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martedì 6 agosto 2019




 A CURA DI PAOLO RADI 






 UNA CONVERSAZIONE 
     

 CON 



  ANTONIO      
 PRISCO 







Antonio Prisco è un giovane portiere nato nel 2002 A Napoli, zona Cavalleggeri- Fuori Grotta, allevato nella scuola calcio di Pasquale Foggia, (squadra dilettantistica fondata da Pasquale Foggia, la sede è vicina a Soccavo un quartiere di Napoli) quest’anno giocherà in serie D in prestito con l’AC Tuttocuio (società calcistica con sede a Ponte a Egola, provincia di Pisa), mentre sono tre anni che milita nel Bologna.
Frequenta il quinto anno da grafico pubblicitario. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.







    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Ho scoperto che il calcio sarebbe stata la mia più grande passione sin da subito, appena ho iniziato a giocare.









Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Se non avessi scelto il calcio, non so di preciso quale sport avrei praticato, però mi piace molto il basket.



In che ruolo gioca?

Sono un portiere.








Come   descriverebbe se stesso, quali sono i suoi valori più importanti? 

Mi ritengo un ragazzo educato, solare ed amichevole. Il valore più importante in assoluto è l’umiltà.




La famiglia e gli amici che cosa rappresentano per lei? 

La famiglia è molto importante per me, senza tutti quei sacrifici che i miei genitori hanno fatto non sarei qui ora. Gli amici sono altrettanto importanti.








Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

Penso che la principale qualità oltre a quella tecnica, sia quella mentale.




    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?

Sono molto sereno e calmo prima di una partita.









E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato, oppure volta pagina? 

A volte, dopo una partita, in cui so di aver sbagliato qualcosa, ci penso per il resto della giornata, ma dal giorno successivo butto via tutto e cerco d’imparare dai miei errori.




Diventare calciatore e il sogno di ogni bambino, lei è molto giovane, che cosa si aspetta per il futuro? 

Spero che il futuro mi riservi il meglio per essere ripagato di tutti i sacrifici che sto facendo, ma so di non aver tutto nelle mie mani.










Lei studia da grafico pubblicitario, ed è la prima volta che incontro un giocatore che frequenta questo corso. Dica la verità, nella sua vita lei vede solo il calcio oppure le piacerebbe anche lavorare nel campo pubblicitario? 

Il calcio è la mia passione e spero di diventare calciatore, ma nel caso non dovesse andare così non mi dispiacerebbe lavorare nel campo pubblicitario.




Grazie   

a cura di Paolo Radi   





06      08   2019 
(Tutti i diritti riservati)  

sabato 3 agosto 2019



A CURA DI PAOLO RADI 








 UNA CONVERSAZIONE 
    

    
 CON 







SALVATORE
AMARANTE





Salvatore Amarante è nato il 30 aprile 1995 a Torre Annunziata in provincia di Napoli.
Ha terminato gli studi con il diploma di liceo scientifico. Sin dall’ età di 5 anni ha iniziato a muovere i primi passi tra varie scuole calcio sino a 14 anni dove ha proseguito poi con gli Juniores regionali della Scafatese.

Da lì tanti campionati di promozione: Boschese e Juve Pro, Poggiomarino di cui era under, per poi passare alla Santa Maria la Carità, poi A.S.D. Virtus Ottaviano, A.S.D. Torrese, Intercampania e San Valentino Torio. In questo momento non vuole sbilanciarsi su dove andrò a giocare perchè ci sono state tante richieste e sicuramente andrò nella squadra più idonea per me.
Non so dove andrà nei prossimi anni, ha tanti progetti nella vita: “mai dire mai e crederci sempre” non è un miraggio, ma è il suo motto.










La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Sin da subito, i miei genitori mi hanno raccontato che a pochi anni giocavo con un pallone, poi crescendo è rimasta questa passione dentro di me che giorno per giorno è cresciuta sempre di più. Anche perché vivo e ho vissuto in una città Torre Annunziata dove il calcio lo si vive 24 ore al giorno in tutti i luoghi. Ricordo che da bambino giocavamo sui campi asfaltati per ore e ore intere.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Per me il calcio è stato sempre il mio preferito come sport, ma ti dico che mi sarebbe piaciuto anche fare tennis.










Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

Questa è una bella domanda, sicuramente ci sono tante cose positive che il calcio ti dà in ogni singolo momento e credo che bisogna farsi tesoro di ciò e godertele perché di sicuro non mancheranno quelle negative. In questi dieci anni mi sta dando tutto, sempre nuove emozioni, nuove esperienze, ma è importante che di offre la possibilità di conoscere sempre nuove persone. 
Quello che può toglierti il calcio credo che sia solo il tempo che ognuno di noi potrebbe regalare alla propria fidanzata, moglie, o alla propria famiglia. E ti costringe a sacrificare te e chi ti sta intorno.





Per la prossima stagione sa dirci qualcosa?

Per la prossima stagione ci sono state tante richieste qui dalle mie parti, tra eccellenza, promozione e prima categoria, ora tocca scegliere bene, quello che conta è il progetto giusto e trovare persone che veramente ci tengono alla squadra e al progetto preso in causa. 










Questa mattina ho letto la frase del presidente dell’Associazione Calciatori, credo, l’importante è quello che dice: “Per giocare bene non serve solo avere dei piedi buoni, ma è utile la testa”. Secondo lei cosa significa questa frase?  

Credo che al giorno d’oggi può essere un’affermazione giusta, sicuramente ognuno di noi avrà le sue caratteristiche, le sue abilità tecniche, ma credo che il fattore “testa” incida molto. Credo che tutto parta da lì, se realmente ognuno di noi si pone un obiettivo usando la testa potrebbe riuscirci. Quindi quello che posso consigliare è di usare la testa, di crederci sempre e non mollare alla prima caduta.





Lei ha frequentato il Liceo Scientifico ritiene che prendere il Diploma delle scuole superiori serva per sapersi muovere meglio in un ambiente difficile come quello del calcio?

No, assolutamente. Credo che la scuola sia la base di tutto, al di fuori di qualsiasi decisione uno prenda. L’istruzione è importante, in una qualsiasi circostanza tu ti trovi, ossia: il calcio, un altro sport, oppure una qualsiasi altra professione.







Ha intenzione di proseguire gli studi, magari iscrivendosi a Scienze Motorieoppure per il momento vuole seguire solo la carriera nel mondo del pallone? 

Bella domanda. Mi piacerebbe iscrivermi a Scienze Motorie, anche perché sto seguendo un altro percorso, ovvero quello di allenare i bambini.





     Il suo goal più bello?

Penso: San Valentino vs Torio Banzano, 3-0. È stato quello il più bello per me, venivamo da 5 partite e 4 sconfitte e un pareggio, con 0 goal all’attivo, con un cambio allenatore a settimana che si rivelò la giusta cura per noi. Infatti quella partita è stata la rinascita di tutto il campionato, con l’1 -0 siglato da me dopo appena 12 minuti su un cross di mio fratello e io ho insaccato, di testa. Ne approfitto per salutare il mister Vittorio De Carlo nonché ex calciatore e grande professionista. E auguro le migliori fortune al San Valentino calcio.








Un suo pregio? 

Di pregi non sarei abituato a parlarne da solo. Vorrei che li elencassero le persone che mi circondano, ma quello che posso dirti è che sono deciso e ambizioso e in qualunque cosa mi pongo di fare, cerco di riuscirci. Un altro è che mi piace molto allenarmi, perché credo che l’allenamento sia alla base di tutto e senza non ci potrà essere una conseguenza (mi riferisco alla partita) positiva. 



Un suo difetto? 

Difetto? Direi difetti, ne ho tanti. Quello che più è notevole è il mio essere testardo.



   



  


    Che cosa rappresenta la famiglia per lei? 

Per me la famiglia è alla base di tutto. Intendo per famiglia la mia fidanzata, i miei genitori e mio fratello. Ci tengo molto a loro e grazie a loro che mi ritrovo a essere ciò che sono oggi. Mentre la mia fidanzata mi dà forza ed è sempre presente.










 Lo scrittore Goethe disse si Torre Annunziata:” Pranzammo a Torre Annunziata con la tavola disposta proprio in riva al mare.
Tutti coloro erano felici d'abitare in quei luoghi, alcuni affermavano che senza la vista del mare sarebbe impossibile vivere. A me basta che quell'immagine rimanga nel mio spirito” Anche per lei è così? 


 Certo che è così. Non perché sono nato e vivo a Torre Annunziata, ma veramente riesce a darti emozioni uniche in ogni suo singolo posto. 

  









Grazie   

a cura di Paolo Radi   





03 08     2019 
(Tutti i diritti riservati)  










lunedì 29 luglio 2019



 A CURA DI PAOLO RADI 












 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 

   

               MARCO      
         PEPE   
  

 Marco Pepe è nato ad Agropoli il 26 10 1986, e abita a Paestum in provincia di Salerno. 

La forte passione per il calcio gli ha fatto lasciare presto la mia famiglia per la voglia di giocare a calcio, infatti poi si è traferito in Emilia Romagna. Finite le giovanili con l’ultimo anno al Forlì dove giocava nella Berretti, si è distinto facendo 11 goal.

L'anno successivo il responsabile del settore tecnico Giancarlo Magrini gli propose di partecipare a un nuovo reality sul calcio "Campioni il sogno" che andava in onda su Italia Uno; venivano seguiti 24 ore “4 dalle telecamere in tutto ciò che facevano. Era ragazzino aveva compiuto da poco 18 anni e ci racconta che: “mi trovai forse in un contesto più grande di me” Gli anni successivi ho girato un po’ l’Italia, militando in squadre diverse: Ravenna, Massese Valle d'Aosta, Scafatese, Nocerina, Ebolitana. Non le ha menzionate tutte, perché sono molto di più le squadre dove ha giocato.





     La prima domanda èun classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua piùgrande passione?

Avevo sei anni quando ho iniziato a correre dietro ad un pallone, lì collezionavo perché ogni giorno volevo giocare con uno diverso.









A proposito, com’è andato il campionato durante lo scorso anno calcistico? 

Quest’ anno ho giocato con il Formia dove abbiamo disputato i play off, è stata un’annata più che positiva.




A 18 anni lei partecipa alla prima edizione 2004-2005 del reality “Campioni, il sogno” (è stato un reality show ambientato nel mondo del calcio, in onda su Italia 1, l’obiettivo del reality era quello di seguire la vita sportiva e privata di una squadra di calcio esistente, scelta però con delle selezioni), conduttori sono stati Ilaria D’Amico e Davide De Zan. Allenatore della squadra Francesco “Ciccio” Graziani.In questa edizione il  Cervia militava nel campionato di Eccellenza. Alla fine di questa edizione si è classificato al primo posto e ha ottenuto la promozione in serie D.









 La domanda è come arrivato a partecipare a questo reality, e complessivamente che esperienza è stata? 

Sì, a 18 anni presi parte a questa trasmissione “Campioni” questa squadra  che veniva seguita dalle telecamere  era il Cervia. La mia famiglia all’ inizio non era d’accordo; sai a 18 anni fare un programma in TV non a tutti i genitori può piacere, casomai vogliono che continui con gli studi. Quell’ anno vincemmo il campionato e andammo in serie D, devo dire che mi sono divertito tanto, ma è stata un’esperienza molto impegnativa sotto il punto di vista mentale sicuramente per la mia giovane età, averlo fatto oggi sarebbe stato diverso.




Nel Cervia c’era Diego Armando Maradona Jr, abbiamo saputo che siete molto amici, che ragazzo è Diego Armando? 

Sì, conobbi Diego Maradona junior un ragazzo speciale dal cuore grande conserviamo una bella amicizia da 15 anni. Quest’ anno abbiamo di nuovo giocato assieme.









Voi venivate seguiti da una telecamera 24 ore, non si sentiva a disagio? La sua famiglia approvò questa scelta, il mondo della televisione, è particolare, diventi famoso per un anno, ma poi rischi che tutti ti dimentichino, mi sbaglio?

La TV come hai scritto ti dà tanto nel momento che gli servi, ma una volta finito diventi uno dei tanti, ma del resto è un po’ come nella vita in genere oppure in alcuni tipi di lavoro: finché servi ti chiamano poi diventi uno dei tanti. Siamo “merce di scambio” se così possiamo definirci.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Se non avessi scelto di giocare a calcio, non so quale altro sport mi sarebbe potuto piacere. 










Un suo pregio e un suo difetto?  

Un mio pregio è che sono generoso con tutti coloro che hanno bisogno, tolgo sempre qualcosa a me per darlo agli altri. Un mio difetto è che sono un pochino permaloso. 



La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

La famiglia per me è tutto darei la vita per loro!



Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra èrimasto piùlegato?

La squadra che sono rimasto legato in particolar modo è la Nocerina.










Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunitàper vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo di mondo. Perchétutti provano a diventare calciatori?

Perché in serie A si fa una vita adagiata e ci si può permettere ciò che si vuole. Consiglio a chi si avvicina a questo sport di mettere al primo posto lo studio l’unica fonte sicura ed il calcio che ben venga, ma come seconda opportunità. Non puntare su un qualcosa di non sicuro.










Che cosa le ha dato il calcio, ma, anche, che cosa le ha tolto? 

ll Calcio mi ha fatto diventare uomo, non conta la categoria dove giochi ma quello che dai ad una squadra e al collettivo, è quello che pensano gli altri ti te che alla fine ti rende orgoglioso.

Quello che mi tolto, mi chiedeva? Mi ha tolto del tempo di star vicino hai miei affetti.







   Qual è il sogno nel cassetto? 

Come sogno nel cassetto vorrei che la mia famiglia stesse bene e che nel un mondo ci fossero meno cattiverie.








Infine qual è stato il goal più bello? 

Il goal più bello sicuramente in Benevento vs Nocerina (derby di coppa Italia) feci uno a zero da trenta metri!




Grazie   

a cura di Paolo Radi   





29   07   2019 
(Tutti i diritti riservati)