo avevano purtroppo penalizzato negli anni precedenti. L’anno seguente passa nuovamente tra i professionisti in C alla Fidelis Andria, dove ha disputato 6 mesi prima di passare all United Zurich seconda divisione: Svizzera, rimanendo poi svincolato.


Decide di giocare col Vieste in eccellenza pugliese dove disputa un bel campionato e dove si lavora molto sui giovani.
È in atto un progetto ambizioso ed infatti quest’anno ha deciso di rimanere qui. La settimana scorsa si è aperto il mercato invernale e ci dice di aver ricevuto 2 chiamate da una delle quali gli è costato molto dire di no. A Vieste “ho trovato una seconda casa, ed alla fine ha prevalso il cuore nella decisione di rimanere qui”





   

    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Il calcio per me rappresenta tutto, la mia vita gira intorno ad i miei impegni calcistici da quando avevo 14 anni.











I suoi genitori hanno appoggiato questa scelta oppure le hanno detto la solita frase: “Non è meglio che pensi allo studio?”

Mia madre mi ha sempre appoggiato, in tutte le mie scelte abbiamo un bellissimo rapporto è si fida molto di me infatti mi fece lasciare la scuola all’età di 16 anni perché appunto le avevo detto che avrei voluto concentrarmi solo ed esclusivamente sul calcio, visto che spesso la mattina mi chiamavano in prima squadra ad allenarmi (Parma calcio).





Lei all’età di 14 anni, un ragazzino direi, si trasferisce a Parma che ricordo ha del primo giorno quando è arrivato in quella città? 

Primo giorno che sono arrivato lì mi sono subito sentito a casa.



Visto che lei era minorenne com’era organizzata la sua giornata, mi spiego meglio, andava a scuola, al pomeriggio era seguito da qualcuno nello studio, aveva delle ore libere? 

Andavo a scuola, tornavo neanche il tempo di mangiare e che ci veniva a prendere il pullman della società per portarci a fare allenamento, dopo di che avevo un paio d’ore libere fino all’orario di cena 19:30. Dopo cena veniva un tutor della scuola che ci aiutava con gli studi.




Ritengo che sia stata una bella esperienza l’essere rimasto a Parma 5 anni circa, alcuni atleti del Napoli mi hanno raccontato di essere stati un po’ discriminati per il fatto di provenire dal sud-Italia, anche lei all’inizio è stato accolto con diffidenza? 

Per fortuna non ho mai avuto problemi a stringere amicizia con nessuno nella mia vita che sia extracomunitario, del nord o del sud poco conta per me. Ricordo anzi con piacere tante amicizie nate a Parma che porto nel cuore ancora oggi.









Lei come allenatori ha avuto Cristiano Lucarelli e Hernàn Crespo quale insegnamento le hanno lasciato? 

Questi 2 mister mi hanno lasciato tanto, con uno ho vinto tutto quello che si poteva vincere con la categoria under 16 quell’anno è stato fantastico. Quello che mi ha lasciato Lucarelli è di non accontentarsi mai, avere sempre fame, ricordo che dopo la vittoria dello scudetto avevo giocato già in semifinale e finale con delle punture di antinfiammatori  e il mister mi chiese se me la sentivo di farne un altra di partita per giocare per vincere la  coppa nonostante avesse a disposizione altri 20 ragazzi

 Per mister Crespo nutro grande stima dopo il primo mese di allenamento mi chiamò e mi chiese se me la sentivo di essere il capitano: fu un grande motivo di orgoglio per me perché essere scelti da un giocatore di quel calibro che ha scritto pagine importanti del nostro calcio è un onore. Gli piaceva come interferivo con i miei compagni nel campo e fuori mi disse che per lui ero un leader è questa cosa mi ha fatto molto piacere, la porto ancora dentro! Purtroppo non posso dire di aver vinto tutto anche quell’anno li perché purtroppo sono rimasto ai box per diversi mesi per via di un infortunio.








Ho letto pure che lei ha giocato con lo United Zurich, brevemente com’è arrivato in Svizzera e che tipo di esperienza è stata? 

È stata un’esperienza molto formativa, che rifarei sempre! E mi ha dato tanto; avrei continuato volentieri la mia carriera in Svizzera purtroppo ci sono stati problemi tra l’agente che mi ha portato e la società.




Il fatto di aver girato l’Italia intera, l’ha maturata immagino, tutte queste esperienze in che cosa l’hanno fatta crescere?

Queste esperienze mi hanno formato molto, sono un ragazzo forte che non si abbatte davanti a nulla! E direi più saggio dell’età che ho realmente; un particolare che ho notato e che quando parlo nello spogliatoio anche i più grandi ascoltano...










Durante questi spostamenti è riuscito ugualmente a mantenere i contatti con gli amici della sua città? 

Ho perso quasi tutti i contatti con gli amici della mia città tornavo a casa solo nei giorni natalizi e d’estate! Ho mantenuto più che altro le amicizie in comune con mio fratello che ha portato avanti lui. L’unica che ho mantenuto, è un mio amico fraterno che saluto tanto Pippo Caruso.









Perché molti ragazzi scelgono il calcio come sport, cercano la fama, i soldi, o tutti e due? Lei ad esempio da cosa maggior mente è attratto? 

Io sono attratto sicuramente da tutto il contorno come dice lei fama, soldi ecc, ma quello che mi ha spinto a superare tutti gli infortuni è stata la passione e l’amore che nutro per questo sport io veramente “vivo” solo in funzione del calcio. La mia settimana, i miei giorni sono tutti strutturati per essere in forma al 100% per la domenica.











Diversi giocatori mi hanno raccontato che pur di giocare in una qualsiasi categoria hanno abbondanto gli studi, per poi ritrovarsi con un nulla di fatto e con tante difficoltà nel trovare un lavoro. 

Dunque non sarebbe meglio cercare di fare molti sacrifici per conseguire un diploma o una laurea? 

Come ti ho accennato prima ho lasciato la scuola a 16 anni quando ero lì, lì per fare il salto che mi avrebbe portato tra le stelle poi purtroppo gli infortuni mi hanno fermato. Con molta serenità sono andato avanti ed ho conseguito il diploma privatamente qualche anno dopo.




E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato, oppure volta pagina? 

Ogni fine partita che sia vinta o persa penso sempre agli errori, sono molto autocritico con me stesso voglio fare sempre di più .










Il suo goal più bello?

ll mio goal più bello l’ho segnato nel campionato primavera in un Genoa – Parma; perdevamo 1-0 e feci il goal del pareggio con una serpentina fantastica finalizzata da un bolide che andò sotto l’incrocio (partita vinta poi 1-2 ). 




Una partita che vorrebbe dimenticare? 

Una partita che vorrei dimenticare non è una partita ufficiale, ma una partita amichevole di allenamento dove mi feci molto male per la prima volta in assoluto, ricordo ancora la data:  10 settembre 2014 ho sofferto molto dopo quella fatidica partita. Fortuna che ora ne sono uscito più forte di prima







Un suo pregio? 

Un mio pregio? Direi che un mio pregio è sempre voler aiutare il prossimo sia in campo che fuori, che sia un amico o uno sconosciuto se posso aiutarlo lo faccio indistintamente. Infatti i miei amici in estate mi chiamano “direttore”  perché ho molte conoscenze date dalle esperienze fatte in questi anni e quando posso aiutare qualcuno a trovare una  squadra idonea lo faccio di mia spontanea volontà.





Un suo difetto?

Un mio difetto? Sono molto pignolo ... mi piace la perfezione!








Che cosa le ha dato il calcio, che cosa le ha tolto oppure cosa le sta togliendo? 

Mi ha dato tutto quello che sono oggi perché senza il calcio non sarei quello che sono oggi. Tolto? Non mi ha tolto niente, non mi piace che dice che il calcio toglie, il calcio ti fa rinunciare, io non rinuncio a nulla, decido io di fare la vita che mi piace di più e la mia è fatta di calcio.






 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

Per me la famiglia sono mia mamma mio fratello e la mia ragazza... e rappresentano tutto perché queste 3 persone  sono sempre state al mio fianco sia  nei momenti brutti e sia in quelli  belli del mio percorso.







    Che valore dà all’amicizia? 

L’amicizia per me ha un valore immenso, credo di avere tante amicizie sparse nel mondo su cui potrei contare,  mi affeziono molto ad i miei amici!









Che cosa rappresenta per lei Foggia? 

Foggia e la mia città natale, ma non sono legato particolarmente alla mia città avendo girato mezza Italia, la porto nel cuore quando vado via, come faccio con le città dove ci sto bene








   Grazie  

a cura di Paolo Radi   





09       12    2019 
(Tutti i diritti riservati)  





















venerdì 29 novembre 2019



A CURA DI PAOLO RADI 











 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 



  FAUSTO    
 BONAIUTO   









Fausto Bonaiuto è nato a Pompei l’8 marzo del 1992. La passione per il calcio nasce sin dai primi mesi, quando l'unico oggetto capace di farlo stare tranquillo nella famosa "culla " era proprio il pallone. Negli anni questa passione è cresciuta sempre di più al punto che già all'età di quattro anni inizia a frequentare le prime scuole calcio. Ha avuto la fortuna di avere genitori alle spalle che gli hanno sempre detto però che il calcio doveva vederlo semplicemente come uno sport, come un divertimento e che la cosa fondamentale fosse la scuola. 

Decide così di frequentare il liceo classico e al giorno d’oggi è laureato in giurisprudenza presso la Federico II di Napoli.

Caratterialmente non sa descriversi, sa per certo però che all'inizio non offre una buona impressione di se stesso, resto molto sulle sue e “cerco di capire chi ho di fronte e questo può portare a pensare che sono arrogante presuntuoso o quant'altro. chi mi conosce però sa che queste caratteristiche non mi appartengono”.

La sua vita vita calcistica oscilla tra campi di prima categoria, promozione, eccellenza. per lui l’importante era trovare un ambiente e un contesto sano nel quale potesse divertirsi ed esprimersi.





    La prima domanda è un classico: c’è stato un episodio che le ha fatto capire che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?


Nessun episodio in particolare. Ma sin dall’età di quattro anni nel campetto sotto casa c’era un gruppo di ragazzi, che poi sono diventati miei amici, che organizzavano ogni pomeriggio una partita e io non potevo fare a meno di non partecipare. Giorno dopo giorno la semplice voglia di giocare e di divertirmi si è trasformata in una vera passione che tutt’oggi riempie i miei pomeriggi.



Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Sicuramente la pallavolo. Amo il gioco di squadra, il rispetto dei ruoli, la condivisione del successo e delle sconfitte. Non mi sono mai piaciuti gli sport individuali. Il far parte di un gruppo ti aiuta a migliorare non solo dal punto di vista fisico/tecnico ma soprattutto dal punto di vista umano. 












I suoi genitori anche se hanno appoggiata le hanno fatto comprendere l’importanza dello studio, infatti lei prima si è diplomato al Liceo Classico, e poi si è laureato in Legge, come mai la decisione di frequentare il classico e la scelta di iscriversi a legge? 

Penso che mentre in passato il calcio era visto semplicemente come uno sport oggi il calcio è considerato una fonte di investimento. Si può dire che il più delle volte sono gli stessi genitori che spingono il figlio ad intraprendere questa strada, nella speranza di ottenere chissà cosa.


Perché molti ragazzi scelgono il calcio come sport, cercano la fama, i soldi, o tutti e due? Lei se le avesse avuto un ingaggio a 17 anni in serie A avrebbe accettato, oppure l’importanza dello studio sarebbe venuta al primo posto? 

Non mi sono mai piaciuti i falsi moralisti e pertanto dico che se io all’età di 17 anni avessi avuto un ingaggio da professionista avrei accettato ad occhi chiusi. Poi avrei comunque cercato di far conciliare il calcio con lo studio.









Diversi giocatori mi hanno raccontato che pur di giocare in una qualsiasi categoria hanno abbondanto gli studi, per poi ritrovarsi con un nulla di fatto e ora hanno difficoltà nel trovare un lavoro. 
Che consiglio darebbe a questi giovani? 

La scuola al giorno d’oggi ha un valore assoluto. Un titolo di studio può cambiarti la vita. Il calcio fatto a livello dilettantistico lascia il tempo che trova. L’unica cosa che mi sento di dire è quella di portare a termine quanto meno gli studi superiori per avere comunque una strada alternativa da percorrere.


In che ruolo giocava da ragazzo? 

Ho sempre voluto ricoprire il ruolo di attaccante ma le mie caratteristiche erano ben altre.

Ho ricoperto sia il ruolo di portiere nei primissimi anni per poi diventare ed affinarmi nella fase difensiva da difensore centrale.



Lei ora è il tecnico dell’Under 17 dell’Asd Calcio Pomigliano, come ha raggiunto questo ruolo? 

Magari su questa formula la domanda sarebbe dovuta essere: da quanto alleno e dove ho allenato.

Alleno da 4 anni, da quanto ho conseguito l’abilitazione al corso UEFA B tenutosi a Caserta. Ho iniziato con la scuola calcio per arrivare due anni fa ad allenare il gruppo juniores della Rus Vico (allora militante in promozione) dove facemmo tutto sommato un buon campionato posizionandoci al quinto posto.
L’anno scorso invece sono stato alla guida sempre di un gruppo juniores, del palmese calcio (militante in eccellenza) dove andammo ben oltre le aspettative. Sul campo abbiamo chiuso il campionato in seconda posizione, ma in virtù di un punto di sanzione inflitto alla società nell’anno precedente e da scontare in quello successivo chiudemmo in quarta posizione sfiorando pertanto di un punto playoff.

Quest’estate tra una chiacchierata e l’altra mi viene chiesto di provare ad allenare un gruppo di ragazze facenti parte del Pomigliano calcio. non ci ho pensato due volte su e devo dire la verità non me ne pento assolutamente. Alla fine sono esperienze che vanno vissute e che sicuramente arricchiscono il proprio bagaglio.










Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

Un allenatore deve essere competente, credere nelle sue idee, trasparente e leale ( dire ciò che pensa senza fare troppi giri di parole o cercando strade alternative) con i suoi calciatori e al tempo stesso capace di creare anche dei rapporti con loro.




     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?

Sia da calciatore che da allenatore molto tranquillo.
La partita la sento durante la settimana. Sono fortemente convinto che il campo può tradirti una, due, tre volte, ma alla fine il lavoro che tu fai verrà sempre ripagato.


E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato, ad esempio, dovevo sostituire prima quel giocatore, contro quella squadra non mi sono preoccupato molto della difesa

Terminata la partita l’unica cosa a chi penso è dove andare a rilassarmi. Il giorno dopo a mente lucida cerco di analizzare tutti gli aspetti: sia quelli negativi che quelli positivi. I primi per evitare gli stessi errori, i secondi per far si che quei concetti diventano parte integrante del calciatore. 








Una partita che vorrebbe dimenticare? 

Juniores finale regionale Palmese Quarto.
Si decide tutto dagli 11 metri. Scelgo lo stesso angolo della semifinale ma questa volta l’esito è completamente diverso. Ci svegliammo sul più bello.


Un suo pregio? 
Pregi non saprei, lascio agli altri.




Un suo difetto?

Difetti sicuramente più di uno...
All’inizio resto molto sulle mie e questo porta a pensare che sono una persona arrogante presuntuosa. Semplicemente non mi apro fin quando non so perfettamente chi ho davanti.




 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

La famiglia è un po’ come il porto per le barche. Il luogo in cui ti senti sicuro e al sicuro. 

Avere una famiglia alle spalle che è li pronta a sostenerti in tutto ciò che fai a correggerti se qualcosa non va penso sia il dono più grande che uno possa avere.









Un sogno nel cassetto? 

Semplice: allenare e magari un giorno sedere su una o più panchine importanti.
Che sia calcio femminile o calcio maschile poco importa!







   Grazie  

a cura di Paolo Radi   





28      11    2019 
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